- Categoria: Osservatorio Tex
- Scritto da Lorenzo Barruscotto
- Visite: 3740
RECENSIONE TEX INEDITI 706 e 707: "IL CLUB DEI TREDICI" e "LA FIGLIA DI SATANIA"
Hola, amigos.
E' tempo di fare due chiacchiere sugli albi 706 e 707 di Tex, è tempo di parlare di un nome noto e temuto, un nome che è sinonimo di nemico: Satania.
Nell'articolo stavolta non troverete tributi realizzati da chi vi scrive ma oltre alle immagini delle copertine, come sempre firmate da Claudio Villa, ci sarà una vera sorpresa che onora il Trading Post: l'autore dei disegni mi ha fornito svariati originali, studi preparatori e storyboard per questa recensione e per un'intervista che ho realizzato insieme a lui e che uscirà più avanti. Ovviamente i tesori, perché io così li considero, che vedrete qui non sono gli stessi che compariranno in futuro in altre occasioni.
Ci tengo quindi a ringraziare Michele Benevento per la sua gentilezza e disponibilità, caratteristiche che oltre ad un grande professionista ne fanno anche un gran galantuomo.
Dediche di Michele Benevento sul volume "La figlia di Satania"
e sulla recensione del primo dei tre albi che costituiscono la storia.
Disegni:
Dal punto di vista artistico potrei sbrigarmela molto in fretta riassumendo il tutto con un'unica parola: spettacolo.
Lo stile di Michele Benevento si conferma adattissimo all'atmosfera da thriller calato in una città del West, districandosi con maestria tra stanze di hotel eleganti e luoghi molto meno accoglienti come una grotta nei pressi di una scogliera a picco sul mare, main stret di affollati centri abitati e cupe stazioni ferroviarie abbandonate dove bisogna drizzare le orecchie facendo bene attenzione al più piccolo rumore se si vuole riportare la pellaccia a casa intatta.
La cura dei dettagli da parte dell'artista raggiunge livelli di precisione da far invidia ad un amanuense: non c'è particolare che non venga sottolineato o che risulti fuori posto: gli sfondi, sia quando siamo all'aria aperta che in un luogo chiuso, sono minuziosamente resi ma di contro non affollano malamente la vignetta rendendola pesante da vedere, anzi, a volte veniamo ammaliati e ci fermiamo ad ammirare l'opera rischiando di perdere la mandibola per lo stupore, quando ci troviamo davanti a tavole talmente definite ed allo stesso tempo “polverose” al punto giusto, da lasciarci sfuggire un “per mille diavolacci!” e ci sorprendiamo a domandarci anche solo per un attimo quanto debba essere stata grande la mole di lavoro investita e quanto sia stato il tempo che deve averci impiegato l'artista per raggiungere un prodotto finito di così alto livello.
La nebbia che si trasforma in foschia in lontananza e che ci impedisce di distinguere bene ciò che può minacciosamente nascondersi nell'ombra, la riproduzione di animali selvaggi, insoliti per il mondo della Frontiera, anche se già incontrati più di una volta nelle avventure dei Rangers e domati a suon di confetti calibro 45, le stesse armi che sembrano quasi tangibili in mano a Tex e Carson, le espressioni dei Nostri che ce li fanno proprio “riconoscere” anche ad una rapidissima occhiata, cosa mica facile come appare, gli altri personaggi, buoni o cattivi, che sembrano davvero essere lì, ad un passo da noi, quasi come se allungando una mano potessero afferrarci e trascinarci nella spirale di pathos e delitti che caratterizza lo scontro con un nemico letale e viscido, perché usa allo stesso modo violenza ed inganni…
E proprio parlando di bestie non provenienti dalle nostre parti, una menzione speciale va al gorillone psicopatico, chiamiamolo Gombo 2.0, per ricordare il suo collega, già abbondantemente impiombato una ventina di anni fa, che darà del filo da torcere a Tex, cercando di ucciderlo per obbedire al suo istinto manovrato da padroni che si rivelano meno dotati di anima di una statua esposta in un museo delle cere. Ho letto critiche riguardanti proprio lo scimmione dove si tergiversava sul fatto che in realtà si tratta di un orango: wow, ottimo, così se ci stritola per bene a San Pietro potremo spiegare con proprietà di linguaggio perché assomigliamo ad una scatoletta di tonno scaduta. In ogni caso non si tratta di un peluche ed offre al disegnatore un'ulteriore cartuccia da sparare per dimostrare la propria abilità su più fronti.
