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L'Editoriale » "Davvero" di Paola Barbato, ovvero “Internet è anche farsi i ca@@i degli altri in mondovisione” + Update
di Alessandro Bottero
Paola Barbato è una sceneggiatrice. Sceneggia Dylan Dog. Racconta la leggenda che Paola Barbato è arrivata a sceneggiare Dylan Dog senza aver fatto la gavetta. È arrivata negli uffici della Sergio Bonelli, ha fatto vedere dei racconti che aveva scritto, e l’hanno messa subito a scrivere Dylan Dog. Paola Barbato scrive pure romanzi. E glieli pubblicano. Paola Barbato è odiata da tutti gli aspiranti sceneggiatori, quelli che ho-fatto-un-progetto-di-grafic-novel-ed-è-una-cosa-bella-bella-bella. Siccome il 90% dei lettori di fumetti e quasi tutti gli sceneggiatori/autori che si dimenano tra collaborazioni con piccole case editrici venderebbe la madre, la nonna, la sorellina di sei anni, e anche la dentiera del nonno, pur di poter scrivere Dylan Dog, il fatto che Paola Barbato sia una DONNA, che scrive FUMETTI regolarmente, PAGATA, e che lavori su DYLAN DOG, la rende uno degli esseri più odiati nel mondo del fumetto. Ovviamente nessuno lo ammetterà mai, ma basta un minimo di conoscenza del fumettomondo per capire coem stiano le cose.
E questo è il presupposto A.
Presupposto B.
Paola Barbato decide di voler realizzare un fumetto che si ispiri al genere Shojo Manga. Personalmente ritengo gli Shojo Manga leggermente meno pallosi di un documentario sulle cimici della Bulgaria meridionale, ma ognuno è libero di fare quello che gli pare, no?
Paola Barbato non trovando sponda negli editori che conosce (forse perché anche loro preferiscono i documentari sugli insetti, non ho indagato...) decide di NON abbandonare il progetto, e di trasferirlo su Internet.
Sarà un……(rullo di tamburi)….FUMETTO ONLINE!!!!!!!!
Ok. Sinceramente non è che ci sia nulla di nuovo. I fumetti online esistono da un bel po’ in molte maniere. Strisce, tavole, settimanali, due volte la settimana, tre volte la settimana. Una tavola, due tavole, capitoli interi, gratis, a pagamento, e così via. È un modo di usare Internet per far circolare dei contenuti. A volte sono a pagamento (quasi sempre questo accade nel campo del fumetto porno), molte altre sono gratis. A volte le due cose si fondono. La singola strip o tavola, o il singolo aggiornamento è gratis, e le RACCOLTE (cartacee o sotto forma di e-book) vengono vendute a tot euri o dollari. Mi pare di ricordare che un prezzo medio per un e-book che raccolga un tot di tavole o strip è sui 5 dollari, ma sto divagando.
Torniamo a Paola Barbato. Il progetto parte. Si chiama Davvero, e la Barbato, non avendo la possibilità di pagare i disegnatori, sceglie la strada del “io ti fornisco la possibilità di lavorare su una sceneggiatura professionale, e quindi fare gavetta. Ti offro anche la visibilità che questo progetto avrà, e tu in cambio metti il lavoro di disegnare le 6 tavole che ti affido”.
Discorso chiaro, fatto PRIMA di iniziare a lavorare, e che mi pare non dia adito a fraintendimenti.
Da un lato:
- sceneggiatura professionale e consigli su come lavorare con dei professionisti;
- visibilità mediatica del nome e del progetto.
Dall’altro:
- 6 tavole da disegnare.
Posso dire che mi pare una cosa del tutto TRANQUILLA e che non ci vedo nessuna truffa, o problema per il mondo del fumetto?
Posso dire che se non mi va basta che dica “no grazie”, e nessuno mi corre dietro col forcone?
Alcuni disegnatori accettano, e fanno le loro tavole.
Davvero inizia ad essere pubblicato.
Che succede?
Succede che si dice “Non va bene. Questo modo di lavorare è pericoloso perché Paola Barbato sicuramente è in buona fede, ma ha posto un precedente che porterà alla rovina del mondo del fumetto”
E si dice anche “Questo progetto non ha senso perché non propone storie di valore. Non è coraggioso. Non è sperimentale. Non ha voglia di stupire.”
Insomma, volendo sintetizzare Davvero "mi fa cagare perché non mi piace, e Paola Barbato è un’ingenua che ha insegnato un trucco raffinato ai biechi approfittatori che si nascondono nell’ombra!”
Posso dire che queste critiche mi fanno ridere?
Andiamo per ordine:
A - non va bene perché il lavoro – QUALSIASI LAVORO, CAZZO!!!!! – va retribuito.
