Fumetto d'Autore ISSN: 2037-6650
Dal 2008 il Magazine della Nona Arte e dintorni - Vers. 3.0 - Direttore: Alessandro Bottero
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INTERVISTA ESCLUSIVA CON MORENO BURATTINI su "Zagor - Darkwood Novels"

 Burattini dedica disegno min

 Ritratto ad opera di Lorenzo Barruscotto, autografato dallo stesso Burattini.

 

 

Buongiorno e grazie per il suo tempo. Facciamo quattro chiacchiere sulla nuova miniserie di Zagor “Darkwood Novels”.

 

- Nel primo volume viene presentata ai lettori questa nuova iniziativa editoriale targata Spirito con la Scure anche con dotte citazioni e riferimenti ai Dime Novels, i famosi “romanzi brevi” da dieci cents che spopolavano specialmente nelle città dell'Est ai tempi della Frontiera. La rubrica di presentazione si chiama “Alla ricerca di Zagor”: alla base di questa nuova serie c'è una sorta di riscoperta del personaggio, non tanto riguardo al suo passato ma relativa alle caratteristiche umane e leggendarie che convivono in Pat Wilding in modo da definirlo o ri-definirlo come eroe?

La miniserie “Zagor Darkwood Novels” segue una precedente iniziativa editoriale, sempre in sei episodi, uscita nel corso del 2019 con il titolo di “Zagor: le Origini”, che ha avuto un buon successo. Si trattava della “riscrittura” postmoderna delle vicende della saga dello Spirito con la Scure che hanno portato un ragazzo di nome Patrick Wilding a vestire i panni di una sorta di giustiziere (io preferirei definirlo “peacekeeper armato”) e divenire una leggenda vivente nella selvaggia foresta di Darkwood. Utilizzando l’aggettivo “postmoderno” voglio definire un’operazione tesa a rendere più attuale la narrazione, “riusando” il passato in funzione del presente. Alcune operazioni del genere, applicate ai miti del cinema o della letteratura, hanno portato a restituire ai contemporanei versioni aggiornate e più “credibili” dei vampiri, tanto per fare un esempio (citerei i romanzi di Anne Rice e la serie a fumetti “Dampyr”). Come potrebbero essere andati, i fatti narrati in “Zagor Racconta” (un classico zagoriano del 1969 in cui Sergio Bonelli ha ricostruito il passato dell’eroe), se si fossero svolti realmente? O, ancora meglio (perché non ci importa poi tanto di essere realistici fino all’iperrealismo), se quella storia fosse stata scritta oggi? Abbiamo provato a rispondere a queste domande senza contraddire niente (o quasi niente) di quanto sapevamo, aggiungendo però molti retroscena riguardo al “non detto”. L’operazione “Zagor Darkwood Novels” nasce appunto su questa falsariga: senza tradire il fascino e la magia di un eroe che a qualcuno potrebbe sembrare vintage (ma non lo è, essendosi sempre rinnovato al passo con i tempi), si è cercato di raccontarlo come se fosse “vero”, utilizzando un approccio contemporaneo. Non a caso ogni episodio comincia con un giornalista, Roger Hodgson, che indaga, a posteriori, sulla figura di Pat Wilding, cercando di scoprirne la sorte (è scomparso) e di ricostruire, oltre alle sue imprese, anche la sua psicologia, in modo da ottenere un ritratto completo.

 

- Quanti volumi sono previsti e se non è uno spoiler troppo grande, può dirci chi ci sarà tra gli artisti che hanno disegnato le avventure non ancora apparse in edicola?

Sono previsti sei albi, ma non è escluso che un eventuale successo dell’iniziativa incoraggi la Casa editrice a dargli un seguito. Finora sono uscite storie illustrate da Giovanni Freghieri e Anna Lazzarini; sta per giungere in edicola la terza opera di Max Bertolini; arriveranno quelle di Massimo Pesce, Franco Saudelli e Lola Airaghi. Pesce è l’unico a far parte dello staff abituale dello Spirito con la Scure, gli altri sono illustri guest star. Tra cui, non manco mai di farlo notare, due donne.

