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L'Editoriale » Il Male & Altroquando: polemiche di inizio estate

ilmaledi Alessandro Bottero

[12/06/2010] » Due parole (e una congiunzione): Satira & Altroquando. Ecco cosa sta agitando il mondo del fumetto online italiano. Per quelle persone che (vorrei dire per fortuna) hanno da pensare a cose serie, e non stanno tutto il giorno su Facebook o sui blog, ecco di che si tratta

-Caso A: Il tentativo di dare nuova vita alla storica rivista di satira Il Male, ossia l’oscuro complotto per cui i soliti vecchi parrucconi cercano di sfruttare i gggggiovani, senza pagarli

Svolgimento:

un gruppo di nomi  storici  del fumetto umoristico/satirico/politico italiano decide di ridare vita al Male, storica rivista di satira degli anni ’70. Tra loro Vauro, Vincino, Scozzari, Liberatore, Mannelli, Perini, Bucchi, Riondino, Willem, Luttazzi e Caviglia. Immagino anche altri, ma non so chi. Massimo Caviglia contatta altri autori, per cercare di aumentare la squadra. Tra i tanti contatta Flaviano Armentaro, il  quale risponde no. E fin qui che polemica sarebbe? Il fatto è che Armentaro non dice “no grazie. Non mi interessa.”. No. Armentaro dice “Oggi la satira versa in uno stato pietoso. Nenache il Fatto è riuscito a risollevarne le sorti, pur avendone la possibilità, con il suo inserto satirico ha ripiegato su una comicità sciacquata. Di chi è la colpa di tutto questo? Di Berlusconi? Del PD? Della censura? No, la colpa per me è vostra! Avete avuto 30 anni a disposizione per fare in modo che la voce satirica del nostro paese diventasse forte ed indipendente ed invece vi siete accontentati di collaborazioni laterali e dipendenti dai direttori di giornali. Emme è stata l’ultima vittima illustre, eppure Vincino, Staino, Vauro e tutti i soliti noti continuano a saturare qualsiasi media, giornali, televisione, addirittura diari e quaderni per la scuola.

Non schioda nessuno! E a quanto vedo non c’è neanche la voglia di farlo in futuro. Ecco e allora non siete poi così diversi dai nostri governanti che tanto critichiamo e che sono li mandato dopo mandato sempre gli stessi, a fare e dire sempre le stesse cose. “,

e anche: “Quello che ci vuole oggi non è il Male, quello che ci vuole oggi è innovazione, freschezza, cattiveria tanta, quella di chi la crisi se la vive sulla gobba non di certo di chi presenzia ai salotti di viale Mazzini o di chi si è comprato case su case con i cachè dell’Unità, di Repubblica, del Foglio. E c’è bisogno che voi alziate la voce per sostenerci e promuoverci, non di certo per faci ombra, fin quando sarà così non ci sarà possibilità di crescita per la satira.”

Caviglia risponde, e mi pare di poter evidenziare due punti della sua replica:

ognuno di noi ha un modo diverso di fare satira e non puoi chiederci di non fare il giornale che vorremmo.”

Sarebbe facile dare la colpa ai lettori che non comprano le centomila copie di un giornale di satira come all'estero, ma abbiamo sempre continuato a farla onestamente, senza livellare al basso. Non e' facile, né è cosa da grandi numeri, quindi e' assurdo che tu pretenda garanzie da ministero con ferie e contributi pagati. Sappi che non abbiamo mai chiesto per prima cosa a un editore "quanto ci paghi" ma "quanta liberta' abbiamo di scrivere e disegnare quello che ci pare contro ogni potere". Se al Male ci saranno degli utili li divideremo, ma se e' la prima cosa a cui pensi hai sbagliato lavoro.

