- Categoria: Editoriali
- Scritto da Super User
- Visite: 10466
L'Editoriale » Giornata della Memoria: perché leggere fumetti non significa essere smemorati
di Alessandro Bottero
È da qualche anno che per legge dello Stato il 27 gennaio è la Giornata della Memoria, ossia quella giornata in cui le istituzioni dovrebbero aiutare i cittadini a ricordare cosa è successo nel corso della II Guerra Mondiale. Che cosa? Semplice: lo sterminio degli ebrei da parte dei Nazisti. Il 27 gennaio è un giorno in cui aiutare le persone a non scordare questo fatto.
Primo perché questo fatto è successo, malgrado qualche imbecille si ostini a dire che non è vero, visto che ci sono prove, testimonianze e fatti incontestabili della volontà precisa del partito Nazista di sterminare gli ebrei solo perché ebrei e per nessun altro motivo, e della messa in atto di tale volontà mediante azioni concrete, vedi campi di sterminio, vedi torture sistematiche, vedi deumanizzazione dell’ebreo etichettandolo come animale e così via.
Secondo perché la memoria è cosa labile e fuggevole, e se non la esercita sempre e costantemente si corre il rischio di scordare le cose. E come diceva qualcuno più bravo di me “Chi non ricorda la storia è condannato a ripeterla.”. Se non ricordiamo precisamente e con esattezza cosa successe in quegli anni, allora tra poco ci ritroveremo ideologie derivate dal nazismo che useranno lo stesso metodo: in situazioni di inquietudine e turbolenze sociali individuare un capro espiatorio e gettare su di lui la colpa di tutto. Cosa sta succedendo in Grecia con il partito dell’Alba Dorata? Esattamente questo. I neonazisti rialzano la testa.
Terzo perché esercitare la memoria è l’unico modo per rafforzarla e renderla capace di riconoscere il male anche in altri campi. Sì, perché il male esiste. Non è solo una costruzione psicologica. Non è solo colpa della società. Ci sono ideologie, azioni sociali, comportamenti che sono male e non ci sono scusanti dialogiche che tengano. Di fronte a un membro delle SS che tortura una bimba ebrea vi voglio vedere a fare un dibattito sociologico sul fatto che da piccolo non era amato dai genitori. Bisogna prendere una spranga, spaccagli la testa, e fargli smettere di torturare la bambina. POI si fanno i dibattiti sociologici. Rafforzare la memoria sull’Olocausto ebraico aiuta a vedere tracce dello stesso male in altre epoche. Nel genocidio degli Armeni, ad esempio. O nella persecuzione contro gli zingari. O in quello che successe in Ruanda. E così via. La memoria allenata e rafforzata si espande e inizia a comprendere il mondo.
Ma cosa c’entra questo col fumetto direte voi? È vero. Pochi fumetti hanno parlato dell’Olocausto. Pochi hanno parlato di Auschwitz, Dachau, Treblinka. Ricordo qualche storia su Dampyr, un numero di Dylan Dog (l’83 dell'aprile 1993, dal titolo "Doktor Terror"), e poco altro. Spesso di parla di Seconda Guerra Mondiale, ma difficilmente di campi di concentramento.
Credo sia per una autocensura che gli editori si cuciono addosso e a cui gli autori aderiscono placidamente. Forse perché è difficile parlare di queste cose senza essere banali. Ma io dico “Meglio parlarne in modo banale, ma PARLARNE, che non parlarne affatto.” Infatti se ne parli in modo banale magari a qualche lettore viene la curiosità e la voglia di informarsi meglio. Se non ne parli affatto a NESSUNO verrà voglia e curiosità di informarsi meglio su un qualcosa di cui non sente parlare. Mi pare chiaro, no?
Esiste un fumetto bellissimo che invece parla proprio di questo ed è esattamente un recupero della memoria storica relativa ai campi di concentramento. Parlo di MAUS di Art Spiegelmann, che dovrebbe essere diffuso in tutte le scuole elementari e medie inferiori a spese dello stato, dandone una copia ad alunno. Non l’avete letto? Beh, Leggetelo. Art Spiegelman, MAUS, Traduzione di Cristina Previtali, Torino, Einaudi, 2000. Invece di comprare qualche idiozia legata a videogiochi, o film, o altre letture usa e getta, comprate questo volume, leggetelo e pensate. Ricordate. Riflettete.