 

 

- Oltre al fatto che sono caratterizzate da una diversa impostazione grafica, le copertine di Michele Rubini, nome già ben noto agli appassionati bonelliani, catturano immediatamente lo sguardo e l'immaginazione dei lettori inquadrando subito ambientazione e spirito della narrazione contenuta nelle pagine. Può raccontarci qualcosa sul modo in cui vengono pensate e studiate le cover della serie?

Il copertinista “ufficiale” del gruppo di testate zagoriane è, come sappiamo, Alessandro Piccinelli, il quale però è anche super impegnato nella realizzazione di storie di Tex. Dovendo realizzare dodici cover all’anno della serie regolare, più sei per i vari extra (Maxi, Color, Speciali) e magari per altre iniziative one-shot, il pur bravo e veloce Alex non avrebbe potuto sobbarcarsi l’onere e l’onore di disegnare anche le sei della miniserie. Quindi, dato che Michele Rubini (zagoriano nell’animo perchè proprio su Zagor ha esordito, ormai quindici anni fa, prima di passare a Tex) da tempo realizza fantasmagoriche copertine per l’edizione USA dello Spirito con la Scure, ecco che ci è parsa una buona idea metterlo alla prova con “Le Origini” e confermarlo per la nuova miniserie. Come nascono le sue cover? Mandiamo a Rubini le tavole dell’albo, senza indicazioni. Lui ne trae quattro, sei, otto spunti schizzati a matita. Io e Michele Masiero, il nostro direttore editoriale, li valutiamo e quindi o ne approviamo uno, o chiediamo modifiche ad un altro, o comunque concordiamo con il disegnatore il da farsi per arrivare alla versione definitiva, attraverso alcuni passaggi di ritocchi (“togli un personaggio dallo sfondo”, “modifica il sorriso”, “allunga la criniera al cavallo”, eccetera). Uno dei grafici di redazione, Roberto Piere, colora l’illustrazione finalmente consegnata.

 

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- Parlando sempre di disegni, il numero 1 “Gli occhi del destino” (ma prima ancora “La grotta sacra” in “Zagor – Le origini” volume 5) vede alle chine Giovanni Freghieri. Come è nata l'idea di tale collaborazione? Il passaggio dalle location moderne di Martin Mystere e Dylan Dog o Dampyr (per non dimenticare Volto Nascosto) alla foresta di Darkwood rappresenta un salto notevole senza considerare che lavorare per la squadra dell'eroe con la casacca rossa è un impegno che potrebbe far tremare i polsi anche a professionisti affermati, specie se non avvezzi alle atmosfere western.

Come detto, per Giovanni Freghieri, “Gli occhi del destino” è stata la seconda prova zagoriana. Già lo scorso anno, infatti, aveva realizzato un episodio de “Le Origini”. Gli era piaciuto così tanto disegnare Zagor che si è offerto per continuare. Da vero professionista qual è si è cimentato in entrambe le occasioni con il massimo dell’impegno, arrivando a disegnare due volte almeno la metà delle tavole, non per nostra richiesta ma per il suo desiderio di arrivare a un risultato che lo soddisfacesse. Gli scenari da “Ultimo dei Mohicani” tipico di Darkwood non gli hanno creato problemi: del resto lui ha iniziato a lavorare in Bonelli facendo il western, con “Bella & Bronco”. Come è arrivato fino a noi? Cercava qualcosa di nuovo da fare dopo anni e anni di Dylan Dog, e del resto ha sempre voluto mettersi alla prova con personaggi diversi. Dopo Zagor si sta dedicando a Tex! Va detto che sono sempre più numerosi i disegnatori di altre testate che si mostrano desiderosi di confrontarsi con lo Spirito con la Scure, un personaggi ormai entrato nell’Olimpo dei “cult”.

 

- Come sottolineato anche nel suo blog (i lettori che seguono i miei articoli hanno avuto modo di vedere confermata questa informazione nell'intervista realizzata con Oskar proprio in merito al volume di Zagor che chiude “Le origini”) la pistola che lo Spirito con la Scure maneggia è una Colt Navy 1851 sebbene sia anacronisticamente adattata dal momento che le avventure del Re di Darkwood si svolgono nella prima metà del Diciannovesimo secolo ed essendo non ad avancarica ma avendo munizioni e tamburo di una classica “Colt da film western”.

