- Categoria: Osservatorio Tex
- Scritto da Lorenzo Barruscotto
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RECENSIONE TEX INEDITO A COLORI NUMERO 695: "L'ULTIMA VENDETTA"
La cover del volume: in primo piano Tex al galoppo in sella all'intelligente e fedele cavallo Dinamite.
Sullo sfondo campeggia lo stemma dell'invidiabile traguardo raggiunto dalle avventure del Ranger.
La copertina dell'album allegato all'uscita, che celebra il settantennale: "Tex e gli eroi Bonelli".
Ci siamo!
Eccoci finalmente arrivati al momento che ci era stato preannunciato da diversi mesi, oramai: quello di cui parliamo oggi è l'albo che festeggia ufficialmente i 70 anni di vita del più famoso ed integerrimo Ranger della Frontiera!
In realtà, rispetto alla data di diffusione dell'albo ed a quando vi scrivo queste poche righe, manca ancora qualche giorno al suo vero compleanno perchè Tex Willer fa la sua comparsa nelle edicole il 30 settembre 1948, sotto forma, a questo punto lo sanno anche i muri, di un piccolo formato a striscia di 32 paginette, intitolato “Il totem misterioso”.
Chiunque abbia lo spirito texiano che gli scorre nelle vene insieme al sangue, conosce la mitica frase con cui un AUDACE (...andiamo, avete capito perché ho usato questo specifico aggettivo. No? Allora, compito a casa: come si chiamava la Casa Editrice prima di diventare Bonelli...) e spavaldo fuorilegge si presenta ai lettori: “Per tutti i diavoli, che mi siano ancora alle costole?”
Ma state tranquilli, non ho la minima intenzione di perdermi in eccessive lungaggini, che tra l'altro praticamente tutti conosciamo già a memoria, ripercorrendo per filo e per segno le varie tappe di periodi antecedenti alle origini di questa che è in ogni caso Storia, non solo di Tex ma proprio del Fumetto italiano. Aspettate a stappare lo spumante, ho detto che non intendo dilungarmi troppo, ma avrò modo più avanti nella nostra chiacchierata di riproporre giusto un'infarinatura generale riguardo i passi che la Leggenda ha compiuto al fine di prendere stabile dimora non solamente nei nostri cuori ma nell'immaginario collettivo di intere nazioni, diventando un simbolo, un'icona ed un ineguagliabile modello.
Però niente di troppo, come dire, scolastico: non siete certo qui per ascoltare la lezione da parte di un irritante "parolaio" che si atteggia a maestrina.
La prima striscia della "Collana del Tex": la lunga pista ha inizio.
L'albo del settantennale sa di piombo e polvere da sparo, trasuda pathos e mito anche “solamente” ammirando la spettacolare copertina di Villa: un giovane Tex lanciato al galoppo in sella al "bravo Dinamite" che galoppa incontro al suo destino, facendo tremare di fifa i suoi nemici e mandando in visibilio noi tutti, già rapiti dal connubio disegno-titolo. E le anticipazioni che come sempre sono causa di aumentata salivazione, insieme al trailer presente nel numero scorso, ci avevano già confermato ciò che speravamo: l'indegno sceriffo Mallory, stella di latta corrotto dei tempi di Culver City, andrà infine ad occupare la fossa che era pronta per lui da parecchi anni.
Fermi tutti! Non avete alcun motivo di guardarmi per storto poiché questo non è uno spoiler e non vi dico nulla che già non sapete.
Mi sembra di udire un certo brusio… Avete forse dimenticato le storie narrate negli albi “Il passato di Tex”, “Il re del rodeo” e “La costa dei barbari”? Anzi per quello che ci interessa adesso, potete tirare fuori dalla vostra libreria solamente l'ultimo dei volumi che ho appena citato, poiché è in quello che il duo Gian Luigi Bonelli-Galep ci racconta come un certo giovane cowboy venga a sapere del vile assassinio a sangue freddo del fratello Sam e decida di ristabilire la giustizia, in una cittadina che all'epoca si scriveva ancora “Calver City”, infestata da una cricca di balordi capeggiata da un viscido verme di nome Tom Rebo.