La mano di Benevento ci regala primi piani quasi soffocanti, per suggerire la concitazione del momento, campi lunghi, vedute di maggior respiro e tavole che ci spingono a sfogliare le pagine più rapidamente come se potessimo in tal modo uscire dai guai salvandoci la buccia ed anche grandiose ed articolate sparatorie miste a scene d'azione che ci inchiodano alla lettura, spingendoci istintivamente a cercare il calcio della nostra sputa-fuoco per dare una mano alla Legge e cancellare il ghigno di superiorità che quegli illusi dei pendagli da forca di turno sfoggiano troppo sicuri di sé di fronte a due vecchi lupacci dalla zanne ancora ben affilate.
Già, sebbene l'impronta della storia voglia essere quella di un giallo, per fortuna non mancano le discussioni a base di piombo che vedono coinvolti anche il simpatico e capace tutore dell'ordine locale, lo sceriffo di Los Angeles Billy Rowland , i suoi vice ed il nostro amico agente Pinkerton Mac Parland.
Avremo modo di dare fondo alla scorta di munizioni che ci portiamo dietro per ogni evenienza, osserveremo, o parteciperemo sta a voi scegliere, a scontri a fuoco e scazzottate avendo a disposizione diverse visuali offerte dalle capacità del disegnatore, che ci propone la stessa scenografia da prospettive anche insolite. Di che sto blaterando? Beh, per tutti i fulmini, non è uno scherzetto far cantare la Colt quando ci si deve tenere aggrappati ad un burrone cercando di non fare un tuffo di sotto né quando, seppur con entrambe le mani libere, siamo immersi nella più totale oscurità e dobbiamo orientarci per rispondere a certe carinerie solamente attraverso le fiammate degli spari.
Grazie ai contrarsi tra luci ed ombre, ci troveremo in situazioni “spinose” o saremo immersi fino al collo, è proprio il caso di dirlo considerando alcune delle infernali trappole che la “dolce signorina” a cui diamo la caccia ci ha preparato, con tanto di inquilini che non sono proprio amichevoli come i pesci rossi in un acquario, saremo costretti a socchiudere gli occhi quando ci addentriamo in un luogo poco illuminato o quando ne usciamo, per far adattare gli occhi al cambiamento di illuminazione… tutto “virtuale” ma reso magistralmente reale dalle chine di Benevento.
Storia:
Dal punto di vista della trama ci sono da considerare pro e contro.
L'intreccio si sviluppa alternando scoperte, che siano colpi di scena o momenti esplicativi, permettendo al lettore di seguire lo “script” in modo fluido e senza perdersi, vengono presentati tutti gli elementi d'indagine al fine di consentire ai Texiani di verificare i propri sospetti parallelamente a ciò che i Rangers e lo sceriffo apprendono scoperchiando nidi di serpenti e seguendo le briciole di pane che i nemici, credendosi i più furbi del circondario, hanno predisposto per mettere alle strette gli avversari, intenzioni che puntualmente si ritorcono contro di loro, facendoli fatalmente sbattere contro il fondo di una scomoda cassa di legno.
Già parlando della prima parte dell'avventura il sottoscritto aveva avanzato la sua personale ipotesi su chi potesse essere il colpevole o quanto meno su come potesse strutturarsi la narrazione: effettivamente, non guardatemi storto perché lo avevo messo nero su bianco parecchio tempo prima che uscissero gli albi che stiamo analizzando, non ci ero andato molto lontano. E la continuazione del racconto non fa altro che incrementare i dubbi sul conto di certi specifici personaggi, permettendo agli appassionati che da anni seguono le avventure dei Pards e che quindi si sono fatti le ossa con investigazioni di ogni genere, di gettare lo sguardo al di là della coltre di fumo e di depistaggi che viene stesa sul cammino da parte dello sceneggiatore Mauro Boselli.
