Fumetto d'Autore ISSN: 2037-6650
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Andrea G. Ciccarelli: Dietro la maschera da saldatore batte il cuore di editore

ciccarelli

di Giorgio Messina

Allarghiamo lo spettro di azione della sezione Autori e Anteprima iniziando a coinvolgere anche editori e addetti ai lavori.

Facciamo quattro chiacchere a tutto tondo (e anche un pò fuori dai denti) con Andrea G. Ciccarelli, direttore editoriale di SaldaPress. Ma prima di iniziare la mitragliata di domande, lasciamo che AGC, come si firma nei suoi post in giro per la rete, si presenti ai lettori di Fumetto d'Autore.

AGC: 38 anni, da sempre lettore di fumetti e da circa una decina di anni anche editore. SaldaPress, la mia casa editrice, è la divisione editoriale di Gruppo saldatori, uno studio (mio e del mio socio Marco Marastoni) che si occupa di progettazione grafica e di comunicazione. Le cose che saldaPress e Gruppo saldatori fanno, hanno come comun denominatore la voglia (e il piacere) di fare bene quello che si fa, grande o piccolo che sia. Dal che non è difficile immaginare quanto poco io sia tollerante nei confronti del pressapochismo. Sia che lavori per saldaPress che per Gruppo saldatori sono considerato uno spacca maroni. La G nel mio nome sta infatti per "gigantesco spacca balle". Ma va bene così.

E allora spacchiamole queste balle. Che senso ha oggi fare l'editore di fumetti?

AGC: Lo stesso senso (o non senso) che ha fare tante altre cose. Il senso è quello che ci metti dentro tu, quello che significa per te farlo. Credo che in molti casi -sì, anche nel mio– se vuoi scavare, in fondo ci trovi quel piacere che si provava a fare la bancarella da bambini. E, insieme, il potere accedere a un numero pressoché infinito di libri a fumetti, non importa se tutti uguali. In molti, tra gli editori, sballano quando gli arrivano pacchi su pacchi di campioni dall'estero, roba che non leggeranno mai ma che il loro ingordo bambino interiore vuole, vuole e ancora vuole. È questo che in fondo alimenta tutta la baracca perché tutti, alla fine, facciamo bene e fino in fondo soltanto quello che amiamo.

Poi, se vogliamo allargare il discorso dall'inconscio (ma la risposta credo davvero che stia tutta lì), credo che abbia senso fare l'editore di fumetti se questo ti porta anche a produrne. Pubblicare solo titoli su licenza puoi farlo al meglio, curarli maniacalmente se vuoi, ma alla lunga non ne capisci più il senso.

D'altra parte, senza un "Uomo Tigre" o un "The Walking Dead" (tanto per citare due titoli a caso), l'esperienza di 10 anni mi insegna che tutto si traduce in "grosso buco di bilancio giustificabile solo con il nero o con i soldi di mammà", per cui i titoli su licenza (soprattutto quelli scelti con oculatezza e non per giustificare il compenso come "direttore editoriale" che ti passa l'editore-tipografo) servono eccome. Per produrre e pubblicare fumetti in Italia ci vogliono le palle. Ce ne vogliono due: una per produrli e un'altra per pubblicarli. Fino al prossimo "Oudeis" continuerò a sentirmi un po' l'Adolf Hitler del fumetto italiano.

E per l'Adolf Hitler del fumetto italiano, come si produce un fumetto? Quali sono i paletti essenziali nel processo di gestazione editoriale?

AGC: Per lui non so. Per me il centro di tutto è l'autore. Si parla con l'autore prima di tutto e ci si mette a sua disposizione nel realizzare al meglio la sua visione. Anzi, meglio: prima lo si sceglie l'autore, lo si va a cercare e si verifica se il proprio modo di sentire è in sintonia con il suo. Il resto viene tutto dopo. Se sei in sintonia con l'autore, se condividi una visione con lui, fai le notte davanti allo schermo per realizzarla e, quando serve, non hai nessun problema a bacchettarlo sulle dita quando ha le sue pare da autore (la più diffusa, "voglio che tutto questo finisca quanto prima per potermi dedicare ad altro e quindi tiro via").

