- Categoria: Osservatorio Tex
- Scritto da Lorenzo Barruscotto
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RECENSIONE MAXI TEX: “NUECES VALLEY”
(Contiene qualche nota storica su Jim Bridger)
Bentrovati, amigos. Siete pronti per una lezione di storia?
Eh, sì. Il volume di cui parliamo oggi trasuda proprio Storia con la “s” maiuscola da ogni pagina.
Ma state tranquilli: non si tratterà di un noioso discorsetto da saputelli senza un minimo di coinvolgimento. Infatti ce n'è per tutti i gusti: attacchi di indiani ribelli, trappers dalla pellaccia dura e dal cuore generoso, mandriani coraggiosi, uomini temprati dalla fatica e dal piombo, spostamenti di centinaia e centinaia di capi di bestiame nelle sterminate praterie del West, nella più classica tradizione western non mancheranno furiose scazzottate, pericoli, agguati, sparatorie, tradimenti, ladri di bestiame, rinnegati senza onore e cowboys temerari.
Non manca niente in questo gioiello forgiato su un sogno di carta che cavalca sulle piste dell'Avventura da 70 anni.
La vita nel West non è mai stata semplice ma quando si era un colono e, trasferendosi da una qualche cittadina dell'Est americano, ci si voleva stabilire in una delle sconfinate regioni della Frontiera, popolate soltanto da indiani ostili (talvolta ostili a ragion veduta anche se purtroppo spesso ci andavano di mezzo pacifiche carovane), rinnegati, comancheros vale a dire trafficanti di armi e liquori con almeno due dita di pelo sullo stomaco, per non parlare dei banditi, i temibili desperados, c'era poco da stare allegri.
Si trattava davvero di gente dura come l'acciaio, con una volontà non meno ferrea della loro tempra, poiché creare dal nulla una comunità prospera in una valle sconosciuta non era affatto cosa da poco.
Senza contare che lo stesso viaggio costituiva una vera incognita e che i pericoli, che fossero causati dalla natura o dall'uomo, potevano presentarsi già fin troppo abbondanti prima ancora di averla vista, quella famosa valle.
E' proprio in una situazione simile che vediamo comparire per la primissima volta Tex sul palcoscenico della vita.
Anzi a dire la verità, il futuro Ranger si trova in mezzo a guai grossi come montagne ancora prima di venire al mondo...
Bisogna andare indietro di circa mezzo secolo rispetto al West a cui siamo abituati a pensare immedesimandoci nella odierne avventure del Ranger: “Repubblica del Texas, 1838” dice la didascalia che ci catapulta subito in un periodo storico ben definito, soprattutto se avrete avuto la pazienza di leggere le preziose ed esaustive pagine che precedono le tavole dell'albo, non solo per ammirare i lavori di prova sulla creazione di alcuni dei principali personaggi da parte di Pasquale Del Vecchio, autore dei disegni, immenso in questa sua prova di artista, che ha richiesto anni tra preparazione e realizzazione, ma anche per avere le idee più chiare sulla location, la valle del fiume Nueces, per un breve ripasso sui più importanti flashback della storia di Tex narrati in vari albi alcuni anche risalenti a decenni fa e per scoprire l'identità del quarto dei compagni che affiancano un giovane Tex Willer nella evocativa copertina ad opera di Villa.
Come chi sono? Andiamo, li conoscete bene: “Damned Dick”, compagno d'armi durante le avventure ai tempi della Guerra Civile tra le fila del Nord (“Tra due bandiere” o la più recente “Missouri” e seguenti), quella testa calda di Hutch (come dimenticare la rovente sparatoria finale a base di gatling ed esplosioni che rievoca il film “Il mucchio selvaggio” e che conclude drammaticamente la storia de “Gli invincibili”, la cui cover contiene, come dire, lo stesso grado di epicità di quella del Maxi, rappresentando Tex alla testa di un gruppo di companeros armati di tutto punto in una sorta di camminata che, ditemi se non è vero, molti di noi almeno una volta si sono immaginati al rallentatore per renderla ancora più ad effetto), il più sfortunato Rod (so che sapete che fine ha fatto ma non lasciate a me tutto il lavoro) ed un quarto, per l'appunto.
Va bene, non vi lascio ulteriormente sulle spine: mai sentito parlare di Jim Bridger?
Figura storica, personaggio cardine del racconto ma soprattutto persona realmente esistita, James Felix Bridger è stato un avventuriero, una guida dell'esercito ed un esploratore leggendario, che conobbe tra gli altri, anche il vero Kit Carson.