Non ci beviamo il fatto che il capoccia della banda sia per forza il balordo impomatato, essere conciato come un pinguino con il vestito della domenica non toglie il fatto che sotto la facciata ci sia un serpente velenoso, che le circostanze vorrebbero farci credere e l'uso di maschere o la mancanza di una verifica uditiva per avere conferma della voce del nemico, non ci impediscono di farci un'idea su chi tira davvero le fila di questa sporca faccenda.
Verso la metà dell'albo “Il Club dei Tredici” ci rendiamo conto che vogliamo andare avanti soprattutto per verificare quanto ci abbia azzeccato il nostro fiuto e nella prima parte dell'ultimo dei tre volumi, “La figlia di Satania”, quando abbiamo maggiori indicazioni sull'identità della controparte criminale, pensiamo che i giochi siano ormai fatti. E quindi voi direte, allora c'è un ribaltamento che lascia sbalorditi ed a cui non si poteva arrivare. Beh, sì e no.
Il “turning point”, il punto di svolta in effetti c'è ma, come poso dirlo in modo edulcorato, si ha l'impressione che si voglia un po' aggirare l'ostacolo e “vincere facile”.
Perché? Perchè a pagina 37 del terzo albo capiamo definitivamente come stanno le cose e ci nasce sul viso un sorriso sarcastico per nulla di divertimento. Per come la vedo io, inserire in un intricato giallo un nuovo personaggio che poi si rivela svolgere un ruolo fondamentale nell'intrigo che si cerca di smascherare, quando i personaggi erano oramai stati tutti presentati abbondantemente, per lo meno quelli principalmente coinvolti nella vicenda, a parte qualche comparsa, ritengo faccia cadere… le braccia. È come se in un giallo di Agatha Christie, per dimostrare che qualunque sforzo il lettore impieghi per scoprire la verità sia inutile, venga fatto spuntare dal nulla, a che so cinquanta pagine dal finale, un personaggio nuovo di zecca e gli si addossi tutta la colpa della sfilza di delitti su cui si è scritto fino a quel momento. Sembra quasi di sentire l'autore che se la ride come il bulletto dei Simpsons: “Ah-ah!”.
Tanto più che seguendo i binari della storia, con gli elementi a disposizione, senza sospettare colpi bassi, noi eravamo riusciti a svelare buona parte del mistero: non voglio inciampare nella trappola dello spoiler anche se ormai è passato del tempo dall'uscita in edicola, ma vi dico che chi sembra innocuo può sempre nascondere qualcosa di più, dietro ad una superficie di ingenuità e che la vipera a cui dobbiamo estirpare tutto il veleno non ha una sola testa bensì due. Come affermato nell'articolo di qualche tempo fa: http://fumettodautore.com/index.php/magazine/osservatorio-tex/5572-recensione-tex-inedito-705-la-maschera-di-cera
Considerando che si tratta di una donna e che di donne, fino alla summenzionata pagina non ne erano comparse altre, non era complicato fare due più due. Inserire un elemento esterno tenuto nascosto più che tirare fuori un asso nella manica equivale a puntare i riflettori proprio quando si vuole fare un gioco di prestigio: anche chi era stato meno attento si accorge del trucco. Infatti quello è il tassello che fa andare a posto tutti gli altri pezzi del puzzle, riducendo la tensione che si sarebbe dovuta provare al momento del decisivo faccia a faccia con il male.
Come sempre impeccabile il lavoro al lettering di Renata Tuis, situazione che purtroppo ultimamente non è per nulla scontata nel mondo del fumetto in generale, non solamente Bonelli, che comunque ha collezionato parecchie sviste in poco tempo.
Riferimenti storici:
Vengono menzionati un paio di luoghi specifici presenti realmente nei dintorni di Los Angeles, dove è ambientata la vicenda.
Uno è Bunker Hill.
Si tratta di una zona collinare che tradizionalmente separava Downtown Los Angeles dal resto della città prima di venire attraversata dal tunnel diretto a Second Street aperto nel 1924.
