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L'Editoriale. Il diritto all'anonimato.
di Alessandro Bottero.
Oggi voglio parlare di una cosa minima, insignificante direi, se non fosse che nella sua insignificanza mi permette di esprimere qualche concetto che è sempre meglio ribadire, oltre che a bacchettare qualche autoproclamatosi giustiziere dei social.
Dovete sapere infatti che il mondo dei social non è quella serena e bella occasione di crescita personale e sociale che si sperava. È un mondo dove le parti peggiori della personalità si scatenano e dove diventa vero il detto “alla tastiera leoni, dal vivo coglioni”.
Ma questa è una mia opinione del tutto personale. Veniamo al tema di oggi: il diritto all’anonimato. L’anno scorso Dave Eggers ha pubblicato un romanzo, IL CERCHIO, dove ha ipotizzato una società dove tutti devono sempre sapere tutto di tutti. Una società della trasparenza, dove le persone non possono nascondersi. Il tutto si raggiunge attraverso l’uso dei social per mettere in condivisione tutto quello che si fa o si dice. E chi non lo fa o cerca di ritagliare uno spazio privato commette il crimine più immondo in questa nuova società: non è TRASPARENTE.
Ricordate il caso di Elena Ferrante? Scrittrice, libri belli, che (e qui è la sua colpa) VENDEVANO ed erano POPOLARI, eppure nessuno sapeva chi fosse. Elena Ferrante si sottraeva al DOVERE/OBBLIGO di essere trasparente e non andava in TV, non aveva una pagina facebook, non twittava. Insomma Elena Ferrante dimostrava coi fatti che è POSSIBILE anche nel 2017 essere autori seri e validi senza stare a perdere tempo a masturbarsi su twitter o su facebook. E la cosa non poteva essere accettata.
Bisognava scoprire chi fosse la VERA Elena Ferrante per OBBLIGARLA ad entrare nel gioco della trasparenza. Elena Ferrante doveva smettere di credersi migliore di tutti gli alti, e doveva essere rieducata. Doveva imparare che oggi se non sei su facebook, se non sei su Twitter, se non ti dai in pasto col nome e col cognome, con la tua vita ai lettori e ai media, sei una/o stronzo snob che si crede migliore.
E così dopo anni di indagini ossessive si è scoperto chi fosse Elena Ferrante. Addirittura l’ossessione di capire chi fosse è arrivata al punto di esaminare i modelli delle dichiarazioni dei redditi di coloro che POTEVANO essere Elena Ferrante per capire chi avesse dichiarato guadagni spiegabili solo con le vendite dei libri.
In pratica un immenso, gigantesco “MI FACCIO I CAZZACCI TUOI”.
È giusto? No. assolutamente no. Non è giusto andare a frugare nelle dichiarazioni dei redditi per capire chi sia una persona che VUOLE restare anonima. Non è giusto. Ma quando è successo tutti hanno detto “Ah, ah , ah! Adesso hai finito di fare la stronza snob. Ora sappiamo chi sei e se ci va ti bersagliamo quando e come ci pare!”.
Perché è questo il punto. La TRASPARENZA, il reclamare il diritto a sapere CHI sia l’autore di questa o quella opera non ha alcuna motivazione se non quella di sapere dove COLPIRE quando e come ci va di colpire.
Facciamo un passo ulteriore.
Il lettore/Fruitore di un’opera ha moltissimi diritti, moltissimi e molto importanti.
Ha il diritto di volere un’opera valida, a fronte del suo tempo e dei suoi soldi.
Ha il diritto di NON dare il suo tempo e i suoi soldi a un’opera che non ritiene valida, senza per questo doversi giustificare.
Ha il diritto di trovare piacere in una qualsiasi opera, a prescindere da cosa dica la critica.
Però ci sono anche alcune cose su cui il lettore/fruitore NON ha diritto, perché non è vero che il cliente ha sempre ragione.
Il cliente ha ragione quando ha ragione. Quando ha torto, ha torto.
E quindi non è vero che il lettore ha sempre ragione. Il lettore ha ragione quando ha ragione. MA se dice cazzate, è giusto che gli si dica “Piantala di dire cazzate”.
Il lettore non ha diritto di sapere il nome di un autore, se l’autore NON vuole rivelarlo
Il lettore non ha diritto di rompere il cazzo agli autori, frugando nella spazzatura, nelle dichiarazioni dei redditi, o altrove solo per smascherare un autore che voglia restare anonimo.
Il lettore non ha diritto di PRETENDERE che l’autore dica il suo nome, solo perché così il lettore può scrivere ai datori di lavoro, all’ordine professionale, o ad altri per dire “La persona che dipende da voi è uno stronzo, e dovreste licenziarlo”.
In sintesi: il lettore non ha alcun diritto di rompere i coglioni all’autore solo perché l’autore scrive cose che gli danno fastidio.
Il lettore ha il diritto di IGNORARE l’autore che scrive cose che gli diano fastidio, ma non di voler OSSESSIVAMENTE svelare l’identità di un autore che vuole restare anonimo, solo perché così può esporlo alla berlina mediatica dei social.
Bansky è un autore di Street Art che NON vuole essere conosciuto. Non lo vuole. Semplice. E ha tutti i diritti di volerlo. E chi rovista e indaga e si sbatte per scoprirne l’identità sbaglia. Bansky vuole essere anonimo? Cazzi suoi.
Il gestore/curatore del sito dedicato al Corriere dei Piccoli/Corriere dei Ragazzi/Giornalino si firma Corrierino. Non usa il suo nome. E non si firma mai.
Perché la cosa dovrebbe darmi fastidio? Perché dovrei essere ossessionato dal voler sapere quale sia il nome dietro il nickname Corrierino?
E allora... detto tutto questo... mi spiegate cosa cazzo ve ne frega di sapere chi ci sia dietro il nome Comix Archive?
Le persone che lo vogliono sapere lo vogliono sapere per un solo motivo: per poter mandare segnalazioni o trovare il modo di metterlo in difficoltà nella sua vita reale. Ossia non è una semplice curiosità, ma è una chiara voglia di rompergli il cazzo, visto che non gli si può impedire di parlare. E quindi ecco i discorsi sulla trasparenza, sulla necessità di metterci la faccia e così via.
Tutte ipocrisie. Ma si sa, il mondo dei social è il trionfo dell’ipocrisia. Perché dovrei stupirmene?