Altra cosa importante dal mio punto di vista è il catalogo, il modo in cui le cose che pubblichi dialogano tra di loro e trasmettono al pubblico un'idea di casa editrice. È una cosa che si costruisce piano piano e che permette di fare pochi errori in corso d'opera (e ognuno di quegli errori li paghi di tasca tua).

Il catalogo insieme a un buon commerciale che si occupi solo di far quadrare i conti.

E in fondo a tutto, come già detto, dedicarti a quello che ami, trovare in ogni cosa che fai qualcosa che te la fa amare. Senza mai dimenticare di smettere il prima possibile di frequentare le fiere italiane dedicate al fumetto. Al massimo un paio all'anno, come il metadone per i drogati (che alla fine noi che pubblichiamo fumetti siamo dei tossici di tutto ciò). Di più trovo che ti abbruttisca come essere umano.

Perchè smettere di frequentare le fiere italiane dedicate al fumetto? Perchè frequentarne più di due l'anno abbrutisce come essere umano? Approfondiamo questi due concetti.

AGC: Sono concetti che non c'è bisogno di approfondire. Chiunque frequenti le fiere dedicate al fumetto sa benissimo di che cosa parlo. Nelle fiere dedicate ai rubinetti gli addetti ai lavori vendono rubinetti e la gente che ci va acquista rubinetti. Tutto molto onesto. Magari poco poetico, ma onesto. Le fiere di fumetto sono come una fiera dedicata ai rubinetti in un mondo in cui scarseggia l'acqua. I rubinetti sono il minore dei problemi e infatti non frega niente nessuno dei rubinetti, tutti sanno che un rubinetto è poco differente dall'altro e quindi, alla fine, tutto ruota intorno ai molteplici modi di accaparrarsi ferocemente l'acqua residua. Di più, in un mondo in cui scarseggia l'acqua nessuno si spiega come campi chi vende rubinetti e, nello stesso tempo, tutti lo sanno benissimo e, per nasconderlo meglio, ci fanno sopra una, dieci, venti, fiere tutte uguali e tutte con gli stessi stagnini che autografano il loro bel rubinetto.

A me tutto questo ha smesso di divertire anni fa, nell'esatto momento in cui mi è apparsa tutta la nevrosi insita nel fare una cosa che non ha più senso, che è divertente solo nella misura in cui replica all'infinito un piacere passato. E il problema non è nelle fiere, ma, come sempre, nella mancanza assoluta di un progetto in cui rischiare insieme editori e organizzatori.

E il pubblico? In tutto ciò il pubblico, sempre per fare un esempio assolutamente a caso, ha lo stesso ruolo degli zombie fuori della prigione di The Walking Dead. Un giorno le recinzioni cadono e allora tutti a domandarsi come mai i cosplayer si sono presi l'intera baracca. Sono di più, non scopano e quindi sono tutti concentrati su un unico obiettivo: che cosa c'è da ancora da capire?

Non mi stupirebbe se un giorno Rick Grimes & soci iniziassero a proporre ai non-morti un patto di non belligeranza, come non mi stupirebbe che gli zombie se ne infischiassero e continuassero a nutrire la loro panza putrefatta.

È una cosa stupida da fare, quindi ci sarà sicuramente qualcuno che proporrà di farla.

Mi rendo conto che ho divagato. In realtà ho solo un'intolleranza verso gli zainetti. Penso che Invicta andrebbe condannata per crimini contro l'umanità.

Quindi la colpa di tutto è dell'Invicta... allora vediamo cosa c'è nello "zainetto" di Saldapress... prossima domanda: i perchè e i percome dell'operazione editoriale più riuscita e di quella meno riuscita di Saldapress.

AGC: Dipende da che punto di vista.

Dal punto di vista economico, diciamo che, fortunatamente, non abbiamo ancora pubblicato un libro di cui, male che sia andata, non abbiamo recuperato i costi nudi.

Così, se guardo la tua domanda dal punto di vista dei costi/ricavi, l'operazione meno riuscita di saldaPress è stata quella di aver pubblicato "Bastard Samurai" cercando di sfruttare l'onda che immaginavamo ci sarebbe stata con Kill Bill di Tarantino (e che non c'è stata).

