- Categoria: Osservatorio Tex
- Scritto da Lorenzo Barruscotto
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Celebrazione per i 2 ANNI di "Osservatorio Tex": traguardi e pensieri verso l'orizzonte.
Dediche:
da parte di Lucio Filippucci con mini sketch sul volume "Tabla Sagrada",
la prima storia recensita, per il curatore della Rubrica
e da parte di Claudio Villa per tutto Fumetto d'Autore.
Sapete come succede: una folata di vento seguita da un lieve mulinello di polvere irrompe nel locale ed un tizio sudato come se avesse appena fatto un tuffo nel più vicino abbeveratoio entra nel saloon richiamando gli sguardi di tutti i presenti, i quali si voltano verso la porta che sta ancora cigolando, il pianista sospende il suo allegro strimpellare e perfino il più irriducibile gambler seduto al fondo della sala, con le spalle rigorosamente contro un muro, sì esatto, proprio lì al tavolo da poker, o meglio ancora del Faraone, del “Faro” per i giocatori più incalliti ed esperti, solleva con un dito la tesa del suo cappello per lanciare una rapida occhiata al nuovo arrivato. Un classico.
Hola, hermanos, il “disturbatore” appena entrato sono proprio io, lieto di fare la vostra conoscenza.
Sto percorrendo la pista di ritorno dall'Arizona e invece di una giornata mi sembra di aver passato un mese in sella.
Mentre il mio cavallo si gode acqua fresca e abbondante razione di biada allo stallaggio, io ho deciso di fare tappa qui perché ho un gran bisogno di sciacquarmi la gola e già che ci sono non mi dispiacerebbe riempirmi lo stomaco con una bistecca ben cotta nascosta da una montagna di patate.
Ma non intendo far andare le mandibole a scrocco.
Vi ricordate? Questo è con qualche variante dettata anche dall'esperienza accumulata, l'incipit con cui mi presento ai lettori o per meglio dire, per quel che riguarda “Osservatorio Tex”, mi sono presentato più di due anni fa. Eh sì, perché sono passati già due anni, per la precisione due anni, due mesi e due settimane, da quando il 30 giugno del 2017 il Trading Post ha aperto i battenti. Ero uno sbarbatello di belle speranze, beh, “recensionisticamente” parlando, e ne è passata di acqua sotto i ponti. O forse sarebbe più corretto scrivere che il vento ne ha accumulata di sabbia, dal momento che qui attorno di ponti e di acqua non c'è mai stata grande abbondanza, trovandoci nelle selvagge praterie del Sud Ovest. Pian piano, passo dopo passo, articolo dopo articolo, grazie anche all'affetto che nel tempo mi avete dimostrato, alcuni miei sproloqui hanno superato traguardi in origine perfino impensabili, infrangendo il muro delle migliaia di visualizzazioni. Alcuni viaggiano oltre la quota delle 15mila addirittura.
Man mano che la Rubrica prendeva forma si è presentata l'occasione per una prima eccezione alla regola che prevedeva il sottoscritto impegnato unicamente sulle recensioni inerenti le uscite di Tex. Mi sto riferendo all'analisi del film “Monolith” che mi è capitato di nominare più di una volta, per citare Fantozzi, usandolo come “punto di riferimento verso il basso” per quel che concerne sceneggiatura e realizzazione di una pellicola seria, ma di contro come esempio di un involontario film dai risvolti comici (diciamo pure tragicomici). Presumo di non essere il solo a pensarla in un certo modo visto che quel pezzo in particolare costituisce un record personale, andando oltre le 18mila visualizzazioni. No, non farò la battuta sul confronto con quante persone siano andate a vedere il film… miligni!
Tornando all'interno dei confini della Riserva Navajo, se dapprima mi occupavo di tutte le uscite incluse le ristampe “Tutto Tex” ed i numeri più significativi di “Tex Classic” inevitabilmente ho dovuto concentrare il tiro per non fare la fine del tipico cameriere visto più volte in spezzoni cinematografici, con la pila di piatti che non riesce a mantenere in equilibrio e che finiscono in frantumi sul pavimento. Ma di sicuro vi siete accorti di questo “assestamento”. Le ragioni sono molteplici, oltre a qualcuna prettamente individuale. Innanzitutto quella primaria consiste nel fatto che credo sia sostanzialmente piuttosto complesso stare dietro alla totalità delle pubblicazioni che riguardano l'universo di Tex tra inediti (e con questo non intendo solamente la serie regolare ma anche ad esempio la sopraggiunta nuova serie sulle avventure del giovane futuro Ranger), i cartonati “alla francese”, i cartonati normali che racchiudono ristampe, le, per l'appunto, ristampe di storie recenti, i Tex Classic, i Maxi, gli Almanacchi, i fuori serie…viene il fiatone solamente ad elencarli tutti.
Mi ci vuole un sorso per lubrificare il gargarozzo. E poi come va avanti la storia? Ah, già, ora rammento...
Lasciate che ricambi la vostra ospitalità e la cortesia per avermi fatto spazio al banco raccontandovi di un uomo. Hombre di sicuro fuori dal comune, qualcuno che senz'altro molti di voi conosceranno già, ma di cui sono certo praticamente tutti avranno sentito parlare.
Personalmente, dopo tanti anni, credo di poterlo quasi definire un amico, anzi, come direbbe lui stesso, un “pard”.
E’ un tipo dai modi piuttosto spicci, fidatevi se vi dico che è necessario prenderlo con le molle: rispettato ed ammirato da ogni persona onesta ma “puro veleno” per fuorilegge, ladri, bari, assassini e farabutti di ogni risma che infestano i territori di questo selvaggio ed affascinante mondo che è il West.
Vi state ancora chiedendo chi è? Andiamo, ormai il suo nome è diventato leggendario.
Forse non tutti sanno che ricopre il doppio ruolo di agente indiano ed indiscusso capo della tribù degli indomiti e valorosi Navajos con il nome di Aquila della Notte, ma certamente sono in pochi a non sapere chi sia Tex Willer, il Ranger.
Ha ricevuto in eredità la carica di sakem avendo sposato la figlia del grande capo Freccia Rossa, la dolce, gentile ma all'occorrenza grintosa Lilyth, indimenticata sposa perduta troppo presto a causa di un'epidemia di vaiolo, provocata dalla crudeltà di un'ignobile cricca di trafficanti che tanti anni fa avevano scatenato un contagio tramite coperte infette.
Col tempo si è guadagnato la fiducia ed il rispetto della sua gente ed attorno ai fuochi dei bivacchi si narrano le gesta di colui che ha “pelle bianca ma cuore rosso”.
Da giovane ha passato parecchi guai essendo costretto a diventare un ricercato dopo aver vendicato la morte di suo padre e di suo fratello, uccisi in occasioni diverse da pendagli da forca della peggior specie e vedendosi inseguito dagli sceriffi di mezza Frontiera, per quanto gli stessi portatori della “stella di latta” ne riconoscessero le enormi qualità e gli innegabili meriti nella lotta contro i veri criminali, viscidi serpenti i quali nell'avere a che fare con lui si rompevano i denti non avendo idea di che razza di osso duro da rodere fosse quel “magnifico fuorilegge”.
In ogni caso seppur trovandosi temporaneamente al di fuori del territorio della legalità, Tex non è mai stato un volgare bandito e come egli stesso affermava nella sue prime avventure, uccideva “solo chi meritava di essere ucciso”, soprattutto se commetteva l’errore di sparargli addosso per primo, ritenendolo “solo un uomo”.
Dedica di Alessandro Piccinelli su un tributo alla sua arte realizzato da Lorenzo Barruscotto.
Sono passati più di 70 anni da quando Tex ha iniziato la sua avventura galoppando in sella al fido ed intelligente destriero Dinamite lungo le assolate praterie del West.
E dire che all'inizio non erano in molti a puntare su di lui.
I suoi creatori, il mitico Gianluigi Bonelli e l'ideatore grafico Aurelio Galleppini, detto Galep, lo consideravano un volume di secondo piano, concentrando le loro aspettative e la maggior parte dei loro sforzi su “Occhio Cupo”, una storia di cappa e spada ambientata nei territori canadesi durante le guerre anglo-francesi del Diciottesimo secolo, che però non ebbe vita lunga.
A dirla tutta, alcune caratteristiche dell'abbigliamento del giovane Tex Willer dei primi tempi subivano l'influenza del fumetto in costume, dagli stivali flosci, diversi da quelli classici western con gli speroni, alla camicia a frange ripresa in tutte le occasioni in cui ci viene svelato un tassello del suo burrascoso passato anche in storie recenti.
Il nome originario pensato per il personaggio era "Tex Killer", edulcorato poi in Willer grazie all'intervento di Tea Bonelli, madre di Sergio ed editrice nonché iniziale scopritrice di Galep, dal momento che appariva troppo duro e conferiva un'impronta negativa al protagonista, per non parlare dei rischi di imbattersi nella censura di quell'epoca.
