Fumetto d'Autore ISSN: 2037-6650
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L'Editoriale » Roberto Recchioni nuovo supervisore di Dylan Dog: auguri e buona fortuna

bonelli-editorialedi Alessandro Bottero

Avrei potuto scrivere l’ennesimo editoriale vibrante e accalorato, sulla scia della notizia che Roberto Recchioni è diventato il supervisore di Dylan Dog. Ma che c’è da dire? Recchioni ha avuto questo poto (a mio parere) perché si è giocato bene le sue carte con Multiplayer e ha fatto incontrare Multiplayer.it e Sergio Bonelli Editore. La cosa ha fatto sì che Bonelli ottenesse una visibilità e incassi che in momenti di crisi come questi sono un miracolo e tutto qui. Recchioni ha giocato bene le sue carte, e adesso è arrivato ad uno dei posti più potenti nel mondo del fumetto italiano. Tanto di cappello, ma non mi si venga a dire che ci sono altri motivi. Fare il supervisore in casa Bonelli è una cosa molto diversa dal farla per la Star Comics o per l’Aurea. Auto-supervisionarsi su John Doe o su Detective Dante, è ben diverso dal dover valutare, seguire, coordinare il lavoro altrui. Il bravo supervisore è quello di cui non si nota la presenza. Ossia quello che annulla la propria personalità e fa sì che l’autore esprima il massimo delle sue potenzialità, entro confini stabiliti non dal supervisore ma dall’editore. Una Rockstar non può essere un supervisore. Ma staremo a vedere.

Io penso piuttosto a Giovanni Gualdoni, che di punto in bianco si è ritrovato senza il lavoro a cui si era dedicato con passione e pazienza da anni e anni. Diciamo le cose come stanno: Gualdoni paga per tutti il calo di vendite di Dylan Dog, che in cinque anni ha perso 50.000 lettori. Prima la linea Maginot era a 200.000 lettori. Ora siamo calati sotto i 150.000. Di chi è la colpa? Del supervirose o della casa editrice che stabilisce i paletti entro cui agire? Quando devi produrre 12 albi mensili, un gigante, uno speciale, un almanacco, un paio di color fest, un paio di maxi, arriviamo almeno a 24 storie all’anno. Una iperproduzione che fatalmente porta con sé il calo qualitativo. Soprattutto se a scrivere sono sempre gli stessi. Se poi pensiamo che l’innovazione sia far usare il cellulare a Dylan Dog allora stiamo freschi. Altro che 148.000. Andrà bene se nel 2015 non saremo scesi sotto le 100.000 copie al mese. Gualdoni non è colpevole, se non di aver cercato di seguire fedelmente il modello di produzione che gli si era chiesto. Servono 24 storie all’anno, perché il mercato è vorace, e dobbiamo mantenere il fatturato. Tu producile e stai molto attento: se le vendite calano sei il primo a pagare. Il mercato è in calo, la crisi c’è, e i numeri sono quelli che sono.

Ovvio che uno che riesce a muovere le sue carte e a portare nella Bonelli il portale di videogiochi più forte in Italia, con una capacità di comunicazione e di visibilità del prodotto tale da non avere rivali va premiato, non credete? Ma il premio può velocemente diventare una maledizione, perché il lettore normale, quello che non legge i forum, che non segue la pagina facebuch di tizio o caio, di chi sia il supervisore di Dylan Dog se ne frega. Se non gli piacciono le storie smette di comprarlo, come hanno fatto in 50.000 negli ultimi anni. E non l’hanno fatto perchè ce l’avevano con Gualdoni. L’hanno fatto perché le storie erano sciape, piatte, e nessun autore (NESSUN AUTORE, e ci siamo capiti) di questi ultimi anni è riuscito a invertire la tendenza. Forse non sono nemmeno le storie. Forse è il personaggio. Forse o lo si stravolge alla radice, tentando il tutto per tutto, come fece Walt Simonson su Thor, o forse il destino è un’aurea mediocrità a prescindere da supervisori Rockstar, o joint venture con Multiplayer. Si parte da 148.000. Sale o scende?

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