Alla fine del Ventesimo secolo, la collina fu abbassata e l'intera area fu riqualificata per soppiantare la vecchia struttura sostituita da edifici in cemento con moderni grattacieli ed altre strutture per ospitare residenze, centri commerciali, centri di intrattenimento e scuole.
Nel 1867, due ricchi imprenditori, Prudent Beaudry, di origine franco-canadese, e Stephen Mott acquistarono la maggior parte delle terre della collina. Anche per via delle bellissime vedute sul bacino di Los Angeles, i due sapevano che sarebbe stato un ottimo investimento. Il terreno venne diviso in 80 lotti da vendere a singoli acquirenti.
Beaudry stesso si fece costruire la sua casa in cima alla collina, una modesta, rispetto ad altre che sorsero, struttura a due piani. Si presentò quindi il problema di costruire infrastrutture per far raggiungere all'acqua la sommità e venne coinvolta la Los Angeles Water Company, affinché costruisse le tubature necessarie. Ma a causa della natura della collina e delle complicazioni di tale progetto la Compagnia pare negò il suo appoggio. Di conseguenza, Beaudry, che tra l'altro fu anche il tredicesimo sindaco di Los Angeles (chissà se c'entra qualcosa con il titolo del nostro albo) costruì le proprie tubature e fondò anche la “Canal and Reservoir Company”. Doveva essere uno con le tasche profonde.
Vennero edificate sontuose case vittoriane a due piani che sono diventate famose come case per i residenti “vip” ed i ricconi di Los Angeles dell'epoca. La geografia della collina permetteva ai residenti di sfuggire al trambusto della città mentre l'abitato lentamente cresceva tutto intorno.
Dopo l'introduzione della carrozza a cavalli nel quartiere di Bunker Hill, fu proposto l'iconico Volo dell'Angelo (Angel's Flight in inglese). Ora soprannominato "La ferrovia più breve del mondo", aveva una pendenza del 33%, non proprio robetta. Un certo colonnello J.W. Eddy presentò una petizione al Consiglio comunale di Los Angeles per istituire una ferrovia a fune elettrica, approvata in tempi molto brevi. Le prime ferrovie operative si trovavano sulla Terza Strada da Hill Street a Olive street.
Sobborgo residenziale, Bunker Hill ha mantenuto il suo carattere esclusivo fino alla fine della prima guerra mondiale. Intorno agli anni '20 e '30, con l'avvento della Pacific Electric Railway, la costruzione dell'autostrada senza pedaggio e l'aumento della crescita urbana alimentata da un vasto sistema di tram, i suoi ricchi residenti iniziarono a partire per altre zone ben note come Beverly Hills e Pasadena. Le case di Bunker Hill furono sempre più suddivise per ospitare un maggior numero di affittuari. In un certo momento fu "il quartiere più affollato e urbano di Los Angeles".
La costruzione di ulteriori autostrade nel dopoguerra lasciò il centro relativamente vuoto sia di persone che di servizi. Man mano che sempre più gente si affollava in queste unità abitative divenute economiche, gli edifici vittoriani un tempo stravaganti ed elaborati iniziarono a svanire e deteriorarsi, il tutto accompagnato da un aumento della criminalità.
Nel corso dell'era moderna quell'area ha riacquisito importanza ed accanto a quelle vecchie case hanno iniziato ad essere costruiti grossi edifici residenziali.
La location divenne abbastanza famosa da essere rappresentata in alcuni film noir.
Adesso a Bunker Hill ci sono la Walt Disney Concert Hall ed il Wells Fargo Center, come testimonianza di una nuova vita per l'intero quartiere e non solo.
L'altra zona che corrisponde ad un luogo reale è Santa Monica.
E' una località, un comune, appartenente al distretto di Los Angeles, situata nella baia omonima.
E' circondata da tre lati dalla città: Pacific Palisades a nord, Brentwood a nord-est, Mar Vista a sud-est e la più famosa Venice a sud. Il suo molo rimane ancora oggi una nota attrazione turistica.