La prima “striscia” di Tex, “Il totem misterioso”, comparve nelle edicole il 30 settembre 1948.
Il fumetto era molto diverso da quello che tutti noi conosciamo oggi.
Si trattava di un piccolo formato orizzontale, detto proprio a striscia, in bianco e nero di 16,5 x 8 centimetri composto solamente da 32 “paginette”, se vogliamo essere pignoli 36 includendo anche le copertine iniziale e finale, le quali non erano però di materiale diverso dalle tavole interne, nato così anche per essere tascabile ed agevolmente utilizzato o nascosto dai lettori.
In seguito la serie a striscia venne ripresentata subendo cambi d'aspetto costituiti da svariate ristampe, raccolte e “raccoltine” delle avventure già pubblicate: queste prevedevano l'unione di un numero variabile di tavole con nuove cover create appositamente da Galep.
E' a partire dal 1952 che comparvero i primi tentativi di cambio di formato e dopo il susseguirsi di diverse riedizioni delle prime storie si giunse all'albo che vediamo nelle edicole ancora oggi, quello cosiddetto in formato “gigante”, da non confondere con il Texone annuale, che all'epoca comprendeva la raccolta di tre strisce, racchiuse sempre da un'inedita copertina ad opera dell'instancabile Galep. È quella che viene chiamata “collezione degli Albi d’oro”, comprendenti sempre 32 pagine ma la differenza consisteva nel fatto che ogni pagina era creata “montando” le tre strisce.
Il formato a striscia venne poi abbandonato definitivamente e, dopo il susseguirsi di diverse riedizioni delle storie originali, perciò incluso un primo tentativo di ristampa in formato “classico” che annovera solamente 29 numeri (siamo tra il 1954 ed il 1957) e che è destinata a diventare la collana più rara da trovare, il volume "gigante", chiamato ora “bonelliano”, dagli anni 60 sarà anche quello delle storie inedite, tutt'ora in vigore e che darà il passo a praticamente quasi tutte le testate fumettistiche italiane.
All’epoca si trattava di un’ulteriore ristampa dei primi numeri, un ricominciare da capo, dall’albo “La mano rossa” che nel 1958 ha segnato una nuova vita per Tex, e che, alla fine della produzione delle strisce, ha continuato a muoversi con le proprie gambe, prendendo il suo posto nell’Olimpo delle nuvole parlanti.
Un’enorme mole di lavoro per il mitico Galep che seppur con qualche aiuto nella realizzazione delle tavole in alcune storie, ne firmerà parecchie e resterà il copertinista ufficiale fino al numero 400, quando con un malinconico saluto da parte del suo Ranger, si congeda dai lettori, passando il testimone a Claudio Villa, attuale realizzatore della maggior parte delle cover, recentemente affiancato da Maurizio Dotti che si occupa con maestria delle copertine della collana parallela “Tex Willer”, basata su nuove avventure mescolate alla story-line classica di un Tex tornato giovane, oltre ad essergli subentrato anche nella creazione delle cartoline presenti nelle ristampe.
Galep è stato molto di più di un fumettista, molto di più di tutto questo: ha messo nero su bianco la Leggenda ed è l’indiscusso capostipite di una vera sfilza di disegnatori.
I primi numeri della “Collana del Tex” erano venduti a 15 lire l’uno.
Le diverse serie che caratterizzano le uscite a striscia acquistarono successivamente denominazioni accattivanti al fine di riconoscere le diverse “annate”, come Kansas, Gila, Oklahoma, Pecos, Smeraldo, Drago nero (questa mi ricorda qualcosa...), Cobra e tante altre.
Tex ha anche superato notevoli difficoltà come ad esempio il controllo della censura che, per quanto non divenne mai regolamentata da una vera e propria legge, era il 1951, costrinse molti editori ad un sistema di controllo al fine di garantire la moralità dei prodotti, sia nei testi che in certe immagini. Esistono infatti versioni degli stessi albi sostanzialmente sovrapponibili, che differiscono solamente per dettagli, a volte scambiati anche in buona fede per errori da occhi impreparati, e che testimoniano quindi il periodo storico in cui sono stati pubblicati.
Una curiosità, sia per chi di voi è un lettore veterano che possiede l'intera collezione ma anche per chi è magari ancora un novellino che si avvicina al West per la prima volta: le “vecchie” storie vedono il ripetersi del numero 32 con cadenza regolare, intervallato da mini-titoli che sono proprio gli originali titoli delle strisce che settimanalmente uscivano nelle edicole quando la grande avventura era ancora agli albori. A dire il vero i mini-titoli continuano ad esistere, sebbene non ogni 32 pagine, per molto tempo in una sorta di sfumatura che poi si perderà ma che mantiene per diversi anni ancora quel collegamento con la tradizione in grado di provocare a tutt'oggi un sorriso in ogni Texiano.
Dedica di Mauro Boselli su tributo a Claudio Villa, realizzato da Lorenzo Barruscotto.
Questa digressione sugli aspetti editoriali della nascita di Tex, mi permette di arrivare a sottolineare un'altra caratteristica che ho sviluppato parallelamente al mio stile di scrittura: l'inserimento di approfondimenti storici relativi ad elementi, persone, luoghi o eventi citati, quando non direttamente presenti, nei volumi analizzati. Aggiungendo alla ricetta il piacere che provo nel raccontare e condividere con voi le mie scoperte unito al mio essere un ficcanaso nato, a volte più pignolo di un detective della Pinkerton, talvolta le recensioni, seppur senza mai dimenticare l'aspetto artistico di un albo, sono diventate saggi o scritti che comprendevano lunghe digressioni, per l'appunto, riflessi di altrettante lunghe ricerche svolte per mio conto.
Ciò mi permette di soffermarmi su uno degli aspetti più belli che il curare questa Rubrica mi ha permesso di sviluppare, vale a dire conoscere e contattare gente in luoghi estremamente distanti da dove vivo, sia appassionati di West e storia come me ma anche personalità di calibro e professionisti, non solo nell'ambito delle nuvole parlanti. Sono riuscito a raggiungere distretti di polizia di New York o uffici di sceriffi odierni, tramite internet ho contattato siti specializzati o anche “semplicemente” siti web di alberghi e luoghi menzionati nelle storie di Tex, mi sono aggirato meravigliato su sentieri online di Riserve Indiane ed archivi di cui mi è stato fornito l'accesso, come avvenuto per un paio di testate giornalistiche locali, una anche in Arizona, per non parlare del maggiormente "normale" spulciare fonti più o meno note al grande pubblico che hanno senza dubbio agevolato e supportato o confermato mie conoscenze oppure ancora permesso di approfondire e proprio imparare “cose nuove” su argomenti che da sempre mi appassionavano.
Tramite il mio annusare qua e là ho ottenuto email dirette di presentatori tv americani, mediante pagine social ho raggiunto uffici e centri turistici di Contee quali ad esempio la Cochise County, quella per intenderci che comprende Tombstone nella sua giurisdizione, in Arizona, le già sunnominate Riserve, o Reservation in inglese, una su tutte proprio quella Navajo ma senza dimenticare quella Apache di San Carlos o altre in svariate zone degli Stari Uniti come quando ho "seguito" il percorso dei Nez-Percè verso il confine settentrionale con il Canada, funzionari ed addetti alle relazioni con il pubblico di eventi qui da noi semi sconosciuti ma al di là dell'oceano seguiti da milioni di persone, anche se ai nostri occhi ciò appare piuttosto strano, come un paio di cui vi parlerò in futuro e la “Yukon Quest”.
Proprio dallo Yukon, che si tratti della sede in Canada o in quella dell'Alaska, ho ricavato informazioni preziose in occasione della recensione sull'ultimo Almanacco e posso affermare di aver intrecciato un certo rapporto di "amicizia virtuale": mi è stato fatto arrivare un berretto ufficiale della gara insieme ad un altro tipo di gadget e ho parlato non solo con una gentile funzionaria ma anche con una vera musher, cioè una concorrente della corsa con le slitte trainate dai cani, che insieme ad un'altra ventina di pazzi scatenati ha percorso più di mille miglia tra i ghiacci, arrivando sesta nella classifica generale del 2019 svoltasi a Febbraio.
Non è stata la sola che ho potuto intervistare. Ho avuto modo di comunicare in vari modi con diversi super professionisti del Fumetto, telefonicamente, per iscritto o tramite Skype in video. I nomi più illustri in ordine cronologico sono stati Alessandro Poli, il maestro RM Guera e Pasquale Frisenda. Non saranno i soli dal momento che proprio mentre viene pubblicato questo articolo, lo ammetto un po' autocelebrativo, che festeggia i due anni di vita di “Osservatorio Tex”, una nuova intervista è tutt'ora in lavorazione.
