- Categoria: Osservatorio Tex
- Scritto da Lorenzo Barruscotto
- Visite: 13393
RECENSIONE TEX INEDITO 687: "GLI STRANIERI"
Hola, amigos!
E' da un po' che non ci ritroviamo qui al Trading Post davanti ad un bicchiere per fare quattro chiacchiere.
Il primo giro lo offre la casa.
Spero che ognuno di voi abbia passato delle feste serene ed anche se ormai siamo a Gennaio inoltrato lasciate che il sottoscritto vi faccia ancora una volta gli auguri di BUON ANNO.
Anno, per altro, caratterizzato da una ricorrenza straordinaria e particolare: Tex raggiunge il traguardo dei 70 anni.
Non sono certo io il primo a dirvelo e non ho dubbi sul fatto che tutti i lettori abbiano notato il simbolo che caratterizza attualmente le uscite degli albi, aggiunto sulle copertine proprio per celebrare l'avvenimento.
Già, sarà un anno di fuoco, non solo per le varie “uscite extra” di cui parleremo a tempo debito, ma anche per uno storico passaggio di testimone, tutto texiano.
Villa infatti non si occuperà più delle cartoline che possiamo trovare nei volumi della Nuova Ristampa. Questo onere ed onore è passato ad un altro maestro, Dotti.
Non so cosa ne pensate voi, hermanos, ma per come la vedo io questa si preannuncia proprio come un'annata storica per tutti noi.
Non importa che il “noi” si riferisca ad esperti cowboys dalla pellaccia dura che conoscono a memoria ogni albo e che sanno citare anche battute e dialoghi (non mi riferisco solo alla ormai celeberrima prima frase di Tex: “Per tutti i diavoli, che mi siano ancora alle costole?”) o che si intendano i nuovi arrivati, i fans di primo pelo, che si stanno affacciando al mondo del selvaggio West per la prima volta.
Entrambe le categorie, ne sono certo, hanno percepito un aumento della salivazione quando è stata data la notizia dell'albo di figurine che racchiude la completa collezione di riproduzioni delle cartoline, 200 per l'esattezza, realizzate negli anni dal grande Villa, associate alla nuova edizione di ristampe.
Ci sono state anche alcune critiche inerenti questa iniziativa, presentata come la prima di una serie in seno alle celebrazioni per i 70 anni. In effetti se vista con gli occhi del lettore veterano, non suscita particolare entusiasmo dal momento che è già presente la collana “Tex Classic” in questo ambito, ma ritengo che ciò possa essere un modo per accogliere, usando un'espressione un po' altisonante, le nuove generazioni, che vogliono farsi una cultura in ambito texiano.
Ritroveremo quindi l'indimenticata Lilyth ed il fido Dinamite, il cane Satan dal fiuto infallibile, il giovane Tex che viene battezzato dai Navajos con il suo nome indiano, la triste ed al contempo fiera storia di Tiger Jack e della sua amata Taniah, il figlio di Aquila della Notte, tremendo con arco e frecce in mano, ma anche tremendamente simpatico, quando ancora bambino si riferisce a se stesso in terza persona dopo aver preso di mira il cappello del “padrino” Carson (come dimenticare le risate che tutti ci siamo fatti anche a rischio di apparire strampalati agli occhi di chi ci osservava senza sapere il motivo della nostra improvvisa ilarità, leggendo e rileggendo la scena che si conclude con la mitica affermazione “Piccolo Falco non sbaglia”).
Ma bando ai sentimentalismi, non siamo qui per darci pacche sulle spalle fino a domani rievocando il passato.
Vi ricordate dove avevamo lasciato i quattro pards, prima dei bagordi di fine anno?
Se il vostro cervello fa fatica a mettere a fuoco i ricordi, vi rispolvero io la memoria.
Dopo essere scampato per miracolo ad un agguato, e dopo essere volato giù da un burrone, Kit era stato soccorso da un paio di abitanti di una misteriosa città senza nome, in cui il tempo sembrava essersi fermato all'epoca dei Conquistadores.
Intanto Tex, Carson e Tiger erano impegnati nel cercare di ridurre a più miti consigli i membri di una spietata banda di fuorilegge capeggiata da una carogna di prim'ordine, un certo Brad Stroke, il quale ha ancora il dente avvelenato proprio con i Rangers colpevoli di aver mandato all'aria una rapina ed aver assottigliato le fila dei suoi uomini.
