- Categoria: Osservatorio Tex
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COLOR TEX “COWBOYS”
(contiene qualche nota storica su cowboys e fucili)
di Lorenzo Barruscotto.
E' ora di fare una sosta, dopo aver passato tutta la mattinata a mangiar polvere dietro alla mandria. Un facile guado offre l'occasione di smontare da cavallo ed allungare le ossa dopo aver spazzolato l'agognato seppur frugale pranzo.
Certo non si può dire che la sistemazione sia delle più confortevoli ma non siamo in un lussuoso albergo di Flagstaff o di San Francisco. Non ci sono a disposizione morbidi cuscini o lenzuola profumate. Come giaciglio bisogna accontentarsi dell'erba della prateria e come sedia di una dura roccia o magari di un tronco bruciacchiato abbattuto da un fulmine.
Il cuscino per schiacciare un pisolino è costituito dalla sella su cui ci si è consumati il fondoschiena macinando miglia e miglia sotto sole cocente o pioggia scrosciante.
Ma a dirla tutta, troppe comodità non si addicono a gente che è abituata a passare la vita a cavallo,
a vivere in spazi sconfinati dove l'occhio si perde verso l'orizzonte e ad avere le stelle come cielo durante la notte.
Chi sono quegli uomini impolverati e stanchi che abbiamo adocchiato dall'alto della collina e che ora ci stanno aspettando impugnando i fucili con fare guardingo, mentre incitiamo il nostro mustang e li raggiungiamo al piccolo trotto? Risposta facile: sono la spina dorsale del West, sono cowboys!
Per una paga che variava a seconda della generosità del loro padrone o del tipo di lavoro ma che comunque non permetteva neppure lontanamente di diventare ricco, neanche a chi tra loro era maggiormente dotato di sale in zucca e, giunto in una “cittadina civilizzata”, non si giocava nel giro di brevissimo tempo tutti i dollari appena guadagnati in whisky, partite di poker e donne, questi uomini duri e temprati dalla fatica e dalle avversità avevano il compito di scortare e governare mandrie di cavalli, vacche o come nel caso di questo magnifico speciale a colori, long-horns lungo le svariate e lunghissime piste degli sterminati territori del West fino alle città dove le bestie venivano raccolte in ampi corrals, i classici recinti delimitati da pali di legno, pronte per la vendita.
La vita in un ranch non era per nulla facile né tanto meno riposante: sveglia all'alba, massacranti turni che li vedevano impegnati in molteplici attività dal sorgere del sole fino all'imbrunire, sorveglianza notturna sui pascoli, lavori di manutenzione di attrezzature, finimenti, armi ed ovviamente abitazioni, da quella padronale alla bunkhouse vale a dire una sorta di camerata dove i cowboys risiedevano e dormivano, ed ovviamente marchiatura dei capi tramite un ferro arroventato che portava il simbolo del proprietario della mandria, per riconoscere eventuali bestie estranee magari provenienti da appezzamenti confinanti e soprattutto identificare le proprie in caso di furto.
Insomma non solo non c'era tempo per annoiarsi ma ci si spaccava la schiena dalla mattina alla sera. Durante i viaggi per trasferire le mandrie venivano mantenute le “sane” abitudini quali sveglia prima del più mattiniero dei galli o pesanti turni di guardia ma il lavoro principale consisteva nel percorrere parecchie miglia mantenendo le bestie il più compatte possibile, facendo di tutto per non perderne nessuna e soprattutto evitando che si scatenasse uno stampede, una corsa sfrenata al galoppo da parte della mandria spaventata da un imprevisto, che non solo poteva disperdere molti capi causando un danno economico ma rischiava di travolgere uomini e cavalli durante la propria folle corsa.
Se aggiungiamo spaventosi temporali che potevano spazzare la prateria con vagonate di acqua e terrificanti fulmini, indiani ostili che tentavano di prendere gli scalpi ai nemici bianchi o comunque anche “solamente” interessati a rimpinguare le scarse scorte invernali tentando di rubare alcuni capi ed attacchi da parte di ladri di bestiame e razziatori, per non parlare dei “normali” incidenti spesso anche gravi quando non mortali che non erano insoliti accadere in queste non proprio agevoli situazioni, è facile pensare come non si trattasse di una divertente o piacevole gita in campagna.
Era un compito dannatamente duro per gente altrettanto dura.
Ed in questa storia è proprio ad un gruppo di cowboys in viaggio che si accompagnano Tex e Carson, dopo essersi imbattuti in loro per caso, lungo una pista del Texas.
Per farsi degli amici a volte basta poco, un piatto di lardo e fagioli ed una tazza di caffè caldo costituiscono un esempio della classica ospitalità che si poteva trovare all'ombra di uno dei carri che seguivano la mandria, anche se il cuoco non era esattamente un mago nel cucinare la “sbobba”.