Dedica di Davide Bonelli ed autografo di Fabio Civitelli
Forse parti del racconto sul personaggio Tex Willer vi sembrerà di averle già sentite ed in effetti ho attinto al mio stesso repertorio ampliando in qualche punto alcune notizie che avevo riportato nel corso di passate chiacchierate. Ma proprio perché sono mie parole, il rimaneggiamento non comporta problemi di sorta, specialmente per il fatto che tutti gli articoli che ho firmato, dovunque siano stati pubblicati, non mi hanno fruttato a livello pecuniario neanche un centesimo. Come guadagno dal punto di vista personale ho già accennato a quanto mi abbiano arricchito ma il lavoro, ogni tipo di lavoro in questo contesto, è e viene svolto da me a titolo completamente gratuito. Certo, questo mi permette senza scervellarmi troppo di poter condividere con voi anche i disegni che compaiono in ogni singolo articolo, tutti realizzati da chi vi scrive, che si tratti di tributi in onore di autori e disegnatori (ho più volte spiegato il significato della parola "tributo" e l'intento con il quale tali disegni sono realizzati servendomi anche del vocabolario quindi non starò ad annoiarvi ulteriormente con un'ulteriore solfa già enunciata e per altro compresa, accettata ed apprezzata da chi doveva farlo più nello specifico, ne avete le prove proprio in questa chiacchierata osservando qualche immagine che ho inserito) ma ci sono anche lavori chiamiamoli inediti, prodotti sempre da me, ritratti degli stessi autori o di personaggi e persone che hanno caratterizzato la Storia del West.
Ci tengo a sottolineare questo aspetto sia per non creare eventuali disguidi sebbene ormai quanto meno per quel che riguarda la piccola realtà che ho costruito, si tratti di una cosa universalmente nota, ma anche per cercare di trasmettere la passione e l'impegno “nascosti” dietro ogni pubblicazione effettuata da parte mia, senza che il “trasporto” nei confronti del crudele quanto coinvolgente mondo della Frontiera si tramuti, purtroppo o per fortuna, decidete voi, sebbene non si possa pagare la spesa al supermercato o in farmacia con un ritratto della cassiera o una citazione del dottore di turno nella prossima recensione, in un mero “compito scritto” diventando distaccato e privo di elementi coinvolgenti. Anzi, per come la vedo io, se mi arrivasse qualche contributo o qualche compenso per il mio lavoro, potrebbe anche diventare proprio un vero lavoro e moltiplicare i miei sforzi, non ridurli facendomi sentire “arrivato”. La scrittura è quello che mi ha disincagliato dalle sabbie mobili di un animo abbattuto da crude vicissitudini, quindi potrebbe anche essere una specie di chiusura del cerchio, donare un significato recondito alle tegole che mi sono piovute sulla zucca e che hanno contribuito a formare la mia visione della vita e la mia ironia che spesso trasuda da qualche mia considerazione. Sentirsi arrivati, come talvolta mi è capitato di percepire dalle parole lette nelle rare occasioni in cui ho dato una scorsa a brani di altri recensionisti o come anche troppo spesso specie recentemente accade in articoli che compaiono proprio su volumi della testata più prestigiosa della Casa Editrice non ha ragion d'essere, poichè si ha a che fare con qualcosa in divenire, in continuo mutamento pur rimanendo sempre fisso, si spera, nei suoi canoni tradizionali. Oppure molto più banalmente è una mera questione di carattere e di umiltà mescolati a qualcosa che non dovrebbe neanche venire evidenziato: l'interesse per quello che si sta facendo. Voglio dire, si presume che non si faccia il segaossa se si sviene alla vista del sangue o, che so, se servono come rinforzo quattro persone, ad immobilizzare il malcapitato in questione due per le braccia e due per le gambe, ogni volta che deve fare un semplice esame del sangue.
Un esempio di questa inusuale carenza appartiene effettivamente a tempi recentissimi e riguarda il Texone di quest'anno, 2019, intitolato “Doc!”: nell'articolo di presentazione inerente John Henry Holliday, comprendente “news” dalla realtà al mito hollywoodiano, si evince un notevole grado di “voglia di terminare” in fretta una delle tante (?) cose da fare, sensazione che né i lettori né Tex con la sua tradizione settantennale si meritano. Anche dal punto di vista delle pellicole citate brillano per la loro mancanza due film che in realtà dovrebbero risultare tra i primi ad essere presi in considerazione anche quando si vogliono fare voli pindarici per apparire un cinefilo d'eccezione. E soprattutto se i due film in questione sono legati a doppio filo alla storia a fumetti. Ovviamente si potrebbe obiettare che l'autore del pezzo sia giovane e che debba ancora farsi le ossa. Vero in parte visto che nonostante tutto detiene una posizione di responsabilità curando una testata piuttosto importante sempre della stessa Casa Editrice oltre a scrivere in altre realtà nazionali. Vedete, io scrivo gratis, e voi direte “bravo, furbo!” (non avete tutti i torti ma finora questo è) perciò posso o meglio potrei anche permettermi di commettere qualche errore (non parlo di sviste nella battitura), ma chi scrive anzi chi ha il privilegio di scrivere, presumibilmente pagato, su Tex anche solamente su un solo albo, situazione che invece purtroppo si è ripetuta con risultati altrettanto opinabili, dovrebbe essere pervaso da un sacro fuoco che non solo dovrebbe spingerlo il più vicino possibile alla perfezione secondo le sue capacità ma almeno trasmettere agli altri Texiani le emozioni, causate dall'aver fatto propria l'avventura vissuta dal Ranger, e dico vissuta perché, ribadisco, dovrebbe viverla al suo fianco per raccontarci con cognizione di causa tutto quello che vuole raccontarci. Ho scritto “agli altri Texiani” poiché do per scontato che lui stesso sia un appassionato di West e di Tex, che senta la fortuna di lavorare per la Leggenda, per qualcosa (qualcuno) che ha costituito e costituisce un mito nella vita di generazioni intere, oltre che si presume nella sua. Invece no.
E non è l'unico caso di sgradevole esperienza più o meno diretta in cui sono inciampato da lettore, da disegnatore ovviamente non professionista, o da “scrittore”. Partendo dall'ultimo punto per rimanere in tema, ho tirato in ballo “Doc!” non solo per l'articolo in quanto tale ma perché stavolta sulla buccia di banana non si è solo scivolati ma ci si è proprio buttati. Io stesso nel corso delle mie ricerche (lo ricordo, senza alcuna “sponsorizzazione” alle spalle) ho scoperto la facile trappola in cui si può cadere, grazie alle mie consultazioni con storici ed esperti del settore, nella fattispecie dopo aver interpellato un'appassionata della Storia con la S maiuscola che ha fatto della diffusione delle notizie vere sulla vita di Doc Holliday la propria specializzazione. Non è che sono andato a trovarla a casa suonando porta a porta ma mi sono bastati un po' di cocciutaggine e mezzo pomeriggio per trovare il modo di contattarla. Beh, e poi anche la fortuna di ottenere una risposta cordiale quanto rivelatrice, in questo caso come negli altri. Inoltre, in generale, non sono stato esente da passi falsi e fraintendimenti, nei quali perfino Indiana Jones incorre ogni tanto. Comunque in sostanza due delle tre foto proposte da tale articolo sono errate.
So che forse qualcuno di voi ha già sentito questa musica, ma ne ha udita solo l'overture, perchè in un primo momento non avevo ancora scoperto che si perseverava, credendo io stesso che ci fosse solamente uno sbaglio. Al contrario ci è stato offerto il bis. Due foto, stavo dicendo, non, meglio ribadire, NON raffigurano l'ex dentista amico di Wyatt Earp. E non ci sono “ma” che reggano. Dopo aver verificato ciò che mi è stato detto, come sono solito fare ogni volta che scopro qualcosa, visto che da buon segugio non mi fido mai di quello che mi viene riportato o che trovo fermandomi alla prima fonte ma incrocio sempre i miei dati per non rischiare di rifilare panzane (norma che mi permetterei di suggerire anche a… avete capito), ho stabilito che era tutto vero. Una è la foto di un tizio che viene normalmente scambiato per il vero Doc Holliday ormai gravemente provato dalla sua malattia, la tisi, quando si trovava nel suo ritiro in Colorado ma pare che tutti gli storici oramai concordino nell'affermare che sebbene non si sappia l'identità dell'uomo immortalato, sia certo che NON (ok, non lo faccio più) si tratti del gambler. L'altro invece ha proprio nome e cognome. D'accordo, il nome inteso come "first name", il nome di battesimo, è lo stesso dell'interessato ma in comune oltre ai baffi hanno solo quello ed una somiglianza che, lo ammetto, potrebbe trarre in inganno. Per lo meno chi si ferma alla prima pagina di Google Immagini senza approfondire un minimo.
