- Categoria: Osservatorio Tex
- Scritto da Lorenzo Barruscotto
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Il misterioso caso delle casuali casualità scritte a caso ma non per caso
Coincidenza…
Il vocabolario spiega che si tratta di “accadere simultaneo e fortuito di due o più fatti o circostanze diverse”. Fortuito, quindi casuale, per nulla intenzionale o pensato.
La vita è piena di coincidenze. Il fatto è che quanto meno secondo la mia personale esperienza sono ben poche quelle positive. Una “circostanza positiva” di solito bisogna andarsela a cercare, crearsela con costanza, tenacia, cocciutaggine e perché no passione. Beh, certo un pizzico di fortuna non guasta mai però anche in quel… caso volendo scavare a fondo, viene fuori che non è che la dea bendata si sia mossa a pietà ma un po' di sangue, sudore e lacrime sono stati spesi comunque.
Sul versante opposto, i “casi negativi” non si contano. E molto spesso siamo spinti a lasciarci andare ad un'esclamazione indicante il raggiungimento del nostro limite di sopportazione: qualcosa che suona come “eccheccaso”!
Di che diavolo sto parlando? Ci arrivo subito.
Partendo dal presupposto che non bisogna mai dimenticare che nella vita, purtroppo, ci sono problemi ben più pressanti e gravi di quattro parole blaterate al vento e che non stiamo disquisendo di beni di prima necessità, la mia bile ha rischiato lo stesso di arrivare ad un preoccupante grado piuttosto vicino all'ebollizione, e non per via del caldo di questi giorni.
Confesso però che dopo un momento iniziale di sorpresa mi sono anche fatto una bella risata, sarà stata una risata isterica ma seguendo una promessa auto-imposta non ho permesso a ciò che vi sto raccontando a guisa di aneddoto semi-comico di causarmi strascichi degni di considerazione. Diciamo che espongo un fatterello come se ci trovassimo al bancone di un saloon e sarà poi opinione di chi legge scegliere se aggregarsi alla risata o andare a cercare pece e piume nell'emporio più vicino.
Intendiamoci, non sono maligno fino al punto di credere che ci sia stata una studiata premeditazione o che sia stato un gesto pienamente voluto e sicuramente dalla controparte, nel qual… caso dovesse arrivare una smentita, si argomenterebbe spergiurando e sostenendo fortemente di non essere neanche al corrente dell'esistenza di chi vi scrive. Cosa probabilmente vera, anche se spesso ho alzato la mano per farmi sentire, per quanto presumibilmente si debba dosare il tutto aggiungendo un pizzico di alterigia che si nasconde dietro la maschera di umiltà ed impegno che molti si costruiscono per presentarsi agli altri. Dal canto mio quello che vi dico non è mai imbevuto di spocchia o tracotanza, tutt'al più di quella ironia che diventa necessaria quando ci si trova di fronte, come avvenuto in passato e purtroppo visto l'andazzo avverrà ancora, a situazioni, per utilizzare nuovamente questo termine, presentate come frutto di alti livelli di professionalità mentre invece la realtà oggettiva è ben differente.
Dunque, iniziamo…
L'agente speciale NCIS Leroy Jethro Gibbs:
una delle sue frasi ricorrenti è "Io non credo nelle coincidenze!"
Ritratto di Lorenzo Barruscotto
Tempo fa, per la precisione il 21 luglio 2019, quindi sostanzialmente un anno fa a ben vedere, avevo pubblicato una recensione relativa al numero di Tex intitolato “La maschera di cera”, articolo apprezzato anche dall'autore dei disegni e che ha superato le duemila visualizzazioni. E' un'analisi che segue la nuova impostazione che ho dato ai pezzi, vale a dire la divisione in settori: disegni - per l'appunto - storia, riferimenti storici e texianità, cioè spirito texiano. Ora, se si fosse trattato di uno dei miei lunghi discorsi contenenti svariate argomentazioni la cosa prenderebbe un aspetto diverso ma l'approfondimento storico verteva praticamente solo su un tema: l'Agenzia Pinkerton.
Vi ripropongo qui di seguito il link diretto dell'articolo e riporto le mie stesse parole sulla parte in questione: http://www.fumettodautore.com/index.php/magazine/osservatorio-tex/5572-recensione-tex-inedito-705-la-maschera-di-cera .
Il vero elemento storico è costituito dalla Agenzia Pinkerton. Avevamo già avuto modo di spendere due parole su questa compagnia di pubblica sicurezza e sul suo fondatore in passate chiacchierate.
Tutti i Texiani degni di questo nome sanno cosa sia la famosa Agenzia governativa di investigazione i cui agenti hanno incrociato spesso la pista con quella dei Rangers. Forse però non tutti sanno che Allan Pinkerton, era figlio di un poliziotto di Glasgow, Scozia. Emigrato come tanti in America per stabilirsi nei dintorni di Chicago, il giovane Allan riesce a sgominare da solo dapprima una banda pare di falsari, spiando le loro mosse ed informando in seguito le autorità e poi a smascherare altri crimini. Per le sue abilità nel 1849 viene nominato vice sceriffo nella contea di Cook, in Illinois. La sua Agenzia ebbe il quartier generale proprio a Chicago, diciamo sua città adottiva. La ben meritata fama di Pinkerton crebbe a tal punto che perfino la protezione dei presidenti degli Stati Uniti venne affidata al celebre detective il quale salvò la vita ad Abramo Lincoln sventando un attentato ai suoi danni, a Baltimora. Beh, prima di quello che purtroppo gli fu fatale a Washington. Tranquilli, non mi metterò a raccontare per filo e per segno cosa successe a Lincoln e perché gli spararono un colpo di Derringer alla nuca mentre si trovava a teatro. Mi limito a ricordarvi che il suo omicidio viene attribuito all'attore di teatro John Wilkes Booth e che tra i moventi ufficiali, e sottolineo ufficiali, c'era la sua delusione per come era andata a finire la Guerra Civile, essendo un simpatizzante per il Sud. Ma guarda un po', povera tortorella.
In ogni caso l'attentato al presidente Lincoln ha, come molti eventi che hanno cambiato la Storia, fatto nascere parecchie teorie e la vera verità talvolta si è fusa con la leggenda. Come il fatto che l'assassino, feritosi ad una gamba saltando giù dagli spalti per atterrare sul palco, prima di fuggire si rivolse alla folla per gridare “”Sic semper tyrannis”, un'espressione latina che significa “così accade sempre ai tiranni”, parole pronunciate da Bruto dopo aver trasformato Cesare in un setaccio a coltellate. Ma sinceramente io, per quanto non sia più un bamboccio in fasce ed abbia i miei anni sul groppone, non c'ero in nessuna delle due occasioni e non posso confermare né smentire. (Fatemi fare una battuta, ogni tanto…) Tra l'altro noi abbiamo avuto a che fare anche con questa faccenda in una ormai non più recentissima storia di Tex (“Gli uomini che uccisero Lincoln” e “Missione speciale”, albi disegnati da Ortiz su testi di Nizzi).
La storia di Pinkerton si lega anche a quella del famigerato Jesse James, che ebbe l'incarico di catturare ma senza successo.
La Pinkerton National Detective Agency, che potremmo identificare come “nonna” della moderna FBI è stata ufficialmente fondata nel 1850 sotto la presidenza di Zachary Taylor.
Oh, per la cronaca, quando Lincoln venne assassinato, la sua sicurezza non era affidata ai Pinkerton, ma all'esercito. Per lo meno così si desume dalle fonti che ho consultato.
Il famoso “occhio” con la scritta “We never sleep” ("Noi non dormiamo mai”) è diventato un'icona ed aveva fatto guadagnare il soprannome di “Occhio privato” (private eye in inglese) ai detectives che militavano alle dipendenze dello sbirro di origini scozzesi. Pare che tale ente esista ancora oggi, anche se per certi versi ormai surclassato da altre famose “sigle” quali proprio l' FBI e diverse altre (in totale ce ne sono una quindicina negli Stati Uniti) e funzioni come compagnia di sicurezza.
D'accordo, nel pezzo ci sono poi anche alcune righe inerenti la location dell'avventura dell'albo, vale a dire Los Angeles, ma l'agenzia federale è il corpo della sezione riguardante i riferimenti storici.
Come forse chi segue i miei articoli sa già, da parecchio scrivo anche sul noto sito “Farwest.it” dove ho pubblicato pezzi a carattere prettamente storico, da analisi linguistiche sul reale modo di parlare dei cowboys ad interviste che affondano le radici nella vera Frontiera essendo gli interlocutori legati a doppio filo alle tradizioni Navajo o alla vita di Doc Holliday per fare un paio di esempi, fino a brevi testi corredati da ritratti realizzati da me su personaggi del cinema western.
Pertanto di quando in quando vado a vedere per pura curiosità i titoli degli articoli dei miei colleghi, nel... caso li leggo se mi suscitano interesse. E cosa non scopro qualche giorno fa? Un simpatico brano, piuttosto striminzito ad essere sinceri, intitolato “L'Agenzia Pinkerton”. Toh, ma guarda che coincidenza!
Ebbene, a me piace andare a fondo nelle mie ricerche, se non si tratta di una digressione che deve risultare veloce e non troppo soporifera, nonostante mi sia lasciato prendere la mano anche in quei frangenti a volte, e se considerate che non ricevo alcun compenso per i miei sproloqui in questa rubrica, come purtroppo per quelli su “Farwest.it”, si comprende facilmente che lo faccio per pura passione e per condividere tale “trasporto” con altri appassionati di West. Anche perché visto che nessuno mi paga, buttare insieme tre righe raffazzonate giusto per affermare di “aver fatto un articolo” non avrebbe a mio avviso granchè senso. Preferisco dare spazio alla qualità, magari inserendo notizie verificate e storicamente valide oppure spiegazioni connesse con la eventuale recensione che sto completando, piuttosto che scribacchiare un paio di luoghi comuni o, se si tratta di una ricerca mirata, informazioni superficiali.
In effetti la differenza tra i due articoli, se basata su questo concetto, farebbe propendere verso la mera combinazione. Come dice la mia fidanzata: “Sul West gli argomenti sono sempre quelli, è facile che si parli sempre delle stesse cose.” Sì, lo so, non guardatemi così, sono follemente innamorato di un'eretica.
