Fumetto d'Autore ISSN: 2037-6650
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Ausonia: performance artistica o vuota provocazione?

ausoniabruciatavoledi Alessandro Bottero

Walter Benjamin, filosofo e critico letterario tedesco,  nel 1936 ci dona la prima versione del suo saggio L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, opera che lo accompagnerà tutta la vita, sotto forma di sempre nuovi ampliamenti e rielaborazioni.

In questa opera Benjamin sostiene che

l'introduzione, all'inizio del XX secolo, di nuove tecniche per produrre, riprodurre e diffondere, a livello di massa, opere d'arte ha radicalmente cambiato l'atteggiamento verso l'arte sia degli artisti sia del pubblico. Secondo Benjamin, tecniche quali il cinema, il fonografo o la fotografia invalidano la concezione tradizionale di "autenticità" dell'opera d'arte. Infatti, tali nuove tecniche permettono un tipo di fruizione nella quale perde di senso il distinguere tra fruizione dell'originale e fruizione di una copia. Ad esempio, mentre per un quadro di epoca rinascimentale non è la stessa cosa guardare l'originale o guardarne una copia realizzata da un altro artista, per un film questa distinzione non esiste, in quanto la fruizione dello stesso avviene mediante migliaia di copie che vengono proiettate contemporaneamente in luoghi diversi; e nessuno degli spettatori del film ne fruisce in modo "privilegiato" rispetto a qualsiasi altro spettatore.

In forza di ciò, si realizza il fenomeno che Benjamin chiama la "perdita dell'aura" dell'opera d'arte. L'aura, secondo Benjamin, era una sorta di sensazione, di carattere mistico o religioso in senso lato, suscitata nello spettatore dalla presenza materiale dell'esemplare originale di un'opera d'arte.

Secondo Benjamin, l'arte nacque storicamente in connessione con la religione (Benjamin richiama in proposito l'esempio delle pitture rupestri di epoca preistorica), e proprio il fenomeno dell'aura costituì per lungo tempo una traccia di questa sua origine. Il concetto di "arte per l'arte", tipico dell'estetismo decadente, rappresenta secondo Benjamin l'ultimo correlativo, in sede di teoria estetica, del fenomeno dell'aura. Ma contemporaneamente al decadentismo nacque la cultura di massa: per Benjamin fu proprio quest'ultima che iniziò per la prima volta a rimuovere l'aura dalle opere artistiche.

Le due forme sotto cui si presenta l'arte del secolo ventesimo - da una parte la cultura di massa, dall'altra l'avanguardia artistica - sono secondo Benjamin accomunate entrambe dalla perdita dell'aura: come il cinema abolisce la contemplazione attraverso il rapido succedersi delle immagini, così il dadaismo dissacra letteralmente l'arte, utilizzando materiali degradati in funzione provocatoria.

Avendo perso con l'aura il suo carattere di sacralità (ovverosia, per usare la parola coniata da Benjamin, il suo aspetto "cultuale"), l'arte del '900, per Benjamin, si pone l'obiettivo di cambiare direttamente la vita quotidiana delle persone, influenzando il loro comportamento: l'arte cioè assume un ruolo in senso lato politico. Sempre secondo Benjamin, tale influenza politica può esercitarsi sia in direzione progressista, sia in direzione reazionaria

(da Wikipedia.org)

Ossia cosa ci dice Benjamin? Che nel preciso momento in cui è possibile riprodurre in esemplari potenzialmente illimitati un’opera, questa perde un carattere sacrale, di oggetto staccato per così dire dal mondo quotidiano, per entrare nel mondo di tutti i giorni, entrando in contatto direttamente con tutti i potenzialmente illimitati fruitori, intervenendo direttamente sulle loro vite, uno ad uno.

