- Categoria: Editoriali
- Scritto da Alessandro Bottero
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L'Editoriale - Nel Fumettomondo mai parlare male degli amichetti
di Alessandro Bottero
Potremmo stare tutto il giorno a fare battute sui critici e sugli amici, ma non voglio farvi perdere tempo, per cui arrivo subito al punto.
Qualche settimana fa il corpaccione del fumettomondo ha sussultato per le affermazioni di Alessandro Di Nocera, di professione professore di liceo e a tempo perso giornalista della Repubblica sede di Napoli con spazio sulla pagina della cultura dell’edizione di quel giornale per argomenti dedicati ai fumetti e a tempo sempre perso critico di fumetti, presenza cospicua sui social, amico di Roberto Recchioni e parte del salotto buono del fumetto italiano, secondo cui un critico se viene invitato a una prima del film di un amico o riceve un volume a fumetti di un amico se il film e brutto o il fumetto è brutto non ne deve parlare e deve lasciare il compito a qualcun altro. Se invece il film o il libro sono di qualcuno che non conosce, o proprio gli sta sul cazzo, allora criticarlo è lecito, ma senza essere troppo spietato. Se invece il film o il fumetto sono di un amico e ti piacciono, allora ne puoi parlare bene. Però senza leccare troppo il culo. Per Di Nocera questo schema per cui “Amico fa una cosa che non mi piace = sto zitto; nemico o sconosciuto fa una cosa che non mi piace = lo stronco; amico fa una cosa che mi piace = lo esalto” è l’applicazione al mestiere del critico del “saper vivere”. Se sai come si vive, allora non parli male di quello che fanno gli amici, mentre puoi benissimo parlare male di quello che fanno gli sconosciuti o chi sta sul cazzo.
In sintesi questo è quel che ha detto il professor Di Nocera. Ora è tutto qui il ruolo di un critico? Porre la l’amicizia al di sopra di tutto e tutti? Non so. Mi pare strano.
Io capisco e sono contento se una persona riesce a costruire rapporti di amicizia, di stima, di affetto, di ammirazione anche nel mondo del fumetto. È difficile, perché le persone degne di stima, rispetto, ammirazione sono poche, ma forse sono io che sono prevenuto. Però posso capire che altri invece si trovino bene con tutti, o magari con tutti quelli che hanno potere e possono aiutare. È possibile.
Ma il critico non può lasciare che questo diriga il suo compito.
Il critico è una persona che ha dei doveri. Non dei diritti. Il critico non ha il diritto di farsi regalare i volumi agli stand, o il diritto di farsi invitare alle prime. Il critico non ha il diritto di saltare la fila davanti a un disegnatore perché “lui è mio amico.”. No. Il critico ha il dovere davanti a quelli che lo leggono o lo ascoltano di essere COMPETENTE, COMPRENSIBILE, AUTOREVOLE, e soprattutto LIBERO.
E libero significa ANCHE libero da amicizie o affetti. Se Alessandro Bottero scrive una storia e fa un lavoro davvero pessimo, OGGETTIVAMENTE sbagliato, con prove, riscontri, errori, prove evidenti di plagi, o altro, e a un critico amico di Alessandro Bottero viene richiesto di esprimere la sua critica, allora dire “no, non ne parlo. Lascio il problema a un altor”, non è “sapere come ci si comporta”. Non è “essere uomini di mondo”. No. È semplicemente essere vigliacchi. Non avere il coraggio delle proprie convinzioni. E soprattutto direi essere persone meschine, che per non perdere i vantaggi di un rapporto personale (“Se parlo male di Monolith, poi non mi invitano più alle prime e devo pagare il biglietto per andare al cinema”) non si espongono.
Se delle OPERE degli amici (non degli amici, badate, ma delle OPERE) parlo solo bene perché sennò l’amicizia si rompe, allora mi chiedo anche che razza di amicizia è? SI basa solo sulla perenne leccata di culo e adulazione “Sei bravissimo, hai scritto un fumetto stupendo, e questo che hai scritto adesso è ancora migliore”? Che razza di amicizia è quella che non accetta mai la libertà di giudizio degli altri?
Anche perché qui non stiamo parlando di un circolo ristretto di persone che si conoscono tra loro. Parliamo di persone, i critici che scrivono sui giornali o sui social, che hanno una funzione pubblica. Il loro primo “sapere come si vive” non deve essere verso gli amici artisti, ma verso i lettori che si fidano dei giudizi del critico. E sapere come si vive in questo caso significa essere liberi e METTERCI LA FACCIA. Perché il critico prende posizione sull’opera, e non sulla persona. Alessandro Bottero può essere la persona più buona dell’universo, ma se non sa cantare non sa cantare. E se io critico ascolto il suo ultimo CD autoprodotto e messo in vendita dalla Bottero Music, e lo trovo orribile, non è corretto che sfugga al mio ruolo. Troverò un modo per dirlo, ma il ruolo del critico impone che lo dica. Non che segua le regole del “saper vivere”.
Lo stato della critica nel fumettomondo oggi è a dir poco pietoso, proprio perché questo sbagliato senso dell’amicizia impedisce una libertà di giudizio. Oltretutto a volerla proprio dire tutta, spesso e volentieri gli autoproclamati critici che scrivono sul web (perché riviste di critica ce ne sono solo due Fumo di China e Suola di Fumetto, e il numero di sedicenti critici è sterminato) non si autocensurano per motivi di malcompresa amicizia. No. Si autocensurano e non parlano male del fumetto scritto da tizio o caio per non irritare tizio o caio, sperando così di guadagnare punti e trovare un lavoro presso qualche casa editrice. In fin dei conti, se ha funzionato per la generazione Comicus, perché non dovrebbe funzionare per me?
In conclusione: sapere “come ci si deve comportare” non significa essere vigliacchi. Un critico ha il dovere di esprimere pareri. Altrimenti non si autoproclami critico. E soprattutto un critico nel parlare deve essere libero da amicizie o speranze di guadagni personali.
Ma forse se si applicassero queste regole di critici ne resterebbero pochini. Sicuramente meno di adesso.