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L'Editoriale. Gli Influencer: ma quante copie spostano?
Di Alessandro Bottero
Esiste una leggenda urbana che nel corso degli anni è cresciuta, e ormai tra coloro che si ritengono “addentro” ai meccanismo di marketing (concetto che, ripeto per i miei nuovi lettori, indica una cosa che nella realtà non esiste, nel senso che il marketing è solo fuffa). La leggenda urbana è che nel campo dei fumetti, dell’editoria o in generale nell’universo mondo, esisterebbero determinate persone chiamate INFLUENCER in grado con il loro parere di spostare nel caso del fumetto copie vendute.
Il concetto di INFLUENCER è legato alla realtà virtuale dei SOCIAL. Un influencer non è un recensore. Si presuppone che un recensore sappia di cosa parla. Abbia letto il libro che recensisce, abbia letto il fumetto, abbia visto il film, abbia ascoltato il disco.
Insomma il RECENSORE deve dire cose attinenti alla cosa di cui parla, altrimenti dice – scusate il francesismo – cazzate.
L’INFLUENCER invece non ha questo obbligo. Dato che il modo di comunicare dei social ci ha abituati lentamente e perversamente a una comunicazione svincolata dai fatti, ma basata solo su
-Slogan
-Frasi a effetto
-Retorica assertiva e intimidatoria verso chi non è d’accordo con me
-Dati sparati a caso, senza citare fonti, solo per sostenere tesi e posizioni a me favorevoli e contro il mio avversario
-Linguaggio mirato all’annichilimento dell’avversario, quindi non dialogico e comprensivo di posizioni diverse dalla mia, ma monolitico e chiuso agli altri.
Dato tutto questo l’INFLUENCER è perfettamente adattato ai social, mentre il RECENSORE è visto come un palloso e noioso intellettuale, vecchio e non in sintonia con i giovani, che scrive troppo e non sa usare la comunicazione social. Addirittura il Papa si è assimilato a questo modo di comunicare, preferendo usare slogan e frasi a effetto piuttosto di ragionamenti che richiedono l’attività intellettiva di chi li ascolta. Quando Benedetto XVI cercava di sviluppare ragionamenti dicevano che era un nazista noioso e antiquato. Quando Francesco spara frasi buttate lì è uno che padroneggia alla perfezione le tecniche di comunicazione moderne. E tristemente è vero, visto che la comunicazione moderna è in uno stato di svacco totale.
Stabilito che Internet è piena di INFLUENCER, ossia persone a cui una società di buon senso non affiderebbe nemmeno la pulizia delle latrine di una caserma del Niger, il punto è: Gli INFLUENCER riescono ad avere un effetto CONCRETO nella vita REALE, spostando o indirizzando le scelte di spesa di GRANDI masse di persone?
La risposta è molto semplice, e chiunque dotato di buon senso la può dare: No, no, no, e ancora no.
Intendiamoci. Non sto dicendo che UNA ragazzina con gravi problemi di autostima e la forza di personalità di un criceto terrorizzato non possa vedere i video su YouTube di Chiara Ferragni e cercare di imitarla, svenandosi per comprare le cose che la Ferragni pubblicizza sui suoi video. Ma è UNA.
Io sfido chiunque a dimostrare - numeri alla mano - che Chiara Ferragni riesca a ipnotizzare migliaia di persone facendole spendere soldi. Ossia, per dirla molto più terra, i brand che Chiara Ferragni promuove venderebbero grosso modo gli stessi numeri anche se Chiara Ferragni non esistesse.
Gli INFLUENCER non influenzano affatto il mercato. Influenzano solo chi dice che lo influenzano.
Il mondo dei social è un mondo chiuso, dove tutti si dicono che sono fichi, e sono fichi perché se lo dicono. NON perché lo siano davvero.
Idem per il fumetto. Credete davvero che ci siano persone attive su Facebook, sui social capaci di spostare MOLTE migliaia di copie di venduto?
No. Non ci sono. Dragonero, che è scritto da due persone che nessuno riconosce come INFLUENCER, vende più di Orfani, che invece è scritto da Recchioni, a cui molti attribuiscono il potere di spostare grandi masse di copie vendute.
Ma se Recchioni è davvero capace di spostare queste migliaia di copie, allora perché non usa questo potere per rialzare le vendite di Orfani, che ad esempio con la miniserie Orfani: Terra è arrivato a sfiorare 10.000 copie di venduto a numero, risultato che lascia allibiti.
Quindi gli INFLUENCER non incidono minimamente quando si arriva a ordini di grandezze che potremmo definire “da edicola”, né in positivo (aumentando il numero di copie vendute) né in negativo (diminuendo il numero di copie vendute facendo campagna CONTRO una serie).
I social e la realtà sono scollegati. Spiace che il ministero dell’istruzione abbia basato la campagna contro il cyberbullismo mettendo come prima frase del manifesto “Il Virtuale è il reale”, perché questa frase è una CAZZATA. Il virtuale NON è il reale, e il gradimento virtuale o le centinaia di migliaia di MI PIACE su facebook NON si traducono in copie vendute. E cosa ancora più grave non si traduce nemmeno in un effettivo VALORE del prodotto. Infatti si potrebbe dire “Ok, non si vende, ma ne parlano tutti, lo conoscono tutti, e quindi la notizia corre”. E allora? Che la notizia corra veloce di bocca in bocca a me che me ne frega? Che a Treviso sappiano che esiste una cosa che si trova a Napoli (faccio un esempio) che vantaggio porta a Napoli se da Treviso non viene nessuno? Siamo davvero così infantili da attribuire un valore in sé stesso al “purché se ne parli”? Per ottenere una citazione sui mass media di Milano devo dare corda all’ego di INFLUENCER che non incidono in alcun modo col reale?
Eppure una autodifesa ci sarebbe, semplice, pratica e divertente: chiamare il bluff.
Ma di questo parleremo la prossima volta.