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Benny, il caricaturista che cattura l'anima dei calciatori (juventini)

benny01di Giuseppe Pollicelli*

I caricaturisti più bravi sono quelli che, della persona ritratta, non si limitano a riprodurre in maniera fedele - e solo lievemente accentuata - i lineamenti fisionomici. Questi ultimi sono semplicemente dei buoni caricaturisti, come se ne trovano anche a Piazza Navona. I fuoriclasse fanno altro, e di più. I rari maestri della caricatura riescono a cogliere, del soggetto disegnato, quella che siamo soliti chiamare anima. O, se si preferisce, l’indole e il carattere. Insomma, l’intima essenza di una personalità, il suo nucleo fondamentale. Da una caricatura eseguita a dovere si può risalire agli umori profondi di un individuo, alle sue ambizioni, alle frustrazioni, alle esperienze accumulate, alla storia che ha alle spalle. In fondo la caricatura, quando praticata ai livelli più alti, non è altro che una modalità attraverso la quale si esercita la fisiognomica, la disciplina secondo cui lo studio attento dei connotati di un uomo o di una donna permette di comprenderne l’interiorità, accedendo a ciò che è solitamente inaccessibile. «Leggo dentro ai tuoi occhi da quante volte vivi, dal taglio della bocca se sei disposto all’odio o all’indulgenza, nel tratto del tuo naso se sei orgoglioso, fiero oppure vile…» canta Franco Battiato in una canzone del 1988 che s’intitola appunto “Fisiognomica”. Non sappiamo se quello che, oggi, è il miglior caricaturista italiano sia un estimatore di Battiato e conosca il brano in questione. Quel che è certo è che l’attuale miglior caricaturista italiano, vignettista principe di «Libero» e di «Tuttosport», è - forse senza saperlo - un virtuoso della fisiognomica. Il suo nome è Benedetto Nicolini, è nato a Modena nel 1974 (ma è torinese d’adozione) e ha scelto di siglare i propri lavori con lo pseudonimo di Benny, lo stesso con cui ha dato alle stampe il suo primo libro, che consente di apprezzarne appieno il talento.

Essendo un innamorato della Juventus, Benny ha avuto l’idea di realizzare una strenna che contenesse un centinaio di caricature inedite di campioni ed ex campioni della Vecchia Signora (più Gianni Agnelli, Andrea Agnelli, Trapattoni, Lippi e Capello), suddivisi in quattro categorie: la rosa attuale, le stelle (i nomi indiscutibili, da Platini a Del Piero), le stelline (quelli che, pur senza diventare bandiere, hanno lasciato un segno, da Boninsegna a Schillaci) e le stellacce (i reprobi e gli ingrati, da Boniek a Ibrahimovic). Ogni caricatura è accompagnata da una sapida scheda firmata dal coautore Marcello Chirico, giornalista con all’attivo numerosi testi di argomento bianconero (tra cui “Il novissimo gobbo. Dizionario del tifo juventino” e il recente “Universo Juve”) nonché volto familiare ai telespettatori di Telelombardia e Antenna 3. Il volume, tutto a colori, s’intitola Firmamento Juve (Ed. Minerva, euro 20) ed è impreziosito da una prefazione di Gianluigi Buffon e da una postfazione dell’opinionista tv Massimo Zampini.

Forte della lezione di caricaturisti eccelsi come Franco Bruna, Achille Superbi e soprattutto il tedesco Sebastian Krüger, autentico genio del ritrarre deformando, Benny riesce sempre nell’impresa di mostrarci il cuore dei personaggi che disegna, fermandone su carta un’espressione, uno sguardo, un movimento che non sono soltanto tipici di questi assi del pallone ma costituiscono una perfetta sintesi del loro essere. Anzi, quanto più Benny ne esaspera i lineamenti, tanto più ne cattura la verità segreta e recondita: dal Chiellini drugo col naso enorme e gli occhi buoni al Giovinco Mazinga Z con l’aria determinata di chi per affermarsi deve faticare il doppio degli altri, fino al Baggio dallo sguardo furbetto che si nasconde dentro una coppa Uefa come chi abbia una marachella da farsi perdonare.

Essendo a mia volta juventino, non posso che compiacermi di condividere la fede calcistica con Benny. Se lui avesse tenuto per un’altra squadra mi sarebbe seccato recarmi in libreria per acquistare un libro di caricature, che so, interiste o granata. Lo avrei fatto lo stesso, però. Perché il tifo è il tifo, ma l’arte vale di più.

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*Articolo apparso originariamente su "Libero" del 8 dicembre 2012. Per gentile concessione dell'autore.

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