Fumetto d'Autore ISSN: 2037-6650
Dal 2008 il Magazine della Nona Arte e dintorni - Vers. 3.0 - Direttore: Alessandro Bottero
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Intervista con OSKAR su ZAGOR

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Facciamo quattro chiacchiere in merito al volume “L'eroe di Darkwood”, il sesto e conclusivo della mini serie “Zagor – Le Origini” che ha visto Oskar, nome d'arte di Oscar Scalco, classe 1971, disegnatore con all'attivo numerosi traguardi prestigiosi, impegnato ai disegni sui testi di Moreno Burattini. Le sue due opere che vedrete di seguito sono presenti tra le foto del profilo social dell'artista che mi ha gentilmente dato il consenso a pubblicarle.

 

Buongiorno e grazie per il suo tempo.

- Non è la prima volta che lei entra virtualmente in una macchina del tempo per trasferirsi in epoche differenti per conto della Casa Editrice Bonelli: ha compiuto “salti” notevoli, dalla Reggia di Versailles nella quale ci ha accompagnati per la storia “Una vita da Re” nel volume 5 di “Cico a spasso nel tempo” fino al futuro ipertecnologico di "Nathan Never" e dell'Agenzia Alfa. Il suo stile ha subìto variazioni per affrontare le avventure di Pat Wilding ambientate nell'America della prima metà del Diciannovesimo secolo? In che modo?

R.

Sì, certamente: in un certo senso ho dovuto modificare leggermente il mio segno per le diverse pubblicazioni. Questo adattamento però non è legato tanto al periodo storico delle varie avventure, quanto più alla testata vera e propria. In Nathan Never, è vero, c'è un'ambientazione fantascientifica, ma a livello di disegno non ho mai avuto indicazioni particolari da seguire da parte della Casa Editrice. L'importante è solo una somiglianza (ovvia) per i personaggi principali, il resto è ad interpretazione del disegnatore. Naturalmente è richiesta una certa capacità ad illustrare (e anche ad inventare) la parte tecnologica della serie. Nel mio caso rappresenta inoltre la parte più interessante di Nathan.

Per Cico invece c'è stata una grande ricerca storica per ricreare in modo preciso l'ambientazione della Rivoluzione Francese, dall'abbigliamento, agli interni (soprattutto La Reggia di Versailles), alle armi e le divise militari del periodo. Il mio segno invece si è adattato in fretta a quella storia spensierata e "grottesca". Ho lavorato anni per Alan Ford ed anche per il mercato francese, per cui lo stile più "comico", anche nel tratto, mi è tornato in fretta… tra l'altro il mio segno naturale sarebbe proprio quello, per cui è stato tutto abbastanza naturale.

Infine Zagor è sicuramente il più "classico" fra i tre personaggi, sia nei contenuti delle storie sia nello stile del disegno. Per moltissimi anni è stato disegnato dal maestro Gallieno Ferri (dal 1961 fino al 2017 quando è uscita l'ultima storia disegnata - solo in parte - da Gallieno), quindi il riferimento inevitabile è lui ed il suo tratto nei disegni. Questa mini serie "Le origini" però è stata fatta anche per dare un'interpretazione più moderna a Zagor ed anche per il disegno è stata lasciata una certa libertà ad ogni autore. Io per esempio ho mantenuto abbastanza lo stesso stile che uso in Nathan Never, sebbene abbia utilizzato meno neri sapendo che la storia sarebbe stata colorata.

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Zagor fa la sua comparsa: originale ad opera di Oskar 

 

- Quello di Zagor non è il West convenzionale, non solamente per il fatto che la location principale, la base d'azione del protagonista, è una foresta, per quanto contenitore di innumerevoli avventure e spunti narrativi. E proprio Darkwood viene elevata al ruolo di personaggio, che avvolge le vicende degli uomini, misteriosa, a volte benevola a volte minacciosa. Per le dettagliatissime tavole che ne raffigurano le diverse sfaccettature si è basato su documentazioni di reali foreste o magari su ricordi di luoghi visitati?

R.