Ma, a parte questo, è stata sbagliata anche perché un titolo spot, come è "Bastard Samurai", per quanto tu lo voglia curare, non avrà mai delle grandi possibilità e rende poco omogeneo il catalogo (errore nostro. avevamo creduto che Image e gli autori avrebbero portato avanti la serie). Per come la vedo adesso, soprattutto nei primi anni, quando la casa editrice si deve strutturare, meglio puntare su un tema, su una collana e cercare di costruire su quella (come ad esempio stiamo facendo con gli zombie cercando non solo di pubblicare buoni libri sul tema dei non-morti ma anche di capitalizzare gli ottimi risultati di "The Walking Dead").

Però mi pare di capire che tu, con le tue domande, sei alla ricerca di risposte più dense. E allora mi va di risponderti che l'operazione più riuscita e meno riuscita, se spostiamo l'attenzione da saldaPress a gruppo saldatori (che le casse alla fine sono le stesse) è stata "La Dottrina" che, come gruppo saldatori, abbiamo co-prodotto con Magic Press.

Dico più riuscita perché l'idea editoriale (la co-produzione che coinvolgeva una casa editrice e una struttura di comunicazione) e di promozione messa insieme, oltre ad essere stata una delle prime di quel tipo e con quella portata (e forse pure l'unica), aveva dimostrato che operazioni per far conoscere i libri a fumetti erano possibili.

Però anche meno riuscita perché, a mio avviso, il secondo passo doveva essere quello di utilizzare questo tipo di operazioni, crearne di nuove e differenti, per fare uscire il fumetto dal solito numero di persone che già conosce e acquista. E qui l'operazione ha fallito, un po' perché senza una struttura economica e di business dietro, questo tipo di operazioni sono soltanto il bel gioco che ovviamente dura poco. E un po' perché, per mille problemi che non dipendono da gruppo saldatori e che quindi non ritengo giusto che sia io ad approfondire, il primo volume (di 4) è uscito nel 2002 e a oggi, nel 2009, deve ancora uscire l'ultimo (anche se dovrebbe uscire a breve, sempre 7 anni per quattro libri sono: cioè un tempo assurdo comunque lo si voglia giustificare). Il che significa avere sprecato qualsiasi attenzione ottenuta da parte del pubblico con la campagna di lancio e promozione e, in pratica, da parte nostra, avere sprecato tempo e denaro che forse avremmo potuto investire diversamente. Certo, come lettore, quando uscirà il 4° volume avrò tra le mani un'ottima storia a fumetti curata in ogni suo particolare ma, come imprenditore, non posso dire di aver fatto un buon affare.

Cosa cosa sta proponendo attualmente e cosa proporrà nel prossimo futuro lo scrigno magico delle proposte editoriali made in Saldapress?

AGC: La rete è intasata di interventi in cui gli editori dicono quello che faranno. Non mi sembra molto interessante risponderti elencando e commentando le uscite saldaPress 2009/2010.

Vuoi che te ne indichi una, cioè praticamente la prossima che però, con il fumetto non ha niente a che fare (tranne che rientra nella collana "Z" dedicata agli zombie)? "My Zombie Pinup" che però è un calendario ed è praticamente unico al mondo nel suo genere. Zombie e pinup: poteva una cosa del genere non attirare la nostra attenzione?

Proviamo a entriare maggiormente nella zona d'ombra che pochi chiedono agli editori di svelare. Quali sono le difficoltà che ha incontrato sinora e che incontra quotidianamente Saldapress nella sua attività editoriale?

AGC: La difficoltà più grande credo che sia quella che molti piccoli editori (tutti?) incontrano: il più delle volte il gioco non vale la candela.

Questo, per parlare di saldaPress, porta a una struttura sicuramente sotto dimensionata rispetto a come dovrebbe essere per funzionare al meglio in tutti i suoi aspetti (acquisto e gestione diritti, lavoro grafico e redazionale, vendita e promozione) ma che, visto che il gioco il più delle volte non vale la candela, non si può nemmeno portare alla giusta dimensione. Hai presente il paradosso del calabrone? Quello.