Riproducibilità = replica identica dell’originale unico

Di massa = diffusione potenzialmente illimitata

Ci siamo capiti? Ma perché questo spiegone iniziale? Perché Ausonia, autore polivalente e sempre inaspettato, ha detto una cosa che mi ha fatto subito pensare a Walter Benjamin. Ma procediamo con ordine

Qu itrovate di cosa parlo. Per i pigri, e per permettere di capire cosa dirò ora, ecco un estratto dal post di Ausonia

Antefatto

il fatto è che nel terzo capitolo di "interni" faccio una scommessa col mio editor mentale, e per vincerla... beh, per vincerla devo distruggere le tavole originali di "interni". tutte, eh? non una decina. più di 250 tavole

Motivazioni del gesto

“1- distruggere una tavola rientra in una sorta di tabù. e quindi, inutile farla tanto lunga, distruggere un originale equivale a infrangere un tabù. e qui potrebbero partire mille considerazioni su quale sia effettivamente la differenza tra una tavola a fumetti e un quadro. ma di questo, del mio punto di vista, ne parlo su "interni" e mi fermo qui.”

“2- il mio non è un atto provocatorio. c'è una ragione precisa dietro a questa performance, non la voglia di stupire, di dare scandalo o altre cazzate del genere. non sono certo cattelan. sono un fumettista, io. poi... se qualcuno si sente provocato, indignato... liberissimo, ma i miei intenti sono altri. ora lo sapete. e a novembre se avrete letto "interni" magari, se vi va, ne riparliamo.”

“3- fare una scommessa con un personaggio di invenzione produce una relazione reale tra le due parti, cioè tra quella reale e quella immaginaria. da parte mia, prendere sul serio questa scommessa e cercare di vincerla, è un semplice pretesto per traghettare (in maniera non tanto simbolica) la parte immaginaria sul piano del reale. e questo può essere di per sé sconcertante. ma molto, molto, divertente.”

“4- ho sempre trovato noioso fare i disegnini sugli albi alle fiere. lo sapete. per me hanno sempre contato davvero poco. beh, adesso se avete uno scarabocchio su un mio volume di "interni", sapete che è uno dei pochi disegni di albert gruenwald in circolazione. questo gli da certamente un valore intrinseco (non certo monetizzabile), quasi poetico. e per una volta sono quasi felice di avervi fatto quei dannatissimi skatch e di farvene altri alla prossima occasione.”

Ci siamo? Il fatto è che Ausonia ha bruciato tutte le tavole originali dei tre volumi di Interni.

Questo è il fatto.

Il secondo fatto è che Ausonia ci dice che le motivazioni del primo fatto, di cui ci informa ora, saranno chiare a novembre, quando leggeremo Interni 3.

I dati in nostro possesso si fermano qui.

1 – Un dato di fatto incontrovertibile (la distruzione di circa 250 tavole)

2 – lo spostamento temporale della spiegazione del fatto stesso.

A questo punto, in uno stato di totale ignoranza circa i motivi del fatto, visto che Ausonia ci dice solo i motivi che lo hanno spinto a decidere, ma non i perché della sua decisione (e, ad esempio, il motivo al punto 4 è , dal mio punto di vista, poco più di una battuta, anche leggermente offensiva verso chi ha piacere di avere un disegno di un autore che ammira), ogni riflessione/interpretazione/opinione è legittimata.

Ed ecco le mie

A – io trovo questa scelta di Ausonia del tutto inaccettabile.

Questo è il dato base. Immediato, istintivo, non meditato, a caldo. E ora verranno i perché.

B – Difendere l’unicità della creazione artistica non è una cosa di oggi. Varie volte artisti anche in altri campi hanno affermato che l’opera d’arte è unica, e per salvaguardare tale unicità non hanno acconsentito a riprodurre tecnicamente le opere create. Penso a Jean Michel Jarre, che nel 1983 realizzò un LP in copia unica, ossia Music for Supermarket. O anche a Joanne K. Rowling che ha scritto a mano sette copie del libro Le fiabe di Beda il Bardo (The Tales of Beedle the Bard), prima della effettiva pubblicazione come libro di massa.