Se poi si tratta di ricambiare il favore fornendo un valido e decisivo supporto per respingere una banda di pendagli da forca che mirano apparentemente ad impossessarsi della mandria ma che non si fanno scrupolo di sparare per uccidere bersagliando i cowboys con un infernale fuoco di fucileria, beh, li conoscete anche voi, Tex e Carson non si tirano certo indietro.
Tanto meno se il ranchero che guida i mandriani è una vecchia conoscenza.
Avrete modo anche voi di apprezzare come capo e come uomo Mister Bannon (svelarvi il suo nome non rappresenta una grande anticipazione poiché compare già nella prima pagina e potete scommettere che non mi sbottonerò lasciandomi convincere a dirvi di più su di lui, non serve cercare di corrompermi con un boccale di birra o un bicchiere di torci-budella).
La sola cosa che posso aggiungere è che anche lui non se la cava affatto male con il “clarinetto” per quanto, inutile sottolinearlo, i due rangers quando maneggiano i Winchester siano “concertisti” di prim'ordine. Ce lo ricorda il maestoso disegno in copertina ad opera del solito “mostro” Claudio Villa: Tex ci osserva con sguardo ipnotico e risoluto, impugnando il fucile, quello che ha tutta l'aria di essere un classico “Yellow boy” a ripetizione, chiamato così per via del castello della culatta in ottone, icona del western di ogni tipo.
I più pignoli di voi quindi avranno anche modo di datare approssimativamente il momento storico in cui si svolge la vicenda: certamente dopo il 1866, anno di produzione di questo tipo di arma e forse, ripeto forse, prima del periodo tra il 1873 ed il '76 quando vennero distribuite un paio di varianti dello stesso fucile, a cui si erano apportate alcune modifiche tra le quali ad esempio la culatta in acciaio, più resistente, più pesante e non colorata di giallo, la compatibilità di pallottole che scegliendo il giusto calibro potevano divenire intercambiabili tra fucile modello '76 e Colt 45 “Single Action Frontier”, detta anche “Peacemaker”, nome che la dice lunga, ed alcuni perfezionamenti tecnici con cui non vi sto ad annoiare altrimenti potreste dire che qui al Trading Post vi faccio crescere l'erba sotto i piedi da quanto parlo. E parlo già parecchio.
Disegno di Lorenzo Barruscotto, tributo a DANUBIO
A proposito, mentre discutete su quando e dove la Leggenda incontra la Storia e se la mia digressione sia stata pertinente (ecco perché vi restituisco le vostre sei-colpi solo quando uscite) ne approfitto e mi sciacquo il gargarozzo perché ho ancora un po' da blaterare.
In ogni caso, “Yellow boy” o meno, questo non fa alcuna differenza per lo svolgersi del racconto e non sarò certo io ad andare a spiegare a Tex e compagni che tipo di sputa-fuoco dovrebbero o non dovrebbero usare.
Se invece c'è qualcuno non troppo affezionato ai propri denti, nessuno lo trattiene: ogni tanto passano di qua per una bevuta gratis quando sono di ritorno da una missione.
Tornando ad immergerci nell'avventura, non si lascia un amico in difficoltà e così i Nostri si uniscono ai superstiti per aiutarli a portare a termine il lavoro oltre al fatto che i razziatori non sono stati eliminati completamente.
Il fiuto e l'istinto di Tex non verranno ingannati o confusi dall'enorme polverone causato dalla grossa mandria al galoppo. Non si può abbassare la guardia un secondo né soffermarsi un attimo a contemplare la spettacolarità del paesaggio in cui ci si trova, splendidamente raffigurato da un Giacomo Danubio che dovrebbe essere nominato cowboy onorario.
Le letali corna degli animali potrebbero trovare la via delle vostre budella o del fianco del vostro cavallo: credetemi, una caduta in mezzo ad un gruppo di long-horns arrabbiati vi farebbe perdere tutto il vostro fascino, rendendo difficile distinguervi da un tappeto sgualcito.
Lo splendido e deciso tratto dei bellissimi disegni ci fa immergere completamente nella vicenda tanto che ad un certo punto al lettore pare perfino di sentir dolere tutte le ossa dopo una dura cavalcata, di udire il cupo muggito delle bestie od il meno poetico ma molto più inquietante boato causato dal galoppo di centinaia e centinaia di zampe che si avvicina incalzante.
Anche la colorazione fa la sua parte e sembra quasi far saltare fuori dalle pagine le fiammate dei fucili che contrastano con le ombre al calar della sera o gli spaventosi lampi che squarciano il cielo annunciando un terribile cataclisma, che occhi esperti avevano già presagito nell'aria osservando i cambiamenti delle nubi in lontananza.