La tipica canna ottagonale si può osservare nel frontespizio realizzato appositamente per questa miniserie dove si lascia ammirare, suscitando anche un po' di timore reverenziale, l'arma preferita dal Nostro, cioè la scure.

Quali sono stati gli step per arrivare all'immagine che vediamo in terza pagina?

Non solo la Colt Navy del 1851 (un’arma bellissima da vedersi, che ho anche avuto la fortuna, una volta, di impugnare davvero) è anacronistica, essendo le avventure di Zagor ambientate, per convenzione, tra il 1830 e il 1840, ma anche non si carica con pallottole dotate di bossolo (quelle che si tengono nel classico cinturone), ma infilando polvere da sparo e palle sferiche nel tamburo, comunque rotante. Nel 1961, quando è nato lo Spirito con la Scure, non si faceva troppo caso a questi particolari. Rubini, disegnando il frontespizio (attraverso il solito percorso di più proposte che sono state selezionaste), ha immaginato due spazi in alto e in basso: il primo dedicato ai “ferri del mestiere” del giornalista Roger Hodgson (occhiali, bloc notes, matita); il secondo, a quelli di Zagor (scure, pistola, cinturone).

 

- Restando sempre sulla stessa pagina/opera d'arte, ci sono altri “ferri del mestiere”, quelli che definiscono il giornalista che con le sue domande cerca di ricostruire la figura mitica di Zagor discorrendo con un misterioso interlocutore che gli e ci racconta le storie racchiuse negli albi. E' completamente fuori tiro affermare che i lineamenti di Hogdson, così si chiama il giornalista, e la sua figura sono almeno in certa misura ispirati a lei? Inoltre le tavole diciamo “nel presente” sono ambientate in una casa di Philadelphia nel 1860. Ha un motivo particolare tale scelta della città?

Nell’immaginare l’aspetto di Roger Hodgson, Giovanni Freghieri (che ha fatto i primi studi su cui si sono basati gli altri) è stato del tutto libero, non credo che abbia avuto il sottoscritto per modello. Almeno, io non gliel’ho suggerito, lui non me lo ha detto, e non mi ci riconosco. Circa il fatto che Hodgson è in effetti un biografo di Zagor come potrei considerarmi io (per le tante storie scritte, ma anche per i saggi e per il libro “Io sono Zagor”), potrebbe anche esserci una identificazione inconscia. Riguardo all’anno, è stato calcolato ipotizzando un periodo di due decenni dal 1840, ovvero il termine ante quem si svolgono le avventure dell’eroe di Darkwood. Vent’anni dopo, insomma (una citazione ma anche una scelta ponderata). La città, Philadelphia, è molto presente nella saga zagoriana ed è quella dove sappiamo esserci (o esserci stata) la Base di Altrove e dove, per un certo periodo di tempo, ha vissuto Edgar Allan Poe (personaggio entrato a far parte del microcosmo zagoriano). Quindi, un luogo in grado di dare indizi, veri o falsi, sull’identità del misterioso interlocutore con cui ha a che fare Hodgson.

 

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 Una tavola realizzata da Giovanni Freghieri, reperita sul Blog di Burattini.

 

- Sebbene sia una prerogativa maggiormente considerabile nelle pagine di Tex, per quanto nella nuova serie parallela “Tex Willer”, il giovane non ancora capo dei Navajos “accontenta” le voci a volte anche piuttosto insistenti dei fans che lo vogliono maggiormente sensibile al fascino femminile, anche per Zagor la presenza di “effusioni” rappresenta quanto meno per una fetta di pubblico ancora motivo di stupore. Ci sono state infatti sia considerazioni tiepide sia vere e proprie manifestazioni di giubilo (indipendentemente da come la si pensi, vagamente esagerate in ogni caso, per come sono state esternate a volte) per la presenza di una particolare “situazione” che vede coinvolto Zagor. Personalmente dal mero punto di vista artistico il talento del maestro Freghieri nella rappresentazione della bellezza femminile insieme all'eleganza e l'intensità che traspaiono dal tratto nel descrivere anche momenti “privati” è l'unico elemento da sottolineare insieme alla dovizia di dettagli che arricchisce ogni vignetta.