Ma proprio per tale motivo, se si vuole affrontare un argomento già noto al pubblico di appassionati si deve, per lo meno si dovrebbe, offrire qualcosa di approfondito, studiato, ponderato e, se ciò avviene anche se l'idea di un pezzo è venuta perché qualcun altro ha scritto la sua versione dell'argomento, beh, tanto meglio: si confrontano le conoscenze, si diffondono, si incrementa il proprio sapere e la propria sete di conoscenza su qualcosa che accomuna quel pubblico. O almeno io la vedo così. Se invece riprendi sia l'idea che le “news” (visto che su Jesse James entrambi abbiamo semplicemente accennato al bandito, solo che io stavo scrivendo una digressione mentre un pezzo storico avrebbe dovuto considerarlo tra i punti cardine) allora fallo bene, se no stai solo perdendo tempo. Il tuo ed il mio che da lettore mi aspetto di trovare serietà e scrupolosità da parte di un “qualificato competente”.
Questo non è un settore in cui si dovrebbe “fare tanto per fare” primo per rispetto verso chi legge, poi per rispetto verso se stessi e la propria passione. Se di passione si tratta. Inoltre agendo con questi chiamiamoli mezzucci, come appare per lo meno, si considera piuttosto basso il livello standard a cui sono indirizzati gli articoli ritenendo dei pecoroni anche alquanto impreparati e faciloni i destinatari della suddetta condivisione, dimostrando tra l'altro anche una scarsissima considerazione per il proprio lavoro.
Nessuno nasce imparato, naturalmente, ma l'altra faccia della medaglia, che ancora mi stupisce e destabilizza, è che però non mancano i commenti osannanti o estremamente favorevoli verso un “lavoro” di tale guisa facendomi cadere la mandibola (diciamo la mandibola) ben al di sotto delle ginocchia e spingendomi a chiedere a me stesso più di una volta se sia io ad aver ricevuto una botta in testa o se invece non siano quelle caricature western di cheer-leaders adoranti ad aver bevuto del whisky andato a male. Purtroppo mi sono imbattuto anche in situazioni tramutatesi da abbastanza amichevoli in del tutto spiacevoli, che dimostrano la diffusione su larga scala del suddetto whisky corretto con polvere da sparo e veleno di serpenti, evidentemente.
C'è stato il fumettista organizzatore di una manifestazione nei pressi di Biella, non facciamo nomi ma chi mastica di nuvole parlanti ha capito a chi e cosa mi riferisco, che tempo addietro mi aveva invitato come partecipante ed espositore a patto che il posto a me assegnato fosse allo scoperto senza garanzie di una copertura in caso di pioggia e soprattutto a condizione che mi portassi il tavolo da casa. Mi ci vedete in treno trascinandomi la valigia di disegni e ritratti da esporre, con un tavolo legato sul groppone come Obelix che trasporta un menhir? Ah, certo, c'era sempre l'opzione di affittare un furgoncino se tutto il materiale non ci stava nel baule della mia macchina. Peccato che non ci sia ancora l'opzione di affittare anche solo per una giornata o due quel chiletto di neuroni utili all'occorrenza. Se si organizza una manifestazione si dovrebbe avere un minimo di preparazione, mentre invece la mediocrità sembra andare per la maggiore in diversi campi della vita, altrimenti, come si dice dalle mie parti, "amen". E tralasciamo il fatto che sempre tale artista abbia messo in piedi la medesima fiera (cambiando nome e considerandola una sorta di evento simil-culturale dando prova ulteriore che purtroppo il mondo è dei furbi, anche se poi quelli meno furbi come il sottoscritto magari ci vanno di mezzo) prima che le regole e le leggi consentissero la riapertura di eventi del genere e che parecchia gente, spero non tanta come in periodi normali, tra cui nomi importanti come ospiti, ci sia andata. Alla faccia delle aggregazioni...
Ci sono poi frangenti in cui ti guardi intorno cercando le telecamere nascoste perchè non puoi credere che non si tratti di una candid camera. Amministratori, ma anche semplici "passanti", di gruppi social che credendosi investiti di una qualche infima goccia di potere sui loro simili si permettono di eliminare post e commenti a loro piacimento, non fuori tema, come se fosse casa loro e bisognasse fare l'inchino ed indossare le pattine per entrare. Ho visto gente insultare chi (non io) si era sbilanciato, magari con tono forse sarcastico, a far notare terrificanti errori di grammatica commessi da altri utenti. D'accordo che non fa piacere sentirsi bacchettare ma non fa neanche piacere leggere frasi sconclusionate con il verbo avere senza H, gli apostrofi buttati a caso come se si trattasse di una manciata di semi in un campo ed i congiuntivi che risultano provenire direttamente da un'altra lingua. E' italiano, non fisica quantistica, lo si parla e lo si scrive, non sono solamente sviste che possono scappare a tutti. Ma anche atteggiamenti amabili quanto la sensazione che offre il raschiare le unghie su una lavagna: considerate che per quel determinato gruppo ho fatto disegni, generici o personalizzati, volantini, addirittura copertine di un menù per un pranzo (ogni volta dovendo chiedere per favore e dicendo grazie sebbene chi di dovere avesse la stessa comunicativa e considerazione delle basilari regole del buon senso del menhir di Obelix menzionato prima) e tutto ovviamente gratuito, anzi, come se fosse dovuto. Però cerco di non fare due, ok tre, volte lo stesso errore.
Comunque se questo gruppo, dal quale mi sono arrivate non lo nego anche alcune soddisfazioni, compensate però dalle difficoltà di relazione che ho enunciato e dagli improperi ricevuti, da persone che neanche ho mai visto nè conosciuto, è e rimane a livello amatoriale, nonostante i "premi" sventolati in pompa magna, non è che corrispondenti realtà a livello "semi-professional" siano così diverse. Per esempio ho più volte proposto i miei articoli al "Tex Willer Forum", i cui coordinatori hanno ogni tanto condiviso online qualche mio disegno o recensione, all'inizio della mia avventura di "scrittore", ma appena ho accennato alla richiesta di far comparire un articolo inedito sul loro Magazine mi si è chiusa bellamente la porta in faccia senza visionare nulla con la motivazione che sono sempre alla ricerca di "qualcosa di nuovo ed attuale". Fatemi pensare, amigos: intervista a Villa per il suo Texone, intervista a Dotti, a Filippucci, a Benevento per l'ultimo Texone, un reportage sulla e dalla Riserva Navajo... tutte cose ben poco nuove, è vero. Eh, quando uno ha ragione ha ragione. Forse sarebbe meglio cercare di volare leggermente meno alti nel firmamento, che ne dite? Icaro docet.
Perchè per essere grandi davvero ci si fa piccoli ed il solo momento in cui si guarda una persona dall'alto in basso è quando le si sta porgendo la mano per aiutarla a rialzarsi. Non ha importanza se vi siete fatti la fama di "rivista prestigiosa". Ce l'ha anche un altro magazine, per il quale ho scritto un articolo ed il cui direttore mi ha "facciatostamente" comunicato che per lavorare per la sua rivista avrei dovuto io pagare lui. E me lo ha detto come se fosse la cosa più normale di questo mondo, quasi stizzito al mio prima stupore e poi rifiuto. Ehm, cosa?
Bah, meglio lasciar perdere: questi erano solamente alcuni esempi di "casi" in cui mi sono imbattuto... per caso.
Ma tra tanti e tali fans di "Monolith" (film che per citare Fantozzi potrebbe tranquillamente venire utilizzato come "punto di riferimento verso il basso" e di cui ho parlato ampiamente non soltanto nella recensione specifica, che mi ha fruttato l'appellativo di "spregevole" da parte dello sceneggiatore, perchè non ho compreso il suo genio - io ed altri ventimila che sono andati a leggere l'articolo nonchè chiunque abbia interpellato che ha avuto la sfortuna di andarlo a vedere al cinema - ce n'è uno che brilla di luce propria e spicca tra la folla, sostenuto anche da insospettabili addetti ai lavori nonchè da uno stuolo di "groupies" piuttosto fedeli. Aspettate, ma volete sapere chi sia questo autore? Lo conosciamo, ahimè, già piuttosto bene: è l'insuperabile Monsieur Coiffeurs! Chi altri.
Inutile ripetere che quella di "Osservatorio Tex" è una voce fuori dal coro o meglio è una voce che dice le cose come stanno.
Lo sconsolato stato d'animo del lettore, ma anche del sottoscritto che ha realizzato il disegno,
di fronte a certi "qualificati professionisti" di ogni ambito.
Torniamo al "nostro" articolo, dal momento che può andare più che bene come riferimento esplicativo: un elenco (elenco… due) di nomi, una scarna lista di episodi senza alcun rimando temporale, storiografico, neanche cinematografico o editoriale, a mio avviso non è un articolo, su qualsivoglia tema, ma è piuttosto è una poco velata presa per i fondelli, una sorta di “vivere di rendita” dopo che ci si è costruiti una certa nomea di “esperto” contando sul fatto che tutto ciò che si partorisce debba risultare ottimo e vada pubblicato.
Questo sarebbe anche comprensibile se la suddetta fama fosse veritiera e concreta. Quando invece poggia su basi più scricchiolanti di un edificio in una ghost-town la faccenda cambia.
In tema di superbia, mi è capitato anche di lavorare con uno "sceneggiatore" (per quanto nel creare le tavole io abbia dovuto anche mettere mano alle parole nei balloons, oltre che occuparmi di tutta la parte grafica e della traduzione in inglese per la versione da spedire all'estero - storia breve pubblicata senza il mio consenso dal momento che si era concordato, quanto meno da parte mia, che sarebbe diventata una sorta di lavoro di prova, e senza avvertirmi di nulla - che nel sito personale ha come premi vinti un trofeo ottenuto nel suo paese. Non intendo nazione, intendo proprio paese. Ma fosse anche stato un riconoscimento a livello nazionale (personalmente ne ho conseguiti un paio vincendo dei concorsi e partecipando a mostre) non giustificherebbe il tono altezzoso intinto nello yogurt scaduto con cui ci si rivolge a qualcuno che viene ritenuto un subalterno, soprattutto se le storie inventate, sebbene per qualche motivo incomprensibile ai miei occhi o per il quale non conosco retroscena o motivazioni, siano approdate a case editrici prestigiose, contengono un susseguirsi di scivoloni tale da dover chiamare un ortopedico per prenotare una visita alla fine della lettura.