Per strade diverse sia i Nostri che i loro avversari, dopo essere venuti a conoscenza della situazione in cui si trova Piccolo Falco, per motivi opposti convergono sullo stesso obiettivo: i primi per sincerarsi delle sue condizioni ed eventualmente salvarlo da una situazione di pericolo, i secondi per dare libero sfogo ai loro istinti sanguinari saccheggiando un'intera città ed al contempo vendicarsi degli smacchi subiti.
A questo punto urgono due parole su questa famosa “città”: i tre “matusalemme”, per usare un'espressione di Carson, che la governano hanno imposto il divieto di usare armi da fuoco, il che normalmente sarebbe anche una buona cosa, ma risulta una vera assurdità quando si deve fronteggiare un branco di feroci coyotes, dal momento che non si può pensare di poter parlamentare quando si ha di fronte un gruppo fin troppo folto di farabutti pronti a riempire di piombo chiunque capiti loro a tiro solo per divertimento.
Altra regola vigente consiste nell'assoluta impossibilità di lasciare la città una volta entrati.
Lo stesso Kit aveva avuto un paio di “screzi” a base di cazzotti con le guardie cittadine proprio dopo aver scoperto che non gli sarebbe stato permesso di andarsene. Risultato: Piccolo Falco in cella con un bernoccolo grosso come una noce ed un buon numero di “tutori dell'ordine” con le ossa peste.
La pressochè totale mancanza di esperienza della dura vita del West che quelle caricature di soldati ostentano quasi come se potesse fermare i proiettili o impedire ad altri di far loro del male, viene sottolineata dai dialoghi di alcuni terrorizzati abitanti: purtroppo capiranno ben presto cosa siano quelle strane esplosioni udite in lontananza, il cui tuono incute molto più timore di un temporale.
Ed in effetti non si farà economia di pallottole in questa storia, in cui le parole, comunque ben incastonate nelle varie vignette grazie al lettering di Renata Tuis, lasciano quasi completamente il campo all'azione.
E grazie ai minuziosi e dinamici disegni di Venturi anche a noi sembrerà di aggirarci guardinghi tra le case e nei vicoli della città invasa dai banditi.
Dietro ad ogni angolo potrebbe esserci un tagliagole pronto a saltarvi addosso quindi meglio stare in guardia, con il dito sul grilletto. Attenti, però: sarà necessario non solamente tutto il vostro coraggio ma anche una buona dose di sangue freddo poiché è possibile che per le strade non ci siano solamente nemici da cui guardarsi ma anche eventuali innocenti, del tutto impreparati ad affrontare la minaccia delle armi.
Bisogna anche ammettere che quei pendagli da forca non solo non brillano per intelligenza, cadendo in un paio di tranelli preparati ad arte dai Rangers, ma non sembrano neanche dei tiratori particolarmente precisi: gran spreco di piombo ma pochi risultati, per fortuna.
D'altra parte così come quando piove non si può recriminare di non essere riusciti a restare asciutti cercando di passare tra una goccia e l'altra, quando si hanno di fronte molti avversari non si può contare solamente sulla loro scarsa mira e schivare i proiettili, per uscirne con la pelle intatta.
Si deve concordare un piano, adattarsi alla situazione e sfruttare a proprio vantaggio il terreno dello scontro e la propria esperienza.
Perciò non fate rumore e state al coperto, insieme a Tex ed i suoi pards, mentre studiano le mosse degli avversari e decidono di conseguenza come agire.
A volte dividersi può risultare un errore, altre può essere la sola strategia attuabile.
E non dimenticate che Kit è ancora là fuori, probabilmente disarmato.
Il nemico punta sulla schiacciante superiorità numerica per vincere la partita e crede di poter chiudere i conti facilmente, avendo a disposizione un intero villaggio da tenere in ostaggio.
Quella torma di scampa-forche avrà tutto il tempo di ricredersi e di veder assottigliare le proprie certezze parallelamente al numero dei componenti della banda, dopo le pesanti lezioni che subiranno da parte dei Nostri, non solo sulla capacità di usare il cervello ma anche e soprattutto sull'uso del Winchester.
Ed anche a noi verrà spontaneo lasciarci andare ad un tipico commento “alla western”, del tipo “Ve la siete cercata, serpenti!” anche mescolando qualche considerazione più personale poiché sono sicuro che molti di voi hanno pensato qualcosa simile a “E' così che si spara, fessacchiotti!” dopo aver assistito ad una scena che agli occhi dei “poveri banditi” ha quasi dell'incredibile: ad ogni texiano che si rispetti spunterà un ironico sorriso e senza accorgersene ognuno di noi tornerà indietro di qualche pagina per rivedere tale scena nei dettagli: mai sottovalutare Tex Willer.