Questo – che a livello ideale è una cosa bellissima, e a cui aspiriamo tutti - nella realtà spesso e volentieri non accade. E lo sappiamo tutti benissimo. Alcuni esempi personali:
- ho scritto un racconto di fantascienza per la Vallardi, pubblicato nell’antologia di fantascienza Ucronica “Se in Italia”;
- ho scritto un saggio sulle opere di Tolkien e i fumetti apparso su “L’albero di Tolkien”, per la Bompiani;
- ho scritto voci per il Dizionoir dei fumetti;
- ho scritto un saggio per “Carta Canta”, volume di saggi sul rapporto tra musica e fumetti, edito da Cartoon Club;
- ho scritto articoli per il catalogo della mostra “Fede a Striscie”;
- ho scritto decine e decine di altri articoli/saggi/interventi e tutti sempre a titolo gratuito. Un amico, o una persona che conoscevo mi ha chiesto “vuoi contribuire a questo progetto?”, e io ho detto “sì.”.
Ho LAVORATO per scrivere le cose che ho scritto (perché se il disegnatore lavora per disegnare, lo scrittore lavora per scrivere), ma siccome i patti erano chiari fin da subito poi non ho rotto le scatole dicendo “ma io ho LAVORATO, e voi vendete il libro!!!! Quindi voi ci GUADAGNATE, e mi state SFRUTTANDO”. E come me molti altri professionisti nel mondo del fumetto fanno così. Patti chiari, e poi decido io se LAVORARE o meno a queste condizioni. E le maestrine o i crociati che poi alzano la voce per difendere i lavoratori oppressi francamente lasciano il tempo che trovano.
Invece di attaccare Paola Barbato, facciamo nomi e cognomi di chi sfrutta DAVVERO gli autori. Tipo… secondo voi se l’editore X RISTAMPA una storia non dovrebbe riconoscere una royalties sulla ristampa agli autori? Fin dalla PRIMA ristampa? Mi pare che NON riconoscere questo sia un pelino più serio che se Paola Barbato chiede un aiuto, no? E allora perché gli stessi che accusano Paola Barbato di essere ingenua e poco accorta, non ci dicono che l’EURA non pagava le ristampe agli autori, se non dopo la TERZA? Ossia, se l’EURA prendeva una storia da lei pubblicata, e la ristampava, agli autori di quella storia non veniva riconosciuta alcuna royalties. Esperienza personale: io ho pubblicato numerose storie su Skorpio e Lancio Story. Due anni dopo la prima pubblicazione Skorpio e Lancio Story venivano ristampati in edicola nelle raccolte (la cosa accade tuttora). E io non ho mai visto nessuna royalties. Mi pare che questa cosa sia un pelino più seria di cosa faccia la Barbato, no? Eppure non lo dice nessuno. Nemmeno quelli che si inalberano per la Barbato, e sanno BENISSIMO come lavorava l’EURA. Cosa? Mi chiedete se l’AUREA fa lo stesso? Forse. Chi lo sa. Io non ci lavoro con l’AUREA, ma forse molti altri sì, e potrebbero, visto che si preoccupano della deriva negativa per gli autori, dirci se l’AUREA riconosce le royalties per le ristampe dalla PRIMA ristampa. Tanto per essere chiari: se JOHN DOE verrà ristampato, a Lorenzo Bartoli e Roberto Recchioni saranno riconosciute royalties sul venduto della ristampa? Se l’AUREA imiterà l’EURA, non credo proprio, ma potrebbero dircelo i diretti interessati, visto che si preoccupano così tanto della Barbato, no?
Sto dicendo che il lavoro non va retribuito? No. Sto dicendo che se i patti sono chiari, siccome non esiste un sindacato unico o un contratto unico nazionale da cui non puoi transigere in fase di accordi di lavoro, l’accordo è del singolo, sulla base di cosa gli viene proposto e della sua volontà di fare o meno il lavoro.
E dire “Se tizio accetta di fare così, allora rovina il mercato” è una sciocchezza. Qui si sta parlando di un progetto individuale, che non ha la minima incidenza sul mercato. Davvero non è una merce che vendi. È una espressione di un progetto artistico.
B - passiamo all’altro punto che mi pare interessante.
Il lavoro va SEMPRE retribuito. Anche poco, ma sempre. E Paola Barbato sbaglia perché non da una sia pur minima retribuzione ai disegnatori.
Ok. Diciamo che ti prendo in parola. Il lavoro va sempre retribuito, e Paola Barbato sbaglia. Allora, se TU ritieni che Paola Barbato sbagli, facci vedere come si fa.
Si parla di minima retribuzione. Vogliamo dire 50 euro per le 6 pagine? È poco, ma è una minima retribuzione simbolica, no? Bene, sarebbe interessante che chi si arroga il diritto di pontificare su COME Paola Barbato dovrebbe fare, la smettesse di fare lo splendido e mettesse in piedi lui un progetto del genere PAGANDO gli autori. Parliamo di 50 euro alla settimana, sicuramente meno di quanto spende un autore di medio successo che lavora per Bonelli, Astorina, Disney, andando a cena fuori una sera, o in ricariche di cellulare.