Riguardo a Monsieur Coiffeurs, a questo punto voi direte: “Ma allora ce l'hai proprio con lui.” Beh, per quanto mi riguarda le nostre piste potevano anche non incrociarsi mai, non lo conosco di persona e non è che abbia smania di colmare questa mancanza, ma mettiamola così: professionalmente, per dirla in questo modo, ci sono inciampato già alcune volte.
Non mi stanco di ribadire che tutti i miei “giudizi” non sono rivolti alla persona ma semplicemente al frutto del lavoro, a ciò che traspare da come si affronta tale compito ed ai prodotti che vengono pubblicati e che sono sotto gli occhi di tutti. Tutti quelli che vogliono vedere, si intende. Non si tratta nè di invidie nè di ripicche da prima donna: banalmente è una situazione che non capisco e, come diceva Bud Spencer nei panni di "Piedone": "...quando Piedone non capisce, che fa?". Ecco, io non posso nè mi permetterei di agire nel medesimo e sbrigativo modo del mitico poliziotto napoletano, ma metto nero su bianco, raccogliendo le idee. Tanto più che con questo caldo, e nel momento in cui scrivo adesso con questo temporalone estivo, chi riesce a dormire.
Nel suddetto articoletto inerente l'Agenzia Pinkerton che ha dato il "la" per codeste riflessioni, vengono menzionati due fatti che sono legati alla storia sia con la S maiuscola che della Pinkerton stessa, ovviamente senza fornire ulteriori spiegazioni o dettagli: uno si riferisce al famoso fuorilegge Jesse James. Non starò qui a fare io il lavoro che bisognava svolgere in origine ma mi limito a tappare il vostro languorino di conoscenza con un paio di nozioni, come sarebbe stato apprezzabile.
Jesse Woodson James (Contea di Clay, 5 settembre 1847 – Saint Joseph, 3 aprile 1882) diventò famoso già ai suoi tempi per la sua proverbiale mira, combatté con i Confederati per il Sud durante la Guerra civile e passò tristemente alla storia compiendo numerose rapine a banche e treni unionisti in Missouri, Kentuky, Iowa, Texas, Mississippi e Minnesota insieme al fratello Frank, i fratelli John, Cole, Jim e Robert Younger, William “Bloody” Anderson, i fratelli Ed e Clell Miller, William Quantrill, Archie Clement e Dave Pool. Divenne l'icona del rancore sudista fino alla sua morte avvenuta a tradimento da parte di un neo-membro della sua banda, Robert Ford, nel 1882.
Tramite le sue “azioni di guerriglia” dopo il cessate il fuoco ufficiale Jesse voleva dimostrare alla propria gente che la guerra non era finita e che si poteva continuare a combattere utilizzando modi e sistemi diversi. Durante le sue rapine in totale uccise 12 civili, oltre a svariati soldati nordisti. Per questo motivo l'esercito degli Stati Uniti tentò di catturarlo, senza tuttavia mai riuscirci.
L'inizio della fine per la banda viene storicamente fatto coincidere con il misero fallimento di una rapina a Northfield, Minnesota, il 7 settembre 1876. La momentanea assenza di Jesse, sempre molto rigoroso nel pianificare gli assalti secondo le fonti (anche se quei 12 civili avrebbero qualcosina da ridire, a mio parere), ebbe come conseguenza che vari membri della banda si ubriacarono prima del colpo, perdendo la necessaria lucidità. Conseguenza: il cassiere Joseph Lee Heywood, mentendo, affermò che la cassaforte era protetta da un congegno di chiusura. Nel frattempo gli abitanti della cittadina, insospettiti, si attrezzarono e quando alcuni banditi cercarono di allontanarli, altri capeggiarono la controffensiva. La disfatta causò le discussioni sulla responsabilità di Jesse coi fratelli Younger ed il conseguente e crescente dissidio interno.
Il 3 aprile 1882 dopo aver mangiato, Jesse James, Robert Ford e il fratello Charlie Ford, ormai a sua volta entrato nelle grazie del capo, erano in una camera da letto. Era una mattina molto afosa e Jesse si tolse il cinturone con le due pistole, gettandolo sul letto e coprendolo con il cappotto: lo fece perché le finestre e le porte erano aperte per il caldo e non voleva che la gente che passava per strada lo notasse armato anche in casa. James, dopo essersi accorto che un quadro appeso al muro nella stanza era storto, salì su una sedia per raddrizzarlo.
I due fratelli, che erano alle sue spalle, ne approfittarono, dato che sparargli nella schiena era l'unica occasione per poterlo uccidere: estrassero i revolver e li puntarono ma solo Robert Ford sparò un colpo, diretto alla nuca, utilizzando una Smith and Wesson Schofield calibro 45 nichelata con manico in madreperla, regalatagli dallo stesso Jesse. C'è chi dice che avesse ricevuto l'incarico dai Pinkerton, ma non si sa per certo. I fratelli Ford furono arrestati e rapidamente prosciolti, ma rimase l'avversione popolare contro di loro, in particolare contro il codardo Robert, che fu ucciso a sua volta nel 1892.
Personalmente mi piace trovare minuzie e spiegazioni anche su eventi che conosco sommariamente pertanto se tratto un determinato tema faccio del mio meglio per andare a fondo, secondo le mie possibilità. Che sono molto limitate e non possono sicuramente contare sul supporto di una Casa Editrice come la Bonelli in quanto a risorse.
E dire che Mister C. pare abbia perfino pubblicato un libro sui pistoleri. Sinceramente mi è bastato andare, in tempi non sospetti, a curiosare leggendo il “trailer” di un altro suo libro (ne ho scritti e pubblicati due anch'io, volendo mettere i puntini sulle i, solo che non costano lo sproposito che invece deve fattualmente corrispondere ad un'alta immagine di sè di sedicenti "esperti". I miei li trovate qui, ad esempio: https://www.amazon.it/s?k=lorenzo+barruscotto ) incentrato sui pellerossa, dove la tribù di cui si narra viene nominata più volte in modo sbagliato.
Una volta è un lapsus, ma in poche righe due volte iniziano a far spuntare un inquietante punto interrogativo al di sopra dei nostri crani da non esperti, specie se il “nuovo nome” di tale tribù viene ripetuto erroneamente sempre allo stesso modo. Si dice Seminoles, non Seminoie, per la cronaca. Non esistono i “Novoja” o i “Chemanche” cioè indiani svogliati o generosi dopo un pranzo al ristorante, ma i Navajos ed i Comanches. Avete ragione: ci siamo già occupati del “fattaccio” in occasione di passati articoli e recensioni e non è il caso di tornarci ulteriormente sopra. Per di più attualmente è in pieno svolgimento una lunga avventura del giovane Tex nella serie parallela che ne narra le vicende prima che diventasse un Ranger ambientata proprio nelle terre dei Seminoles. Dev'essere un vero incubo…
Bugs Bunny... Disegno ad opera di Lorenzo Barruscotto
L'altro episodio menzionato di sfuggita è parecchio insolito ed allo stesso tempo tragico. Ma ciò non vuole certamente significare che gli agenti della Pinkerton fossero tutti dei mercenari pronti a mettere la propria pistola al servizio di ricconi senza scrupoli per fare lavori sporchi o per coprire le malefatte dei loro “datori di lavoro”. Nè che per le sconsiderate azioni di alcune mele marce si debba additare come sanguinari tutti i tutori della legge impegnati all'epoca nell'inseguire criminali ed assassini. Anche gli sceriffi non erano tutti degli angioletti e non pochi non onoravano la loro stella ma rimangono comunque il simbolo della Legge in quei territori selvaggi. Non credo che farebbe piacere a nessun Italiano essere ancora etichettato con il solito “pizza, spaghetti e mandolino”, quindi sarebbe buona norma non fare di tutta l'erba un fascio giusto per crearsi una battuta o per fare sensazione.
Mister C. aveva già provato ad agire seguendo metodologie simili con un (qui mi sbilancio) imbarazzante “articolo” sulla chirurgia ai tempi della Frontiera. Va da sé che si tratti di un argomento da prendere con le pinze, concedetemi il gioco di parole, nonché immenso e che sia impensabile scrollarselo di dosso con quattro parole, delle cui tre sono luoghi comuni ben poco divertenti, scherzando sul fatto che in condizioni precarie e terribili come quelle della Guerra Civile o comunque quando non c'erano ospedali nel raggio di centinaia di miglia se un segaossa si sbagliava non c'erano conseguenze o che la soluzione a qualunque ferita leggermente più grave di un raffreddore o una sbucciatura si risolvesse con una “bella” amputazione. Simpatia scappa che arriviamo noi!
Però forse in questo… caso sono io ad essere prevenuto perché ho veramente rischiato di non avere più una gamba in seguito ad un brutto incidente, per quanto fare i burloni su certi argomenti risulti per lo meno vagamente fuori luogo alle orecchie, mi auguro, di molti.
Ma torniamo all'attualità. Parliamo del secondo episodio citato: l'Homestead Strike (sciopero di Homestead). Fu uno sciopero, per ottenere degli aumenti salariali e migliori condizioni di lavoro, iniziato il 30 giugno 1892 e culminato in una cruenta battaglia fra lavoratori ed agenti di polizia privata il 6 luglio. Avvenne presso la fabbrica "Homestead Steel Works" a Pittsburgh, Pennsylvania. La disputa era sorta fra il sindacato “Amalgamated Association of Iron and Steel Workers” e la Carnegie Steel Company, un'industria metallurgica creata da Andrew Carnegie per la lavorazione e produzione di materiali ferrosi. Il risultato fu una cocente sconfitta per il sindacato e una battuta d'arresto per gli sforzi di regolamentare il lavoro nell'industria dell'acciaio.
Tale Frick, il presidente dell'acciaieria, prese contatto con la Pinkerton per garantire la sicurezza degli stabilimenti. Il suo intento era quello di aprire la trattativa con gli uomini non aderenti al sindacato ma lo sciopero fece fallire questa sua iniziativa. I legali di Frick escogitarono allora un piano per ottenere la presenza degli uomini di Pinkerton sulla proprietà. Con la fabbrica circondata dagli operai, gli agenti avrebbero dovuto accedere all'impianto raggiungendolo dal fiume. Trecento agenti Pinkerton vennero radunati sull'isola Davis del fiume Ohio a circa cinque miglia a valle di Pittsburgh, la sera del 5 luglio 1892. Erano armati con Winchester e si sistemarono su apposite chiatte attrezzate e trainate lungo il corso d'acqua.
