- Categoria: Critica d'Autore
- Scritto da Giuseppe Pollicelli
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I fumetti di Faeti capaci di raccontare il carattere italiano
di Giuseppe Pollicelli*
Elsa Morante distingueva tra scrittori e scriventi, inserendo nel primo novero tutti coloro per i quali la scrittura è un’esigenza ineldubile, lo strumento d’elezione attraverso cui rapportarsi al mondo nel tentativo di comprenderlo, e nella seconda categoria chi dello scrivere fa un uso per lo più strumentale. Occorre dire che vi sono raffinati scrittori i quali, a differenza della Morante, non danno il meglio di sé con la narrativa, che talora non hanno mai praticato né mai praticheranno, bensì misurandosi con altri generi che non prevedono il ricorso alla finzione. Di questa eletta schiera fa parte Antonio Faeti, bolognese classe 1939, storico dell’illustrazione e massimo esegeta italiano della letteratura per l’infanzia. La scrittura avvolgente, colta, stilisticamente ineccepibile di Faeti (il quale in un’occasione si è pur misurato con la narrativa: il romanzo “Il ventre del comunista”, edito da Einaudi, è del 1999) si esprime nel modo più compiuto per mezzo della saggistica. Ma i libri di Faeti non sono semplici saggi. Come conferma il suo recente e bellissimo La storia dei miei fumetti. L’immaginario visivo italiano fra Tarzan, Pecos Bill e Valentina (Ed. Donzelli, pp.426, euro 32, con numerose illustrazioni a colori e in bianco e nero), sono al contempo memorialistica, analisi storico-sociologica e, soprattutto, critica d’arte ai livelli più alti. Faeti, che è (con Buscaroli, Arbasino, Eco, Fofi e una manciata d’altri) uno dei nostri pochi e autentici eruditi, dà vita con la sua prosa finissima a un’autobiografia sentimentale che, nel passare in rassegna fumetti e autori celeberrimi (da Flash Gordon a Jacovitti) e altri misconosciuti (da Tony Falco a Nadir Quinto), riesce a farsi biografia di una nazione. Una biografia regressiva e pessimista, i cui toni apocalittici fanno però mirabilmente luce sulle vicende e sul carattere del popolo italiano. Chi ama i fumetti dev’essere orgoglioso che sappiano attivare tanta intelligenza e tanto sapere.
*Articolo tratto da "Libero" del 23 giugno 2013. Per gentile concessione dell'autore.