In origine, prima dell'uomo bianco, la regione era abitata da una tribù chiamata Tongva che la aveva battezzata Kecheek. Fu “scoperta” nel 1769 da un certo Gaspar de Portola il quale la rinominò in onore, pare, della Santa madre di Sant'Agostino. Un'altra versione sostiene che tale Juan Crespi ci sia arrivato per primo e che il nome derivi dal fatto che le sorgenti presenti nelle vicinanze, le Sierra Springs, gli ricordassero le lacrime di Sant'Agostino per la morte della madre, Santa Monica per l'appunto. Scegliete quella che preferite.
Dopo la guerra tra USA e Messico, venne firmato il trattato di Guadalupe Hidalgo e la sovranità del governo statunitense in California iniziò così dal 1848.
Visto che la ferrovia viene tirata in ballo direttamente nella storia è bene sapere che nel 1870 la “Los Angeles and Indipendence Railroad”, collegò Santa Monica a LA ed al molo. Negli stessi anni nacquero il municipio ed una birreria (quando si sa quali siano i bisogni prioritari di una comunità). Nel 1885 venne costruito il primo albergo cittadino, il Santa Monica Hotel.
Il molo attuale, il “Santa Monica Pier” è invece più recente, risalendo al 1909. Lo avete sicuramente già visto in film o immagini: è quello con la caratteristica ruota panoramica.
Le spiagge di Santa Monica sono diventate celebri per il telefilm “Baywatch” e proprio sull'oceano Pacifico termina la Route 66, la grande autostrada nordamericana.
Texianità:
Beh, che dire, ce n'è a palate.
Dai fraterni battibecchi tra Tex e Carson alle sparatorie in puro stile western non abbiamo tempo di annoiarci né sentiamo la mancanza di elementi tipici e classici che ogni appassionato vuole trovare nelle avventure dell'ex magnifico fuorilegge.
Ci immedesimiamo nello sceriffo quando deve per forza seguire quei due fulmini scatenati sia nei loro ragionamenti sia quando si tratta di fare sul serio e lasciare la parola alle sputa-fuoco, comprendendo il suo stupore e tutte le volte in cui, non tanto per le sorprese nell'indagine quanto più per i modi inconsueti dei Rangers, alza gli occhi al cielo allargando le braccia in segno di resa.
Sentiamo quasi il bisogno di avvertire i Nostri di un pericolo imminente, che si tratti di un brutto ceffo malese in agguato nelle tenebre o di un gattone troppo vitaminizzato che vuole trasformarli nel suo prossimo spuntino.
Non sfuggono al Texiano non più di primo pelo i riferimenti alla “vecchia” storia su Satania, non solamente quelli palesi ma anche gli indizi ed i rimandi maggiormente celati tra le righe, quelli che solo un compagno di vecchia data di Aquila della Notte e Capelli d'Argento coglie al volo.
E poi ancora le battute di Carson, le bistecche coperte da una montagna di patatine, le frasi ad effetto e da duri nei confronti di un farabutto che fino a poco prima berciava come un cagnaccio mentre ora trema più di un cuccioletto bagnato, attorniato dai suoi sgherri che ormai non possono più spalleggiarlo perché in fila verso un posto molto caldo e lontano, gli agguati, l'abnegazione reciproca tra gli amici di una vita, il coraggio contrapposto alla più bieca codardia, la giustizia opposta ad un'insensata sete di vendetta, insidie che portano più di una volta ad un passo dalla morte ma che non fermano chi ha il cuore al posto giusto e non conosce la paura o la resa, sparatorie che renderanno roventi le nostre Peacemaker, sganassoni che risuonano nei crani dei malcapitati furfanti come i rintocchi di una campana, gesti di autentico eroismo a rischio della propria incolumità ed intuizioni che salvano la pellaccia all'ultimo istante a dispetto di un paio di “auto-spoiler” dichiarati che però non tolgono quasi nulla al piacere della lettura, che viene rimpinguato dalla soddisfazione da lettore nel caso si sia azzeccata la struttura della trama e si abbia indovinato chi fosse il mittente di un lugubre biglietto da visita, enigmatico e tetro, che ricorda una grossa S.
S proprio come…
Disegni: Michele Benevento
Soggetto e sceneggiatura: Mauro Boselli
Copertina: Claudio Villa
Lettering: Renata Tuis