Gli uomini di Pinkerton tentarono di sbarcare col favore delle tenebre. Una grande folla aveva visto le chiatte, agganciate ad un rimorchiatore, giungere dalla città. Un paio di colpi vennero sparati contro le imbarcazioni, ma nessuno rimase ferito. La folla abbatté il recinto di filo spinato e gli operai e le loro famiglie invasero il terreno dell'impianto di Homestead. Alcuni tra la folla lanciarono pietre contro i barconi, ma i capi dello sciopero li invitarono alla moderazione.
Esistono diverse tesi su chi sparò il primo colpo. Secondo almeno un testimone oculare, furono i sindacalisti. John T. McCurry, un barcaiolo sul battello a vapore “Little Bill” che era stato assunto per trasportare gli agenti all'acciaieria ed uno degli uomini "beccati" dagli scioperanti, dichiararono: "Gli uomini di Pinkerton cominciarono a salire sulla riva, armati, e subito gli operai aprirono il fuoco su di essi. I poliziotti risposero al fuoco, non prima che tre di loro fossero caduti a terra. Sono disposto a giurare che gli operai hanno sparato per primi e che gli uomini di Pinkerton non spararono fino a quando alcuni di loro non rimasero feriti".
Ma secondo il “New York Times” furono the Pinkertons a sparare per primi.
Indipendentemente da ciò i primi due uomini ad essere stati feriti furono Frederick Heinde, capitano della Pinkerton e William Foy, un operaio. Gli agenti rimasti a bordo dei barconi, spararono sulla folla uccidendo due persone e ferendone undici. La folla rispose a sua volta uccidendo due agenti e ferendone dodici. Il conflitto a fuoco continuò per circa 10 minuti.
Lo scontro però a fasi alterne proseguì per l'intera notte ed alle prime luci gli scioperanti chiesero l'intervento della milizia dello Stato. Lo sceriffo tergiversò e soltanto il giorno seguente informò il Governo di quanto stava accadendo. Comunque si dovette attendere fino alla mattina del 12 luglio affinché l'esercito giungesse sul posto. 4000 uomini arrivarono in treno ed in pochi minuti circondarono la fabbrica mentre altri 2000 si fermarono in città.
Nel frattempo gli uomini di Pinkerton si erano arresi ai quasi 5000 operai in sciopero, ma la fabbrica continuava ad esser ferma e gli operai non accennavano a riprendere il lavoro.
Nonostante la presenza di picchetti davanti agli uffici di collocamento in tutta la nazione, Frick trovò facilmente dipendenti disposti a lavorare. L'azienda costruì rapidamente baracche con letti a castello, refettori e cucine per assistere gli operai al lavoro. I nuovi assunti, molti dei quali di colore, giunsero il 13 luglio e gli altiforni vennero riaccesi il 15 luglio. Quando alcuni lavoratori tentarono di prendere d'assalto l'impianto per fermare la riaccensione dei forni vennero affrontati dalle guardie all'arma bianca e sei rimasero feriti dalle baionette. Il 22 luglio come se non bastasse scoppiò una vera e propria battaglia all'interno della fabbrica, fra operai bianchi (quelli che non avevano incrociato le braccia) e di colore non aderenti ai sindacati. Il 18 luglio, la città fu messa sotto la legge marziale.
L'attenzione nazionale si puntò su Homestead quando, il 23 luglio, Alexander Berkman, un anarchico di New York, complottò, assieme alla sua amante Emma Goldman, di assassinare Frick. Egli riuscì ad entrare nell'ufficio del direttore e gli sparò contro tre colpi di pistola, colpendolo poi per quattro volte con un punteruolo acuminato. Nonostante questa feroce aggressione Frick riuscì a salvarsi e continuò ad essere il presidente della compagnia. Berkman venne condannato a 22 anni di carcere. Avrebbero dovuto dargliene almeno il doppio per stupidità ed incapacità.
Il tentativo di assassinio da parte di Berkman minò il sostegno pubblico e portò al crollo finale dello sciopero. Hugh O'Donnell venne rimosso da presidente del comitato di sciopero quando propose ai lavoratori di tornare al lavoro con un salario ridotto se il sindacato non avesse potuto ottenere la riassunzione di tutti gli operai. Il 12 agosto la società annunciò che 1.700 uomini erano presenti presso lo stabilimento e la produzione aveva ripreso a pieno regime. Il sindacato nazionale rifiutò di intervenire, lo sciopero era fallito.
Di tutto questo non viene fatta menzione, figuriamoci, ma in compenso con una riga viene etichettata come covo di “cattivi” la Pinkerton, incolpata della morte di una decina di operai. Io non sto dalla parte né degli agenti nè dei lavoratori della fabbrica, non è affatto d'uopo esprimere opinioni favorevoli per una o per l'altra parte quando si riportano fatti storici sulla cui veridicità non si hanno verifiche comprovate o non vedono contrapposti oggettivamente galantuomini e furfanti, ma in ogni caso sarebbe inoltre opportuno contestualizzare gli accadimenti, avvenuti 15 decadi or sono, e sicuramente non osservarli con l'occhio di uno che non ha ancora compiuto i trent'anni nel 2020. Sebbene l'età non conti perchè ricordiamo ancora con un misto di ironia e timore un articolo uscito nel quarto volume del ritorno di Magico Vento nel quale un navigato sceneggiatore afferma che "Tombstone non doveva essere poi così selvaggia ai tempi del West perchè c'erano le gelaterie". Occheeeeei...
Quando si ha a che fare con le pistole bisogna stare particolarmente attenti alla differenza
di significato tra i verbi essere ed avere, come tra maschile e femminile.
Clint Eastwood, dalla "Trilogia del dollaro" in un ritratto ad opera di Lorenzo Barruscotto.
La mia stessa recensione non conteneva notizie complete sulla vita di Allan Pinkerton, perché non era quello lo scopo, e d'altra parte è sufficiente fare qualche ricerca di base per scoprire o rispolverare interessanti nozioni o dettagli “inediti” sul detective conterraneo di Sean Connery.
Nel 1849 ricevette la nomina di primo detective della polizia di Chicago, nella Contea di Cook, Illinois. Nel 1850, collaborò con l'avvocato Edward Rucker nel formare la North-Western Police Agency, che in seguito divenne Pinkerton & Co, e infine "Pinkerton National Detective Agency".
Con l'espansione degli Stati Uniti, il trasporto ferroviario era aumentato. L'agenzia di Pinkerton risolse una serie di rapine ai danni di treni durante la decade successiva, portando dapprima lo stesso Allan in contatto con George McClellan, ingegnere capo e vicepresidente della Illinois Central Railroad, e con Abraham Lincoln, sì, proprio lui, avvocato della compagnia (si è parlato di lui da giovane e delle sue interazioni con l'Agenzia in una storia della collana "Tex Willer" tra l'altro). Nel 1859, partecipò agli incontri segreti tenuti da John Brown e Frederick Douglass a Chicago insieme agli abolizionisti John Jones e Henry O. Wagoner. In quegli incontri, Jones, Wagoner e Pinkerton aiutarono ad acquistare vestiti e forniture per Brown.
Quando iniziò la Guerra civile, Pinkerton fu a capo del servizio di Intelligence dell'Unione durante i primi due anni, sventando un presunto complotto per omicidio a Baltimora, nel Maryland, mentre sorvegliava proprio Abraham Lincoln diretto a Washington DC. I suoi agenti spesso lavoravano sotto copertura come soldati Confederati e simpatizzanti del Sud per raccogliere informazioni militari. Lo stesso Pinkerton prestò servizio in diverse missioni simili usando l'alias Major E.J. Allen. Lavorò concentrandosi su fortificazioni e piani dei Sudisti. Fu scoperto a Memphis ma riuscì a scappare prima di rimetterci le penne. Questo è paragonabile al lavoro svolto dagli agenti speciali di controspionaggio dell'esercito americano di oggi, infatti l'agenzia di Pinkerton ne è considerata un illustre predecessore. Pensate che ciò ha portato alla creazione del Servizio segreto federale.
Fu poi assunto dalle compagnie ferroviarie per rintracciare il fuorilegge Jesse James, ma dopo che non riuscì a catturarlo, la ferrovia ritirò il sostegno finanziario e Pinkerton continuò a dare la caccia a James a sue spese. Dopo che il bandito avrebbe catturato e ucciso uno degli agenti (che era ovviamente sotto copertura nella fattoria vicino a quella della famiglia James), abbandonò l'indagine. Alcuni considerano questo fallimento la più grande sconfitta di Pinkerton.
Nel 1872, il governo spagnolo assunse Allan per aiutare a reprimere una rivoluzione a Cuba che intendeva porre fine alla schiavitù e dare ai cittadini il diritto di voto. Però nel suo libro “The Spy of the Rebellion” professa di essere un ardente abolizionista e si dichiara avverso della schiavitù. Non si sa di preciso che cosa fece il detective, se si mise davvero al servizio degli spagnoli oppure operò qualcuno dei suoi “magheggi”. Il governo spagnolo abolì la schiavitù nel 1880 ed un regio decreto ne eliminò le ultime vestigia nel 1886.
Allan Pinkerton morì il 1 ° luglio 1884. Si dice che scivolò sul marciapiede e si morse la lingua, causando una cancrena. Rapporti contemporanei forniscono cause contrastanti, pendendo a favore dell'ipotesi di un ictus (ne aveva avuto uno un anno prima) o della malaria, contratta durante un viaggio negli Stati Uniti meridionali.
Al momento della sua morte, stava lavorando ad un sistema per centralizzare tutti i documenti di identificazione criminale, un database ora gestito dall'Ufficio federale di indagine. La sua tomba è nel Graceland Cemetery a Chicago. E' stato inserito come membro della Hall of Fame dell'Intelligence militare.
Dopo la sua scomparsa, l'Agenzia continuò a funzionare e presto divenne una grande forza contro il movimento dei lavoratori in via di sviluppo negli Stati Uniti e in Canada. Questo sforzo ha cambiato per anni l'immagine dei Pinkertons. Dopo i fatti del Homestead Strike (1892), venne emanato un Anti-Pinkerton Act, vietando al Governo federale di assumere i suoi investigatori.
Però quando era vivo, lo stesso Pinkerton fu fortemente coinvolto nelle politiche a favore del lavoro soprattutto da giovane anche se non si disse mai a favore di scioperi e manifestazioni di “pubblico disordine”.
