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L'Editoriale » La sindrome di Elektra, ovvero una casa editrice “deve” rispettare i voleri degli autori che lavorano per lei?
di Alessandro Bottero
Come promesso ecco il seguito ufficioso dell’articolo su Watchmen
Quando Frank Miller “uccise” il personaggio di Elektra, nel corso di una sua celebratissima trama sulla collana Daredevil, tra lui e
Io autore do il mio massimo, scrivo/disegno/racconto una storia che definisce un momento di non ritorno nell’evoluzione del personaggio X che in questo momento mi passa per le mani, e – giustamente dal mio punto di vista - non posso concepire l’idea che tutto quel che ho realizzato ora tra qualche tempo sia rimesso in discussione ed appiattito nel ciclo della produzione senza fine di materiale di intrattenimento. Se Elektra muore, la morte è definitiva, e quindi anche se
Tutto molto bello, e tutto molto autoriale..
Poi che succede? Succede che – giustamente dal suo punto di vista -
È qui il punto: fintanto che i personaggi avranno dei proprietari, saranno i proprietari a decidere cosa farne. Eventuali accordi tra i proprietari del personaggio, e persone che ne abbiano scritto le storie (anche per anni) non hanno alcun valore. È il proprietario del personaggio che decide cosa succede al personaggio. Un accordo per cui “Elektra resterà morta per non rovinare il lavoro di Frank Miller” non ha alcuna base, se non la benevolenza volontaristica dei dirigenti che la esercitano finché vogliono farlo. Punto.
Questa è la cruda verità se lavori su personaggi che non sono i tuoi, ma sono proprietà di qualcun altro. Se io lavoro su un personaggio Marvel, o DC Comics, posso scrivere storie bellissime. Posso convincere tutti (critica e pubblico) che la mia versione di quel personaggio, sia la migliore, la più bella, e la più azzeccata. Ma alla resa dei conti se il proprietario mi dicesse “da domani l’uomo Ragno e Mary Jane non sono più sposati. Scrivimi la storia”, o abbozzo e dico “a me che me frega? È lavoro. Mi pagano. La scrivo”. Oppure mi alzo, saluto e me ne vado. Ma non posso impedire al proprietario di quei personaggi di fare quello che vuole con loro. Anche buttare nel cesso decenni di storie favolose.
A questo punto la soluzione qual è, per quasi tutti? Invitare gli autori a mantenere la proprietà dei personaggi e delle storie che realizzano.
Il punto però è che questa soluzione si muove ancora all’interno della logica proprietaria. Che sia una casa editrice, o che sia una persona singola, a livello concettuale poco cambia. Sempre uno sarà proprietario di qualcosa, e sempre questo proprietario sarà l’esclusivo decisore sul destino di un personaggio.
Io mi muovo su altre coordinate. Io esco dalla logica proprietaria, dicendo che la soluzione è abolire totalmente il concetto di proprietà intellettuale. I personaggi e le storie devono essere di tutti, e tutti devono avere il diritto di scrivere le storie che credono, usando i personaggi che vogliono. Io dovrei essere libero di scrivere le storie di Batman che voglio, senza che un proprietario (sia esso
E CONTEMPORANEAMENTE Frank Miller deve avere il diritto di scrivere le SUE storie di Elektra. Saranno poi i lettori a premiare le migliori.
Ma torniamo a Watchmen 2. Chi crede che
Ci può essere una benevolenza che un singolo dirigente riesce ad esercitare, frenando l’azienda dallo sfruttare i suoi personaggi, ma alla fine presto o tardi le cose cambiano. Fino a che Jim Shooter fu editor in chief della Marvel i mutanti non furono sfruttati all’osso per fare cassa. Ma questo dipendeva dalla visione di Shooter, per cui un iper-sfruttamento della franchigia mutante era uno sbaglio. Ciò non significa che Shooter non volesse far crescere il fatturato Marvel. Solo che lui voleva seguire la strada di creare contenuti nuovi, prima con i mega crossover come Secret Wars, e poi con il New Universe. Quando questo fece un buco nell’acqua e Shooter fu cacciato, De Falco, che lo sostituì, intraprese la strada dello sfruttamento a 360° dei personaggi, ed iniziarono a proliferare miniserie e serie dedicate ai mutanti. E se da un punto di vista STRATEGICO e di rispetto per le storie personalmente trovo più sensata la posizione di Jim Shooter (e questo è paradossale, se pensate che Shooter ancora adesso ha la fama di essere un bieco e spietato sfruttatore), da un punta di vista aziendale, che miri ad accrescere il fatturato la strada intrapresa da De Falco prima, e da Bob Harras e Joe Quesada poi, è quella più logica. È vero che è una visione TATTICA, ossia mirata solo ad arraffare i soldi del momento, ma il mondo dell’economia (e la crisi globale ce lo ha insegnato con chiarezza e duramente) non ha una visione STRATEGICA, ma sì e no TATTICA., ossia limitata al breve periodo. Potremmo dire “Da megaevento X a megaevento Y”..
Quindi una casa editrice “deve” rispettare i voleri degli autori che lavorano per lei? No. Non deve fare un bel niente. Tu mi proponi un lavoro, io lo accetto. Tu mi paghi. E poi è finita. Queste sono le regole, e se non mi piacciono non gioco.