In effetti se ci si può inventare un'intera vita immaginaria da appioppare al bravo Gros Jean, che avrebbe adottato la sua figlioccia Dawn per vivere con lei in una casa in una cittadina del Grande Nord (va beh), si incespica sui propri stessi passi trasformando la matematica in un'opinione inserendo una datazione non necessaria ancora prima che controproducente in un soggetto (ri-va beh) o si pubblica un libro ad un costo che farebbe venire un malore a Zio Paperone sbagliando il nome della tribù al centro del libro stesso (ri-ri-va beh), si può benissimo scambiare un John per un altro. Abbiamo anche assistito ad articoli che non avevano nulla a che fare con la storia che volevano presentare come se l'autore, non la stessa persona di “Doc!” stavolta, neanche l'avesse letta, siamo ancora indenni dopo l'accostamento effettuato tra un famoso, e simpaticissimo (ho avuto modo di parlargli direttamente dopo aver realizzato per lui un suo ritratto), chef assurto ad ultimo baluardo dell'intero genere western in Italia (cosa assurda, con la D, a mio parere) solo perché assomiglia al mitico Bud Spencer e saluta come lo stesso Bud ha fatto una volta soltanto in uno dei suoi film... ehi, amigos, ci siamo lasciati alle spalle il già menzionato “Monolith”... cosa volete che siano due piccole fotine nel volume considerato tra quelli più importanti dell'intero anno. Andiamo, non è il caso di fare troppo gli schizzinosi, giusto?
Non bisogna neanche prendersela troppo se un articolo con sostanzialmente lo stesso titolo del vostro, avente nove su dieci diciamo il medesimo scopo, per quanto sia, diversamente da ogni “vostro” brano, un susseguirsi di nozioni piuttosto scolastiche, esce su un sito differente da quello sul quale vi è stato proposto di scrivere, una settimana dopo al vostro. Le note sono sette, come spesso si sente dire. Beh, vista la situazione dunque è del tutto legittimo prendere spunto per un proprio pezzo magari da un argomento specifico, e che offriva ed offre notevoli spazi di approfondimento, al contrario invece ridimensionato e “sbolognato” con un paio di battute, non solo che non fanno sbellicare ma che proprio neanche riescono a far contrarre uno dei muscoli attorno alla bocca chiamati in causa quando si abbozza un sorriso di circostanza, ed altrettante leggende metropolitane, sviscerandolo e ridandogli la profondità che richiede la trattazione. (Forse qui sono stato criptico ma lasciatemi qualche cartuccia da sparare. Almeno io sparo quelle...)
Stickers inviati direttamente dal Canada, da parte dell'organizzazione della gara "Yukon Quest".
Passando invece proprio ai disegni, ho già avuto modo di sottolineare come la politica del “purchè se ne parli” non incontri i gusti di molti altri aficionados, a parte me. Già, perché ci tengo a ribadire che quello che dico talvolta anche con una buona dose di ironia, si ride per non piangere, non riporti solamente il mio pensiero ma ricalchi le opinioni di un'abbondante fetta di pubblico, cosa che mi rincuora e non mi fa sentire un mattoide fuori di testa strafatto di peyote. Sempre in ambito artistico, mi sono imbattuto in una delle situazioni che meno sopporto nella vita di tutti i giorni e cioè in chi non mantiene la parola. Non si tratta del discorso derivante da capricci da bambino piccolo come “ perchèlui sì e io no”, ma del semplice fatto che quando si dà una parola poi non si torna sui propri passi, pensando che una decisione abbia una scadenza come lo yogurt ed inoltre si agisce all'insaputa di colui al quale si era… in pratica alle mie spalle. D'accordo che anche in quel caso la parola gratis mette tutti sotto lo stesso cielo (diavolo, ma non è possibile trovare un lavoro retribuito da queste parti, per lo meno... essendo me?), però neanche ci si può/dovrebbe atteggiare a professionista navigato se poi si usano tali mezzucci e si mette sulla carta una storia, un soggetto, che come filo conduttore ha lo stesso tema, come se si trattasse di una sorta di fil rouge ricorrente. E viene perfino portata nelle edicole. Come dite? Mi sto scavando la fossa con le mie mani. Naaaa! In ogni caso non è la prima volta che faccio arrabbiare qualcuno dicendo semplicemente ciò che è... (vedere l'onnipresente “Monolith” con le relative beffe, documentate e per nulla inventate, ai miei danni scatenatesi dopo aver osato proferire frasi eretiche come “buchi nella sceneggiatura” o chiesto la ragione di alcuni espedienti narrativi che a tutt'oggi i miei neuroni non sono ancora riusciti a decifrare. Evidentemente sono mancanze mie, niente di più.)
D'altra parte c'è gente molto più famosa che però ritiene che il grado di notorietà sia indirettamente proporzionale al collegamento tra apparato di locuzione e materia grigia nonchè all'utilizzo garbato dello stesso. C'è chi lavora nel mondo delle nuvole parlanti ma ha aspirazioni e velleità di regista che perciò ritiene di poter giudicare, e per di più in modo infallibile, capolavori di "directors" leggerissimamente più talentuosi, tra l'altro che si sono conquistati l'immortalità nel genere western, quando del suddetto genere si evince che non è che poi ci siano tutte quelle conoscenze nel DNA del suddetto giudice. Oppure c'è chi in ambito registico e nel Cinema ci lavora da anni e che per tale motivo, dopo un bagno di pseudo intellettualità si sente in dovere di sputacchiare sentenze sul Fumetto suscitando da parte di tutti anche sdegno (in parte condiviso per via di affermazioni che esulano da ogni aspetto artistico) ma che più che altro risultano tragicamente esilaranti. Non è dunque il caso di formalizzarsi per situazioni che bisognerebbe farsi scivolare addosso con una rapida scrollata di spalle, anche per non dare loro neanche da lontano più importanza di quella che hanno.
Potrei inoltre dire una fesseria, una più una meno, ma credo non ci siano tanti autori che si rivolgono direttamente a chi legge nell'ambito in cui “mi muovo”, tra fumetti e storia, entrambi di genere western. Perciò quando per caso mi imbatto in un trailer che utilizza il “mio stile”, senza allungare pretese di paternità ma uso la parola “mio” per definire quello che io stesso utilizzo, rimango sempre stupito, specie se lo si trova su un altro prodotto di livello in edicola.
Da lettore invece ho avuto modo di incappare in professionisti veri che però forse a torto o forse a ragione, magari perché in quel momento avevano le loro peripezie a cui pensare, hanno dimostrato di aver, magari temporaneamente, dimenticato che sono proprio i lettori i loro datori di lavoro ultimi, prima ancora dell'editore e che l'essere cortese oltre all'accostamento naturalmente conseguente tra il comportarsi da grande uomo e grande professionista, è parte integrante di quello stesso lavoro, dal momento che soprattutto in pubblico, che sia dal vivo o sui social, si rappresenta l'azienda di cui si fa parte. Ci sono molti modi per sostenere lo stesso concetto, come diceva mia nonna “è il tono che fa la musica” ed in, rari, casi la melodia è uscita piuttosto stonata. Uno di questi casi coinvolge anche un disegnatore di Tex ed infatti, per il fatto che non potrei garantire la dovuta imparzialità nella recensione, quando o se uscirà una storia che porta la sua firma io sfrutterò l'occasione per ideare articoli su albi che mi sono lasciato indietro tra quelli che ho scelto di analizzare, colmando un paio di lacune, saltando a piè pari l'inedito. Comunque sia, al contrario la maggioranza di coloro che ho conosciuto, di persona o tramite internet, ha confermato quel parallelismo tra grande persona e grande professionista e molti hanno superato di parecchie lunghezze le aspettative dimostrandosi gentili, umili, alla mano e maledettamente simpatici nell'aver a che fare con un signor nessuno quale è il sottoscritto, occupando parte del loro tempo nel parlare con me, nello scrivermi in privato, nel darmi corda per le interviste e perfino ringraziandomi per alcune recensioni o per averli nominati ed aver osservato il loro lavoro. Scriverò anche gratis ma queste soddisfazioni non solo riempiono il cuore ma donano nuova speranza nei confronti del mondo intero, per quanto sia “un postaccio misero e sporco”, volendo citare Rocky Balboa nel famoso monologo sulla vita.