Credi che il lavoro vada retribuito SEMPRE? Credi altresì che possa anche essere una retribuzione minima, solo per salvare il principio? Allora piantala di criticare gli altri, e FALLO TU UN PROGETTO DOVE TU PAGHI GLI AUTORI (anche se la fruizione è gratuita). Altrimenti piantala, perché rimane sempre vera la massima popolare: “Sono tutti editori, con i soldi degli altri”
Quindi, per essere chiari e brutali: Paola Barbato sbaglia a fare come fa? Metti su un sito, scrivi una storia, chiama i disegnatori e PAGALI TU.
C – Qualcuno dice “Davvero non doveva essere fatto perché è brutto”. Ragazzi, ora io capisco tutto… capisco che Internet davvero abitua male, capisco che è bello aprire bocca e sentirsi parte di una social community, capisco che spesso cervello e dita sono sconnesse, ma…..che razza di discorso è?
Io Davvero non l’ho letto, non mi interessa e probabilmente non lo leggerò mai. Come ho detto gli shojo manga disegnati all'italiano non sono ai primi posti della mia scala di interessi, e quindi la questione se Davvero sia bello o brutto non mi interessa. Potrebbe essere bellissimo, come la ciofeca più devastante dell’universo.
È il principio che non va. Davvero è GRATUITO. È il frutto di un gruppo di persone che vuole realizzare un qualcosa e lo fa. E poi lo mette a disposizione GRATIS. E se ti va lo leggi, e se non ti va non lo leggi. SENZA SPENDERE NULLA.
In questo caso non vale nemmeno la logica (anch’essa sbagliata, ma diffusissima) del “siccome ho pagato per averlo, posso criticarlo come voglio”. No. Non hai pagato. L’hai letto. Punto.
È brutto? E allora? Abbiamo deciso che da adesso si possono realizzare solo progetti belli? Solo cose che piacciono a chi le legge? Se una cosa è (o pare al lettore X) brutta, allora bisogna impedire che la si realizzi?
Ma stiamo scherzando? La libertà di espressione vale solo se si conforma ai canoni della tecnica?
E probabilmente gli stessi che dicono “Davvero è brutto, quindi non andava fatto”, sono i primi ad esaltare il Punk rock, come espressione di libertà creativa svincolata dalle logiche di mercato.
La libertà di espressione o vale in sé, o non vale mai.
Poi, DOPO aver fatto esperienza dell’opera io lettore ho tutti i diritti di dire “non mi piace”, e volendo anche motivare il perché non mi piace, ma non posso dire “siccome è brutto non andava fatto”. Con questo discorso, secondo i MIEI gusti, il 90% del catalogo degli editori più fighi che circolano nelle fumetterie) non andava fatto perché per me sono volumi brutti. Ma siccome io cerco di essere coerente con cosa dico anche ciò che per ME è brutto ha diritto ad esistere, se qualcuno ci ha investito passione, tempo e lavoro.
Chiudiamo. Signori, segnatevi questa data: dicembre 2011, il mese in cui Paola Barbato ha avviato la distruzione del sistema retributivo nel mondo del fumetto italiano. O forse solo l’ennesima dimostrazione che ci sono troppe tastiere in giro.
UPDATE
Aggiunte e Chiarimenti su “Davvero”.
1 – Gentile signora Barbato, forse non è chiaro che il mio pezzo è a FAVORE del suo progetto. E questo a prescindere se l’abbia letto o meno. È a favore come filosofia di fondo. Non sarò stato chiaro, e probabilmente non dovevo dire che non amo gli "shojo" (ma non bisogna sempre dire la verità?), e quindi può essere che il CONTENUTO dell’articolo si sia perso , per dare troppa importanza a piccole battute. Ma il punto è che io non mi unisco a chi la critica, e difendo il suo diritto di fare cosa ritiene giusto. È più chiaro ora?
2 – lo so benissimo che le raccolte non sono ristampe in senso tecnico-editoriale. Ma si tratta pur sempre di un SECONDO PASSAGGIO IN EDICOLA; da cui l’EURA ricavava soldi. O forse le raccolte vengono regalate? Quindi l’EURA dalle raccolte in edicola ricava soldi per
3 – per essere più chiari: l’EURA mi paga tot soldini per una storia. Poi la vende in edicola su Lancio Story. Poi
Vogliamo fare gli accademici della crusca? Allora diciamo che l’EURA pagava i diritti d’autore solo a partire dalla TERZA RIPUBBLICAZIONE in poi. Però lei incassava i soldini per ogni volta che usava quella singola storia. Ora è più chiaro, o vi devo fare i disegnini? È più chiaro, o farete ancora le pulci a qualsiasi cosa io scriva e dica, caro Giovanni La Mantia, collaboratore di Comicus?