Molta documentazione fotografica e molta altra su decine di numeri di Zagor. Purtroppo non ho ancora avuto l'occasione di visitare in prima persona gli USA e le loro foreste. Però personalmente ho anche molti ricordi legati ai boschi Italiani. Mio padre era un appassionato di funghi, per cui da bambino e ragazzo sono andato molte volte con lui a cercarli e mi tornano alla mente giornate intere passate nel bosco, in montagna. Uscivamo la mattina presto, per lunghe camminate anche fuori dai sentieri tradizionali, poi c'era il momento del pranzo al sacco, con pane e fette di salame o formaggio. Quindi il rientro dopo magari 7 - 8 ore di cammino… insomma, delle vere e proprie escursioni che duravano tutto il giorno. Passare intere giornate in quella realtà ti rimane dentro e la mia testa è ancora piena di immagini legate a quei momenti, all'atmosfera del bosco, gli scorci, anche se adesso, purtroppo, riesco ad andare molto meno a camminare in montagna.

- Nell'albo si possono notare particolari che sottolineano il grande lavoro di ricerca presente dietro alla realizzazione grafica. Dalle riproduzioni delle capanne dei coloni ai vestiti, alla vivida espressività dei volti fino alle armi da fuoco. Se il mio fiuto da appassionato non mi inganna, tra le altre si identificano due “sputafuoco” riconoscibili grazie alla precisione del suo tratto. Uno è un Kentucky Rifle, una sorta di moschetto utilizzato dai trappers fino agli inizi del 1800, sia per la caccia sia in guerra, costruito da armaioli di origini tedesche immigrati in Virginia e Pennsylvania. E la seconda, sottolineata da una vignetta dove ci si sofferma in modo giustamente drammatico ed allo stesso tempo solenne è una pistola, che ha tutta l'aria di somigliare ad una Colt Walker, un revolver single-action con tamburo contenente sei proiettili, tipicamente calibro 44. (Per i lettori, sempre se ho visto giusto: Samuel Hamilton Walker fu un ufficiale dell'esercito degli Stati Uniti e servì come capitano dei Texas Rangers anche nel conflitto tra USA e Messico. Si dice che il capitano Walker propose a Samuel Colt un miglioramento della “vecchia” Colt Paterson a cinque colpi dopo averlo incontrato in uno dei suoi viaggi: pare che la collaborazione tra i due avvenne in quel di Washington, dove l'ufficiale era di stanza in quel periodo.) Anche in questo caso la domanda è d'obbligo: in che modo si è documentato per poter “rendere reali e quasi palpabili” questi, e non solo, pezzi di storia della Frontiera?

R.

Come dicevo in precedenza, la ricerca è sempre alla base di questo tipo di avventure. Internet facilita molto le cose e con un po' di pazienza si trova tutto. Fino a qualche anno fa era tutto più complicato (ma allo stesso tempo affascinante) e la ricerca di libri fotografici era all'ordine del giorno. Per le armi si cerca sempre di usare modelli adatti al periodo storico, alla zona geografica dove si svolge l'avventura e alla situazione specifica.

In Zagor c'è comunque sempre una certa elasticità di interpretazione. Pur essendo ambientato in un periodo storico ben preciso, le libere interpretazioni ci sono e sono "abbastanza" concesse. Proprio la Colt dello Spirito con la Scure ne è un esempio. Come si legge sul Blog ufficiale di Moreno Burattini, curatore di Zagor, (https://morenoburattini.blogspot.com/search?q=la+colt+di+zagor), si tratterebbe di una COLT NAVY del 1851 a canna ottagonale, ma il nostro eroe usa le pallottole che ha nel cinturone, mentre l'arma in questione, come ben saprete, era ad avancarica. (Oskar si riferisce alle camere del tamburo) Quindi il modello è quello… ma le pallottole che spara, no. Anche sull'abbigliamento e sugli ambienti sono permesse delle interpretazioni del disegnatore. In un episodio recente per esempio, il nostro eroe ha a che fare addirittura con un "esoscheletro" in stile Steampunk, e tutta una tecnologia di quel tipo: ovviamente non c'era nulla di tutto ciò in quel periodo ma quello che disegnamo deve risultare comunque credibile. In Tex Willer sicuramente c'è un discorso molto più rigoroso e storico. Per le armi poi, secondo me, c'è una questione più precisa legata anche al disegnatore che realizza la storia. Personalmente amo molto disegnare gli oggetti "meccanici", incluse le armi. Anche per l'ultima storia che ho realizzato per Nathan Never, ad esempio, ho fatto tutta una serie di studi del mezzo meccanico d'assalto (il Gunny) protagonista dell'avventura, per renderlo credibile e "funzionale". Altri colleghi, mi hanno confessato invece di avere difficoltà nel disegnare proprio quel tipo di oggetti, capire la meccanica, la corretta impugnatura, ecc... Anche questo è un aspetto da tener presente quando si realizzano storie del genere.

