- Categoria: Reportage
- Scritto da Giuseppe Pollicelli
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«Noi, Zagor». Il fumetto visto dai fan
di Giuseppe Pollicelli*
Il personaggio di Zagor, creato nel 1961 da Guido Nolitta (pseudonimo di Sergio Bonelli, l’editore figlio di Gian Luigi, inventore di Tex) e dal disegnatore Gallieno Ferri, ha sempre convissuto con il ruolo di «fratello minore» della star assoluta del fumetto italiano, appunto Tex Willer. Tex è più anziano (il primo albo è del 1948), più famoso, più venduto. Eppure Zagor non ha mai davvero patito l’impegnativo confronto, proprio come Sergio Bonelli non si è fatto schiacciare dall’ombra paterna, ottenendo in veste di sceneggiatore (si pensi, oltre a Zagor, a Mister No) risultati assai più grandi di quelli a cui la sua umiltà lo aveva convinto di poter ambire. A soffrire meno di tutti il paragone con Tex sono però gli zagoriani, cioè i lettori di Zagor, molti dei quali, soprattutto da quando Internet ha consentito la comunicazione tra appassionati sparsi in ogni angolo d’Italia (e non solo), hanno formato una sorta di comunità che, riconoscendosi nei valori di onestà e giustizia del Re di Darkwood, si caratterizza per un entusiasmo che non ha uguali nel mondo dei comics. Come il titolo lascia intuire, è dedicato essenzialmente a questa straordinaria capacità di aggregare - suscitando adesioni viscerali e fenomeni estremi di collezionismo - il documentario “Noi, Zagor” di Riccardo Jacopino, presentato in anteprima a Roma martedì scorso. Nei suoi 70 minuti di durata, il film - che verrà proiettato anche domenica 6 ottobre, sempre a Roma, nell’ambito della manifestazione Romics, per poi uscire in sala il 22 e 23 ottobre - ricostruisce attraverso materiale di repertorio, filmati inediti (un paio dei quali girati in Croazia e in Turchia, nazioni in cui Zagor è molto popolare) e interviste a varie personalità (da Gallieno Ferri al curatore di testata Moreno Burattini) la vicenda editoriale dello Spirito con la Scure, raccontando soprattutto come Zagor costituisca una presenza fondamentale nella vita di tanti individui. Il modo in cui le avventure e il microcosmo zagoriani riescono a incidere nella sfera emozional-sentimentale dei lettori rende l’amore per Zagor molto simile a quello per una formazione sportiva. Difatti gli zagoriani, e il documentario lo mostra, arrivano a indossare - alla stregua di un tifoso di calcio - sgargianti magliette rosse riproducenti il simbolo alato che decora la casacca del loro eroe. Parafrasando la famosa canzone di Venditti sulla Roma, costoro potrebbero cantare: «Grazie, Zagor, che ci fai vivere e sentire ancora una persona nuova…».
*Articolo pubblicato originariamente su “Libero” del 4 ottobre 2013. Per gentile concessione dell'autore.