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TEX CLASSIC NUMERO 10: “I SICARI DEL DRAGO”
di Lorenzo Barruscotto.
Possiamo dire che l'albo si apre in medias res, per usare un parolone.
Vale a dire che l'altra volta la storia si era interrotta proprio sul più bello.
Tex, catturato dalla banda a cui stava dando la caccia, era stato condannato ad una morte orribile: diventare il pranzo per una colonia di terribili formiche rosse. In questo volume quindi scopriamo come riesce a portare in salvo la buccia e rimettersi sulle tracce dei banditi.
Mettere il sale sulla coda al Rosso ed i suoi accoliti ormai è diventata una questione personale.
Questo appuntamento con la ristampa a colori delle prime storie del fuorilegge che diventerà uno dei più famosi Rangers della Frontiera e che era stato agente segreto proprio per i Rangers, nominato da mister Marshall “agente numero tre” dopo Kit Carson ed il sostanzialmente sconosciuto Arkansas Joe (di cui si sa solamente che fa una brutta fine) non è privo di sparatorie, agguati, trappole e cazzotti.
D'accordo, amigos, Tex ancora non è rientrato nei ranghi della legalità, almeno ufficialmente, ma mai si è allontanato moralmente da ciò che tutti noi riconosciamo come giusto.
L'ennesima prova consiste nel fatto che veste temporaneamente ancora i panni del soprastante presso il ranch di Stanfield, il classico brav'uomo sopraffatto dai soprusi che “l'eroe del Messico” aveva deciso di aiutare appena tornato in Texas dopo aver salutato Montales.
Questa volta non ci sarà neanche tempo per i commiati, poiché le indagini porteranno il “magnifico fuorilegge” su piste ancora più pericolose rispetto a quella di una masnada di farabutti e rapitori al soldo del solito furfante dalla parvenza di rispettabilità.
La faccenda sembra prendere una piega inaspettata e si profila all'orizzonte l'ombra di una misteriosa organizzazione criminale di chiara impronta orientale, come ci suggerisce l'inconfondibile e famosa copertina ad opera di Galep. Una delle cover che vede Tex “cambiare colori”, indossando una camicia rossa invece di quella sua tradizionale gialla.
Provoca un involontario malinconico sorriso, come quando si rivedono vecchie foto di famiglia, rileggere certe espressioni inserite dal mitico Bonelli nei dialoghi che potremmo definire ingenui se confrontati con il linguaggio moderno o quando si vedono personaggi che oggi diremmo stereotipati ma che per l'epoca erano perfettamente incasellati nella normalità dello scorrere del racconto: non esisteva ancora il concetto di “politically correct” ma non c'era alcuna malizia nel sostituire ad esempio la R con la L quando parla un personaggio di origine cinese o se un rozzo cowboy chiama negro una persona di colore.
Un paio di note storiche, così avete il tempo di dare fondo alla birra gelata e di finire la fetta di torta di mele (lo so che fa caldo ma in un Trading Post di gelato non ce n'è).
Gli insulti in bocca ai razzisti che se capitavano tra le grinfie del giovane Willer, allora come ora se sono poco svegli da dire qualcosa del genere a tiro dell'udito del Ranger, venivano comunque sempre giustamente sbatacchiati come tappeti perdendo come minimo qualche dente, erano altri: filmici e sgradevoli appellativi quale “muso di carbone”, “palla di neve” o “testa rossa”.
Sempre utilizzati per sottolineare l'insensatezza del considerare un uomo diverso solamente per il colore della pelle, concetto sacrosanto ma in un certo senso anche all'avanguardia per i tempi, quando gli indiani erano sempre i cattivi ed i soldati in giacca blu sempre i buoni.
Non a caso per Tex, che durante la guerra civile ha militato nelle file dell'esercito Nordista contro la scelta del suo stesso paese, il Texas, schierato con le giubbe grigie, fratello di sangue di ogni indiano grazie alla fascia del sacro Wampum ma fratello in senso più generale di ogni uomo che vive onestamente nel rispetto degli altri e della legge, la sola distinzione in cui si dividono gli esseri umani è tra galantuomini e farabutti e se “uno ti spara addosso” tu gli rispondi con la tua Colt solo e proprio perché ti spara addosso, chiunque sia!
Stesso discorso per quanto riguarda le innumerevoli sigarette che vengono fumate da Tex e dagli altri personaggi o i giri di whisky trangugiato come se fosse acqua fresca.
Non erano spot a favore di abitudini che adesso chiameremmo voluttuarie, ma il tipico modo di raccontare il West.
Altro punto di storica valenza è il ripetersi di una certa cifra, il numero 32: ci costringe ad un tuffo nel passato avere la storia divisa da alcuni brevi titoli che si ripetono con cadenza regolare, ogni 32 vignette appunto.
I lettori con già qualche pelo sul mento conoscono bene di che si tratta, ma i “novellini” meno esperti di storia forse non sanno che una volta, si parla degli anni 50 del secolo scorso (per tutti i diavoli, sembra di citare qualcosa che accadeva nel Medioevo),
i primi fumetti venivano pubblicati in bianco e nero, come tutti sappiamo, (stile editoriale a cui ci siamo affezionati, pur non disdegnando le storie a colori degli speciali) in un ridotto formato orizzontale, composti proprio da solamente 32 piccole tavole oltre alla copertina iniziale e finale, anche loro di carta, senza cartoncini più o meno rigidi.
Tale formato doveva essere tascabile e le uscite erano più ravvicinate delle odierne pubblicazioni mensili quindi era necessario anche un titolo per ogni “striscia”.
Questa ristampa infatti riunisce a colori quelle avventure che hanno visto nascere e prendere forma la Leggenda più famosa del fumetto italiano.
Una menzione merita anche la presentazione in seconda copertina dove si trova il riassunto delle uscite con le carte di Tex ed una breve spiegazione di quello che poteva comportare una tranquilla partitina a poker tra “amici” in un saloon.
Occhio, non distraetevi cercando di incastrare una scala o sperando che alla prossima mano vi venga servito un full: in questa brutta faccenda in cui avrete "La morte nel pugno" e vivrete una "Tragica notte" ci sono promesse da mantenere e coltelli che saettano del buio da schivare.
Per non offrire un bersaglio troppo facile, non date le spalle alla finestra, amigos, se non volete rischiare di diventare un puntaspilli.
Disegno di Lorenzo Barruscotto tributo a Galep