In un certo senso distruggere gli originali potrebbe avere, simbolicamente, il senso di “impedire la riproducibilità”, anche se solo in senso simbolico, visto che per una distruzione totale dell’opera, accanto agli originali di carta uno , per coerenza, dovrebbe distruggere anche tutti i file digitali con le immagini delle tavole.

C – Distruggendo gli originali l’autore afferma il totale controllo e possesso dell’originale stesso. È come se dicesse a tutti “Questa è una cosa mia, ed essendo mia, ed avendone il totale controllo, ne dispongo come voglio”. È l’assumere il ruolo del Dio Creatore. Come io ho dato la vita a questa tavola ORIGINALE, così ora le do la morte. Io, ed io solo, posso decidere cosa è buono per lei.

Ha senso? Secondo me no.

Io seguo un’altra visione.

Per me nel preciso istante in cui un’opera viene creata, non è più patrimonio unico dell’artista, ma diventa patrimonio collettivo, e tutti hanno il diritto a goderne.

Con lo stesso diritto per cui Ausonia distrugge le sue tavole, così io , una volta che acquisto un quadro e questo diventa MIO posso distruggerlo.

Ma così facendo impedisco ad altri di goderne.

E finché diciamo che tra ORIGINALE e COPIA c’è una differenza, qualcosa non mi torna.

Restiamo nel campo dei fumetti. Pensiamo alle mostre che si accompagnano sempre alle manifestazioni.

I critici, e anche i lettori più acculturati, strepitano e segnano come cosa NEGATIVA ed a SFAVORE di una manifestazione, se la mostra dell’autore X è composta da fotocopie e non da originali.

E questo perché, sia pure a livello istintivo, avvertiamo che tra ORIGINALE e COPIA c’è qualche differenza.

Esporre una stampa della Gioconda, ed esporre l’originale della Gioconda NON sono la stessa cosa.

A questo punto potrei dire che esporre una stampa di pagina 45 di Interni vol.1, ed esporre l’originale di pagina 45 di Interni 1, non è la stessa cosa.

Ma ormai io non potrò più esporre pagina 45 di Interni vol.1, perché è stata distrutta.

Quindi non sarà mai più possibile fare mostre con gli ORIGINALI  di Interni.

Quindi, dal mio punto di vista, quello che era patrimonio comune di tutti, è stato distrutto.

La differenza è questa

Per me l’artista non ha il diritto di distruggere la sua opera, perché una volta creata non è più solo sua, ma è patrimonio di tutti.

Per altri invece l’artista ne può disporre come crede, in quando creatore e padrone.

Concludendo.

Per quanto Ausonia dica “il mio non è un atto provocatorio.”, purtroppo io ci vedo solo una provocazione. Al massimo una applicazione ingenua del detto “Se incontri il Buddha, uccidilo”, che vorrebbe significare “Quando arrivi a un traguardo, non ti ci crogiolare, ma superalo, per mirare ad altro”.


PS. Performativo è una parola che ha senso all’interno della teoria degli Atti Linguistici di John L. Austin, dove si parla di “atti linguistici performativi”, ossia parole che nell’atto stesso della loro enunciazione, compiono l’atto che enunciano. Esempio “io prometto” è un enunciato performativo, perché dicendolo eseguo l’atto di promettere. “Io vado a Roma”, non è performativo, perché dicendo “io vado” non mi muovo. Allora dire “atto performativo” è inesatto, o quantomeno ridondante. Un atto è SEMPRE performativo, ossia ogni atto è sempre un’azione.  Sapete perché mi attacco a questo? Perché mi sono laureato in Filosofia, proprio con una tesi sulla teoria degli atti linguistici di John L. Austin, quindi, mi spiace per Ausonia, forse sono l’unico in tutto il mondo del fumetto italiano che sa precisamente cosa significhi davvero la parola “performativo”, e mi da fastidio vederla usata a cecio.

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