Sempre Armentaro, replicando a questa risposta di Caviglia ha detto una cosa che mi pare emblematica, ossia

“Non credo che abbiate difficoltà a reperire i fondi, anche mettendoceli di tasca propria, per anticipare i pagamenti agli autori. “

Il resto poi è proseguito a macchia sparsa su Facebook, blog, contro blog, microblog, ultrablog, e così via. Ormai qualsiasi discorso su internet si trasforma in una marmellata indistinta, dove si deve saltare da un link all’altro. Lo strumento dell’Ipertesto, ossia la possibilità di inserire rimandi ad altri testi interni a un testo, dovrebbe servire a chiarificare le cose, non a ingarbugliare tutto in una serie di rimandi su rimandi. Ma questo è il web, bellezza, ossia i soliti che parlano dei soliti nel solito modo.

Tornando alla polemica, che razza di polemica è? Sostanzialmente Armentaro dice :” Il male? No.

-è una cosa vecchia, e non mi piace

-non pagate, e non volete farmi un contratto

-siete sempre i soliti, che occupate i pochi posti disponibili sui giornali per chi fa satira

Io voglio che

-per lavorare con voi, facciate quello che dico io, perché la satira deve essere nuova, e solo io e quelli come me sanno come si fa satira oggi.

-mi paghiate bei soldoni, e mi facciate un contratto con i controcazzi a mio favore.

- smettiate di lavorare sui giornali, e facciate lavorare me e gli amici miei.

O se vogliamo, questo è quello che io, lettore ignorante e superficiale, colgo dalla risposta di Armentaro.

Caviglia giustamente dice “chi è sta organizzando questo progetto? Tu? Noi? Siccome siamo noi, e questo è il nostro progetto, che vuoi?”. E la cosa ha senso. Sarebbe come dire “Senti Alessandro, stiamo organizzando un nuovo fumetto realistico, per la XXX editore. Ti va di partecipare?” “Si, ma siccome come lo state progettando voi fa schifo, ed è vecchio come concezione, partecipo solo se si fa come dico io.”

Perché se io dico una del genere vengo mandato via dopo tre secondi, e se una cosa del genere la dice Armentaro (o chi per lu) viene ritenuta giusta? È un progetto che portano avanti alcune persone? E allora sono loro che devono decidere come portarlo avanti. Ti chiedono di partecipare? Non ti va? E perché devi farne una piazzata pubblica? Perché devi dire “o si fa come dico io, o questo progetto è una merda.”? Perché? E seconda cosa…questa frase ““non credo che abbiate difficoltà a reperire i fondi, anche mettendoceli di tasca propria, per anticipare i pagamenti agli autori. “, è stupida. Ma tu che ne sai che budget ha questo progetto? Devo farti la rendicontazione di quanti soldi abbiamo in cassa? Non credo abbiate difficoltà a reperire fondi? Ma che significa? Che Massimo Caviglia va dal direttore di banca tizio, o dall’editore Caio e dice “Dai Gigio, a me non puoi dire di no. Dammi 100.000 euro per pagare gli autori del Male.”  Armentaro, ma in che mondo vivi? Ti offrono di partecipare a un progetto? Ti va di partecipare? Allora partecipi. Non ti va, allora non partecipi. Ma lasciar intendere tra le righe “voi i soldi li avete, e ora volete solo sfruttare i poveri disegnatori a cui non lasciate mai un posto di lavoro”, se permettete, è ridicolo.

Conclusione: a me la satira così come viene proposta ultimamente (gran parte) non piace. La trovo sciocca, mirata più all’insulto che ad altro, e soprattutto faziosa nel senso più sbagliato del termine (vi rimando al mio articolo su Spataro). Detto ciò, mi danno ancora più fastidio quelli si ergono a “difensori dei deboli e dei disederati” (o anche a “maestrine del fumetto”). Soprattutto quando questa “difesa” si basa su argomenti tutto sommato limitati solo a “Voi ci avete i soldi, pagate”, o a “siete vecchi, schiattate e fate lavorare me sui quotidiani.”

