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L'Editoriale » una storiella di cyberbullismo, fumetti e altro
di Alessandro Bottero
Sempre più spesso si legge che Internet non è quella panacea universale dei mali, o Terra Promessa della Democrazia e del Rispetto Umano. Al di là degli interessanti moniti di Federico Rampini sui nuovi padroni della rete, il dibattito sul cyberbullismo è sempre più vivo. Però, come sempre, i bulli sono altri. Noi ci stavamo solo divertendo, noi non volevamo mica fare chissacchè, oppure Lui se lo merita perché … con tutte le variazioni del caso. Insomma, nel mondo virtuale di FB, forum e altro l’ipocrisia regna sovrana. Il cyberbullismo è bruttissimo quando lo leggiamo sui giornali, ma poi quando il capo ordina e io attacco il nemico e lo attacco per ucciderlo.
Potremmo fare decine e decine di esempi, anche solo pescando all’interno dei siti, pagine Facebook e forum legati al mondo del fumetto italiano, ma invece di fare nomi e cognomi voglio raccontarvi una storia.
C’è un tipo che vive in una città. Questi tipo ha un’edicola, quindi per le dinamiche della distribuzione su scala nazionale può capitare che riceva un fumetto uno o die giorni prima di altre parti d’Italia (cosa elementare, ma che invece molti lettori ignorano preferendo teorie complottistiche). Questo tipo legge un fumetto pubblicato da una casa editrice il cui nome inizia per B. Il fumetto è l’ultimo numero di una serie, o se preferite stagione. Il fumetto è molto atteso, perché attorno ad esso da almeno quattro anni è stato creato un clima di hype senza precedenti. È il numero finale della prima stagione e i lettori (quelli rimasti a seguirlo) lo attendono, lo agognano, lo bramano. Il tipo lo legge, e visto che ha un canale su Youtube dove pubblica quello che accidenti gli pare (e ha tutti i diritti di farlo, come milioni di persone in tutto il mondo che pubblicano video su Youtube e non si ritrovano ad essere attaccati in branco) decide di fare una videorecensione. Ora, siccome non è un attore professionista, magari il video è confuso, ma il tipo riesce lo stesso a dire quello che voleva dire, e soprattutto, visto che parla di un fumetto ormai USCITO IN EDICOLA quindi appartenente al PASSATO dice come finisce la stagione e come si chiamerà la serie che racconterà la seconda stagione.
A questo punto la nostra storia potrebbe seguire varie direzioni. La prima: la cosa non suscita particolare scalpore, dopo un paio di giorni tutto si dissolve nel mare magnum della rete, e si passa a un altro video e un’altra recensione. La seconda: qualcuno molto legato alla serie in oggetto non prende benissimo la cosa, e usa la sua pagina Facebook per regolare i conti con costui che ha osato a) non parlare bene della serie, b) rivelare cose segrete, anche se a rigor di logica queste cose segrete le conosceva chiunque avesse letto l’albo. Nella nostra storia la scelta è la seconda. Su una pagina Facebook viene indicato questo video, ma non per segnalarlo asetticamente, o dire “Grazie. Perlomeno hai comprato il fumetto e hai speso il tuo tempo per parlarne”. No. Oltre 700 commenti servono solo a distruggere mediaticamente l’autore di tanto vilipendio. 700 contro 1. Il blasfemo ha osato attaccare il Totem e quindi la tribù deve punirlo. Perché dico punirlo? Perché la nostra storia ha un’altra diramazione. Il tipo del video aveva anche una pagina Facebook. Molti amici, pochi amici, non importa. Importa che si faceva gli affari suoi, non dava fastidio a nessuno e pubblicava le sue cosette, così come milioni di persone fanno ogni giorno. Beh, la tribù, o forse è meglio chiamarlo Branco, decide di attuare un attacco di massa. Segnala la pagina del tipo del video a Facebook in massa, e Facebook , solo ed unicamente per la mole di segnalazioni, decide che una pagina che suscita tali reazioni va contro alla regole di Facebook e quindi la sospende d'ufficio, senza nemmeno stare a vedere se le segnalazioni dicevano il vero. In pratica il branco, per la pura forza del numero, uccide il singolo.
Ma vediamo una cosa sempre più interessante nella nostra sotria. A un certo punto un’altra persona decide di rilanciare il video della prima sulla sua pagina Facebook, e un amico della persona che ha deciso di fare questo commenta per dirgli “XXXX , io ti stimo, ma perché dai spazio alle farneticazioni di quel tipo?”. Alla risposta che esiste la libertà dio parola, e che il tipo in questione aveva solo esercitato un diritto di opinione, cosa che se vogliamo gli Antifascisti di professione dovrebbero sapere ed apprezzare, la risposta è stata “Certo, la libertà di parola esiste, ma non per questo dobbiamo parlare di questa cosa”. Ossia la teorizzazione di un cordone sanitario contro chi rompe i coglioni, o attacca gli amici.
La storia come finisce? Finisce che il tipo crea un’altra pagina Facebook e continua a fare le sue cose, finisce che una persona solo per aver espresso un’opinione contraria al PUA (Pensiero Unico Approvato) è stata attaccata senza possibilità o diritto di difesa. Finisce con Ominicchi e Quaqquaraqqua che circolano liberi per gli spazi del web (Facebook in primis). La cosa mi Stupisce? Assolutamente no. Chi ha potere attrae sempre seguaci, e chi non ne ha sempre viene schernito dalla folla priva di senno.
PS. Qualcuno potrebbe dirmi “Scusa ma perché non fai i nomi?” Perché questa è una storia, mica un’indagine o un resoconto. È una favoletta. Magari me la sono inventata del tutto. O Magari invece no. Se siete attenti e volete capire cosa si celi dietro i paludati versi usate quelle che Poirot chiamava cellule grigie. Sennò basti la storiella.