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Lettere al Direttore » Al Comune di Roma il fumetto non è considerato cultura?
Riceviamo e pubblichiamo.
Gentile direttore,
mi chiamo Daniela Molina e scrivo questa lettera aperta perché sono veramente amareggiata per via della denigrazione costante a cui vengono sottoposti i progetti culturali che riguardano il mondo del fumetto. In questo campo l’ignoranza di chi dovrebbe occuparsi istituzionalmente di cultura è veramente grande.
Da alcuni anni con l’associazione che presiedo, la Irideventi, mi occupo di realizzare progetti culturali senza alcun tipo di finanziamento pubblico e negli ultimi 3 anni abbiamo dato vita a un concorso per fumettisti e a una manifestazione dal titolo “Roma fumetti & Co.”. Queste manifestazioni ci sono costate molto impegno ed energie poiché ci abbiamo messo l’anima, per realizzarle. Quella di quest’anno è stata magnifica ed abbiamo coinvolto veramente tanti personaggi autorevoli, realizzato tanti eventi nell’arco di tre giorni, e siamo certi di aver dato al pubblico il massimo che il panorama culturale può offrire, con l’interessamento di sceneggiatori, disegnatori, illustratori, scrittori, registi, editori, scuole d’arte, musicisti, disc jockey, musei, associazioni di settore e dei settori collegati. Per non parlare degli Enti internazionali riconosciuti, come ad esempio il CNIFP del CONI.
Per realizzare questa manifestazione, la cui qualità culturale è presto verificabile collegandosi alla pagina dedicata del nostro sito http://www.irideventi.it/Roma%20Fumetti.html quest’anno ho utilizzato tra l’altro tutti i miei risparmi personali ed ho chiesto prestiti a parenti ed amici. Un progetto ed un programma di tale ambizione infatti necessitano di investimenti notevoli e così, per tentare di rientrare di qualcosa, abbiamo anche provato a partecipare al bando del Comune di Roma – Dipartimento cultura per gli eventi che si sarebbero svolti a Roma tra giugno e dicembre di quest’anno ("Avviso Pubblico per il reperimento proposte di rassegne e festival di spettacolo dal vivo, e/o cinematografici da realizzarsi nella Città di Roma nel periodo giugno/dicembre dell'anno 2013"). Visto che la manifestazione si faceva a giugno ci rientravamo ed abbiamo inviato tutta la documentazione (quasi 100 pagine) all’ufficio preposto. Ai progetti doveva essere dato un punteggio ed un punteggio ulteriore, premiale, a chi li realizzava in periferia e se tali progetti coinvolgevano e interessavano i giovani. Ora entrambi i requisiti erano perfettamente a nostra misura, visto che ci rivolgevamo ai giovani (e anzi erano protagonisti degli eventi) e che per l’occasione avevamo preso in affitto il teatro Tendastrisce situato in via Perlasca, nella periferia romana. Ci tengo anche rilevare che nel materiale inviato erano comprese le schede biografiche delle decine di personalità intervenute, con tanto di curriculum che dimostrava il loro spessore culturale.
Ebbene, immagini il mio disappunto e quello degli associati che tanto si sono prodigati a titolo di volontariato, cioè senza percepire niente essendo iscritti all’associazione (mentre abbiamo regolarmente pagato il dovuto a tutti coloro che hanno lavorato per noi, e si trattava di giovani disoccupati e con seri problemi di sopravvivenza), nel momento in cui abbiamo visto la pubblicazione del bando: eravamo al penultimo posto in graduatoria, dopo centinaia di progetti presentati da società private, enti, cooperative, ecc.. In pratica il nostro progetto non è stato preso in considerazione e probabilmente nemmeno letto in quanto nel titolo campeggiava la parola “fumetti” che, secondo il dipartimento cultura del Comune di Roma, non è compresa nel vocabolario della cultura, ovvero non appartiene a questo ambito. A riprova di ciò, vi invito a leggere tale graduatoria (http://www.culturaroma.it/15), dalla quale sarà semplice comprendere come ai primi posti – come sempre – ci sono i soliti nomi e i soliti progetti triti e ritriti per i quali si continuano a chiedere fondi pubblici in ogni occasione (stessi progetti, identici, presentati di anno in anno alla Regione, alla Provincia, ai diversi dipartimenti del Comune, ai municipi, ecc.). Comunque non voglio recriminare sulle quantomeno strane preferenze dei componenti della commissione dei quali – nonostante la legge sulla trasparenza – non viene mai fatto il nome né perlomeno data la qualifica dalla quale si possa evincere la competenza in materia , ma voglio recriminare sulla posizione in graduatoria.
Forse penserà che ci sia la possibilità di fare ricorso. Ebbene no, non c’è. Sono stata da un avvocato, ma mi ha detto che proprio per il fatto di essere in una posizione così bassa in classifica, la nostra associazione non ha diritto a fare ricorso, mentre potrebbero farlo solo i primi classificati qualora i loro progetti non fossero stati comunque selezionati. Insomma i regolamenti comunali e le varie disposizioni in materia permettono che giustizia non sia fatta. Ci sarebbe infatti stato molto utile sapere per quale ragione un’associazione culturale senza scopo di lucro (che dovrebbe essere avvantaggiata rispetto a chi invece il lucro ce l’ha eccome) non abbia avuto un punteggio in più (seguendo il dettato costituzionale che parla di associazionismo dei privati cittadini per quanto concerne il principio di sussidiarietà); perché non si sia considerato il curriculum dell’associazione che è femminile (altro motivo di precedenza) e registrata ufficialmente come APS (ulteriore motivo di precedenza). Inoltre, sarebbe anche utile sapere perché non vige una norma che stabilisca che, perlomeno, si attui una turnazione per quanto riguarda gli organismi che percepiscono fondi pubblici, allo scopo di evitare che a percepirli siano sempre gli stessi e che alcuni, al contrario, non riescano mai ad avere un supporto economico. Si tratta di una questione di giustizia.
Mentre di questione di trasparenza si tratta quando non si dice chi ha selezionato e su quali basi i progetti presentati. Con quali criteri? Scorrendo la graduatoria e facendo una ricerca in internet su quelli realmente realizzati potrà rendersi conto della qualità di tutti e metterli a confronto. Non serve un genio per valutarli ma almeno un minimo di competenza bisogna averla e soprattutto di pazienza per leggerli tutti, visto che sono state richieste tante pagine di documentazione e – attenzione - ciascuno deve essere valutato da ogni singolo membro della commissione e discusso in sede di riunione. Sarà stato fatto?
Sarebbe il caso che il Sindaco aprisse una commissione d’inchiesta interna o che lo facesse un giudice o un organismo preposto (che esiste), ma nessuno lo fa mai: perché? Controllare come vengono spesi i milioni a disposizione della PA per la cultura dovrebbe essere importante, visto che si tratta di soldi dei contribuenti.
Il “sistema” comunale insomma non permette di fare nulla quando ci si sente trattati ingiustamente da questi uffici della PA. E la domanda di base resta: possibile che il fumetto non sia considerato cultura? Questo incrocio unico di letteratura e arte, al quale sono collegate tante forme culturali come ad esempio il cinema e la musica, non è cultura? Allora, scusate: cosa lo è? Per il dipartimento preposto alla cultura del Comune di Roma lo sono sicuramente più dei fumetti, ad esempio, le feste dei pagliacci. Evviva evviva.