Insomma, finora per noi è stato un gioco di equilibri, di fare dei piccoli passi in avanti quando era possibile farli ma –e so che lo sai, visto che anche tu sei editore– per usare un francesismo, non è per un cazzo facile e, duole dirlo, non ha niente a che fare con la qualità dei libri che si producono.

Poi se vuoi ti dico un'altra cosa che già saprai benissimo: ogni mese vengono annunciate centinaia di novità, a detta di ciò che si legge sui cataloghi tutte imprescindibili. Il risultato è che le librerie non ci capiscono più un tubo e, già in tensione per la diminuzione dei fatturati degli ultimi anni, al 90% ordinano solo quello che già conoscono.

Il risultato è disastroso e, per come la vedo io, pericolosissimo: affidarsi in larga parte al titolo che già vende per restare a galla è avere una fede cieca nella divina provvidenza che, nel momento in cui quel titolo avrà esaurito il suo corso (e tutti i titoli prima o poi lo esauriscono), ne avrà già pronto un altro per sostenere le librerie di fumetto. Ci si può credere, ma non c'è niente che garantisca che sarà così.

D'altra parte le librerie, come tutte le Aziende, negli ultimi anni hanno avuto meno credito da spendere e quindi, di conseguenza, meno soldi da investire in titoli che non conoscevano (e questo non dimenticando che, per le dimensioni attuali dell'offerta, sono pochissime le librerie di fumetto in grado di accogliere e rendere visibile a scaffale tutto quello che esce).

Insomma: puoi pubblicare libri bellissimi ma, per la maggior parte, quei libri resteranno sconosciuti alle librerie (che quindi non li ordineranno) e, di conseguenza, ai loro clienti.

In questi anni, in varie occasioni (ma meno di come avrei dovuto, lo ammetto), ho provato a parlare direttamente con le librerie di fumetto ma, credimi, nella maggior parte dei casi quello che saltava all'occhio era che contavano poco le responsabilità dei singoli: è tutta la parte finale della rete di vendita che va ripensata, che non ha più senso di esistere con Panini e Planeta che spingono così tanti titoli e con la libreria di varia e la vendita on-line che si stanno costituendo come serie concorrenze.

Io, te e tante altre piccole realtà editoriali siamo economicamente appoggiate alla fumetteria e, oggi, la fumetteria, se resta così com'è, è semplicemente destinata a scomparire.

In realtà qualcuno sostiene che, economicamente, la fumetteria è già scomparsa ma, diciamo "artificialmente", è ancora tenuta su da chi, al momento, visto che le librerie di varia i suoi prodotti non riescono/vogliono gestirseli, senza fumetterie a sostenere le sue uscite collasserebbe

Comunque sia, le fumetterie non si possono appoggiare a me, a te o a tante altre piccole realtà editoriali perché, semplicemente, al momento non siamo in grado di fornire (e gestire) quello che a loro serve per andare avanti.

Se guardo nella mia personalissima sfera di cristallo fra qualche anno vedo le piccole realtà editoriali e le fumetterie accomunate dalla stessa sorte, entrambe di fronte alla necessità improrogabile di cambiare oppure cessare di esistere.

Cosa ne pensi del conto vendita? Come sostengono diverse librerie, tra cui soprattutto quelle aderenti all'Afui, è l'unica maniera che è rimasta ai piccoli editori per avere considerazione e visibilità nelle fumetterie, invogliandole così con alti sconti e la possibilità del reso a colmare il "gap" di appetibilità che separa i piccoli dai grandi editori?

AGC: Il conto vendita non risolve niente. Troppo piccole le cifre che muove e troppo poco organizzato e diffuso il sistema che lo gestisce (difetti di noi editori compresi). Noi in passato lo abbiamo utilizzato ma, alla fine, questo è servito a poco per creare una fidelizzazione tra noi e le librerie o per far capire alla librerie che un titolo ricevuto in conto vendita che hanno venduto bene ha senso continuare ad ordinarlo anche nelle successive uscite. Per un editore come noi ogni nuova uscita è come se azzerasse quella fiducia che il conto vendita dovrebbe creare, come se a ogni proposta dovessimo dimostrare al libraio che le cose che scegliamo le scegliamo accuratamente proprio perché abbiano un valore commerciale. Non si crea mai uno storico. Nella maggior parte questo al librario non interessa, non vede il conto vendita come uno strumento per ampliare la propria proposta. Quando chiediamo che cosa vorrebbero le librerie in conto vendita tra i nostri titoli la risposta è quasi sempre "The Walking Dead", ossia quello che vendono già senza problemi ai loro clienti. Rarissimo il caso in cui la risposta sia "visto che The Walking Dead lo vendo bene, fammi provare in conto vendita i titoli della collana Z", come se un'idea del genere fosse uno scarto troppo grande da fare, come se fosse difficile capire che nessuna casa editrice si regge su un solo titolo per quanto buono esso sia.