Tex e Carson dovranno ricorrere a tutta la loro esperienza per superare le difficoltà ed evitare che le bestie si disperdano, terrorizzate dai fulmini e dai tuoni, ma ci sarà bisogno dell'aiuto di tutti affinché una volta passata la tempesta ci sia ancora una mandria da scortare.
So che siete stanchi, amigos, ma una volta asciugati gli abiti presso il fuoco del bivacco non potrete andare a dormire: bisogna organizzare i turni di guardia poiché non solo i banditi potrebbero tornare ma anche perchè la pista passa in territorio indiano.
Toccherà ancora una volta ad Aquila della Notte mettere in campo il suo coraggio prima ed il suo prestigio poi al fine di evitare che la situazione potenzialmente esplosiva degeneri in una lotta fratricida. Esatto, ho detto fratricida: cowboys ed indiani, bianchi e pellerossa non sono diversi che li si guardi attraverso il mirino del fucile o che si ascolti la voce del buonsenso e si tenti di comprendere invece di lasciare la parola alle armi.
Si possono trovare uomini d'onore da entrambe le parti, che in testa abbiano delle vistose piume o ben calato un cappello Stetson.
Purtroppo è vero anche l'opposto, vale a dire che il mondo è pieno di serpenti capaci di mordere a tradimento, serpenti a due gambe che non capiscono neanche quando gli viene risparmiata loro la vita nonostante già la prima volta che si inciampa in loro abbiano fatto di tutto per farsi “riempire di piombo fino agli occhi” e che anzi provano nuovamente a schizzare il loro veleno più agguerriti che mai, inseguendo una distorta idea di vendetta.
Non si può discutere con chi non ha una coscienza e segue solamente la legge del più forte.
Nel West ai crotali si deve schiacciare la testa così come alle ignobili azioni di certi uomini si può solamente contrapporre l'autoritaria e definitiva voce del giudice Colt.
Grazie alla grande capacità narrativa di quel “tizzone d'inferno” di Pasquale Ruju, tutti i tasselli della vicenda vanno al loro posto e tramite un coinvolgente flash-back ci viene rivelata la ragione di un altrimenti apparentemente fin troppo ostinato risentimento che sta alla base dei guai in cui sono stati coinvolti Tex, Carson ed i cowboys.
Non ci saranno solo le selvagge piste del Texas, con pericolosi torrenti dalle acque schiumanti, maestose montagne sullo sfondo dalle quali il sole fa capolino e bellicosi indiani in agguato tra le rocce. Per la gioia di mister Bannon e del vostro sedere, una parte della ambientazione diventa anche cittadina, il che, dopo ore ed ore in sella, significa un bagno caldo, un dottore per rattoppare alcuni graffi più gravi degli altri, un saloon ed una bistecca alta tre dita coperta di croccanti patatine.
Ma i guai purtroppo non sono finiti e temo che la suddetta bistecca dovrà aspettare.
Non guardatemi così e non iniziate a lamentarvi come farebbe il vecchio Carson quando lo si lascia a stecchetto: ho le mie ragioni. Il nemico è stato riconosciuto, ormai non è più un segreto perché ce l'abbia così tanto con il capo-mandria... una vile e mortale trappola è pronta a scattare e la situazione rischia di precipitare da un momento all'altro.
In un crescendo di tensione mista ad una notevole curiosità, seguiamo i movimenti dei vari personaggi tra le vie della città fino ad un inaspettato colpo di scena che arriva come uno schiaffo in pieno volto.
Per tutti i diavoli, e chi lo avrebbe mai detto che andava a finire così!
Ma forse il destino non ha ancora messo davvero la parola fine alla faccenda, forse c'è ancora un'ultima mano da giocare prima di terminare questa rischiosa partita.
E quando si scopriranno le carte, il buio ed il silenzio della notte verranno scossi dall'inconfondibile tuono che segue il fulmineo lampo di uno sparo.
Anche le pistole avranno da dire la loro, con poche parole ma senza dubbio pronunciate al momento giusto. Bisognerà comunque avere i riflessi pronti per schivare le pallottole e solo i più esperti avranno qualche possibilità di uscirne senza buchi nella carcassa.
Quando si guarda una Colt dalla parte sbagliata della canna, è inutile ringhiare come un coyote spelacchiato mentre poco prima ci si atteggiava a lupo, così come non serve scappare.
Dicono che non si possa sfuggire al destino quando è scritto che qualcosa debba accadere.
Non so se questo sia vero, probabilmente in parte lo è, ma è altrettanto vero che spesso siamo noi a scegliere il sentiero da percorrere.
Una cosa però è assolutamente certa: non si sfugge a Tex Willer!
Soggetto e sceneggiatura: Pasquale Ruju
Disegni: Giacomo Danubio
Colori: Oscar Celestini
Copertina: Claudio Villa
Lettering: Renata Tuis
160 pagine
Ritratto di Pasquale Ruju ad opera di Lorenzo Barruscotto