Si è voluto dare un ulteriore tocco di “modernità” al volume, lasciando magari mano libera al disegnatore in quello o in altri momenti della storia, o la sceneggiatura in questo e nei casi successivi viene seguita diligentemente dagli artisti?

Anche nel periodo nolittiano (Guido Nolitta è lo pseudonimo utilizzato da Sergio Bonelli quando vestiva i panni dello sceneggiatore) si sono avute ripetute prove di come Zagor non sia insensibile al fascino femminile. Basterà ricordare le love story (accertate e documentate) con Frida Lang e Virginia Humbold. Successivamente, Mauro Boselli ha creato altre figure femminili con cui l’eroe ha vissuto storie d’amore (o quanto meno, di sesso): Marie Laveau e Gambit. Tuttavia, nell’alzare un po’ di più l’asticella in funzione, appunto, del “postmoderno”, mi sono permesso di fare un inside joke: la scena iniziale de “Gli occhi del destino”, dove una ragazza fa il bagno nuda e Zagor applaude giungendo a godersi lo spettacolo, è tolta di peso da una sequenza del tutto simile sceneggiata da Guido Nolitta in “Pericolo biondo”, quella della prima apparizione di Blondie, la banditessa (che ricomparirà, per altro, nel quarto albo della miniserie). E’ stato un mio modo per tacitare almeno in parte i contestatori, dicendogli: guardate che la fanciulla nuda nel laghetto l’aveva già fatta vedere Sergio Bonelli. Più di un lettore si è mostrato lo stesso scandalizzato, soprattutto perché l’eroe poi si lascia irretire e sedurre e assistiamo a una, seppur castigatissima, scena di sesso. “Non mi piace l’attuale liberalizzazione sessuale del personaggio”, mi ha scritto indignato un signore. Gli ho fatto notare come le poche vignette di effusioni fra Zagor e Kendra sono state inserite in un albo fuori-serie rispetto alla collana regolare, e dunque i tradizionalisti più puritani basterà che restino in quei confini e non troveranno mai di che essere turbati. Va detto che anche Mauro Boselli, nella collana “Tex Willer” che racconta del futuro Aquila della Notte da giovane, ha fatto andare a letto l’eroe bonelliano con più di una donzella, mentre nella testata “Tex”, quella della tradizione, l’eroe più maturo non si concede nessuna libertà del genere. In generale, però, Zagor che fa l’amore è stato più che apprezzato dai lettori che ci hanno fatto giungere i loro commenti. Giovanni Freghieri è un disegnatore a cui piace raffigurare bellezze muliebri, perciò sapevo di poter contare su di lui per la realizzazione del personaggio di Kendra.

 

- Nelle prime due avventure finora pubblicate non compare Cico. Per alcune si tratta di storie che possono essere inserite all'incirca prima dell'incontro tra il simpatico messicano e Zagor o semplicemente il Piccolo Uomo dal grande ventre è rimasto nella capanna presso la palude (o fuori dall'azione come si evince nel numero 2)? Nonostante l'inchiesta di Hogdson verta sulla figura del Giustiziere, indicando nei suoi appunti altri nomi che gli appassionati conoscono ma senza far comparire i personaggi, ci sarà in un prossimo albo?