Il conto vendita non colma nessun gap di appetibilità perché, in fondo, è il prodotto dei piccoli editori che le librerie non considerano appetibile. Ne capiscono con difficoltà il valore così come fanno fatica a capire perché debbano esistere altre case editrici oltre alle 3 o 4 maggiori (e che quindi, nella loro logica, potrebbero pubblicare anche tutti i titoli delle piccole case editrici). Il fatto è che in parte hanno ragione: negli ultimi anni la proposta è esplosa senza che questo avesse alcun senso, senza che chi l'ha fatta esplodere si sia preoccupato anche di trovare i modi di ampliare la base di lettori. In questo le librerie di fumetto sono rimaste sempre le stesse, con gli stessi lettori e le stesse metrature: figurarsi che cosa gli interessa di ampliare la loro proposta ai propri clienti. Non riescono a capire che ampliare la proposta significa anche tentare di ampliare il numero di lettori/clienti. E infatti oggi i nuovi lettori arrivano proprio dalle librerie, luoghi dove i lettori vanno a cercare i libri e che, fino a ieri, non avevano nella loro proposta i libri a fumetti. Oggi, in molti casi, un lettore di libri adulto si sente a disagio ad entrare in una fumetteria perché la vede come un luogo sempre più infantilizzato nella propria proposta e molto spesso al confine con il negozio di giocattoli. È necessario che le librerie di fumetto (o fumetterie, basta capirsi) trovino una loro identità perché questo significherà che anche gli editori di fumetto saranno obbligati a trovarne una.

L'idea dell'AFUI di creare una rete di librerie credo che sia una buona idea, ancora tutta da concretizzare però. E si concretizzerà solo quando chi aderisce ci vedrà prima di tutto un vantaggio economico a farlo. Per adesso mi sembra che questo vantaggio non ci sia, anche se confesso di conoscere poco l'associazione e i meccanismi che la regolano.

Sei stato recentemente protagonista del cosidetto "Affaire Rivi", di cui abbiamo riportato le vicende in un nostro articolo. Riportare un "rumor" sul divorzio tra Rivi e la Panini ti è costato anche una mezza censura (o "ban" usando una definizione molto "correct" da web 2.0) su Comicus, il forum dedicato ai fumetti più frequentato della rete. La notizia è stata, all'epoca in cui l'hai riportata, cioè luglio 2009, liquidata come una tua bega personale e argomento non interessante ad un sito di informazioni sul fumetto. Il 30 settembre Rivi e la Panini si separano ufficialmente ed esce una sua intervista eslcusiva per LoSpazioBianco.it curata da Ettore Gabrielli, in cui Rivi stesso racconta la sua posizione sui retroscena del rumor che lo hanno visto protagonista. A seguire anche Comicus, il cui responsabile Gennaro Costanzo aveva liquidato la notizia su Rivi come "cose tecniche riguardanti le risorse umane di un Azienda e non un sito di fumetti", ha però dato la notizia. Rivi va in BD. Alla luce dell'"affaire Rivi" e di come è stata gestita la cosa da forumisti e addetti ai lavori, come vedi l'informazione a fumetti sulla rete?

AGC:L'informazione fumettistica, limitandoci a parlare di quella in rete, è in larga parte gestita da lettori che hanno piacere di scrivere pubblicamente di ciò che hanno letto e di gestire la discussione sui forum dedicati al fumetto. In questa ottica "da lettori" è abbastanza ovvio che a chi si occupa di informazione non interessi (e non capisca) come cambiano gli assetti del mercato che produce i suoi amati giornalini: a lui basta che continuino ad uscire ogni mese nuovi fumetti e che ogni tanto le case editrici comunichino qualche anteprima (e che magari gli spediscano un paio di copie omaggio, ma questo è secondario rispetto a "sentirsi del giro"). Il resto è in larga parte superfluo.

