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I Puffi, gli gnometti blu che sconvolsero la semiologia

di Giuseppe Pollicelli*

Una bella notizia per gli appassionati di fumetti di tutte le età. La casa editrice RW ha messo in cantiere, per la prima volta in Italia, l’edizione integrale delle storie dei Puffi, i piccoli esseri di colore azzurro che da decenni sono entrati di prepotenza nell’immaginario collettivo occidentale. L’uscita d’esordio di quest’importante iniziativa editoriale, che a breve vedrà la luce anche in Francia e in Belgio per i tipi della Dupuis (coproduttrice del progetto), sarà nelle librerie a giorni e - arricchita da un apparato redazionale di quasi 70 pagine - proporrà gli episodi iniziali della saga seguendo non l’ordine di pubblicazione su rivista bensì quello con cui, in un secondo momento, le varie avventure sono state raccolte in volume Oltralpe: I Puffi. L’integrale vol. 1 (pp. 288, euro 29,95). Ideati nel 1958 dal belga Peyo, al secolo Pierre Culliford (1928-1992), che li inserì all’interno di Johan et Pirlouit, una serie di genere fanta-medioevale da lui stesso creata per il periodico francese “Le Journal de Spirou”, i Puffi si chiamano in originale Schtroumpfs e pochi sanno che a ribattezzarli in italiano nel modo mirabile che tutti conosciamo fu nel 1964 una redattrice del “Corriere dei Piccoli”, José Pellegrini, la quale, assieme all’allora direttore del settimanale, Carlo Triberti, si occupò per prima di tradure le storie di Peyo, decisamente più belle, avvincenti e mature di quanto non siano i successivi disegni animati per la tv prodotti negli Usa - peraltro con ottimi riscontri di pubblico in tutto il mondo - da Hanna & Barbera. Un altro particolare poco noto è che Peyo, autore geniale e disegnatore sopraffino, è tuttavia fortemente debitore, nell’elaborazione dell’universo puffo, nei confronti del collega sceneggiatore Yvan Delporte, cui tra le altre cose spetta il merito di avere creato il principale antagonista dei Puffi, il mago Gargamella, e di avere stabilito che gli gnometti si nutrano di salsapariglia. L’elemento più straordinario - che questo primo tomo dell’edizione integrale consente di apprezzare appieno - della saga puffa è però rappresentato dalla lingua degli ometti blu, quel raffinatissimo idioma che si fonda sulla declinazione e la coniugazione di un’unica parola: «puffo». Come ha scritto Umberto Eco in un memorabile saggio risalente al 1979, le storie dei Puffi hanno una grande rilevanza semiotica poiché si tratta di un formidabile esempio di «meditazione pratica sul funzionamento contestuale del linguaggio».

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*Articolo originariamente apparso su “Libero” dell’1 settembre 2013. Per gentile concessione dell'autore.

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