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L'Editoriale » LiberoVeleno: la Satira è uguale per tutti?
di Alessandro Bottero
Una delle cose che mi rattrista di più è vedere quanto sia bistratta e irrisa una parola basilare come UGUAGLIANZA. La Rivoluzione Francese aveva comemotto Liberté, Egalité, Fraternité, ossia Libertà, Uguaglianza, Fraternità. Si dice spesso che siamo tutti uguali davanti alla legge o, altra versione della stessa idea, la Legge è Uguale per tutti (proprio perché siamo tutti uguali e la stessa legge deve valere in modo identico per me e per te.). In teoria siamo tutti uguali, e bisognerebbe dare a tutti il rispetto minimo dovuto proprio in base a questa uguaglianza che precede la decisione del singolo e si fonda sul comune essere umani.
Bene. Sono tutte palle. Nella realtà dei fatti non esiste una società più DIS-eguale e ipocrita della nostra. Almeno quando esisteva la schiavitù c’era la sincerità di dire “Tu sei uno schiavo. Io no. Quindi tu sei inferiore.”. Oggi invece la cosa si fa e non si dice. Si stabilisce che qualcuno è inferiore, diverso, non uguale a me, e ci si comporta di conseguenza. Ma senza avere il coraggio di ammetterlo. Non solo di applica la disuguaglianza, ma si è anche ipocriti.
Perché questo preambolo spaventosamente filosofico? Perché nel fumetto e nella satira è lo stesso. Non è vero che siamo tutti uguali. C’è chi è diverso e va escluso, va ignorato, va cancellato, perché è moralmente disprezzabile.
Prendiamo il caso di LiberoVeleno. È un inserto satirico domenicale inserito nel quotidiano Libero, che è arrivato al centesimo numero. Ossia due anni quasi di vita e di satira. Eppure per la critica non esiste. Perché non è uguale agli altri inserti/riviste satiriche. Non è di sinistra e quindi va ignorato. Va tolto di mezzo con il silenzio. E sicuramente non va minimamente preso in considerazione per il premio della Satira di Forte dei Marmi. Ora, è lecito e ammissibilissimo che uno dica “A me LiberoVeleno non fa ridere. Ho provato a leggerlo ma mi annoia”. Ed è anche ammissibile che dopo una COMPETIZONE dove le regole sono uguali per tutti e tutti sono messi in grado di partecipare, LiberoVeleno non vinta il premio della Satira. Non è questo il punto. Il punto è che se le regole valgono per tutti, allora ANCHE LiberoVeleno va preso in considerazione. A prescindere se ti piaccia o meno. Perché c’è una UGUAGLIANZA basata sul mutuo rispetto che dovrebbe esistere. Invece se sei diverso, se vieni pubblicato da un quotidiano “impresentabile” allora non sei più uguale.
Vorrei dire a Giuseppe Pollicelli che non deve stupirsi se la critica ufficiale del mondo del fumetto ignora e ostracizza LiberoVeleno, perché il peccato originale è essere legati a Libero, ossia il quotidiano più odiato e stigmatizzato dal establishment di centrosinistra/sinistra. E siccome in Italia è un dato di fatto che nel mondo del fumetto il Pensiero Unico Dominante sia antiberlusconiano e dominio di una sinistra liberal-chic, Libero è visto come una caccola sul volto dell’universo, un qualcosa che non dovrebbe nemmeno esistere. E chi ci scrive è un traditore, venduto a Berlusconi, fascista, stronzo e deve morire perché sì. Pensate che esageri? Pensate che non siano queste le PRECISE PAROLE che quando si tolgono di dosso l’ipocrisia buonista moltissimi addetti ai lavori del monto del fumetto dicono a proposito di Libero? Pensate che Giuseppe Pollicelli non si sia rovinato la reputazione di critico serio e preparato che aveva in precedenza perché scrive su LiberoVeleno? Allora siete molto più ingenui di quel che crdevo.
Nel mondo del fumetto italiano non si è uguali. O ti conformi al PUA, o sei escluso, e diventi invisibile. Nessuno parla di te, nessuno ti cita, nessuno rilancia i tuoi pezzi, nessuno ammetterà di leggerti, o DIO NON VOGLIA!!!! di divertirsi con LiberoVeleno.
E anche qui c’è l’ipocrisia. Menti illustre e teorici della satira dicono “TUTTO deve essere sottoposto a satira”, con tutto scritto con le maiuscole. Ma quando la satira non viene dalle conventicole politicamente accettate, allora non è satira. È oltraggio, è disgustoso rancore, è fango, è essere servi di Berlusconi.
Allora cento numeri di LiberoVeleno non esistono. Non possono esistere, perché ammettere che cento numeri di LiberoVeleno hanno la STESSA dignità di cento numeri di Il Male, o di il MisFatto Quotidiano, significherebbe ammettere che Libero ha la stessa dignità de Il Fatto Quotidiano. Significherebbe ammettere che devo prendere sul serio Voltaire quando diceva di non essere d’accordo con il suo avversario ma che avrebbe lottato perché potesse esprimere il suo pensiero. Significherebbe liberarsi dalle catene del PUA, e pensare con la propria testa, ma purtroppo questo è un qualcosa che pochi sono in grado di fare.
LiberoVeleno arriva a cento numeri e, piaccia o no, è necessario che esista. È necessario perché è un’altra voce, un altro modo di guardare alle stesse cose ma da un angolo visuale diverso.
Non mi fa ridere? Nessun problema. Lo trovo noioso? Nessun problema. Sei un lettore e puoi fare giustamente quello che ti pare.
Ma se ti picchi di essere qualcosa di più di un lettore, di essere un critico, un conoscitore del settore, un esperto, un qualcuno che valuta le cose che si pubblicano e propone giudizi ai lettori assumendoti implicitamente il ruolo di chi vorrebbe orientare le scelte finali del lettore, allora ignorarlo aprioristicamente perché “è quella merda che esce su quel giornale di merda”, non ti fa fare una bella figura caro critico/addetto ai lavori.
Nelle immagini: 2 vignette tratte da LiberoVeleno di Leoni, Gipo e Scronda.