A qualcuno potrebbe risultare magari addirittura eccessivo un certo modo di agire del Ranger ma sull'altro piatto della bilancia bisogna considerare l'entità della posta in gioco.
In certi casi non si può andare troppo per il sottile.
In almeno un paio di occasioni resteremo col fiato sospeso perché sembrerà apparentemente non esserci scampo ma ormai Tex e gli altri li conoscete anche voi: la ferrea volontà di non arrendersi senza lottare, la rapidità e la maestria nel maneggiare i “clarinetti” unita, diciamolo, anche alla dabbenaggine dei cattivi di turno, privi perfino di una parvenza di disciplina ed iniziativa, sbloccheranno la situazione.
Una doverosa citazione va fatta alla copertina, ad opera di Villa, che da sola riesce a catapultare il lettore in un clima di tensione facendo correre la mano al fianco, per essere pronti ad estrarre la Colt in caso di necessità.
Restiamo a bocca aperta di fronte alle chine di Venturi, non solo abilissimo nel destreggiarsi tra sparatorie e galoppi sfrenati o nel saper riprodurre ad esempio le armi in modo realistico e preciso, ma anche in grado di coinvolgere il lettore nella vicenda grazie alla sua bravura nel rappresentare le espressioni dei vari personaggi: la sorpresa quando ci si trova all'improvviso davanti alla minacciosa bocca di una "45", l'odio nei confronti di qualcuno che vorremmo a tutti i costi vedere morto, la calma che deriva dall'esperienza e dalla assoluta fiducia nelle proprie capacità, la cattiveria senza limiti propria solo dell'essere umano rappresentata da un satanico ghigno mentre si pianifica di spargere morte attorno a sé, la fermezza nello sguardo di chi è sicuro di agire sempre dalla parte giusta, la paura contrapposta alla totale assenza di timori ed incertezze.
I primi piani ad opera del disegnatore di quest'albo riescono a trasmettere appieno le emozioni provate dai protagonisti della storia.
Volendo proprio cercare il pelo nell'uovo, l'unico particolare che fa spuntare quel classico prurito sulla testa quando qualcosa non ci quadra è rappresentato dal fatto che Tiger Jack in una delle numerose sparatorie utilizza la Colt mentre poi immediatamente dopo torna ad imbracciare il fucile. Non ci sarebbe nulla di strano se si trattasse di un altro dei quattro pards ma risulta quanto meno insolito sapendo che il fratello di sangue di Tex non porta il cinturone. Intendiamoci, non è certo la prima volta che Tiger usa la pistola, con la quale se la cava benissimo al pari del Winchester, ed in alcune rare avventure indossa anche i revolver ai fianchi (“Nelle paludi della Louisiana” e seguenti), ma in questo caso non appare esserci un valido motivo soprattutto dal momento che si tratta solamente di un paio di tavole. Forse in origine era stato previsto che venissero raccolte le armi dei nemici uccisi al fine di non restare senza munizioni e poi l'idea è stata scartata.
Ma si tratta in ogni caso solamente di un particolare che ho notato, una semplice chiacchiera fine a se stessa, non di una critica al gran lavoro dell'artista.
A proposito di critiche, intese come analisi e non solamente nell'accezione negativa del termine, mi sento di affermare che la storia di questo volume, pur non brillando per la sua originalità, è senza dubbio fluida ed avvincente. Almeno fin quasi alla fine, diciamo fino a pagina 105.
A mio parere la sceneggiatura ad opera di Faraci subisce un notevole crollo proprio sul finale.
Come di consueto, cercherò di spiegarmi senza svelare nulla che rovini la lettura a coloro i quali dovessero ancora completarla.
Diciamo che la conclusione dell'avventura stride con ciò che non solamente io ma anche diversi lettori da quel che ho potuto appurare, ed oserei dire quasi tutti i texiani, si sarebbero aspettati. Stavolta non si tratta propriamente di un finale che dà l'impressione di voler chiudere la faccenda in fretta come a volte è accaduto in alcune avventure passate, ma secondo chi vi scrive non sta granchè in piedi comunque. Nello stesso numero di pagine che racchiudono l'epilogo, le restanti 9, si potevano trovare almeno un altro paio di conclusioni più plausibili o per lo meno non del tutto raffazzonate come invece risulta la scelta posta come apparentemente l'unica possibile ma in realtà forzatamente “buonista” ed anche un tantino insoddisfacente effettuata dallo sceneggiatore, forse per bilanciare le sparatorie che costellano tutto l'albo.