Ok, ok, questo so che lo sapete.
Ma se fate un ulteriore sforzo di memoria vi ritornerà alla mente che l'intera faccenda era stata rievocata da Tex per i suoi Pards attorno al fuoco di un bivacco e nell'ultima vignetta suo figlio Kit, sempre attento nell'ascoltare le avventure del passato del padre, obietta: “Avresti dovuto liquidare anche quel Mallory, pa'!” Ed Aquila della Notte ribatte: “Lo feci, Kit! Circa due anni dopo e in un altro paese. Ma questa è un'altra storia...”
Ebbene quella “altra storia” è al centro della “nostra storia”, tutta a colori magistralmente interpretata da una colonna insostituibile della Casa Editrice, Giovanni Ticci, su testi del Boss, Mauro Boselli, con la colorazione di Oscar Celestini.
Per usare un parolone potrei dirvi che l'avventura inizia “in medias res”, cioè senza una sorta di presentazione preliminare. In sostanza vola piombo già dalle prime pagine.
Come ci era stato comunicato per preparare il nostro palato, Kit salva un ragazzo da un gruppetto di pendagli da forca che hanno tutta l'intenzione di chiudergli la bocca per sempre.
Un dettaglio che forse in pochi (o magari no, conosco bene il metodo dello “studiare ogni tavola", tipico dei Texiani) hanno notato è che uno dei due compagni di caccia di Piccolo Falco è Nehdi: il figlio dello sciamano Navajo che viene salvato da Tex e Tiger, stiamo parlando di qualche annetto fa, proprio su indicazione di un'inquietante visione avuta dal padre dell'allora adolescente, nell'avventura dove Kit Willer perde tragicamente l'amico Bronco Lane (“Morte nella nebbia” e “Uccidete Kit Willer”, disegni di Font e testi di Boselli).
Nella pagina che chiudeva il secondo albo dei due che costituivano l'avventura, è lo stesso Tex a spiegare che i ragazzi erano diventati inseparabili, perciò non ci stupisce che anche ora i due amici siano insieme sulle piste della Riserva, a scovare prede ed a schivare pallottole.
L'accuratezza del tratto di Ticci non dovrebbe più stupirci mentre invece la mano del maestro riesce ancora a lasciarci a bocca aperta non solo quando delinea le crudeli e maligne espressioni di uomini malvagi che scommettono sulla vita di un essere umano come se si trattasse di un semplice tiro a segno, ma anche quando ci saltano all'occhio i dettagli come i particolari inerenti le armi (diavolo, c'è di mezzo uno Sharps e mi sembra di essere ancora tutto rintronato per aver udito il boato dello sparo anche se è "solo disegnato") fino a rimanere completamente ammaliati dai costumi indiani di Tex e Kit Willer.
Lo sceneggiatore, spalleggiato dal gran lavoro al lettering di Monica Husler, dosa abilmente presente e passato e ci viene data l'impressione che i quattro Pards si scostino leggermente al fine di lasciarci il posto in un implicito invito a sedere accanto a loro, attorno al fuoco nel villaggio centrale, ascoltando in religioso silenzio (vorrei proprio vedere chi di voi avrebbe il coraggio di interrompere Aquila della Notte che ricorda alcune sue vicissitudini giovanili) le parole del Sakem “dalla pelle bianca ma dal cuore rosso”.
Disegno di Lorenzo Barruscotto, tributo a TICCI.
Tex, in tenuta da capo di tutte le genti Navajo, conosciuto da tutti gli uomini rossi
con il nome di Aquila della Notte, ci saluta:
niente paura, le leggi dell'ospitalità sono sacre ed al villaggio non avremo nulla da temere.
Il Ranger ricopre anche il ruolo di Agente indiano della Riserva.
Veniamo quindi catapultati nel roboante mondo delle gare di rodeo, le quali erano ciò che i duelli tra gladiatori rappresentavano per gli antichi Romani o ciò che per i nostri tempi moderni rappresentano le partite di calcio. Anche se a dirla tutta, io preferisco di gran lunga il rodeo.