Nella mia rubrica “Alla ricerca di Zagor” sul n° 3 della miniserie, ho scritto così: “Nell’avventura che state per iniziare a leggere, se non l’avete già fatto, compare anche Cico, a dimostrazione, se mai di dimostrarlo ce ne fosse il bisogno, di come non ci siamo affatto dimenticati di lui. Qualche commentatore, in Rete e nelle lettere giunte in redazione, ha espresso il timore che l’impareggiabile messicano venisse del tutto estromesso da questa collana, se non addirittura, in un prossimo futuro, dalla serie regolare. Ovviamente, quest’ultima ipotesi è assolutamente impossibile: Felipe Cayetano Lopez Martinez y Gonzales fa parte in maniera ineludibile dell’universo zagoriano, e dell’eroe non è soltanto la spalla comica ma un elemento fondamentale e caratterizzante, come io stesso ho spiegato in un lungo saggio introduttivo al volume “Io sono Cico” uscito in libreria alcuni mesi fa. Il motivo per cui in “Zagor Darkwood Novels” non ha il peso che da sempre gli è concesso sulla Collana Zenith è semplicemente quello del minore spazio a disposizione degli autori nello sviluppo delle storie. E’ chiaro inoltre che se gli episodi raccontati a Roger Hodgson servono a meglio fargli comprendere la psicologia di Patrick Wilding, e devono essere brevi, sarà sulla figura dello Spirito con la Scure che il Misterioso Personaggio si concentrerà. Rivedremo comunque Cico anche nel quinto episodio di questa collana”.

 

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- Non ci si può non soffermare sul misterioso “raccontatore” delle storie che leggiamo nella serie: alcune frasi qua e là scatenano la fantasia fino a spingerci a formulare la nostra ipotesi su chi possa essere. Ad esempio, nel primo numero afferma: “… di non aver frequentato nessuna scuola, se non quella di mia madre.” Questo ha fatto pensare che si possa perfino trattare dello stesso Patrick ritiratosi a vita privata. Ovviamente non si può dire (né chi scrive lo vuole sapere in anteprima per non perdersi il gusto di scoprirlo e verificare le congetture) nulla che riveli la sua identità ma può svelarci se con il progredire della serie si aggiungeranno tocchi o dettagli che potrebbero far aumentare la posta delle scommesse su questo Mister X?

Ogni puntata svelerà qualcosa di nuovo. Però saranno forniti anche falsi indizi (senza che mai si dica, in proposito, qualcosa di bugiardo). Mi fa piacere la “caccia all’uomo” che si è scatenata tra i lettori. Proprio stamattina, una collega in ufficio che ha finito di leggere in anteprima il terzo albo, mi ha affrontato nel corridoio con il dito puntato, dicendomi: “Esigo di sapere subito di chi si tratta!”. Per il momento l’unica persona a parte me che lo sa è la disegnatrice del sesto numero, Lola Airaghi, a cui ho affidato il compito della rivelazione.

 

- Spesso negli albi Bonelli compaiono volti che si rifanno ad icone del cinema, come spesso avviene soprattutto negli albi di stampo western. Il personaggio di Kendra, dal punto di vista fisico, si ispira a qualche attrice nello specifico?

Andrebbe chiesto a Giovanni Freghieri che, almeno su questo aspetto, ha avuto carta bianca.

 

 

- Sappiamo che Za-Gor-Te-Nay “sulla carta” vuol dire “spirito con la scure” in lingua algonchina anche se nella realtà le cose non sono così matematicamente dirette. Il linguaggio degli indiani qui e nella serie regolare è puramente inventato o riprende anche alla lontana qualche dialetto pellerossa?

In un'intervista, a chi gli chiedeva se il nome indiano di Zagor significasse davvero qualcosa nella lingua degli Algonkini, Sergio Bonelli risponde così: “No. E’ stata una mia invenzione, ho detto che ‘Za-Gor-Te-Nay’ significava ‘lo Spirito con la Scure’ sapendo benissimo che in realtà non voleva dire proprio niente! Se dovessi inventarlo adesso, un nome, avrei degli scrupoli e cercherei di essere più serio costruendolo con parole che esistono veramente nel vocabolario dei Navajos o di altre tribù indiane. Ma all’epoca, e parliamo del 1961, non ero così accanito e maniaco come sono ora e inventai tutto di sana pianta. Del resto, i fumetti di allora erano più ingenui e fantasiosi e soprattutto meno documentati di oggi, e ai lettori andavano benissimo così”.

 

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Una tavola realizzata da Anna Lazzarini, reperita in rete. 

