Fumetto d'Autore ISSN: 2037-6650
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L'Editoriale » Ancora una storia di chiusure in edicola: stavolta tocca ad Horror Time

horrortime01di Alessandro Bottero

Quando tra anni si parlerà di chi in questi anni terremotati da crisi e mancanza di soldi continuava ad ostinarsi a pubblicare nelle edicole bisognerà intitolare i capitoli dedicati a questi pazzi usando parole come Eroi, o Sognatori. Un po’ come i socialisti utopici del XIX secolo, o coloro che si ostinavano a resistere all’occupante nazista nel 1941. Ossia persone che testardamente, fermamente, invincibilmente si opponevano a quello che la fredda realtà diceva, e cioè che apparentemente altri erano i vincitori, altri erano coloro che dominavano il mondo, e portavano avanti una battaglia quanto tutto ormai pareva perduto. Il mercato delle edicole in Italia di questi anni è questo. È un campo di battaglia dove pare che la realtà sia ormai decisa. Solo il fatturato conta, e quando questo cala allora si chiude senza pensarci due volte. Senza tentare altre strategie o strade. Il rischio non è più possibile, perché ormai la legge ferrea è Buona la Prima, intendendo per Prima il primo ingresso nelle edicole. I numeri dei lettori da soli non bastano. E quando gli incassi della pubblicità calano perché le aziende tagliano il budget destinato all’acquisto di pagine sulle riviste allora anche nomi di alto blasone, che hanno percorso un pezzo di strada assieme al mondo del fumetto chiudono, perché il gruppo editoriale vuole fatturato certo. E se vi state chiedendo di cosa stia parlando pensate a XL e capirete tutto. Ma non è di XL che voglio parlare oggi. XL è un nome noto e della sua chiusura se ne è parlato. Il punto è che il mondo dell’editoria nelle edicole non è fatto solo di XL o riviste generaliste conosciute (almeno per il nome) dal grande pubblico. L’editoria è un universo vasto e composito, dove la ricchezza dei temi è senza fine perché infinita è la capacità dell’uomo di riflettere e scrivere sugli argomenti più diversi. Senza la piccola editoria, senza l’editoria di nicchia, quella rivolta al lettore specifico, che vuole (voleva) leggere della sua passione privata e particolare, il mondo dell’editoria sarebbe uniforme, conforme, massificato, noioso. Ecco perché gli editori si ostinano a produrre decine e decine di riviste dedicate ai più svariati argomenti. Perché esistono i più svariati argomenti di cui parlare e di cui meravigliarsi. Il problema è che queste riviste dovrebbero poi A-arrivare nelle edicole ed essere viste dai possibili lettori; B- essere comprate.

E qui arriviamo al caso Horror Time. Verso settembre vedo in edicola il numero 1 della rivista e lo prendo, incuriosito. L’horror è un genere di nicchia, e notare segni di vitalità (e di coraggio) nel mercato di genere mi da sempre speranza per il futuro. Secondo me è tuttora vero che esistono lettori interessati a contenuti di qualità, l’unico problema è trovarli e raggiungerli. Prendo Horror Time 1, lo leggo, e lo trovo un prodotto competente e potenzialmente in grado di ritagliarsi uno spazio sia pure piccolo ma sufficiente per sopravvivere. Probabilmente i collaboratori e chi ci scrive NON ricaverà uno stipendio fisso mensile da Horror Time, ma se volete lo stipendio fisso allora signori la dura verità è una sola: non lavorate in campo editoriale. Ma questo è materiale per un altro giorno.

Prendo Horror Time, dicevo e nei mesi successivi lo seguo. Poi, a dicembre, ecco la notizia: Horror Time chiude col numero 4 (fonte: http://www.horror.it/a/2013/12/horror-time-chiude-i-battenti/). La sintesi del discorso è racchiusa in questa frase:

«In accordo con l’editore abbiamo alzato bandiera bianca dichiarandoci impotenti dinnanzi all’inefficacia della distribuzione che in questi quattro mesi non è mai stata in grado di farci arrivare là dove richiesto. Nei fatti, le regole che dominano l’attuale mercato rendono impossibile per un prodotto nuovo (e di nicchia come il nostro) di raggiungere il proprio pubblico.»