 

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 Sopra: una Colt Walker 1847. Sotto: una Colt Navy 1851. Immagini reperite in rete.

 

- L'impaginazione si distacca da quella maggiormente classica della serie regolare o di altri volumi di Zagor ed in generale di Casa Bonelli, parallelamente ad albi recenti anche di testate “cugine” che hanno inserito elementi visivi di innovazione. Per lei l'insolita disposizione di alcune vignette nelle tavole, che a volte si sovrappongono ad un disegno che occupa l'intera pagina, soprattutto nelle scene d'azione, quasi a voler donare un ritmo più incalzante rispetto ad altri momenti meno concitati, causa ripercussioni dal punto di vista lavorativo, in termini di realizzazione e di tempi di produzione?

R.

La mini serie "Le Origini" è stata fatta proprio per sperimentare elementi nuovi su una testata classicissima come Zagor. Il formato dell'albo è più grande (e usciranno anche i volumi cartonati), la narrazione più serrata e veloce, l'impaginazione è praticamente libera, l'unico limite è dettato dalla fine della pagina, ci sono i colori. Concettualmente è molto simile ai Comics americani. Tutto serve a provare nuove vie narrative per questi personaggi datati ma pur sempre avvincenti ed interessanti, che purtroppo però non attirano molto le nuove generazioni di lettori nel loro formato tradizionale. Dal punto di vista creativo per noi disegnatori sono molto intriganti ed affascinanti. Quando dalla Bonelli mi hanno contattato per questo progetto ero entusiasta di tornare a questo modo di lavorare che avevo già usato in passato su altre testate. Devo ammettere però che i primi giorni sono stati difficili. Dopo tante storie disegnate con l'impaginazione classica e rigorosa della Casa Editrice (la famosa "gabbia Bonelli"), avere tanta libertà mi ha leggermente spiazzato. Quando si lavora invece in questo modo libero, anche la forma della vignetta assume un significato narrativo, il taglio delle inquadrature è praticamente illimitato… insomma, quando hai troppa scelta hai anche più difficoltà a decidere gli elementi giusti da assemblare. Il tutto mantenendo una coerenza e la chiarezza di lettura nell'insieme della pagina.

Dal punto di vista della realizzazione ho dedicato più tempo alla fase degli story-board (cioè quando si decidono le inquadrature, la disposizione e la forma delle vignette facendo dei disegni molto abbozzati). Una volta ripreso il ritmo però è stato tutto più facile. Ora sono tornato su una storia classica e dovrò tarare di nuovo il mio cervello sulla "gabbia Bonelliana".

- Si nota un tratto più leggero quando ci si imbatte in flashback esplicativi, durante il racconto. Quali sono le tecniche da lei utilizzate?

R.

Nei flashback, sulle pagine originali, ho usato una tecnica a mezzatinta. Purtroppo in fase di colorazione hanno stravolto abbastanza la mia idea iniziale (cioè quella di raffigurare i flashback come se fossero vecchie foto del West), aggiungendo dei colori (rosso e grigio) per riprendere lo stile usato anche nei numeri precedenti. Una decisione presa dalla Casa Editrice che devo dire non mi ha molto soddisfatto, anzi.

- Parlando proprio di Za-gor-te-nay, si è ispirato a qualche volto in particolare per i lineamenti del giovane Wilding, magari ad un attore come accaduto in passato per illustri “colleghi” del giustiziere al servizio di Manito? Ha ricevuto indicazioni dal signor Burattini in merito?

R.