La nostalgia ci potrebbe assalire come un dannato tagliaborse dietro l'angolo in un vicolo buio, ma l'abilità congiunta di Boselli, Ticci e del terzo moschettiere Oscar Celestini, il quale si occupa di colorare la nostra lettura, come accaduto per il ColorTex “Piombo e oro”, disegni firmati da Scascitelli su sceneggiatura ideata dall'immenso Ruju, di cui indico qui di seguito il link dell'articolo dove ne abbiamo discusso, in modo da sottolineare e ribadire il più possibile il talento dell'artista, che ha onorato il Trading Post facendo un salto da queste parti per farsi un bicchierino insieme a noi mentre lasciava al suo cavallo il tempo di rifiatare, proprio in occasione dell'uscita del volume speciale (http://www.fumettodautore.com/index.php/magazine/osservatorio-tex/5540-recensione-colortex-piombo-e-oro), aiuta a riportare a galla le immagini che molti di noi avevano letto tanti anni fa, e sono tanti anni anche se si tratta di ristampe, senza però travolgerci ma anzi ottenendo l'effetto contrario, perchè non riusciamo a smettere di voltare pagina per continuare a leggere. Quindi farete bene a scansarvi se non vorrete che un infuriato toro vi trasformi in uno sgualcito scendiletto, bisognerà avere mano ferma e nervi saldi per lanciare il lazo al momento giusto e catturare quel vitello che scalcia come un maledetto… vitello, non proprio d'accordo a vedersi precipitare sulla zucca un tizio che per di più lo atterra, lo ribalta e lo lega in un amen.
Non è il caso di sottolineare quale parte del corpo vi farà più male dopo una giornata passata a domare cavalli selvaggi o quanto meno a cercare di rimanere in sella il maggior tempo possibile, anche se non c'è dubbio che in aggiunta sentirete dolori in posti che non credevate neanche di avere.
Assisteremo ad una rivalità con un "collega", un certo Moss Keegan (sì, sono consapevole del fatto che per ora questo tizio non vi fa suonare nessun campanello in testa), che potrebbe diventare pericolosa e ritroveremo quella testa calda che era il nostro “magnifico fuorilegge” sempre pronto a pagare da bere a tutti, che non si tirava mai indietro di fronte ad una sfida e già rapido e letale con la pistola, in un mondo nel quale i propri diritti valevano quanto il costo di una scatola di cartucce.
Questo capolavoro di carta e sogni ad occhi aperti è un prezioso mosaico dal momento che in esso si accostano perfettamente l'attuale linea temporale, vale a dire l'odierno delle storie che viviamo adesso, con Tex, Carson, Kit e Tiger e molteplici schegge di passato.
Quest'albo sembra chiudere un cerchio, una sorta di chiave di volta che si incastona splendidamente nell'arco narrativo che ci ha fatto conoscere i retroscena della gioventù del Ranger.
Proprio ripartendo da “Il passato di Tex”, ci siamo fatti strada tra razziatori, bandidos e Rangers che credevano nella verità piuttosto che in una legge manipolata con i cartonati (“Il vendicatore” - disegni di Andreucci e “Giustizia a Corpus Christi” - disegni di Mastantuono, entrambi su testi di Boselli), dando nuovamente l'addio a Gunny Bill per poi vedercelo spuntare con qualche capello bianco in meno nel Maxi “Nueces Valley” (realizzato graficamente da Del Vecchio in coppia con il vulcanico Boselli), albo dove abbiamo fatto la conoscenza di Mae e Ken Willer, i nonni paterni di Piccolo Falco, e che ha gettato luce su una parte della vita dell'eroe dalla camicia gialla ancora sconosciuta, vedendolo fisicamente nascere in Texas.