Voglio pertanto ringraziare tutti ma proprio tutti coloro che hanno rivolto verso chi vi parla una parola di incoraggiamento, una frase gentile, un'osservazione carina, a loro volta un ringraziamento o che si sono presi la briga di leggere e prendere in considerazione le mie opinioni, espresse in libertà, come sono solito affermare da Texiano tra i Texiani. Intendiamoci, non c'è stato sempre e solo il miele. Mi sono state chiuse sul naso diverse porte, in anni passati come in tempi più vicini, adducendo motivazioni a volte realistiche a volte piuttosto fantasiose. Qualcuno poi è tornato sui suoi passi quando ha visto che altri mi davano retta, qualcuno invece ha difeso strenuamente posizioni a mio parere strampalate, forse non essendo completamente in pieno sole, cioè in totale buona fede, e qualcuno neanche si preso il disturbo di rispondere, facendo prima ed abbreviando tutta la trafila di finte scuse. Fa parte del gioco, presumo. E fa sorgere qualche dubbio o qualche pensiero “oscuro” sulle motivazioni o sui percorsi di certe situazioni che invece vengono “lasciate accadere” quando non favorite. Ma qui nessuno si crede un redivivo Shakespeare né un salvatore del genere western. Alla testiera c'è solo un tizio qualunque, un po' sognatore, nonostante le batoste, un po' illuso nonostante ci siano parecchie persone che si sono fatte un dovere di disilluderlo del tutto (a queste mi limito a sorridere dalla groppa del mio cavallo ed a ribadire il concetto che la prateria è grande e che ci sono tante piste...), che crede fermamente in ciò che fa e che scrive, che lo fa e lo scrive in modo trasparente ed onesto, che non si sente un esperto né lo è, ma che nelle sue contorte circonvoluzioni situate sotto la tesa del cappello e la sua non folta ma al contrario alquanto scarsa criniera ritiene, come ritengono molti altri in merito a loro lavori o idee, a torto o a ragione, che potrebbe e può, per lo meno crede di potere e pensa di farlo anche in questa sede avendo dimostrato una certa attitudine nel tempo, dare molto, di sicuro tutto quello che le sue capacità gli consentono, quando non gli vengono tarpate le ali prima ancora di avergli concesso un voletto di prova.
Tentando però di percorrere sentieri inesplorati, in questi anni, precisamente l'anno scorso, è nata anche una sorta di costola della Rubrica, uno spin off, che ho battezzato “Una voce per Tex”. Si tratta del mio progetto, del tutto personale e non legato ad alcuna casa editrice specifica, anche perché senza fare nomi ma quella che viene in mente a tutti ha anche snobbato sulle prime in modo notevolmente freddo e generalistico tale iniziativa, che consiste in letture di brani ricavati da recensioni o estratti creati appositamente oppure riadattati per l'occasione, da parte di voci note del mondo del cinema, doppiatori che ho avuto il privilegio e diciamocelo la faccia tosta di contattare singolarmente, a cui ho proposto l'idea e che, sempre gratuitamente, hanno aderito per contribuire a costruire mattone dopo mattone un ponte tra il Fumetto ed il mondo di coloro che non possono vedere, ipo e non vedenti. Associazioni importanti a livello nazionale hanno dato la loro approvazione al progetto, che per quanto non sia una passeggiata, non è finito su un binario morto ma anzi continua ad esistere e presto vedrà completati altri due passi in avanti, pubblicati sempre in esclusiva su Fumetto d'Autore all'interno di questo contenitore. Tra gli ultimi articoli c'è anche quello che racconta nel dettaglio l'intera iniziativa e che comprende il mio intervento in diretta in onda su Radio Deejay, avvenuto lo scorso luglio, dove mi è stata offerta la possibilità di raccontare in pochi minuti come è nata questa stramberia e dove indico in che modo trovare i brani: quelli che ormai ho definito “video che si ascoltano” e che si possono reperire su Youtube alquanto agevolmente nel canale omonimo alla Rubrica e cioè proprio “Osservatorio Tex”.
Sia in merito a “Una voce per Tex” che per le mie attività nel mondo del Ranger, pensate che sono stato perfino intervistato: dal Blog portoghese di Zeca, dove se andate a vedere trovate in italiano le mie risposte alle interessanti domande che mi sono state poste, da diversi giornali online della mia regione, il Piemonte, ed anche cartacei sempre più o meno nella mia zona. Ma qualcosa a livello nazionale c'è, come per esempio i riferimenti nei siti o nei social proprio di associazioni di non vedenti o i miei articoli nell'ambito della rubrica “Tex nella Storia” sul noto sito Farwest.it dove esiste tra l'altro un'intervista che ho tenuto anche per via del fatto che ho pubblicato due libri western intitolati “Shadow: la prima missione” e “Shadow: la scorta” per la Collana Western della Santi Editore. Per ora sono in formato ebook presenti sui maggiori siti di distribuzione quali Amazon, Mondadori, IBS, Feltrinelli, Hoepli nonché sulle app associate come Kindle e Kobo. (Le copertine non sono state di mia competenza, al contrario dell'intera ideazione delle vicende e della stesura dei racconti.) Questi libri non sono gratis per quanto il loro costo sia di 1.99 euro l'uno, che deve bastare sia per me che per l'editore (indovinate chi si becca la fetta più grossa), quindi diciamo che per ora è ancora presto per prenotare la villa al mare.
Potete facilmente immaginare il mio stupore nei casi in cui sono stato interpellato per venire intervistato, io che perfino qualche mio parente non proprio stretto liquiderebbe probabilmente con un “Lorenzo chi?”. In ambito interviste però come detto prima ne ho anche preparate come “inquisitore” ed un paio sono presenti, non in versione integrale poichè quella compare sempre e solo su Fumetto d'Autore, anche sul Sito ufficiale Sergio Bonelli Editore. Questo non significa che io abbia trovato un impiego, assolutamente, figuriamoci (so che state ridacchiando, satanassi), ma il “pagamento” è stato l'onore, lo affermo senza ironia ora, di avere il mio nome trasformato in un elemento dei tanti collaboratori, vale a dire che se mi cercare sul Sito, compare la videata con gli articoli messi insieme dalle mie “fatiche”. Sono emozionato nel dirlo. E' stata l'evoluzione del per me già grande traguardo di venire riconosciuto a fiere ed eventi dedicati al Fumetto da parte di autori e disegnatori che dopo avermi contemplato per qualche secondo, ed avermi esortato a dar loro del tu poiché io istintivamente e per rispetto da formichina verso i giganti uso il “lei” con tutti (la mia fidanzata mi prende in giro dicendo che rischio di dare del lei anche… a lei), enunciano la fatidica frase: “Ma tu sei quello delle recensioni!”. Avete presente quando Homer Simpson pensa alle ciambelle? Ecco, il mio piccolo ego fumettistico ha la stessa reazione ogni volta che ciò succede.
Dedica di Alessandro Piccinelli su un "disegno pubblicitario"
che vede i due Pards discorrere su cosa sia "Osservatorio Tex".
Ma perché diavolo mi sono messo a scrivere su Tex?
Risposta facile. Non ci sono solamente scazzottate con pugni più pesanti del calcio di un mulo o sparatorie che vi fanno fischiare le orecchie anche se siete comodamente seduti in poltrona a leggere.
Certo, Aquila della Notte era ed è “solo un uomo”, ma non un uomo qualunque: è guidato da un ideale, dal senso di giustizia ed onore che lo rendono maledettamente pericoloso per ogni vigliacco che appesta questi sterminati territori. Magari gente di tale risma appestasse solo il West. Con alleati del genere al fianco e nel proprio animo non si è mai soli. E' comunque indubbio che saper maneggiare con incredibile abilità i ferri da tiro aiuta non poco quando si deve far sentire la propria voce in un, come dire, vivace scambio di opinioni.
Ve lo concedo: il futuro Ranger soprattutto agli inizi applicava una forma di giustizia piuttosto sbrigativa (le Colt non stanno nelle sue fondine per bellezza), ma, ne converrete anche voi, di innegabile efficacia.
Temuto da prepotenti e da ogni genere di avvoltoi travestiti da colombe, per assurdo i suoi nemici invocavano proprio la legge, per lo meno quella degli uomini che spesso purtroppo veniva distorta e comprata, quando vedevano avvicinarsi troppo le bocche da fuoco delle sue pistole.
Tex è sempre stato al servizio degli innocenti, difendendo i deboli da soprusi ed angherie e nel giro di breve tempo (breve prima che spuntassero le avventure della collana “Tex Willer” a tratti perfino esageratamente verbose nel trascinare trame al fine di creare aspettativa o curiosità o non sapendo più dove andare a parare) non solo è stato riabilitato ma è divenuto il più duro e famoso Ranger del Texas: ora come allora è un simbolo, sinonimo di valore, implacabile incubo per i malviventi di ogni tipo ed instancabile difesa per gli uomini onesti.
Lo stesso volto di Tex quando ancora veniva disegnato nottetempo, aveva subìto l’ispirazione da parte dell’autore riferendosi ai lineamenti del volto di Gary Cooper, anche se poi le chine dell’artista, il quale allora era un maestro in divenire, hanno acquisito sempre maggiore autonomia stilistica. Somiglianza fisica mantenuta fino a circa la metà degli anni 50, ma che poi viene tralasciata parallelamente alla maturazione del tratto di Galep ed alla crescita del successo del personaggio.