Allan Pinkerton era così famoso che i romanzi di "Mr. Pinkerton", dello scrittore americano Jones Brown (sotto lo pseudonimo di David Frome), riguardavano il detective dilettante gallese Evan Pinkerton. Chissà a chi si ispiravano.
Lo stesso Allan ha prodotto numerosi libri polizieschi popolari, apparentemente basati sulle sua indagini e su quelle dei suoi agenti. Alcuni sono stati pubblicati postumi e sono considerati più motivati dal desiderio di promuovere la sua agenzia investigativa che da uno sforzo letterario. La maggior parte degli storici crede che Pinkerton abbia assunto dei ghostwriter, ma i libri portano comunque il suo nome e senza dubbio riflettono le sue opinioni.
Non serve sottolinearlo ma di tutto questo nell'articolo che ha suscitato sul mio volto un sorriso alla Jack Nicholson in “Shining” non c'è la benchè minima traccia.
Esaustiva interpretazione di un emoticon che si trova in applicazioni per cellulari
da parte di Lorenzo Barruscotto
Sempre per il fatto che bene o male si tratta di un periodo storico definito e di un mondo per così dire chiuso, anche se prima di sviscerare “tutto tuttissimo” ce ne vuole, può sicuramente capitare che si riprendano argomenti o che ci siano anche pezzi simili tra loro in siti, riviste o quant'altro che nemmeno si conoscono reciprocamente. Ci mancherebbe. Anche se parlando di cartaceo una rivista domina la piazza e risponde al titolo di "Farwest Gazette" (se andate a curiosare in edicola trovate il numero del bimestre luglio-agosto contenente un mio articolo per altro) e sul web "Farwest.it" è la voce più autorevole. Quello che fa alzare il mio sopracciglio da “va bene, però...” è il fatto che non è la prima volta che succede.
Una settimana dopo l'uscita del primo articolo della mia rubrica su Farwest.it battezzata, titolo concordato con il direttore, “Tex nella Storia” ho scoperto che su un altro sito sempre da parte dello stesso signor C. è stato pubblicato un pezzo con intestazione ed intenzione sovrapponibile, sebbene lo svolgimento consistesse in una mera sfilza di personaggi più o meno realmente esistiti incontrati da Aquila della Notte nella sua carriera, senza abbandonarsi troppo in spiegazioni o ricerche, come suo uso. Non si può certamente sostenere che non sia una diabolica coincidenza. O sbaglio?
La cosa aveva colto di sorpresa anche alcuni addetti ai lavori, dato che quel mio articolo non era passato sotto silenzio. Di certo se diventare “professionista” o considerarsi tale vuol dire andare avanti sulla pelle di gente che rimane sconosciuta come il sottoscritto ma che come il sottoscritto sgobba e si attiva per raggiungere da solo i propri obiettivi per offrire prodotti di oggettiva dignità allora sono lieto di ritenermi un semplice “artigiano” della Frontiera, restando a livello, ufficialmente, amatoriale sebbene ufficiosamente possa annoverare “colpi” notevoli: ho avuto il privilegio di riuscire ad intervistare artisti di fama internazionale, a contattare le Giubbe Rosse canadesi (nei prossimi mesi seguirà l'articolo, stay tuned), i Rangers (quelli veri), musei e Riserve indiane fino all'organizzazione di una gara di cani da slitta nel freddo Yukon, come documentato nei vari brani presenti su “Osservatorio Tex”.
Invece chi ha, lo ripeto, alle spalle una Casa Editrice importante e per il solo fatto di lavorarci dovrebbe dimostrare un minimo di interesse, inventiva, capacità e soprattutto conoscenza della materia “West” non fosse altro per rispettare, fatemelo ulteriormente ribadire, i lettori nonché la tradizione e le generazioni di artisti ed appassionati che hanno contribuito parallelamente a far crescere la Fabbrica dei sogni, scrivendo articoli per Tex e su Tex si permette di affermare che i disegni del primo Galep erano “ridicoli”, in un brano di presentazione su un Magazine propone un non ben precisato riassunto della vita di Gros-Jean inventando di sana pianta fatti che qualunque lettore degli albi sa non essere mai avvenuti, sciorina citazioni a casaccio tralasciando quando servirebbe di indicare i volumi di riferimento per storie passate, si professa tuttologo anche di cinema però poi non accenna alle pellicole maggiormente rappresentative di un determinato evento storico oppure ancora, ne abbiamo parlato fino alla nausea in occasione dell'uscita del Texone “Doc!”, ci propina un articolo bucherellato come una groviera sulla vita del giocatore d'azzardo che fu dentista, corredandolo con tre foto nessuna delle quali raffigura neanche per sbaglio il vero Holliday! Ma stiamo scherzando? Siamo nuovamente su candid camera, non può essere altrimenti. Ma stiamo qui a pettinare le bambole? A slinguacciarci un bel cono gelato sulla main street di Tombstone?
Senza contare che uno dei tre volti raffigurati in quella famigerata pagina ha proprio un nome ed un cognome (tale John Escapule) ed il confondere i due uomini è diventata una sorta di leggenda metropolitana, che diverte ancora oggi un pronipote del signor Escapule, l'attuale sindaco di Tombstone. Esattamente, ho scritto anche a lui, oltre che alla padrona della casa in cui John Henry Holliday passò la sua adolescenza, situata a Valdosta, in Georgia, la quale mi ha fornito foto scattate sul posto in una bella intervista che ho pubblicato anche in lingua originale su questo sito. Posso documentare tutto, basta andare a vedere i pezzi scritti da chi sta scrivendo anche ora.
Come ho fatto a sapere queste cose? Ho semplicemente verificato tra varie fonti con un po' di impegno e buona volontà. Ed io lo faccio gratis. Ci tengo a sottolineare che invece per rifilare baggianate Mister C. (e molti altri con lui) viene presumibilmente pagato. E voi penserete, non a torto: "Tanto di cappello. Tu ti fai il mazzo e ti pagano con aria fritta...".
Se volete avere un'idea degli altri miei articoli che si trovano su "Farwest.it", sono tutti qui: https://www.farwest.it/?page_id=24056&q=lorenzo%20barruscotto .
Insomma qualcosa non quadra. Anche perché a questo punto è automatico pensare che se c'è qualcuno che controlla gli articoli prima della messa in stampa o gliele fa passare tutte o non ha nemmeno lui bene idea di cosa si parla, per lo meno spesso. Certo, se questo “editor” è colui che scrive già di suo articoli abbastanza opinabili come quello del Texone “I Rangers di Finnegan” dove commenta una storia che poi si scopre essere del tutto diversa da quella che prevede la sceneggiatura nel volume o che considera un certo chef barbuto dall'accento partenopeo, per il suo singolare modo di salutare, l'ultimo baluardo del western in Italia, non possiamo che allargare le braccia sperando che Mister C. non acquisti posizioni ancora più prestigiose dei ruoli che gli vengono affidati adesso, visto che è addirittura curatore della testata Dragonero (che ha perso molto del suo smalto iniziale) e per esempio in occasione del bellissimo Texone di ultima uscita, “La vendetta delle ombre” ha scritto il solito articolo traballante e si è occupato della rilettura finale dello script. Ed infatti…
... nel volume c'è un articolo dove si parla dei carnivals, vale a dire quelle sorte di show itineranti, una specie di fiera ambulante con diverse attrazioni, nel quale si calca un po', anche troppo per certi versi, la mano sui “freaks” cioè su quelli che potremmo tradurre con un termine non politicamente corretto con “fenomeni da baraccone”, spingendo sull'acceleratore delle sensazioni sgradevoli che “certi gruppi di disgraziati” - citazione testuale - suscitavano nel pubblico di allora includendo fotografie “d'epoca” nonchè citazioni di film quali “The Elephant Man” o altre testate bonelliane come Dampyr e Zagor.
Ci si guarda bene dal ricordare un incontro recente di Tex (non menzionato sull'albo) con una realtà simile a quella di tali esibizioni anche se stanziale in un teatro, avvenuta a Manhattan non molto tempo fa durante l'ultimo scontro con il Maestro, splendida storia in quattro albi disegnata da Dotti, tra donne barbute e “mostri” da palcoscenico più o meno finti.
Senza contare che nel volume gigante quel tipo di personaggi sfortunati ed a volte deformi non c'è e quindi direi che l'intera disquisizione oltre che per mancanza di tatto brilla perché c'entra poco con il vero spirito del racconto magistralmente illustrato da Massimo Carnevale su testi di Mauro Boselli. A tal proposito dopo la pausa estiva uscirà in questa Rubrica un'intervista con lo stesso Carnevale dove si approfondisce anche questo aspetto, quello realmente al centro della vicenda narrata.
Chissà, forse questo tipo di atteggiamento va bene per curare una testata a tematiche fantasy come è Dragonero: magari bisognerebbe puntare su quello in cui si è più ferrati perché per affermare che siamo al cospetto di un esperto conoscitore del West e di Tex, beh, occorre una bella… fantasy.
Ritratto di Doc Holliday ricavato da una delle uniche due foto accreditate,
nello specifico scattata in Arizona, raffiguranti il gambler,
ad opera di Lorenzo Barruscotto.
Così come avviene per certe “videorecensioni” in merito alle quali non si trovano spiegazioni sul perché abbiano migliaia di iscritti se non il pensare che ci si voglia rilassare dalla pesantezza della vita quotidiana facendosi due risate e dando quindi credito alla vena comica che presumo del tutto involontariamente traspare da tali prodotti, quando troviamo certe considerazioni, certe digressioni che di facciata paiono provenire da un attento studioso ma che, se si tocca con il mignolo quella stessa facciata, invece di solidi mattoni ci rendiamo conto che forse (forse, non ho la palla di vetro anche se sono quasi calvo) è meno solida di quel che appare, ormai viene da ridere, a volte di gusto altre più a denti stretti, avvalorando il vecchio adagio che a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca.
Nello stesso pezzo sul Texone di Carnevale viene tirato in ballo perfino Joe Lansdale con uno stralcio da una sua opera. Wow, ottima citazione. Lansdale è un fior di scrittore, nessuno si sogna di dire il contrario, è anche una persona gentile avendo avuto modo di scambiare diversi messaggi epistolari con lui durante il lockdown. Ma un po' malignamente, stavolta sì, viene il dubbio che sia stato menzionato in quanto uno dei pochissimi esempi di letteratura western noti allo stesso Mister C. , scrittore che per di più ha collaborato con la Bonelli per la miniserie, fantastica ed appassionante, su “Deadwood Dick”. Quindi suona sospetto che, guarda...caso, sia proprio da un suo racconto che provenga un brano utilizzato come ulteriore spiegazione relativa ai carnivals. A voi l'ardua sentenza.