Parliamoci chiaro al fine di fugare ogni dubbio e non cadere in equivoci: nessuno offre seconde possibilità a spietati assassini e sulla carta tutti i cattivi hanno quello che si meritano.
Beh, a dire la verità quasi tutti i cattivi, per lo meno a mio parere.
Un malvagio così splendidamente disegnato, non solamente parlando di matite e chine ma anche riferendoci al carattere del personaggio in toto, ci aveva fatto immaginare un vero finale “alla Tex”, uno scontro che sarebbe terminato con una fuga rocambolesca o con una lotta feroce, non importava che si trattasse di un duello o di una scazzottata. Andava bene tutto, forse tutto tranne la soluzione presentata al lettori. E se avete avuto modo di sfogliare l'albo fino alla fine anche a voi è spuntato sulla testa quel grosso punto interrogativo che è tutt'ora presente sulla mia zucca.
Come dire, non basta fare la voce grossa una volta per ammansire un feroce sciacallo, anche se la belva in questione apparentemente abbassa le orecchie quando la osserviamo.
In realtà forse siamo stati abituati troppo bene, ed oggettivamente non si può sempre accontentare i gusti di tutti, non è possibile mantenere perennemente livelli elevatissimi, così anche un minimo difetto spicca come il lampo di uno sparo nella notte.
Lo stesso Faraci ha raggiunto picchi narrativi molto alti quando ci ha regalato storie del calibro di “Insidia nella neve” o “Ghost Town” o ancora, per fare due passi indietro nel tempo, con l'avventura contenuta nell'Almanacco del West 2012 (altra particolare avventura nella quale tutti noi ci siamo emozionati vedendo il Ranger, alle prese con una masnada di banditi senza scrupoli, sollevare la tacca di mira del suo Winchester e dare sfoggio delle sue capacità di tiratore infallibile.)
Non è la prima volta che capita qualcosa che lascia perplessi i lettori e che a volte li fa discutere tra loro esprimendo pareri discordanti.
Tex ed i suoi pards sono inflessibili ma non ottusi nello svolgere il loro compito di paladini della legge ed ogni tanto “adattano” i regolamenti alla situazione al fine di perseguire una giustizia superiore e questo è il modo di agire di grandi uomini, dei quali quasi sempre appoggiamo le scelte.
A proposito dei quel “quasi”, mi viene in mente una precisa occasione in cui la punizione anche se forse non avrebbe potuto essere differente, mi ha colpito dal momento che, caso più unico che raro, mi ero in un certo qual modo trovato concorde con il cattivo, che non era il “più cattivo” della storia e che addirittura nel corso dell'avventura aveva anche deliberatamente scelto di non sparare contro Tex e Carson (“Corsa verso l'abisso”).
A volte le circostanze non lasciano davvero altra scelta.
Sono particolarmente legato alla splendida storia sui Fratelli Forrester che si conclude in “Tabla Sagrada” dal momento che è stato il primo albo che ho recensito: in quell'occasione Tex ed il figlio Kit si alleano con tre rapinatori per fronteggiare un terribile gruppo di bandidos messicani, mettendo da parte le divergenze per fare fronte comune e difendere un inerme villaggio.
Come non citare Makua, giustamente e generosamente risparmiato da Tex nel duello finale, per la sua giovane età in quel caso, nonostante le colpe di cui si fosse macchiato nel bellissimo albo “La rivincita di Makua”, ma si suppone spedito a spaccare pietre per diversi anni in un penitenziario.
Tutti voi se siete texiani purosangue come me adesso state pensando ai fratelli Rainey, Durango e Kid Rodelo, le cui “prodezze” abbiamo conosciuto prima in solitaria e poi uniti alla sorella in “Giovani assassini” (e seguenti). Uno di loro da fortemente antipatico riesce perfino a salvare la pelle per quanto malconcio, per poi perfino far parte della squadra dei buoni anche se a modo suo e purtroppo per un brevissimo lasso di tempo prima di terminare la sua pista con un buco calibro 45 nel petto da parte di un altro cattivo, spietato e terribilmente crudele, quale era il cieco Jack Thunder (“Intrighi e veleni”).
In questa breve carrellata di esempi mi torna alla mente ancora il giovane Juan Raza, prima nemico anche se sui generis e poi addirittura divenuto Ranger (“Un ranger ha tradito”).
Tutto questo per dimostrare che, quando ha un senso per la storia ed è compatibile con il rigore morale che caratterizza i Nostri, a nessuno viene negata una possibilità, come non si spara mai alle spalle o a sangue freddo su nessuno, per quanto carogna sia.