 

- Ormai, per fortuna, la presenza di un'artista di sesso femminile non fa più così notizia come qualche anno fa. In ogni caso anche per Anna Lazzarini il viaggio nel tempo dal futuro di Legs Weaver e Nathan Never, passando per quello di Brad Barron e per l'universo parallelo di Greystorm, non è cosa da poco. Tutta l'abilità della disegnatrice del numero 2 si vede nelle maestose tavole dove i cavalli allo stato brado corrono liberi, sembra quasi che le folate escano dalle pagine per colpire anche il nostro viso e rinfrescare le giornate estive, e negli spettacolari flashbacks che paiono addirittura quadri dipinti con tenui tonalità di grigio come se ammirassimo veri e propri ricordi divenuti tangibili. Ci può dire qualcosa su come è nato “Il vento della prateria”?

Ammiro il talento di Anna Lazzarini dal 1997, anno in cui la vidi esordire su “Legs”. L’ho sempre seguita in tutte le sue variegate collaborazioni. Dopo il fantastico exploit di Lola Airaghi con una storia breve dello Spirito con la Scure apparsa su un Maxi della serie “I racconti di Darkwood”, ho pensato che sarebbe stato bello vedere altre donne disegnare l’eroe di Darkwood, e ho chiesto ad Anna se avrebbe voluto provare anche lei a cimentarsi con una short-story. Ha risposto di sì, “eccome!”. Al che le ho domandato se avesse avuto delle preferenze riguardo all’argomento e allo scenario: indiani, soldati, foresta, mare, prateria, montagna. Anna ha posto come unica condizione che ci fossero dei cavalli. “Il respiro della prateria” mi è parsa la storia giusta da affidarle.

 

- Non solo la cover o il numero di tavole ma anche l'impaginazione a volte rompe gli schemi e le usuali “griglie” per offrirci ampie vedute che occupano l'intera tavola, essendo prive di margini quando non si sovrappongono leggermente o hanno prospettive insolite come se fossimo non solo spettatori esterni ma testimoni della vicenda nel suo svolgimento.

Come viene concordata una sequenza d'azione rispetto ad una più narrativa tra impaginazione, lettering e disegni?

La serie regolare di Zagor, la collana Zenith, ha una “gabbia” fissa composta da tre bande orizzontali sovrapposte, che deriva dal modo in cui, negli anni Cinquanta, cominciarono a venire ristampate (in quello che veniva definito il formato “Albo d’Oro”) le serie a striscia. Sergio Bonelli era, giustamente, molto affezionato a questa “gabbia”, che considerava una sorta di “marchio di fabbrica”, una garanzia per il lettore, che veniva rassicurato sulla leggibilità della narrazione fin dal primo sfogliare di un albo. Quindi, sulle pubblicazioni storiche e tradizionali la “gabbia” è sempre stata mantenuta e, del resto, mai nessun grande autore si è sentito intrappolato: Giovanni Ticci o Ivo Milazzo non hanno mai scardinato alcunché. Quando però è arrivato Nathan Never, trattandosi di proporre un personaggio nuovo, dinamico, fantascientifico, pieno di effetti speciali, si concesse agli autori di poter impostare diversamente le tavole, alla maniera dei supereroi americani (mai esagerando come loro, però). Altri personaggi successivi si sono inseriti in questa scia. Con il primo volume dei “Racconti di Darkwood”, ospitati in un Maxi, ho pensato che sarebbe stato bello sperimentare anche noi, in una collocazione fuori-serie (e limitatamente a quella), lo scardinamento della “gabbia”, dato che alcune di quelle storie brevi venivano affidate a disegnatori “ospiti” (e quindi la maggiore libertà era una sorta di concessione alla libera interpretazione di un autore che dava una sua versione dell’universo zagoriano). Questa facoltà di uscire dalla “gabbia” si è allargata poi a “Le Origini” e a “Zagor Darkwood Novels”. Sono i disegnatori a scegliere l’impostazione delle tavole (anche se a volte mi permetto di dare dei suggerimenti).

 

Grazie mille per la disponibilità e per la sua gentilezza confermata anche in questa interessante conversazione!

 

 

 

 

 

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