Instancabile come un'ape operaia, il nostro Coiffeurs ha perfino realizzato soggetto e sceneggiatura di una storia di Zagor comparsa nel Maxi ("I racconti di Darkwood – Lungo il fiume”, intitolata “Ultima viene la neve”.
Sui disegni niente da eccepire, li ha fatti Barison. Sono quindi favolosi. Solo che gli è capitata una sceneggiatura molto, molto sui generis. Ve la faccio breve: nevica a luglio (Mister C. deve essere un fan delle canzoni di Gigi D'Alessio: non era lui che cantava “le domeniche di agosto quanta neve che cadrà?”. E' il solo passaggio che so di un suo brano.) e ci sono i fantasmi. (Allarme spoiler – necessario sebbene il volume sia uscito il 20 maggio 2020)
Fin qui niente di così strano per il Re di Darkwood. Solo che uno dei fantasmi pensa per conto suo del tutto indipendente, ma non siamo in "Ghost" e ciò non collima con quello che viene raccontato nel finale nelle rivelazioni terrificanti, non perchè fanno paura o per lo meno non quel genere di paura, che dovrebbero emozionare il lettore. Non solo, uno dei fantasmi prende la pistola di Zagor e cerca di ricamargli la schiena con un proiettile. Alquanto tosti questi Casper dalla pelle rossa. Anche perché se le danno di santa ragione proprio con Pat Wilding che è costretto a uccider… ehm… beh, si, farli fuori la seconda volta. Ma non sono zombie, sembrano proprio nemici tangibili. A parte il fatto che Zagor, sebbene piuttosto alterato dalla situazione, uccide a sangue freddo un nemico per poi affermare che ci è stato costretto quando invece sarebbe stato anche molto più utile tramortirlo e prenderlo "vivo" (all'incirca) per interrogarlo, al culmine del pathos deve vedere morire la donna che stava cercando di salvare e la seppellisce sulla riva di un lago. Che non c'è. Come l'Isola di Peter Pan. Naturalmente il tutto senza stacchi, nebbie magiche, stratagemmi visivi che facciano capire dove sia la visione e dove la realtà. Dopo aver abbattuto un orso a colpi di pistola ed averlo finito con un paio di mazzate c'è la risoluzione del mistero e si viene a scoprire che la donna era morta anni prima. In modo del tutto diverso da come è invece spirata sotto gli occhi di Zagor. In pratica la confusione regna sovrana: va bene il racconto di fantasia, ma bisognerebbe comunque mantenere un filo logico e rivedere le discrepanze perché sono parecchi i particolari che non stanno in piedi. Obiettivamente.
Larry, un personaggio della geniale serie "Odio Favolandia" di Skottie Young,
in un disegno ad opera di Lorenzo Barruscotto.
L'espressione non necessita di ulteriori spiegazioni.
Coincidenza ha tra i vari sinonimi anche sincronismo, fatalità, concomitanza. E proprio sulla leggermente diversa prospettiva che propongono questi tre termini si basa ciò che segue.
Nella rubrica di presentazione della storia a fumetti in ogni volume di “Tex Willer” c'è un articolo scritto da Mauro Boselli, curatore della testata. Non vado matto per questa nuova serie ma sono appassionato di Tex e la compro, sebbene qua e là ci siano errori sia dal punto di vista storico che proprio nella parte scritta (due volte in due albi diversi Tex è sotto falso nome ma i suoi occasionali compagni lo chiamano proprio Tex). Nel primo numero della lunga storia sui Seminoles tale rubrica tira fuori dal cilindro la differenza tra “sceriffo e marshal”. Mmm, come mai non mi giunge nuova questa dicotomia? Che sia perché tempo fa ho cercato per l'appunto di fare chiarezza sulle differenze e le origini delle due cariche in una delle mie recensioni? Probabile. Fatemi fare una battuta e chiudere con essa l'argomento: chissà, magari i miei articoli vengono letti da molta più gente di quello che credo.
Ma questo può veramente essere soltanto un caso e comunque è quello che gli si avvicina di più, quasi più del fatto che da quando nelle mie chiacchierate qui mi rivolgo direttamente ai lettori, in qualche trailer, come avvenuto due o tre annetti fa per Zagor, mai successo prima che io ricordi, ci si rivolge anche lì direttamente al pubblico. Molti mi hanno chiesto se avessi realizzato io quel trailer. Purtroppo no. Voglio dire, che domande. Sono moltissimi i no ben definiti che ho collezionato, alcuni sono scivolati addosso altri si sono rivelati dei bocconi alquanto amari.
All'inizio dell'emergenza, quando non si usava nemmeno ancora la parola "lockdown", ho creato riprendendo miei disegni e ritratti dei cartelli, li ho nominati così, contro il Coronavirus, in modo da farli girare sul web e permetterne la diffusione, anche nell'ambito dell'iniziativa sposata da artisti di grande levatura #iorestoacasa .
Sono usciti alcuni articoli sia su siti specializzati in fumetti che su giornali anche cartacei della mia zona e regione dove si esponevano le ragioni di questo mio primo passo.
Mi è venuto in mente quindi, forte del fatto che la mia piccola voce era stata in qualche modo ascoltata, di realizzare cartelli solo per e su Tex, per i Texiani. Non con disegni fatti da me ma con gli originali. Ve ne mostro qualcuno qui sotto. Ovviamente avrei poi fatto (e l'ho fatto comunque) presente la cosa ai vari autori, che ho il piacere di conoscere se non di persona tramite social, affinché aumentasse l'ondata di diffusione. Perchè mi sono preso la briga di fare questo lavoro? Perchè per me era importante invitare le persone a stare a casa in quel periodo. Era fondamentale rendermi in qualche modo utile.
Non che ora possiamo dormire tra due guanciali ma allora stavamo tutti attraversando un periodo inconsueto, strano, tragico, di emergenza per l'appunto…
Quante volte in quei giorni abbiamo sentito queste parole o espressioni equivalenti da parte di esperti veri e purtroppo anche di chi ha scoperto che quel buco in mezzo alla faccia può essere usato per parlare oltre che per dare aria ai denti e si è reinventato tuttologo a seconda dei casi, da chi minimizzava a chi ancora oggi vorrebbe scappare sulla Luna, da chi dice che la situazione si normalizzerà in tempi non troppo lunghi a chi già canticchia la sigla di Kenshiro preannunciando esiti apocalittici.
In qualunque modo la pensiate non è compito di fumettisti o disegnatori possedere la verità assoluta né tra le orecchie né sulla punta di una matita, che non si trasforma in bacchetta magica se non quando, e non capita sempre, si tratta di emozioni.
Tutto ciò che in frangenti come questi le immagini possono fare è risultare, come detto, utili. O per lo meno non inutili.
Così un ritratto, una figura, un disegno può valere quanto e più di cento discorsi se significa contribuire ad inculcare un concetto, un suggerimento. Magari associando tale regola a qualcosa di familiare o di conosciuto, risulta maggiormente facile seguirla e ricordarla.
Ecco il motivo per cui ho pensato di adattare alcuni disegni alla situazione creando dei “cartelli” legati all'emergenza Coronavirus, specialmente mirati a sottolineare la necessità di spezzare la catena del contagio restando a casa ed usando il buon senso, che non deve comunque mai mancare anche in condizioni normali.
Perciò Wyatt Earp, John Wayne o altri possono/potevano rappresentare una “voce nota” che con tono imperativo o suggestivo invita a non fare ciò che non si deve.
In periodi come questo ogni aiuto possibile, ogni piccola mano a mio avviso non deve venire rifiutata, i “no” non esistono quando si tratta di sostenere, nel modo individuale di chiunque secondo le proprie capacità e possibilità, la comunità ed il prossimo. Perché ognuno di noi è “il prossimo” di chi ci sta accanto.
Ritratto di John Wayne nei panni de "Il Grinta"
ad opera di Lorenzo Barruscotto per #iorestooacasa
La ventina di cartelli con Tex protagonista è stata da parte mia inviata a chi bisognava inviarla (non palesiamo dei nomi) tramite email. Ero convintissimo della bontà del mio progetto, anche perché ho sempre sottolineato che non mi interessava nemmeno che venisse fatto il mio nome, non sussisteva un problema di diritti quindi, non era fatto per la gloria ma semplicemente ed ingenuamente per far arrivare il messaggio puro e semplice: non andate in giro se non è strettamente necessario. Ed indovinate cosa mi è stato risposto: che c'era già chi se ne stava occupando. In pratica: "scansati, bamboccio, e chiudi quella fogna". D'accordo, se c'è chi si occupa della cosa per carità, ben venga. Mi aspettavo che so un disegno al giorno, per un certo periodo, pubblicato ufficialmente, una campagna di sensibilizzazione per invitare i lettori a stare a casa, al massimo (anche se non si sarebbe dovuto fare e neanche dirlo) suggerire un rapido salto in edicola e poi filare. Mi aspettavo valangate di disegni su questo tema ma invece il nulla. O quasi, che sarebbe stato anche meglio.
Sul serio? Mi avete snobbato in malo modo prendendovela poi anche se sono rimasto stizzito dall'intero discorso e per contro non avete fatto un bel niente al riguardo? Fabbrica dei sogni… sveglia! Se i sogni diventano incubi non rimane neanche la Fabbrica.
Ad onor del vero per Zagor, Dylan Dog, Dampyr e forse altri personaggi qualcosa di apprezzabile è stato realizzato. Avrei anche da dire sul fatto che ho inviato miei ritratti di grandi Bonelli ad una email che mi è stata fornita dalla pagina di Zagor per poi ricevere in risposta dalla stessa mail: “Perchè ci mandi queste cose, che dobbiamo farne? Non sappiamo come utilizzarle.” Beh, sono certo che anche a voi è venuta in mente la risposta più appropriata ma era quella che non si poteva inviare. Sono uno sconosciuto e magari neanche tanto bravo, è vero, ma la pagina ufficiale di Dampyr ha pubblicato due miei ritratti per i 20 anni del fumetto, quelli di Boselli e Colombo. Parlatevi tra di voi, per lo meno. C'era una vendita di ritratti e disegni e magari uno dei miei, il meno peggio, poteva esservi inserito. Tutto pro ricerca contro il Covid-19 naturalmente. Ma anche in questo caso, nisba. Magari nessuno li avrebbe acquistati ma magari sì, non lo sapremo mai. E comunque non ha senso prima invitarmi a partecipare e poi cadere dalle nuvole.