Il volto originale di Zagor si ispira a quello di Robert Taylor, celebre attore statunitense degli anni '40 - '60, adattato, come succede in questi casi, alle necessità del fumetto, quindi con alcuni suoi lineamenti caratteristici riconoscibili nel disegno. Per quanto riguarda la mia storia, Zagor o meglio Patrick Wilding, è ormai adulto, un giovane uomo. Abbiamo ipotizzato con Burattini di circa una quindicina di anni più giovane rispetto a quello che tutti conosciamo, cioè un uomo intorno ai 35 anni, per cui con l'aspetto di un ventenne. Con queste indicazioni ho semplicemente tolto qualche ruga ed "ammorbidito" leggermente i lineamenti che invece sono molto marcati sul volto di Zagor più maturo.

 

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Disegno originale di Oskar 

 

- Anche se non compare il fraterno compagno Cico con i suoi pasticci ed a volte le sue stramberie che per assurdo però possono perfino tirarci fuori dai guai, sebbene spesso sia l'esatto contrario specialmente per il diretto interessato, nella storia i lettori non di primo pelo incontrano personaggi ben noti nella saga zagoriana, alcuni più giovani “del solito” come il sakem della gente Mohawk Tonka, altri proprio come li ricordavamo. Inevitabile nuovamente il riferimento all'ideatore grafico Gallieno Ferri nei confronti del quale si evince anche un omaggio, durante la dimostrazione di abilità circense da parte dei Sullivan. Pur da navigato professionista, quali sono state le emozioni che ha provato nell'avventurarsi per i sentieri che portano alla capanna nella palude di Mo-Hi-La avendo la responsabilità dell'ultimo tratto della corsa, per portare il testimone al traguardo e vedendo, anzi, contribuendo a far rinascere il mito dello Spirito con la Scure, soprattutto con l'immortale prima apparizione alle tribù riunite?

R.

Sì, devo dire che quando Moreno Burattini mi ha contattato per dirmi che ero stato coinvolto in questo progetto mi sono molto emozionato e "gasato", ma allo stesso tempo mi ha preso una certa ansia quando mi è stato detto che avrei dovuto realizzare l'ultimo episodio della serie, quello in cui il nostro Pat diventa a tutti gli effetti Zagor. Poi per "tranquillizzarmi" ulteriormente Burattini mi ha comunicato che, oltre agli altri autori che già sapevo intervenuti nel progetto, Di Vincenzo & Piccioni, Trono, Candita, Michele Rubini alle copertine, sul numero precedente al mio ci sarebbe stato un "certo" Giovanni Freghieri, vera e propria colonna portante tra i disegnatori di casa Bonelli e riferimento di stile per molti autori della mia generazione.

- Ultima, una domanda da lettore a lettore, simile a quelle che ci si scambia nelle file attendendo il proprio turno in manifestazioni come “Lucca Comics & Games”: c'è una storia di Zagor che le è rimasta nel cuore o che l'ha colpita? E se sì, per quale ragione?

R.

Ahimè, ammetto di non essere stato in passato un grande lettore di Zagor. L'ho sempre letto, ma in maniera casuale e saltuaria, come Mister No o Tex. Era mio fratello maggiore il bonelliano di casa. Da ragazzino ho letto quasi tutti i "Cico Story", che era uno speciale estivo dell'epoca, ma evidentemente le storie erano ben più blande e scanzonate rispetto alla serie regolare. Io appartengo alla generazione di Dylan Dog (per rimanere in casa Bonelli) per cui quella è la serie che ho seguito maggiormente (come saprete a metà degli anni '80, quando iniziò ad uscire, "l'Indagatore dell'incubo" segnò una vera e propria rivoluzione nel mondo del fumetto italiano). Di Zagor ho letto un po' di storie recentemente per entrare meglio nello spirito della serie e per capire le atmosfere del suo mondo, ma per fare una classifica delle mie storie preferire non ho letto ancora abbastanza… cercherò di recuperare con le nuove ristampe delle prime storie che stanno uscendo in questo periodo.

 

Grazie mille per la sua disponibilità e complimenti ancora per il suo spettacolare lavoro.

Grazie a voi per l'interessante intervista e per gli apprezzamenti.

 

 

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