Quindi può succedere che venga lasciato andare un pesce piccolo dopo averlo spremuto come un limone a suon di sberle per farsi rivelare informazioni utili o che in rari casi colui che si pensava fosse il cattivo della situazione si scopre aver avuto le sue buone ragioni per aver fatto ciò che ha fatto, magari dimostrando anche una certa onestà di fondo od un insospettato senso dell'onore che ce li fanno se non approvare per lo meno rispettare.
Queste sono eccezioni, dal momento che solitamente i colpevoli per mano dei Nostri o del destino pagano il giusto prezzo per i propri errori. E' così che ci piace, è così che dev'essere.
Discutendone davanti ad una buona bottiglia, potremmo aggiungere altre situazioni in cui il comportamento dei Nostri, anche se sacrosanto e dettato dal buon senso, risulterebbe incompatibile con freddi regolamenti, ma ho citato solamente alcuni esempi per far comprendere meglio il mio pensiero.
Un caso invece abbastanza stonato, che quindi si lega alla storia attuale, anche se ribadisco che qui nessuno viene lasciato uccel di bosco, per lo meno nelle pie intenzioni dell'autore, è la storia che si conclude nell'albo “Duello a Madison Creek”.
Il killer viene addirittura lasciato andare con il ragazzino che aveva rapito “per salvarlo”. Che poi il killer fosse divenuto tale per vendicare la famiglia e che quindi avesse dalla sua parecchie attenuanti è un altro discorso. Ma non bisogna dimenticare che proprio quel personaggio, diciamo un cattivo non completamente cattivo, aveva ammazzato il padre del ragazzo.
Secondo me, per fare una digressione non richiesta, tutta la storia avrebbe avuto senso e quindi avrebbe riscontrato la piena approvazione dei lettori se ad esempio non fosse stato direttamente il pistolero a rendere orfano il ragazzino che poi gli si affeziona, dal momento che lo difende da una muta di cagnacci intenzionati a seppellire entrambi, sopraffatto dall'orrore di un'azione tanto vile, invece di commetterla in prima persona e poi atteggiarsi a burbero mentore.
Perchè queste lungaggini? Beh, a chi non ha ancora letto l'albo posso solamente dire “capirete” ed a chi lo ha già letto dico “avete capito”.
Per tornare quindi al presente, Brad Stroke, il capo dei fuorilegge con cui si scontrano i pards ne “Gli stranieri” è un vero bastardo, un perfido balordo marcio fino al midollo, senza scrupoli né onestà nascosta in un doppio fondo di ciò che rimane della sua coscienza e maledettamente brutale con il prossimo, spietato anche con i suoi stessi sgherri.
Un uomo del genere, che riconosce solamente la legge del più forte, merita una pena severa, una punizione esemplare. Definitiva.
Cosa che noi lettori auspicavamo ed oserei dire meritavamo di leggere nell'albo che inaugura un compleanno così importante per la testata.
Noi non siamo degli ingenuotti come gli abitanti della Città e sappiamo bene che sotto il candido manto di una colomba può nascondersi un corvaccio dalle penne più nere dell'inferno, così come un lupo non diventa improvvisamente un tenero agnellino se fino ad un attimo prima stava tentando di affondare i suoi denti nel nostro collo.
Il tutto, bisogna riconoscerlo, potrebbe cambiare prospettiva se gli autori avessero pianificato una continuazione, se la scelta di questo finale fosse dettata da una visione più ampia e se in un prossimo futuro i sentieri dell'Avventura portassero nuovamente Tex ed i suoi compagni sulla pista proprio della città nascosta. Chissà…
Lasciatemi fare un'ultima osservazione dicendo che potrebbe essere necessario rimediare a ciò che si è scelto proprio nella conclusione della storia, sulla quale unicamente Kit Willer sembra avere qualche remora, riducendo però i suoi dubbi ad una sarcastica battuta. (So che l'avete notata!)
Magari anche a qualcuno di voi, leggendo l'albo, sono venuti in mente i pacifici mormoni di “Lo chiamavano Trinità”, abbastanza simili come atteggiamento a coloro che hanno scelto di isolarsi dal mondo in quel segreto villaggio.
Quando si ha a che fare con la malvagità a volte purtroppo la violenza è necessaria per fermare altra violenza, diretta sugli innocenti che non sono in grado di difendersi da soli, poiché sperare non basta.
Per citare il film: talvolta “la fede può fare miracoli”… “specialmente se la metti nella canna di un fucile”.
Soggetto e sceneggiatura: Tito Faraci
Disegni: Andrea Venturi
Copertina: Claudio Villa
Lettering: Renata Tuis
114 pagine