Tex non solo colleziona un buon numero di nemici di ogni genere, ma si vede affiancato da diversi comprimari destinati a ricomparire più o meno assiduamente, anche se sono tre i personaggi che completano il poker d’assi dalla mira infallibile che da decenni cavalca sulle piste del “nostro” West: Kit Carson, omonimo del Christopher Carson vissuto davvero tra Arizona e Texas, per gli indiani Capelli d’Argento, il più vecchio (per carità non fategli notare che non è più di primo pelo se ci tenete a poter ancora masticare) e fraterno amico di Tex ed anche suo collega nel corpo dei Rangers da quando non era ancora il burbero e granitico “vecchio gufo”, come viene bonariamente appellato per sottolineare la sua vena di pessimismo, bensì, con baffi e pizzetto scuri, già un abile ed esperto paladino della legge, Tiger Jack, indiano Navajo, taciturno fratello di sangue di Tex che “parla poco ma agisce molto” e Kit Willer, ultimo ad unirsi al quartetto, il “quarto moschettiere”, figlio di Tex e chiamato così proprio in onore di Carson, conosciuto tra gli uomini rossi col nome di Piccolo Falco, sensibile, spiritoso e risoluto, divenuto anch’egli ranger e per dirla in due parole, un vero “tizzone d’inferno” quanto il padre.
In questo mondo di carta e sogno un pugno può mandarvi al tappeto facendovi svolazzare contro un muro attraverso un'intera stanza ed un “confetto” in una spalla è solo un graffio: preparatevi perché per restare vivi bisognerà purtroppo effettivamente mettere mano alle sei-colpi e sbucciarsi le nocche contro parecchie teste dure accomunate dalla malsana idea di regalarci un cappotto di legno.
Dedica di Fabio Civitelli
Tex non è “solo un giornalino”: tra le sue pagine troverete valori nobili e mai fuori moda come abnegazione, senso del dovere e della giustizia, sacrificio, onore, lealtà, amicizia, coraggio, odio verso il razzismo ed i preconcetti, rispetto per le diversità ed insofferenza nei confronti di qualunque tipo di prevaricazione, sopruso o prepotenza.
La violenza non diventa mai un fine ma solamente il mezzo per opporsi ad una violenza ancora più brutale, all’ignobile ed insensata crudeltà perpetrata verso coloro che non possono difendersi da soli.
Anticipando di molto i tempi infatti, per l’ex giustiziere solitario, che intreccia la propria vita con una donna di origini pellerossa (donna che continua ancora oggi ad amare intensamente senza mai poterla dimenticare, mantenendo nel suo cuore quel commovente quanto leggiadro ricordo con buona pace di chi, tra lettori ed addetti ai lavori, invece lo vorrebbe trasformare in un latin lover fuori posto), la quale gli ha dato un figlio, Kit, gli indiani non sono sempre “i cattivi”. I pregiudizi razziali non trovano posto nell’animo di Aquila della Notte, anzi fanno saltare la dentiera a chiunque li esterni, se finisce nelle grinfie del Ranger.
Nonostante ci sia sempre qualcuno che vuole dire la sua a casaccio e nonostante critiche prive di fondamento o verifica unicamente per dare aria ai denti, a parer mio inutilmente, additando i Nostri come un “cattivo esempio” da non seguire perché si fumano sigari, si beve whisky (ci sono state storiche denunce in tal senso ma in tal caso forse erano anche giustificate trattandosi di decenni or sono) e si affibbiano epiteti piuttosto coloriti, mescolati a battute al vetriolo, ai delinquenti che vengono affrontati, uno dei più comuni errori che un inesperto lettore di fumetti, quando non proprio un “non-lettore” con l'hobby della “semina di zizzania”, può fare è quello di decontestualizzare le vicende narrate. Ok, ok, anche un paio di soggettisti apparsi ultimamente dovrebbero rivedere il concetto, è vero, la penso così ma per lo meno le mie obiezioni sono a mio avviso supportate da prove provate, per così dire e non mi sembrano essere concetti assoluti o astratti.
Il genere umano, per chi fa la cosa giusta sempre e comunque, si divide unicamente in galantuomini e furfanti. E questi ultimi non vengono certo trattati con i guanti: se si deve interrogare un criminale è facile che lo vedremo sbatacchiato un po' mentre gli si rinfresca la memoria a suon di sberle certamente senza chiedergli il permesso né chiamandolo “sir”. Non ha importanza che si tratti di un bianco, una persona di colore, un uomo proveniente dal Celeste Impero, un pellerossa o che sia verde a pallini blu. Un balordo è un balordo e ha una sola pelle, quella del farabutto. E di conseguenza non ci si deve né ci si può aspettare che gli si rivolgano parole politicamente corrette, al pari dei modi. Stesso discorso per chi vorrebbe adattare l'applicazione della legge odierna a quel periodo che seppur romanzato e mescolato ad elementi di fantasia era realmente spietato, dove si faceva fatica a diventare nonni e dove uno sguardo storto poteva voler dire correre seriamente il rischio di non vedere il prossimo sole ma ritrovarsi a contemplare l'erba dalla parte delle radici. Il mondo di oggi purtroppo per certi versi non ha cancellato quei pericoli ma per lo meno nel West di Tex accade ciò che tutti noi, quanto meno i Texiani veri e veraci, ma oserei dire ogni persona neanche troppo amante del Fumetto, desidera e si aspetta, che vuole e nella qual cosa spera vivamente: anche se non si può salvare sempre tutti, i buoni vincono, i cattivi vengono puniti in modo esemplare, a volte perfino seguendo quella che Dante considererebbe una moderna versione della sua “legge del contrappasso”, per usare un parolone.
Il destino non perdona, così come non si sfugge a Tex Willer. Chi non riesce a comprendere questo, o forse dovrei dire chi lo comprende ma fa di tutto per scardinarlo e rigirarlo a suo piacimento. non comprenderà mai fino in fondo cosa sia Tex per i suoi lettori.
Dedica per "Osservatorio Tex" di Corradio Mastantuono
a fianco di un ritratto presente nella recensione del suo Cartonato.
Quando leggi Tex sai per certo, come ho già affermato, che in un modo o nell'altro il cattivo verrà punito. I buoni sono buoni ma umani ed umanamente comprensibili nei loro ideali e nelle loro scelte. Buoni ma non stupidi nè ingenui.
Si può inoltre imparare molto sul mondo del West, crudo, polveroso e reale o magari incuriosirsi su un argomento specifico.
Non si possono usare i guanti quando ci si imbatte in alcuni dei più infimi livelli che il genere umano abbia mai raggiunto: dimostrazioni di cosa accade quando si è pervasi da ira, ignoranza e sete di denaro, di potere o quando si hanno gli occhi velati dai preconcetti. Ci infiammiamo restando basiti di fronte a terribili bassezze, vigliaccherie, spargimenti di sangue, soprusi, madornali errori tattici e prepotenze perpetrate in nome della “civiltà”, tali da far rabbrividire anche un cubetto di ghiaccio e che purtroppo ricalcano anche situazioni realmente accadute invece di essere scene di un film particolarmente fantasioso o truculento.
Tex coinvolge. Tex non si legge solamente, Tex si vive.
Non credo che valga solo per appassionati di western: se qualcuno anche il più scettico, lo leggesse con mente e cuore aperti, magari una storia rappresentativa, forse non lo ammetterebbe mai, ma in cuor suo qualcosa gli rimarrebbe... una battuta, una scena d'azione, un trucco per cercare le tracce, una sola vignetta, una veduta della prateria. Qualcosa. Per un attimo anche solo un attimo si sentirebbe audace, si sentirebbe libero.
Esatto, per me e credo per molti appassionati West per certi versi è sinonimo di libertà.
Sia per gli sconfinati territori che al solo osservarli anche in una cartolina allargano il cuore come se permettessero per un attimo di respirare meglio sia per il concetto in senso stretto: la libertà di vivere come si voleva, libertà di seguire le proprie tradizioni e di fare quello che più sembrava giusto sulla propria terra. E di combattere per questo diritto se veniva minacciato.
Non sto parlando di mancanza di regole, ma di quel concetto di libertà che dovrebbe essere alla base, e qui mi ripeto, di una convivenza civile senza il bisogno di migliaia di leggi ed ordinamenti. Ne basterebbe una: la mia libertà finisce dove inizia la tua e viceversa. Io non posso (e sinceramente per quanto mi riguarda io non voglio neanche) dirti cosa fare o come devi vivere la tua vita ma nemmeno tu devi farlo.