Fu uno dei primi ad avventurarsi tra i geyser del parco di Yellowstone, fu tra gli scopritori del Grande Lago Salato, nello Utah, divenne un valido commerciante di pellicce, forte anche della sua esperienza di trapper, fece da apripista, è proprio il caso di dirlo, per moltissimi tragitti ancora sconosciuti: addirittura scoprendo un nuovo passaggio per accorciare, sulla via della California, la “Oregon Trail” di molte miglia, scorciatoia (il “Bridger Pass”) che in anni successivi verrà utilizzata poi anche dalla ferrovia “Union Pacific”.
Universalmente noto come grandissimo conoscitore delle Montagne Rocciose, anche il suo carattere e lo spirito “dell'uomo Jim”, vengono splendidamente sottolineati dagli autori dello Speciale: come ad esempio la tendenza a raccontare aneddoti, le cosiddette “tall stories”, inverosimili o per lo meno arricchiti da particolari inventati, per ammaliare gli ascoltatori, il tutto pur restando in quel clima di goliardia che si creava attorno al fuoco dei bivacchi od in un saloon davanti ad una buona bottiglia.
Storicamente provato è inoltre il suo fiuto per gli affari: titolare di numerose attività, amplia il suo commercio anche con i pellerossa grazie alla sua conoscenza di diversi dialetti nativi.
Fondatore dell'omonimo Fort Bridger, una volta divenuto un personaggio potremmo dire pubblico, dovette anche subire alcune ingiustizie il che, consentitemi una piccolissima anticipazione seppur senza andare nel dettaglio, come avrete certamente avuto modo di vedere leggendo l'albo, accomuna il vero Jim con quello che ha conosciuto Tex.
Lungi da me trasformarmi in una saccente maestrina, ma data l'importanza del personaggio, era quasi d'obbligo spendere due parole per delineare alcune caratteristiche di colui che nella “nostra realtà” di texiani funge da mentore del futuro Aquila della Notte quasi al pari del simpatico, all'occorrenza agguerritissimo e mai dimenticato Gunny Bill.
Una chicca che troverete verso la fine dell'avventura consiste in una citazione che crea una vera e propria atmosfera da ballata del West: “The ballad of Jim Bridger” (di Johnny Horton) viene proposta proprio per fungere da colonna sonora di alcune tavole senza dialoghi e, credetemi, la cinematografica bravura del disegnatore che coordina le parole della canzone con le immagini si amalgama perfettamente alla musica. Ascoltate... in sottofondo, in lontananza come una voce portata dal vento, non pare anche a voi di udire una voce roca che parla di un “mountain man” che “dimenticò più cose sugli indiani di quante noi potremo mai impararne”?
Non esagero affermando che questo Maxi entra nella Storia non solo di Tex ma proprio del fumetto italiano. Non solamente per i testi, particolarmente scorrevoli seppur articolati, ad opera del “boss” Boselli o, lasciatemelo ripetere, per i minuziosi e splendidi disegni di Del Vecchio, ma perché in queste pagine nasce, letteralmente, il Mito.
Scopriamo i “dove, come e quando” che stanno alla base della formazione del più famoso e duro Ranger del West, conosciamo i suoi genitori, i coniugi Willer, l'affidabile e capace Ken e la dolce ma determinata Mae, come mai avremmo pensato di fare quando per la prima volta avevamo appreso il nome di suo padre nella mitica avventura “Il passato di Tex”, rinnoviamo l'affetto che ogni texiano prova verso Gunny Bill e impariamo ad apprezzare, e qualcuno di noi senza dubbio anche a comprendere se non rivalutare, lo sfortunato fratello minore di Tex, Sam, ricomparso già nel bellissimo cartonato a colori “Il vendicatore”, il quale viene definito “un tipo tranquillo”, cosa che nel Texas meridionale dell'epoca non era garanzia di vita lontana dai guai, come purtroppo conferma la sua triste fine avvenuta per mano di Rebo, quel brutto giorno di molti anni fa, a Culver City.
Leggete attentamente poiché compare proprio un diretto rimando al cartonato a colori, e ci suscita una strana emozione sentire il giovane Tex ed alcuni suoi amici parlare di arruolamenti nei Rangers, come se si trattasse di una strada lontana ed impossibile da imboccare.
L'intero volume è costellato di particolari che dimostrano l'intenso ed accurato lavoro di documentazione che deve essere stato compiuto per realizzare l'albo: come i nomi dei “ferri da tiro” in uso all'epoca, storicamente precisi, dal momento che non era certo già stato inventato il “nostro” Winchester Yellow boy, quello che siamo abituati a veder maneggiare dai Pards: le prime armi da fuoco comparse erano state quelle ad un colpo solo, come risulta ancora essere il fucile ad avancarica usato proprio da Bridger, uno Hawken.
E, per tutti i diavoli, sentiremo proprio la mancanza di un buon fucile a ripetizione: infatti percepiremo una certa crescente ansia osservando le varie macchinose fasi della ricarica tenendo d'occhio il minaccioso avvicinarsi di una scatenata banda di Quahadi Comanche, ben decisi a toglierci lo scalpo.