Comunque sia, per Tex è stato pubblicato, guarda caso il giorno dopo la conversazione che ho avuto relativa a questa mia proposta di cartelli, un disegno che si vede essere realizzato in fretta, da parte di Biglia, il quale personalmente non mi ha mai conquistato dal punto di vista umano avendo dimostrato verso di me per partito preso, perchè non ho mai avuto il piaere di incontrarlo, una certa freddezza e mancanza di dialogo forse per mantenere la distanza tra artista ed infimo plebeo. Il disegno lo potete vedere qui sotto. Innanzitutto non lascia trasparire alcuna urgenza, non c'è l'immediatezza del messaggio che avrebbe dovuto colpire e poi c'è perfino un errore grammaticale. Magari rileggere le tre righe in croce che compongono il balloon, così si poteva anche aggiustare la punteggiatura, hai visto mai. Andiamo, amigos! Ma che diavolo… Eravate, siete molto meglio di così. "Diamine" viene da dirlo a noi.
Screenshot del disegno di Biglia pubblicato sulla pagina Facebook ufficiale di Tex:
molto bello ma rispetto alle qualità dell'autore e l'importanza del messaggio poco più di uno sketch,
se inedito e ideato per l'occasione.
Questo piccolo disastro e basta. Nulla più. Per carità posso essermi perso altre perle, ma non credo plausibile una tale ipotesi. Sembra quasi una presa in giro verso chi era già malato, chi lottava per la vita e chi cercava di salvare la pelle ai propri simili mettendo a rischio la propria, di ghirba. Forse era il caso di impegnarsi un po' di più oppure di farsi furbi ed accettare un lavoro già fatto di un povero imbecille illuso che credeva e crede ancora davvero di poter fare qualcosa per gli altri. Però in questo caso probabilmente sarebbe stato impossibile non riconoscere un minimo di inventiva o addirittura di, Dio non voglia, capacità, nel suddetto poveraccio. E si è scelta la solita porta in faccia. Come ho scritto nella pagina Facebook di Tex dopo aver tristemente visto come erano andate le cose: complimentoni!
Per prendersi il merito, per quanto mi sia stato detto che “non capivano un tale astio” e che “non era come la mettevo e dovevo saperlo”. Sapere cosa? Allora spiegate com'è andata davvero, noi non vogliamo altro che conoscere l'ammirevole iter che ha portato alla creazione di cotanta saggezza al servizio del prossimo. Poniamo che sia tutto vero e che si tratti davvero di una coincidenza (si, va beh…) dove sono gli altri cartelli? Quello era il meglio che si poteva creare? Escludiamo i disegnatori impegnati in una storia da portare avanti ma ce ne sarà stato qualcuno libero. Oppure perché non indire una mail o un ashtag per farlo fare ai lettori che sono capaci di disegnare?
Non si dice mai di no quando qualcuno ti offre una mano, specialmente se lo fa in modo disinteressato e come si deve. Tanto più che siamo tutti sulla stessa barca, la Bonelli è a Milano e la Lombardia non se l'è passata benissimo nell'emergenza, quindi è doppiamente incomprensibile un tale atteggiamento di “rimbalzo ad oltranza”. Però gli articoli che pubblico su Fumo di china o le interviste che ho pubblicato per voi e le recensioni positive piacciono, vengono lette e ho avuto il privilegio di vederne condivise almeno una ventina. Ma quando si tratta di inserire un errata corrige come chiesto a gran voce per la terrificante figuraccia su “Doc!” tutti muti come tombe. Gran peccato, una caduta di stile che lascia basiti, per lo meno chi se n'è accorto, e che non mi sarei mai aspettato anche perché i rapporti con moltissimi addetti ai lavori sono stati e sono tutt'ora ottimi e molti di loro sono fior di galantuomini.
Un ambiente troppo chiuso che si basa sugli alleluja di chi leggerebbe anche Carson a cavallo di un unicorno rosa e Tex in un addio al celibato prima del suo nuovo matrimonio, andando contro – e dimostrando di non comprenderle o non valorizzarle - a tutte le tradizioni della saga iniziata nel 1948, sebbene ci siano ferree regole da seguire (evidentemente Mister C. poteva scegliere se fare il Navy Seal o entrare alla Bonelli, poi il trampolino lo ha scagliato dove sappiamo) non dovrebbe rimanere chiuso alla buona volontà non esente da errori per carità, si impara sempre ogni giorno specie in certi lavori, per dare spazio invece a mediocrità, piattezza e banalità spacciate per talento in pompa magna grazie alle decisioni di pochi che plasmano la Leggenda secondo il proprio gusto. Dovrebbe esserci per lo meno un dialogo civile, un'interazione biunivoca ovviamente non con tutti perché sarebbe impossibile ed un confronto impari: queste enormi bucce di banana gettano una secchiata di acqua sul fuoco della ardente passione che i lettori di Tex dotati di materia grigia funzionante posseggono inserita nel loro DNA. Ce ne vuole per deludere un vero Texiano. Il modo più rapido è non comportarsi in modo retto e trasparente, lasciare a b(r)iglia (questa è sottile...) sciolta chi di Texiano non ha neanche la polvere sui jeans e far trapelare con questi atteggiamenti spesso causa di sgomento il messaggio che potrebbe essere ottimamente riassunto dalla celebre frase del marchese del Grillo interpretato da Alberto Sordi: “Perchè io so io, e voi non siete...”
Non ho fatto i cartelli solamente in italiano ma anche alcuni in inglese e li ho inviati a qualcuno dei contatti che nel tempo ho sviluppato facendo ricerche qua e là. Un paio sono addirittura arrivati (e sono stati condivisi) a Tombstone nel famoso "Doc Holliday Saloon", ne ho anche inviato uno personalizzato a Mister Lansdale.
Un paio riguardavano anche Dago, il Giannizzero Nero: ho potuto condividerli sul gruppo ufficiale dedicato al personaggio con il consenso di uno dei suoi disegnatori, indipendentemente dalla casa editrice Aurea, che si comporta in modo sprezzante e presuntuoso, per mezzo di uno dei suoi direttori, ignorando ogni spunto per migliorare la qualità del prodotto, a partire dai tanti errori anche grammaticali che si riscontrano purtroppo sempre più spesso negli albi inediti sulle avventure di Cesare Renzi.
Comunque tornando a Tex, quand'anche fosse stato vero ciò che mi è stato risposto, ed abbiamo potuto appurare che non lo era, ogni scusante, ogni giustificazione sui ritardi nella produzione, sui tempi editoriali che non lasciano spazio ad altro perdono significato: vi si fornisce un lavoro decente sul un piatto d'argento, senza pretese ed ulteriormente gratis. Come già affermato, in casi estremi i “no” non esistono. Ed in ogni… caso, non è che la quarantena fosse appena iniziata il giorno precedente a quando mi sono fatto vivo con la proposta quindi il fatto che esattamente il giorno dopo al mio invio dei miei sia sbucato dal nulla quel terribile “cartello ufficiale” è per lo meno leggerissimamente sospetto. O sono io che vedo troppo grigio?
Si poteva annunciare: “Presto una campagna di sensibilizzazione da parte dei vostri personaggi preferiti!” Così si faceva doppia pubblicità e si dava un valore al Fumetto, come mezzo per servire anche in condizioni di crisi e precarietà generale. Come se la sono giocata invece, e se fate mente locale poi tutto è sparito, ributtato sotto silenzio al pari del classico mucchietto di polvere nascosto sotto il tappeto da un maggiordomo poco solerte, è stata la prova di una totale mancanza di interesse, nonchè rispetto verso persone in difficoltà ed al contempo dimostrazione di leggerezza che non mi sarei aspettato. E che mi auguro che in molti non ci saremmo aspettati. Quando ho fatto presente il tutto, e credetemi con tono pacato, mi è stato ribattuto di vedere uno dei video che sono stati organizzati da casa dei vari autori durante il lockdown. Certo, nessuno ha mai messo in dubbio l'utilità dei fumetti quando si è chiusi in casa per passare il tempo e distrarsi dai guai che ci circondano, questo vale sempre, ma togliendo il cerume dai virtuali padiglioni auricolari, non era complicato capire che il mio intento era ben altro: affichè la gente possa leggere un giornalino a casa, in casa deve rimanerci e non andare in giro inutilmente.
Già uscire solo per comprarlo un fumetto non credo valesse come “situazione di necessità” neanche trattandosi di Tex ma durante la spesa o di ritorno da commissioni importanti quali recupero di medicinali come toccata e fuga era ancora comprensibile, quando le edicole non erano chiuse. Essere flessibili in situazioni di forza maggiore non significa fare orecchie da mercante o i finti tonti. E' stato un vero peccato perché la potenza delle immagini, voglio dire ci sono certi “recensionisti” e non solo che letteralmente sbavano quando in una vignetta si può ammirare un bel disegno di una donna, e non intendo dire svestita ma anche solamente come quella che compare nel numero di Agosto di Tex semplicemente a cavallo, ha un impatto che non bisogna mai sottovalutare, specialmente se con le immagini ci si campa e si fa sognare, il più delle volte, generazioni di lettori.
Due esempi di cartelli contro il Coronavirus con Tex realizzati da Lorenzo Barruscotto
Un'altra sfaccettatura del termine coincidenza l'ho provata sempre sulla mia pellaccia “grazie” a Diabolik. Vi avevo già raccontato in passato di aver inviato un soggetto alla casa editrice Astorina affinché venisse proposto al direttore e per vie traverse ci ero riuscito. Ovviamente, bocciato. La motivazione che ha fatto ritornare al mittente la mia storia sul Re del Terrore è che un dettaglio che avrebbe fatto svelare un piano contenuto nella trama verteva sul fatto che le maschere con cui Diabolik ed Eva Kant possono prendere le fattezze di chiunque non sudano. Mi è stato detto che da molte decadi è un fatto appurato e che si glissa sulla cosa senza tornare sulla questione e senza mai parlarne.
Io ho proposto di modificare la storia, che era stata considerata ben scritta e strutturata, ma non c'è stato nulla da fare. Non nutrendo rancore ho quindi continuato a leggere qualche numero di Diabolik finché non arrivo a pagina 17 dell'albo intitolato “Innocente o colpevole?” (titolo abbastanza sul pezzo, direi). E cosa pensa Eva sotto mentite spoglie nell'ultima vignetta della pagina? Ma è ovvio: “Naturalmente ho dovuto evitare la sauna… le maschere non sudano.”