Ovviamente va da sé che non fosse tutto rose e fiori e purtroppo questa indipendenza doveva essere difesa con le armi perché "l'altro lato della Luna" di tale atteggiamento, derivante dal lato oscuro degli uomini, consiste nel fatto che spesso aveva ragione chi era più svelto a mettere mano alla pistola. O al pugnale, a seconda dei gusti.
Ridimensionando il tutto al mondo delle nuvole parlanti, la medesima musica la si può udire quando spunta qualcuno che sostiene di essere un esperto (a dire la verità non vale solo per il Fumetto ma in molteplici aspetti della vita quotidiana) senza fornire prove concrete a sostegno delle proprie affermazioni o motivare una tesi, che si tratti di Storia in generale o di un singolo evento.
Abbiamo visto come molto spesso realtà e mito si mescolino quanto si tratta di sbrogliare un'intricata matassa riguardante qualcosa accaduto “dalle nostre parti”, cioè alla Frontiera, e pertanto si corre il rischio anche in buona fede di prendere per buone informazioni “annebbiate” e filtrate attraverso il setaccio del tempo, per cui in certi casi è quanto meno d'obbligo avere dimestichezza con il condizionale quando si ha un dubbio. Non mi riferisco solamente alla possibilità di inciampare in luoghi comuni ma anche e soprattutto alle ricerche incrociate che diventano necessarie se si vogliono riferire e condividere notizie o... vere verità. Molte situazioni non erano effettivamente come le credenze popolari le hanno diffuse, basti pensare al fatto che per esempio i tipici duelli da fermi, nella main street, la strada principale di una cittadina, dove sopravviveva chi estraeva per primo non erano così frequenti nella vita reale ed alla rapidità di estrazione si preferiva piuttosto il volume di fuoco. Oppure ancora se è vero che esistevano piante e funghi con poteri allucinogeni ciò non significa che gli sciamani passassero le notti a chiacchierare del più e del meno con il Grande Spirito. Di contro se gli uomini di medicina possedevano conoscenze anche approfondite su piante curative da cui i dottori bianchi potevano apprendere tecniche utili per salvare la pelle ad un paziente specialmente se ci si trovava a centinaia di miglia da un ospedale e che le sofferenze quando si veniva feriti da un'arma da fuoco o da una freccia o più banalmente in seguito ad un incidente erano immani, avendo a disposizione come anestetico solamente whisky o laudano o un cazzottone ben assestato sperando di far perdere conoscenza al poveretto, non è neanche vero che la panacea di tutti i mali fosse amputare l'arto coinvolto. Certo, questo drammaticamente accadeva a volte, come ultima scelta per tentare di mantenere qualcuno in vita ed i ciarlatani sono sempre esistiti, in ogni campo ed in ogni epoca, perciò era anche possibile finire sotto le grinfie di un cavadenti/maniscalco che si spacciasse per chirurgo, questo non è proprio solamente del Diciannovesimo secolo, ma quando si trovava anche un segaossa animato da spirito umanitario, se si riusciva a trovarne uno, cialtrone o abile che fosse, le conoscenze erano quelle di un secolo e mezzo fa e le condizioni spesso disperate. Insomma non bisogna confondere le eccezioni con la norma, né un film con John Wayne, per quanto capolavoro con la realtà dei fatti. Bisogna raggiungere l'equilibrio tra fantasia da parte degli autori e sospensione dell'incredulità, di cui abbiamo parlato più volte, da parte dei lettori.
Siamo tutti convinti che i Romani alzassero il pollice per indicare che un gladiatore dovesse essere risparmiato e lo abbassassero quando volevano decretarne la morte. Il fatto è che dubito che i nostri antenati conoscessero il significato del segno di “ok”, cosa che è stata filtrata proprio per via di ciò che noi oggi attribuiamo a certi gesti. Alcuni studi hanno dimostrato che invece probabilmente accadeva l'esatto contrario: pollice in su voleva dire “usa la lama” quindi “fallo fuori” mentre pollice in giù stava a voler dire “riponi la spada” quindi “lascialo vivere”. Un esempio non western ma che credo renda l'idea di quello che intendo dire. Lo stesso Babbo Natale prima della diffusione nel mondo della Coca-Cola aveva il suo costume colorato di verde, quando prestava servizio come pacioso Santa Claus "di quartiere", invece di avercelo rosso, che molte generazioni invece credono sia stato sempre la sua tinta preferita.
Oggi come ho già anticipato prima non ci sono solamente più le singole uscite mensili: tra Inediti, Maxi, Cartonati, serie parallele su aspetti della vita del giovane Tex ancora inesplorati e Magazines, c'è stata una vera e propria invasione nelle edicole che sotto certi aspetti ha anche avuto una sorta di effetto boomerang, causando, per così dire, una sovraesposizione, una inflazione di fumetti che in qualche occasione è andata a discapito della qualità, sebbene rimanere nell'ambito dell'eccellenza per decenni non sia affatto un gioco da bambini. Oltre agli esempi che ho riportato in questo articolo ci sono anche qualche titolo con errori di stampa, qualche incidente con l'inchiostro e qualche scelta diciamo insolita da aggiungere al discorso. Ma sono convinto che, nonostante più di una buca nel terreno nella quale è sempre possibile che il nostro cavallo infili una zampa e ci faccia fare un capitombolo, si debba sempre restare con gli occhi aperti e scrollarsi la polvere di dosso rimontando subito in sella per proseguire il viaggio. Aquila della Notte continuerà a cavalcare sulla pista dell'avventura.
Finché ci saranno i fumetti, Tex esisterà, mi auguro. Magari cambierà il modo di leggerli o distribuirli, ma quel giornalino di carta e sogni troverà credo e spero sempre posto nel cuore e nella libreria di tanti appassionati. Purtroppo talvolta si sente dire che le vendite di certe collane o testate sono in calo ed alcune sono state chiuse per diversi motivi.
Tex non è certamente facile da gestire, i suoi lettori sono esigenti e poi lo sappiamo, a volte certe rotte editoriali sono dettate da chi regge il timone della Casa Editrice e possono non collimare con i gusti personali di anche una grossa fetta tra gli aficionados, nessuno è infallibile: se da un lato spesso è più semplice criticare che apprezzare o motivare la propria opinione in modo costruttivo, dall'altro le bucce di banana sono sempre in agguato lungo il cammino.
Dediche di Mauro Boselli e Giovanni Ticci
Ed il West disegnato, rimanendo solo nell'ambito di quello targato Bonelli, non comprende unicamente l'universo dei Pards, sebbene sia il maggiormente rappresentativo. Ci sono le avventure di altri personaggi di fantasia. E' il caso, quest'ultimo, di serie esistenti da decenni alle quali viene instillata nuova linfa, serie che sono ritornate o che purtroppo si sono concluse dopo un numero limitato di albi. Sto parlando di Zagor, Magico Vento e Deadwood Dick. Per quanto riguarda lo Spirito con la scure, anche per l'eroe dal costume con l'aquila sul petto sono ricominciate da capo le avventure tramite ristampe a colori dei primi numeri ma un'attenzione particolare va rivolta alla collana "Le origini" che segue come impostazione la falsa riga di "Tex Willer": si narrano le vicende mai raccontate finora che hanno portato il giovanissimo Patrick Wilding a diventare Za-gor-Te-Nay intrecciandole con ciò che i lettori già conoscono. Tali volumi, interamente a colori, sono di pregevolissima fattura, catturando l'attenzione anche di chi sa cosa accade nel passato del protagonista, con la complicità di una sceneggiatura solida e disegni assai precisi e puliti. Unica pecca ogni tanto una svista nelle parole inserite nei balloons ma che non preclude l'ottimo lavoro anche degli addetti al lettering, loro sì sottoposti ad un vero incessante impegno con l'aumentare delle novità in forza ai diversi filoni narrativi.
Per quanto concerne le altre due testate appena nominate, in entrambi i casi mi è addirittura stato chiesto di realizzare una recensione, cosa che si è concretizzata solamente per Deadwood Dick in occasione dell'uscita di un cartonato. E' il saggio che contiene l'intervista al maestro Frisenda, pezzo che ha ottenuto l'approvazione anche da parte dello sceneggiatore, Maurizio Colombo, colonna di casa Bonelli. E' stato anche uno dei casi in cui “Osservatorio Tex” è espatriato per così dire, poiché sono riuscito a far conoscere l'esistenza del mio articolo anche allo scrittore americano, originario del Texas, Joe Lansdale, dai cui racconti sono state tratte le storie a fumetti incentrate sull'American African cowboy. Sempre mister Lansdale ha impreziosito il mio lavoro rivolgendo un saluto a tutti i lettori italiani di Deadwood ma anche dei miei articoli, apprezzando i ritratti suo e del vero cowboy a cui egli stesso si era ispirato per ideare il protagonista dei suoi libri, Nat Love.
Qualche riga fa ho utilizzato il termine “espatriato”.