Non si poteva fare affidamento solo sulla buona mira a quei tempi e quindi coltelli ed all'occorrenza anche tomahawk recuperati dai nemici uccisi, da usare in un eventuale scontro corpo a corpo, potevano fare la differenza tra vedere l'alba del giorno dopo e finire sotto un buon metro di terra.
Stesso discorso per le pistole. Vediamo alcune armi che potremmo definire antiche e poi comparire in mano ai protagonisti le vecchie Colt Dragoon e Walker, non c'è bisogno di sottolinearlo, antecedenti alle Colt Frontier usate da Tex e dagli altri in tempi più moderni.
Abbiamo modo di ripassare, oppure imparare per chi è un novellino al suo “primo rodeo”, i termini e le posizioni che ogni mandriano doveva tenere durante un “cattle drive”, un trasferimento di bestiame, lungo le assolate praterie del Sud Ovest.
Siamo ancora ben prima della fratricida guerra tra Unione e Confederati e quindi la schiavitù è ancora presente. Anche se gli abitanti della Nueces Valley, fortunatamente, hanno un'idea tutta particolare di tale scempiaggine, il che, lo scoprirete, ce li rende ancora più simpatici.
Se avete la mascella di vetro, o se non apprezzate i rumori assordanti, non vi consiglio di fermarvi troppo a lungo da quelle parti, amigos. Non ci sono molte occasioni per svagarsi alla Frontiera, e se vi propongono una “fiesta”, per dirla alla messicana, state in guardia: potreste ritrovarvi il mattino dopo stesi per terra con un occhio nero ed un alveare che vi ronza in testa.
Se invece avete qualche difficoltà nel maneggiare una pistola come si deve, far saltare le bottiglie a revolverate è un ottimo modo per tenersi in esercizio e, come ben sappiamo, la pratica rende perfetti... ed in certi casi può anche salvare la pelle.
Occhio, hermanos, poiché la malinconia potrebbe saltarvi addosso quando meno ve lo aspettate, proseguendo nella lettura (imprescindibile il riferimento alla toccante e ben nota scena in cui Tex ed il figlio Kit visitano la tomba dei nonni di Piccolo Falco in “Ritorno a Culver City”).
Ad ogni pagina potrebbe fare la sua comparsa un personaggio che non ricordavamo più o che al contrario abbiamo ben presente nella memoria, e del quale conosciamo bene il destino, più o meno tragico (come non ricordare la "piccola Edith" ricomparsa sotto forma di tenero ricordo nello speciale a colori "Lo sciamano bianco").
Non sono pochi infatti i riferimenti ad altre avventure per noi passate, ma ancora da vivere per i diretti interessati.
Ditemi chi tra coloro che hanno già letto o riletto quest'albo non si è soffermato almeno un paio di secondi nel rievocare alla mente vecchi ricordi una volta riconosciuto un volto o magari quando viene raccontato il primo incontro con vecchi, non per l'epoca, amici e compagni di future imprese. Mi riferisco ad esempio al già citato Dick Dayton, il “vecchio” Damned Dick, leggermente più avanti negli anni rispetto a Tex e quindi per certi versi un po' più esperto, che imparerà sulla sua pelle cosa significa la parola “stampede”, mentre noi percepiremo formarsi involontariamente un divertito sorriso sui nostri volti quando lo vedremo alle prese con una mandria di “longhorns” impazziti dal terrore e soprattutto essendo testimoni del modo in cui lui ed il giovane Tex appurano alcune iniziali divergenze nella loro amicizia…
Ci sarà chiara l'origine delle straordinarie capacità di cowboy di Tex, sanguigno e impetuoso, svelto di mano e di cervello, già da ragazzo dotato di innegabili e riconosciute doti da leader nel guidare uomini, che si tratti di governare una mandria o di far fronte in battaglia a razziatori e farabutti, abilità che noi credevamo innate nel Ranger fin dai tempi de “Il re del rodeo” ed avremo modo di appurare come anche per il granitico Aquila della Notte sia valso il proverbio “sbagliando si impara”.
Ora sbaglia ben poche volte, quasi mai... d'accordo: mai, ma neanche il futuro “magnifico fuorilegge” in gioventù è stato esente da qualche svista, alla quale ha in ogni caso ampiamente rimediato, è del tutto superfluo sottolinearlo.
Anche grazie all'aiuto del sempre provvidenziale Jim Bridger.
Impariamo quindi chi e cosa sono gli “Shanghaiers”, piaga dell'epoca che infestava le cittadine fornite di un porto. Non vi svelo altro su questo termine per non rovinarvi il piacere di scoprire da soli a cosa mi riferisco. Vi basti sapere che aggirarsi di notte in una città, allora come ora, è sempre poco salutare, e che non bisogna mai abbassare la guardia, nei confronti di chiunque, che si tratti di un gruppo di balordi di strada o di una apparentemente fragile donzella che chiede aiuto.