Tutto ciò c'è sempre stato e da sempre si chiama "mondo fanzinaro". Chiariamoci, non c'è niente di male nel mondo fanzinaro: tanto per dire, senza fanzine non sarebbe mai esistita una cosa come Mangazine. I fanzinari sono gente carica di entusiasmo e, per restare all'esempio di prima, se non fosse esistito Mangazine il mondo dell'editoria a fumetti in Italia oggi sarebbe molto diverso.

Se però aggiungi che di questi entusiasti una certa percentuale vorrebbe collaborare in una qualche misura con una casa editrice (e qualcuno già lo fa), le cose un po' si complicano e si innesta una strana situazione in cui sono in diversi a sentirsi in dovere di diventare più realisti del re.

Quello che tu chiami l'affaire Rivi già dal nome fa sorridere. Quando ne ho parlato io sul forum di ComicUs la cosa era già successa. Tutti gli addetti ai lavori lo sapevano che Rivi non era più il direttore editoriale di Panini Comics e ne parlavano tranquillamente tra di loro (e io infatti l'ho saputo così, mica scrutando la palla di cristallo). Per quello mi sembrava strano che nessuno ne parlasse all'interno del forum. Era un argomento che brillava per assenza e io ho solo fatto delle domande sul perché di questa assenza.

Ma il punto è proprio che non c'è nessun "affaire". Magari ci sarebbe ora se qualcuno provasse a scoprire come mai Rivi e la Panini si sono separati (che, diciamocelo, l'intervista rilasciata a Lo Spazio Bianco fa ridere quasi quanto il comportamento di chi, sapendo la verità, ha deciso di dire il contrario), quali sono i rapporti tra la casa editrice BD e Rivi (e, andando cioè anche più indietro nel tempo, quali erano quando Rivi era a capo di Pan Distribuzioni e nello stesso tempo proprietario di BD) e come tutto ciò si lega ai nuovi equilibri che si stanno creando nel mondo dell'editoria a fumetti. Ma, appunto, non vedo nessuno che abbia interesse a fare ciò. E quindi non esiste nessun "affaire".

Comunque, per i più sfegatati, la cronaca di quello che è successo la trovate scartabellando il mio blog: iosefossigaramond.blogspot.com

Il resto è molto più divertente seguirlo in diretta sfogliando Anteprima e Mega: imparare a capire da lì chi è distribuito in esclusiva da chi e come si spostano i titoli e gli autori (e quindi i diritti) da una casa editrice a un'altra è un esercizio che può insegnare molto di più dell'apprendistato in qualsiasi redazione.

Che futuro vedi per l'editoria italiana a fumetti e in particolare per Saldapress?

AGC. Come ho già detto nella precedente risposta, non ho la sfera di cristallo in cui scrutare il futuro, mi dispiace.

Nell'editoria a fumetti italiana mi pare si siano messe in moto nuove forze che probabilmente porteranno alla ridefinizione di nuovi equilibri. D'altra parte l'Italia resta sempre il paese in cui tutto cambia perché tutto resti uguale e non credo che, in questo, il mondo dell'editoria a fumetti si discosti molto dal resto.

Penso che servirebbero nuovi posti in cui vendere le storie a fumetti e servirebbe che quelli vecchi capissero che il mondo in cui sono vissuti finora, quello che aveva immaginato 20 e più anni fa Alessandro (al tempo ancora Distribuzioni), semplicemente non c'è più.

Per saldaPress il discorso non è molto diverso. Cosa faremo da grandi? Me lo domando spesso e, domandandomelo, io sono arrivato a 38 anni e saldaPress a 8 (ma l'eta editoriale è come quella dei cani: ci devi applicare un moltiplicatore per confrontarla con quella umana). Ecco, mi piacerebbe che nel futuro ci fosse qualche produzione in più con sopra il marchio della maschera da saldatore. Un qualcosa di semplice ma ben fatto, così, per non sentire di essere stato del tutto inutile.

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