Ho già riportato di come abbia rotto le scatole a mezza America oltre che in Patria o nel Vecchio Continente per via delle recensioni ma ci ho anche preso gusto con i ritratti, sempre in ambito western, non serve sottolinearlo. Non pretendo di darvi a bere di essere diventato quello che non sono ma non mi sono limitato solo a bussare alla porta degli uffici amministrativi e turistici della Cochise County. A Tombstone un comitato ha valutato se inserire in determinati festeggiamenti un mio disegno, ritratto del vero Wyatt Earp, che comparirà di sicuro nella recensione di “Doc!”. Che comitato? Quello per i preparativi dei “Wyatt Earp Days” proprio a Tombstone, Arizona. Voi potreste giustamente obiettare: "Ma il Texone parla di Holliday e non è incentrato sul suo amico Marshall". Vero. E' per questo che il ritratto di Doc, del giusto Doc, realizzato da me è stato inviato ad un museo che aprirà i battenti tra un paio di mesi se tutto va bene, allestito nella casa natia di John Henry Holliday, i cui proprietari hanno confermato la loro promessa di mandare al vostro fidato rompiscatole qualche foto in anteprima per l'inaugurazione, fotografie che verranno mostrate di sicuro nell'articolo inerente lo speciale estivo, quindi Fumetto d'Autore avrà la medaglia d'oro per averle pubblicate, e poi in seguito eventualmente in altri scritti prettamente storici che riguarderanno le vicissitudini dei partecipanti alla sparatoria avvenuta nei pressi del famoso “Ok corral”. Nei pressi perchè non è accaduta davvero dentro al corral. Inoltre con questo vi invito a rimanere “sintonizzati su queste frequenze” specialmente se non conoscete la correlazione realmente esistita tra due uomini che hanno fatto la storia entrambi a modo loro, mi riferisco a Wyatt Earp stesso e John Wayne: alcuni miei ritratti del Duca oltre ad essere stati mostrati in svariate pagine social, su Facebook, Twitter ed Instagram, sono stati visionati dalla John Wayne Cancer Foundation. Cosa c'entra il Duca con Tex? Diciamo che se Tex vive un'avventura sulla falsa diga degli eventi che hanno contrapposto gli Earp alla banda dei “Cowboys” e che lo stesso Magico Vento incontra, in modo alquanto discutibile anche per come vengono dipinti i tutori della legge (servirebbe sul serio buttare giù un goccio di qualcosa di forte per contrastare i brividi di vero e proprio gelo che ripensare alla storia che è stata scelta per il ritorno di Ned Ellis sulla scena mi causa, un ritorno scialbo, con una trama posticcia, slegata nelle sue diverse parti, in terrificante bilico tra fatti e personaggi reali e racconto inventato al fine di pilotare gli eventi), due dei fratelli Earp per l'appunto, dipinti come cacciatori di taglie o peggio pistoleri prezzolati senza troppi scrupoli nè senso dell'onore, cosa che trovo alquanto inappropriata, pur non idealizzando affatto Wyatt & brothers, per quanto li ritenga con le loro luci ed ombre mille volte migliori di un'accolita di assassini e rapinatori a cui si opposero non solamente per "motivi politici", perciò evidentemente il racconto de "Il ritorno" segue il pensiero dello sceneggiatore che dipinge la vicenda come se avesse qualche conto in sospeso con loro, in questo calderone John Wayne può far parte a pienissimo diritto nel terzetto di miti formato oltre a lui stesso da Tex e Wyatt Earp.
Non che io mi ritenga chissà che professionista in ambito letterario o in quello delle chine ma mettendo letteralmente sul tavolo le mie capacità anche con le matite ed i pennini credo, grazie a questo, di riuscire ad andare maggiormente a fondo nell'analisi prettamente artistica e negli aspetti realizzativi che coinvolgono i disegnatori di un volume, per lo meno avendo sperimentato in piccolissima parte come non sia affatto un gioco da ragazzi. E dire che io non ho mai superato le cinque o sei tavole e mi cimento in “opere” singole non impaginate.
Sotto tale punto di vista, oltre al rispetto dovuto ad ogni tipo di lavoro, le mie critiche sono per l'appunto critiche in senso stretto, con il significato che tale termine assume consultando un dizionario e quando sono negative vengono sempre motivate e mai rivolte all'arte in sé, al modo di disegnare per il semplice fatto che è proprio arte: è il motivo per cui non mi sentirete mai assegnare degli impersonali e freddi voti, come se si trattasse di un compito per le vacanze, dal momento che non ritengo sia il caso di giudicare in modo così distaccato qualcosa che invece dovrebbe essere, e per me è, portatore di emozioni e sensazioni coinvolgenti da condividere in una chiacchierata tra amici.
Altra caratteristica a cui cerco sempre di non venir meno riguarda l'inserimento di spoiler, di anticipazioni nelle recensioni. Non faccio riassunti né sinossi delle storie, non svelo come finisce una narrazione o chi è il cattivo e nei casi in cui la struttura dell'articolo abbia visto inevitabile un'eccezione a questa regola l'ho sempre dichiarato in modo da non rovinare la sorpresa ed il piacere della lettura spiattellando colpi di scena cruciali. Per ora non intendo neanche trasferire un articolo da scritto a video, magari con il mio brutto grugno che legge o parla direttamente agli spettatori. Se mai in futuro tentassi di realizzarne uno di prova, vi posso promettere che non sarà insieme a peluches, non avrà prospettive degne di un quadro cubista e non sarà fatidiosamente sussurrato o contenente minuti interi di “ehm” comparabili alle esitazioni che si potevano avere quando si era interrogati al liceo senza sapere la lezione. Beh, e non conterrà concetti assoluti da accettare come verità di fede, visto che anche in quel caso giustificherò le mie considerazioni, chissà magari parlandovi da un vero saloon dell'Arizona, “costringendo” la mia già citata fidanzata Dafne, che si è rassegnata alla mia passione per il West e che sono riuscito a convertire solo in parte, ma considero già una vittoria il fatto che conosca i quattro moschettieri della Frontiera e perfino la differenza tra teepee e hogan, a farmi da cameraman, anzi camerawoman.
Chissà, per giocare, un giorno, potrei spuntare con il mio Stetson sulla zucca.
Ma per il momento è tempo di smetterla di blaterare. Prima di concludere lasciatemi ringraziare chi mi ha dato corda a suo tempo facendomi da “ufficiale superiore” e che ha pubblicato i miei primi articoli fino al Direttore di Fumetto d'Autore che in seguito mi ha dato fiducia e carta bianca consentendomi di diventare anche il curatore della mia Rubrica, poiché dopo qualche mese ho imparato di persona ad impaginare ed organizzare le parti scritte intervallate dai disegni, coltivando da me il mio piccolo orticello.
Per finire non mi viene in mente nulla di meglio che ciò che segue, la cui “essenza” costituisce il secondo dei brani recitati a voce in "Una voce pet Te(x)".
Finchè ci sarà qualcuno che vuole prevaricare imponendo la legge del più forte, finchè ci sarà chi invoca aiuto, Tex accorrerà alla chiamata.
Se siete uomini retti non avete nulla da temere ma se camminate sulla strada dell’illegalità allora non ci sarà buco della terra o dell’inferno abbastanza profondo dove potrete andare a nascondervi, non troverete mai un cavallo veloce abbastanza da portarvi al sicuro, non potrete mai in nessun modo scappare sufficientemente lontano o sperare che le vostre malefatte possano venire dimenticate: per i Rangers nessun crimine cade in prescrizione.
Al tempo in cui la vita di un uomo dipendeva dalla sua sei-colpi e la ragione stava dalla parte di chi aveva la mira più precisa, la verità come la differenza tra vivere o morire era affidata solamente all’inflessibile, autoritaria e definitiva voce del giudice Colt.
Avanti, date fondo al bicchiere e recuperate il vostro ronzino.
Allacciate bene la cinghia del sottopancia, fate una buona scorta d’acqua e mettete nelle sacche della sella viveri e munizioni.
D'accordo, non serve che nascondiate la fiaschetta di brucia-budella… offro io, dite al barman di tirare fuori un paio di bottiglie di quello buono.
Là fuori ci sono un mucchio di piste da percorrere.
Siete pronti a cavalcare su quella che vi porterà a guardare negli occhi la Leggenda?
Qui di seguito trovate tutti gli altri "video che si ascoltano" finora pubblicati nell'ambito di "Una voce per Te(x)".
- "La pista dei Forrester e Tabla Sagrada", voce di Angelo Maggi: https://www.youtube.com/watch?v=HyOowYeG5Zo
- "La Leggenda", voce di Christian Iansante: https://www.youtube.com/watch?v=L1GbQqgMWuQ
- "Osservatorio Tex su Radio Deejay": https://www.youtube.com/watch?v=j_e4FdoU39Y