Quindi che dire. Mi hanno bellamente fregato l'idea? Era già previsto questo commento nella sceneggiatura anche se l'albo è uscito due o tre mesi dopo la mia bocciatura o è stato aggiunto ad arte? So che i tempi editoriali sono lunghi ma quel tocco nell'avventura è una grossa "coincidenza". Meno male che glissavano sulla questione e non se ne parlava più da anni. Che… caso.
Due dei "cartelli internazionali" realizzati da Lorenzo Barruscotto:
a sinistra Val Kilmer nei panni di Doc Holliday in "Tombstone",
a destra un ritratto di Nat Love a cui si ispira il personaggio di "Deadwood Dick".
Sbrigata questa “pratica”, dei singoli episodi avevo già parlato man mano che venivano alla luce, colgo l'occasione per ampliare la concezione di coincidenze, tanto per rimanere in tema.
Anche il concetto che sto per esporre è già stato indagato in precedenza ma urge una rispolverata.
E' già avvenuto, sporadicamente e da parte di sempre gli stessi fumettisti, che ci trovassimo davanti a disegni, solitamente ad opera di artisti relativamente giovani, che stuzzicavano la nostra memoria, come se li avessimo già visti da qualche parte.
Ebbene, non è “come se”: in più di una tavola ci sono state delle vignette esattamente riproducenti disegni di altri volumi, realizzati non dai medesimi artisti, come se fossero state reinserite nel layout prima e nella pagina finita poi di un albo recente. E' accaduto con storie nella serie regolare di cui in passato ho fornito ogni dettaglio confrontando anche pagina per pagina queste “strane coincidenze”.
Se è umano e comprensibile che un disegnatore utilizzi come maestri alcuni suoi predecessori che ammira, su cui ha studiato o che gli sono particolarmente congeniali, risulta meno immediato da digerire il fatto che da parte di un professionista più o meno navigato, che non lavora quindi per sport, ci sia la riproduzione, non dichiarata ma in modo quatto quatto, piuttosto “fedele” di una vignetta che evidentemente lo ha ispirato profondamente.
E non si tratta del fatto che ogni tanto Galep riprendeva suoi stessi disegni da rimettere in altri contesti nei primi volumi, perché doveva far fronte da solo ad una enorme mole di lavoro.
Questo è un “lavoro”, concedetemi la ripetizione, che potrebbe fare il solito sfigato come il sottoscritto per imparare ad usare una griglia, per rendere più fluida la sua mano ed il suo stile più raffinato nel maneggiare una matita o delle chine e che se poi considera apprezzabile il prodotto terminato eventualmente lo pubblica come tributo, manifestandolo e senza alcun fine di lucro. Non si chiamano “maestri” per nulla. Però qui siamo dall'altra sponda del fiume: qui nessuno fa niente per niente. Giustamente.
Avete presente la seconda storia contenuta nel Maxi “Caccia a Tiger Jack”? Legittimamente il volume ha come copertina un disegno di Villa che si riferisce alla strepitosa avventura illustrata da Ugolino Cossu su testi di Pasquale Ruju. Ma le dolenti note iniziano quando arriviamo alla seconda storia, intitolata “Il veleno della zingara”, ad opera di Flemang su testi sempre di Ruju.
Oltre al fatto che si è parlato vagamente di due autori invece di uno solo discutendo sulla paternità della storia e che anche nelle sequenze più dinamiche i tratti sono pervasi da una certa staticità che stride con gli accadimenti, c'è proprio un errore. Verso la fine della narrazione (piccolo allarme spoiler) Tex viene ferito, sebbene di striscio, ad un braccio. Ferita che magicamente sparisce già nella stessa pagina, considerando che perfino la camicia si è rigenerata e non compare neanche il buco della pallottola.
A parte ciò, indubbiamente anche questo autore considera delle colonne artisti di prim'ordine come lo stesso Villa o anche Ticci e Giolitti perché non sono poche le ispirazioni tratte da avventure già note. Volete fare i san Tommaso e necessitate di esempi? Vi servo subito.
Pagina 228, prima vignetta: Carson che afferra il fucile dalla sella riprende molto fedelmente, pur con qualche piccola varietà personale di stile, la quarta vignetta di pagina 9 ne “Il ranch degli uomini perduti”. Stessa musica per la seconda vignetta di pagina 231 o la terza di pagina 233 che riprendono lo stile di Villa (pagina 36 di “Il ranch degli uomini perduti” per dirne una).
Ci sono poi riferimenti al summenzionato Alberto Giolitti nella terza vignetta di pagina 235, nella terza e quinta di pagina 236 per quanto riguarda il Texone “Terra senza legge” o il numero 432 della serie regolare (“Polizia a cavallo”: quarta vignetta di pagina 62).
Non mancano i rimandi a Ticci (pagina 264 – terza vignetta, 309 – terza vignetta, 312 – seconda vignetta, 323 – seconda e terza vignetta): i territori del Nord Ovest hanno fatto proprio scuola.
Si torna in modo alquanto palese al Texone disegnato da Giolitti a pagina 324 nella quale il postiglione è praticamente lo stesso che compare nell'avventura “Terra senza legge” e che spalleggia simpaticamente i Pards, ma anche a pagina 311 le posture dei personaggi richiamano Gilbert.
Sono perfino stato contattato da un collega dell'artista, a sua volta disegnatore di Dago, pronto a spergiurare sulla correttezza dell'amico, professionista da più di 30 anni anche se poi mi è stato detto: “Ovviamente non essendo un personaggio creato da lui, da buon professionista qual è ha studiato chi lo ha preceduto.” Lungi da me mettere in dubbio talento o professionalità, per quanto non è che ripetendo la parola come un mantra si acquisisca un livello superiore di consapevolezza di sè. Solo che a volte uso le stesse vignette per migliorare le mie tecniche e si vede che alcuni "frames" iconici piacciono universalmente.
Ohibò, sicuramente anche queste qui sopra elencate e circostanziate sono soltanto delle coincidenze.
Inoltre, considerando che le ferite che i Pards riportano scontrandosi con balordi di ogni genere durante le loro avventure devono essere come dire "importanti" e valide sia per il continuum della storia sia perchè non può arrivare un fessacchiotto qualunque a piantare un confetto in due pellacce come i Rangers, e pertanto un altro fessacchiotto come il sottoscritto a quanto pare non può neanche pensare di inventarsi una sequenza nella quale il povero Carson venga colpito ad una spalla (perchè non si fa "mai", nemmeno se il suddetto Carson si rende protagonista di un eroico salvataggio lanciandosi su un innocente per spostarlo dalla linea di tiro e pertanto incassando il pezzetto di piombo al posto della mancata vittima) ecco che un'altra situazione analoga a quella precedentemente descritta poche righe fa, ed altrettanto piuttosto insignificante, anche se stavolta il graffio viene visualizzato in una (e sottolineo una) vignetta prima di sparire anch'esso per magia, compare nel volume "Duri a morire", Tex 713 disegnato dal già citato Prisco, su sceneggiatura di Rauch, ai danni di un ginocchio di Capelli d'Argento. Cioè si intuisce che il buon Kit viene colpito al ginocchio perchè due linee parallele che rappresentano la traiettoria del proiettile attraversano la vignetta in questione ed il Vecchio Cammello si lascia scappare un urlo, ma da nessuna prospettiva quella pallottola sembra beccarlo, a meno che i delinquenti di turno non abbiano imparato a far curvare i colpi come la grintosa ed affascinante Angelina Jolie in "Wanted". Ed il tutto rimarrebbe maggiormente credibile. Però, indipendentemente dall'essere professionisti o dilettanti, come dice quel vecchio adagio, nella vita c'è chi può e chi non può: io, evidentemente e su più fronti, non può. O "non mi fanno potere".
Sono sfumature. Ragionate, magari anche motivate, casuali o volute, sono... coincidenze.
Cartelli contro il Coronavirus con Dago realizzati, disegni compresi, da Lorenzo Barruscotto.
Siamo arrivati al termine di quello che è stato un appuntamento diverso dagli abituali qui al Trading Post ma i prossimi che seguiranno torneranno con nuova lena, più strettamente legati al mondo che preferiamo, cioè al West di carta, di emozioni e di polvere da sparo senza prestare troppa fede ad improvvisati specialisti o sedicenti conoscitori dello scibile umano, continuando inoltre a non dare troppa importanza a cosa non ne ha e seguitando ad ignorare le strade intraprese da altri in ambito recensionistico, che sia tramite video o sempre per iscritto, poiché qui non ci sono insegnanti che devono distribuire dei voti (nemmeno agli artisti piace farlo, figuriamoci noi con che criterio potremmo assegnare un voto): questo è un ritrovo di appassionati dove si esprime un parere personale, motivandolo e fornendo prove a sostegno delle ipotesi e delle tesi formulate, pertanto non mi sentirete mai sussurrare con tono incerto che una storia è “bella perché è bella”, non mi vedrete scodinzolare perché si vede mezza coscia di un personaggio femminile in una storia di Tex, non trasformerò una recensione in un riassunto sconclusionato dove si rischia anche di sbattere contro il finale, non vi racconterò fatti di nessuna rilevanza come la telecronaca dei miei acquisti in edicola, presso la quale sono passato dopo essere andato a fare una commissione alla Posta ed aver fatto la spesa al mercato. Né men che meno ci saranno spoiler, anticipazioni visive o narrate di ciò che avviene negli albi spacciate per anteprime come se la gente non aspettasse altro che un pellegrino gli rovini la sorpresa spiattellando un colpo di scena o addirittura la conclusione.
Da queste parti le sole coincidenze da considerare sono e saranno quelle della diligenza che fa tappa per abbeverare i cavalli.
Anzi, se le mie orecchie non mi ingannano questa ugola d'oro è proprio il vecchio postiglione che si fa annunciare dalla sua voce talmente gracchiante da fare invidia ad uno stormo di corvi.
Meglio fargli già trovare pronta una pinta fresca altrimenti non smetterà più di elencare tutti gli acciacchi che gli si sono appiccicati addosso da quando ha iniziato a guidare quella scatola con le ruote che lui chiama “il suo gioiellino”.
Alla prossima, hermanos!
Hasta luego