Non serve che scomodiate i ferri da tiro per dar loro una mano, amigos: i ragazzi del Nueces hanno pugni duri come il calcio di un mulo ed i pendagli da forca che hanno commesso l'errore di considerarli degli sprovveduti avranno presto occasione di ricredersi, sputando tutta la loro boria insieme a qualche dente.
Permettetemi solo un'osservazione personale: proprio per il rispetto che nutro non solamente verso l'arduo compito che si è trovato ad affrontare il disegnatore, galantuomo che ho avuto il privilegio di incontrare in un paio di occasioni, ma anche nei confronti del “nostro” Tex, per la valenza storica e la grande importanza che questo volume assume per tutti i texiani, i disegni-tributo che vedete inseriti nell'articolo non sono ispirati alle pagine del Maxi.
(Sui tributi, il loro significato e la loro hobbistica trasparenza mi sono già espresso nell'articolo che conteneva il resoconto dei miei giorni a Lucca Comics 2017.)
Potrei stare qui ancora a lungo parlandovi della storia della valle del Nueces, quando era popolata da Apaches e Comanches oppure potremmo stare a disquisire su come incastonare con precisione la vita di Tex all'interno della storia del Texas, parlando dei violenti contrasti col vicino Messico, della rivoluzione e delle guerre combattute dallo Stato della stella solitaria, arrivando a citare Santa Ana ed Alamo, eventi e nomi che potremmo definire quasi contemporanei al periodo in cui è ambientato l'inizio della vicenda di cui stiamo discorrendo.
Oppure per fare un discorso più didascalico, sulle orme della prefazione ad opera di Boselli, potremmo dare fondo al bicchiere parlando della “sospensione dell'incredulità”, quella sorta di patto non detto che ogni lettore accetta amando i fumetti come facciamo noi, senza soffermarsi sul fatto che ad esempio i protagonisti non invecchiano mai troppo (interessante a questo proposito proprio il punto di vista del curatore di Tex che ci fa presente i vari salti temporali che hanno subito i Pards negli anni, anche con la complicità dell'evoluzione dei disegni ad opera di Galep), che indossano quasi sempre le stesse camicie come sostengono alcuni con facile ironia (beh, in ogni caso nella Riserva Navajo non credo fossero presenti centri commerciali adibiti allo shopping ed al rinnovo del guardaroba) o su altri dettagli che funzionano diversamente nella realtà.
Un avvertimento: anche se mi sono ripromesso di non rivelare alcunchè, stavolta non solamente sul finale ma proprio su una parte della narrazione, quella conclusiva, ma che funge da filo conduttore di tutto il volume, vi posso dire che non ci sono solamente rievocazioni o ricordi del passato in questo Maxi.
Andiamo, non fate quella faccia: può essere senz'altro che qualcuno non l'abbia ancora letto e non sarò certo io a privare un texiano del piacere di sfogliare e godersi tutte le pagine del volume, dalla prima all'ultima, quindi non insistete. Non intendo sbottonarmi di più.
Forse la soluzione ad un certo problema potrà sembrarvi un po' sopra le righe, qualcuno direbbe magari anche poco credibile, ma non dovete dimenticare che non stiamo parlando di uomini comuni: i frontier-man erano temprati dal fuoco della battaglia, dalle avversità della vita, dal freddo che penetrava fin dentro le ossa e dal sole che poteva cuocere un uovo direttamente su una roccia senza usare la padella, difficoltà che rendevano la pelle più dura del cuoio e lo spirito più saldo di una montagna.
Se mai vi capiterà di passare da Corpus Christi, diciamo il capoluogo di quella zona del Texas, e se andrete a bagnarvi il gargarozzo al saloon, lasciate andare la fantasia, appoggiandovi al bancone.
Da lì, proprio da lì, sono passati i cowboys guidati dal coraggioso Ken Willer e tra loro c'era anche un certo marmocchio di nostra conoscenza, troppo piccolo per partecipare alle risse ed ancora troppo giovane per sparare ad un nemico, ma già dotato dello spirito che ne avrebbe fatto un uomo giusto e valoroso, un ragazzino che si sarebbe fatto uomo e che all'epoca neanche immaginava le peripezie alle quali sarebbe andato incontro, da “pacifico” mandriano a fuorilegge ricercato da tutti gli sceriffi, da uno dei primi portatori della stella d'argento dei Rangers a capo ed agente indiano dei Navajos.
Oppure per dirla in poche parole, da ragazzo a uomo, da uomo a Leggenda.
Soggetto e sceneggiatura: Mauro Boselli
Disegni: Pasquale Del Vecchio
Lettering: Renata Tuis
276 pagine