E allora mi sono detto “è il caso di parlarne perché i lettori di Fumetto d’Autore devono sapere come stanno le cose.” Devono sapere che sistema perverso e assolutamente non favorevole agli editori regola la distribuzione nelle edicole di prodotti che costano amore, passione e soldi a persone che spesso bruciano i risparmi di una vita e la salute di aziende perché credono in un progetto e si ritrovano vittime di un sistema a dir poco macchinoso e kafkiano, dove nessuno è responsabile, tutto è scientifico e risultante da analisi di mercato e alla resa dei conti l’editore ci rimette culo e camicia.

La distribuzione nelle edicole è un inferno, un tritacarne dove puoi uscire a pezzi dopo nemmeno tre mesi. Dove il distributore non è mai responsabile di nulla, e dove l’editore paga per qualsiasi cosa. Anche per colpe non sue. Se vendi poco e quindi hai rese elevate, paghi. Se fai un supplemento paghi. Se esci nel periodo natalizio paghi un supplemento. Se vuoi il conteggio degli albi di resa paghi. E se tu editore reclami per dei disservizi, come ha fatto Horror Time che dice di aver inoltrato precise proteste al distributore senza aver ricevuto uno straccio di risposta.

«Ci abbiamo provato con ogni mezzo, grazie anche alle vostre preziose indicazioni, arrivando a segnalare esattamente in quali edicole, di quale città, provincia e regione, Horror Time non fosse disponibile eppure a nulla è servito. Non siamo riusciti a cambiare la situazione perché ogni nostra segnalazione è caduta nel vuoto. A quanto pare nemmeno richiedendo spiegazioni è possibile capire perché in una data città la rivista non sia presente, né è stato possibile cercare di cambiare la situazione laddove si riscontravano problemi. Uno sconfortante senso di impotenza che sfocia nell’incredulità quando a non essere raggiungibili non sono singole edicole o cittadine, ma intere regioni: Sicilia, Umbria, Calabria, Campania sembrano inghiottite da un buco nero. E anche nelle regioni più fortunate intere provincie sembrano essere state cancellate dalla cartina geografica. Intere città irraggiungibili. E senza alcuna motivazione precisa. Semplicemente perché le cose vanno così…

Ci chiediamo, ad esempio, perché se a Milano e Roma siamo sempre stati (più o meno) presenti, a Como, Pavia e in provincia di Varese si faceva una fatica d’inferno? E perché a Torino arrivava un numero sì e l’altro no? Come mai, poi, in alcune città la rivista non veniva data alle edicole ma la si trovava solo nei supermercati? Decine di copie mandate a morire in un supermercato piuttosto che un altro mentre i lettori battevano come disperati le edicole cittadine. Non solo avremmo dovuto chiedere ai nostri lettori “girate le edicole”, che già rappresenta di suo una bella seccatura per chi ci vorrebbe leggere, ma anche “setacciate i supermercati”?»

Non solo il problema del realizzare un prodotto valido. Non solo il problema di cercare di mantenere il prezzo basso, magari limando di molto il proprio margine di ricavo. Non solo il problema dell’essere ignorati dai lettori, ma addirittura non riuscire proprio ad essere presenti nelle edicole. E quindi niente visibilità. E quindi niente vendite. E quindi chiusura.

Qualcuno potrebbe pensare che me lo invento. Che sto descrivendo una cosa che non esiste. Beh, c’è il comunicato ufficiale e poi vi posso dire che a volte per strane alchimie contabili conviene addirittura non distribuire la merce. Tanto l’editore qualcosa alla fine deve sempre pagare.

Il mercato delle edicole è in crisi. In crisi nera. Ma nera nera nera. In crisi perché la gente ha pochi soldi e con quei pochi deve scegliere in un mare di proposte. Ma è in crisi anche perché la distribuzione è un buco nero paludoso e oscuro dove non puoi mai essere al sicuro. L’anno scorso Marco, uno dei priù grandi e storici distributori da edicola italiani fallì di punto in bianco, lasciando debiti con case editrici a bizzeffe. La Sergio Bonelli si ritrovò con sette milioni di euro che non avrebbe visto mai più. E dopo di lui tocco a Parrini, altro nome storico. Situazioni traballanti, oscurità gestionale, mancanza di risposte quando un editore chiede spiegazioni. E questa è la distribuzione, ossia quel settore dove le cose dovrebbero per loro stessa natura funzionare come orologi.

Sempre più spesso ho la sensazione di vivere in tempi interessanti. E secondo il proverbio cinese non è una bella cosa.

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