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L'Editoriale » Diritto d'Autore: Salvate il soldato Richard O’Dwyer
di Alessandro Bottero
Esiste una guerra in atto nel mondo di Internet. A dire il vero più di una (vero Israele, Usa, Iran, Russia, Cina…?), ma oggi voglio parlare di una guerra che riguarda non le intelligence o i cyber-eserciti, ma i contenuti intellettuali e la libera condivisione degli stessi da parte delle comunità. La guerra è tra chi ritiene che i contenuti intellettuali siano un patrimonio comune, e tutti debbano (DEBBANO, senza concessioni e compromessi) goderne liberamente (sì, DEBBANO, perché il diritto alla cultura e alla condivisione dei contenuti è un DIRITTO, non una concessione di singoli o industrie), e chi ritiene che il soldo debba prevalere sempre e comunque su ogni altra cosa, e quindi chi attenta alla sacralità del ricavo sia da perseguitare come criminale efferato e disprezzabile. Sventurato il mondo che ha bisogno di eroi, diceva Brecht (o magari lo diceva un altro, o magari non diceva proprio così, ma l’articolo lo scrivo io e cito come e chi mi pare, capito maestrini?) . Sventurato l’artista che ha bisogno di fare il cane da guardia dell’industria, dico io. L’utile idiota di Leniniana memoria, o il liberale pronto a concionare di diritti e marce, e poi prono e sottomesso ai voleri di colui che elargisce il soldo per le sue opere.
La guerra si applica con l’imposizione di leggi liberticide che usano lo specchietto delle allodole del “diritto d’autore”, per salvaguardare solo i diritti di chi vende. Viene combattuta da persone che a parole tutelano il proprio essere autori (i Metallica, tanto per fare un nome), ma in realtà attaccano l’idea stressa di condivisione. Allora si demonizza Megaupload, si eleva
La guerra si combatte oscurando siti perché “diffondono contenuti coperti da copyright”, commettendo abusi giuridici abnormi, perché se un contenuto è illegale, si sequestra il CONTENUTO, non si chiude la via d’accesso al luogo dove il contenuto incriminato si trova. Infatti un conto sono i contenuti , un altro i canali di accesso ai luoghi virtuali dove tali contenuti si trovano. Ma lo zelo della difesa del capitale, e l’utile espediente del “proteggiamo i bambini dai pericoli del far-west su internet” fanno sì che si invochi censura, sia pure mascherandola con la parola più politicamente corretta “controllo”.
La guerra si combatte colpendo uno per educarne cento. Quando lo facevano le Brigate Rosse era terrorismo. Quando lo fanno i cani da guardia del capitale invece è difesa del copyright. Ed eccoci a Richard O’Dwyer. O’Dwyer è uno studente inglese, proprietario di un sito specializzato per programmi tv e film, che si ritrova ad essere perseguito penalmente dai tribunali americano per aver violato le leggi del copyright online.
O’Dwyer, studente della Sheffield Hallam University, rischia 10 anni di prigione negli Usa per aver fondato TVShack.net. Questo portale, attualmente oscurato dalla polizia postale USA (e qui ripeto il discorso sugli abusi giuridici: tu non chiudi un portale o oscuri un sito. Tu al massimo puoi chiedere di far rimuovere il SINGOLO CONTENUTO se lo ritieni illegale) si limitava ad ospitare dei link, ossia qualcosa di perfettamente legale e non un CONTENUTO COPERTO DA COPYRIGHT, che rimandavano ad altri siti, alcuni legali e altri no ma il problema non era di TVShack.net se un sito X è illegale. Il problema è del sito X, da cui si poteva scaricare o vedere il materiale in streaming. Secondo l’interpretazione che le case discografiche e cinematografiche danno della legge americana, lo studente inglese avrebbe commesso reato, cosa falsa se solo si ragionasse sulla questione senza essere al servizio prezzolato delle case discografiche o cinematografiche. Ora che succede? Succede che il fondatore di Wikipedia, Jimmy Wales, capendo che questo è un altro atto della lunga guerra contro la libera circolazione e condivisione dei contenuti, è sceso in campo, lanciando una campagna online chiedendo al governo britannico di respingere il procedimento di estradizione richiesto dagli Stati Uniti per O'Dwyer. Il ragazzo 24enne viene presentato come "il volto umano" di una battaglia globale tra gli interessi delle industrie televisive e cinematografiche e quelli del pubblico. La campagna si svolge sotto forma di una petizione online, che si può trovare QUI.
Lo so che per qualcuno al lettore medio di fumetti tutto questo non interessa. Lo so che le solite cariatidi discetteranno di diritto d’autore in punta di fioretto e codicilli. Il punto è uno solo: il copyright come è configurato nel sistema di mercato capitalistico-occidentale è sbagliato alla radice. Da protezione dell’autore, come era quando è nato nel XVIII secolo è diventato solo lo strumento con cui le case di produzione e distribuzione impediscono alla società di godere dei contenuti intellettuali, che DEVONO essere di libero accesso per tutti. E chi difende il copyright (o diritto d’autore) così come è presente nell’ordinamento attuale, o si limita a pensarne delle modifiche “cosmetiche”, in realtà non difende affatto gli autori, ma solo il capitale.
Firmare per impedire l’estradizione di Richard O’Dwyer è giusto, e tutti quelli che si riempiono la bocca di diritti, legalità, giustizia dovrebbero farlo. Altrimenti – come sempre - si confermerà il solito andazzo: forti coi deboli, e deboli coi forti.
L’utile idiota, di bolscevica memoria è ancora vivissimo nel mondo del fumetto, soprattutto quando si parla di diritto d’autore.