Caso B: una fumetteria di Palermo, Altroquando, deve dei soldi ad un distributore. Non avendoli, e scadendo i termini di pagamento di un debito abbastanza cospicuo il 15 di questo mese, si sparge la voce che il mondo del fumetto debba aiutare Altroquando, a prescindere.

Capito? A PRESCINDERE. E perché? A parte che  mi pare di capire che  Altroquando è anche un’edicola, e quindi non è che la situazione sia devastante per i proprietari, ma il discorso è un po’ più ampio.

Qui c’è un soggetto che deve recuperare liquidi in poco tempo, per saldare un debito accumulato. Ok. Quando la Fantagraphics anni fa si ritrovò con uno scoperto di circa 100.000 dollari con le banche, per colpa del fallimento del suo distributore di varia, si appello ai lettori tramite internet, ed offrì il suo catalogo a prezzi SCONTATI, così da reperire liquidi in breve.  Ossia: bisogno di reperire liquidi =>uso del magazzino=> sconti per invogliare i clienti. Chiaro no? Invece Altroquando non ha fatto nulla di tutto questo. Si è solo limitato a dire “Venite a comprare da me.” Perché dovrei? Per salvare la fumetteria? Beh, spero che si salvi, ma spero anche, ad esempio, che si apra a tutte le realtà che fanno editoria a fumetti, tanto per essere chiari. Ma allarghiamo il discorso, perché sono sicuro che Altroquando sia solo il caso più evidente. Come è composta la catena alimentare nel fumetto? L’editore produce i fumetti. Li dà al distributore, che  li pagherà nei tempi convenuti. Il distributore li dà al negozio, che li paga nei tempi convenuti. Il sistema è organizzato in modo tale che, con i soldi che riceve dai negozi, il distributore salda l’editore. Ok? Capito i passaggi? Ora, se un negozio inizia a “ciccare” i pagamenti, la cosa non finisce lì. Il negozio non da i soldi che deve, e quindi il distributore non ha i soldi da dare all’editore (parlo in linea generale). La cosa porta a ritardi nei pagamenti per gli editori, che si trovano in seria difficoltà. Infatti  già le fumetterie ordinano poco, poi non danno i soldi al distributore, e quindi invece di essere pagati a 60 giorni, spesso l’editore viene saldato a 90, se non a 120 giorni.

E tutto perché la fumetteria non paga. Ora, se da un lato umanamente posso capire tutto, mi è assai difficile capire come l’AFUI, ossia una associazione che dovrebbe esprimersi in base alla logica e al buon senso e che conosce come funzioni il meccanismo appena descritto (il mancato pagamento dei negozi, in ultima analisi uccide gli editori), esprima come posizione ufficiale quella per cui Alastor (il distributore che deve ricevere dei soldi) dovrebbe concedere altro tempo ad Altroquando. Quindi dare più tempo ad Altroquando per pagare, corrisponde a prolungare il tempo di sofferenza degli  editori. È una posizione sensata? Su cosa si basa? Su una difesa d’ufficio della categoria? Ok, posso anche  capirlo, ma non chiedetemi di essere d’accordo. Perché poi quando chiamo Alastor e lui dice “abbiamo avuto dei problemi ora vi pagheremo”, siccome so che i problemi sono che i negozi non pagano, scusate…ma un po’ mi girano.

Ma anche qui sembra che il dovere di ogni appassionato di fumetto ITALIANO, debba essere solidarietà con Altroquando, senza se e senza ma. Non hai i soldi? Non paghi. Ti servono liquidi, e non mi invogli nemmeno con una vendita scontata? Va bene così! E chi OSA obiettare diventa il nemico da annientare verbalmente e umanamente.

Conclusione: io  spero che  Altroquando risolva i suoi problemi, perché sono situazioni tristi. Vorrei  però anche che la gente ponesse  meno veti alle cose che vende nel proprio negozio, e vorrei anche che si riuscisse a vedere la situazione nel suo complesso, e non solo badando al particolare di una singola categoria.

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