Nel volume a colori del settantennale troverete una citazione diretta di un'altra perla facente parte di questa sorta di “collana”, la quale rimanda a “Il magnifico fuorilegge” (anche in questo caso opera dei fulmini travestiti rispettivamente da sceneggiatore e disegnatore Boselli ed Andreucci) nel quale Tex incontra per la prima volta il fiero capo Apache Cochise, ne diventa amico e fratello di sangue e, per farla breve, ci "cucina" uno dei nostri piatti preferiti: tabula rasa di un covo di malviventi noto come Robbers' Nest.
Quando l'impavido e scapestrato Willer diventa un veterano delle gare di rodeo non è (più) un ricercato come invece lo era momentaneamente stato in seguito alle macchinazioni di chi stava dietro ai furti di bestiame nella valle del Nueces. Avendo fatto piazza pulita anche grazie al cruciale aiuto di Jim Callahan, la sua innocenza era stata provata ed i rapporti con il fratello, animo molto meno inquieto dal futuro Ranger, si erano sostanzialmente ricuciti. Dopo gli anni spensierati (circa tre secondo le parole dello stesso protagonista) in cui la sua quotidianità veniva scandita dalla errabonda vita della compagnia di domatori, torna a comparire tra le fila di coloro che cavalcano al di fuori della legalità proprio per aver vendicato la morte di Sam, a Culver City. E come non ricordare la furiosa sparatoria presso il “White Horse Saloon”, rievocata anche in questo volume con un disegno quasi a tutta pagina che racchiude in un colpo solo la magia dei ricordi.
Il fatto è che alcuni "pesci piccoli" erano sfuggiti al castigo, e tra questi c'era proprio Mallory, ufficialmente uno sceriffo, perciò la sua parola venne considerata valida e Tex si trasformò in un giustiziere che doveva guardarsi non solo da farabutti di ogni risma ma anche da qualunque portatore di stella che brillava al sole della prateria.
Naturalmente il Nostro non è mai stato un bandito o un rapinatore e come diceva nella prime avventure, uccideva solo chi meritava di essere ucciso, specialmente se commetteva l'errore di sparargli addosso, applicando una forma di giustizia piuttosto sbrigativa ma di innegabile efficacia. Temuto da prepotenti e criminali i quali per assurdo invocavano la legge quando vedevano avvicinarsi troppo le bocche da fuoco delle sue Colt, Tex era ed è sempre stato al servizio degli innocenti, difendendo i deboli da soprusi ed angherie. Infatti non ci è voluto molto perché un certo Mister Marshall si “interessasse” a lui, appuntandogli sul petto una stella diversa da quelle possedute dagli sceriffi: una stella d'argento. Che poi in qualche occasione i rapporti con il capo del servizio segreto dei Rangers non potessero sempre definirsi idilliaci è un altro paio di maniche. E, come direbbe il buon Carson, una musica già sentita.
Disegno di Lorenzo Barruscotto, tributo ad ANDREUCCI.
Un Tex giovane ma già un vero tizzone d'inferno:
nel West a volte vendetta e giustizia si raggiungono tramite lo stesso sentiero.
Anche ora il nemico tenterà, proprio come un serpente, di insinuare il dubbio, di mettere uno contro l'altro chi sostanzialmente si rispettava, sebbene senza scambiarsi pacche sulle spalle, cercherà di tendere una trappola, di usare vigliaccamente altre persone per i suoi sporchi scopi, andando anche tremendamente vicino a spuntarla.
Ci saranno molti scagnozzi ad aspettarci nel luogo dove avverrà la resa dei conti e spunterà un farabutto che farà accendere ancora un'altra ulteriore lampadina nei nostri crani. Non vi dico nulla di più, se non il suo nome: Coffin! Come “coup de theatre” non è male, vero?
Quello che i bastardi sopravvissuti alla banda di Rebo non hanno tenuto in conto, oltre alla velocità nello sputare piombo, fiammate e morte da parte delle sei colpi di un “fulmine lubrificato” come Tex Willer, è la capacità di quest'ultimo di indurre un uomo a leggersi dentro, a decidere cosa e chi vuole essere, a scegliere tra l'infamia ed il coraggio, tra il disonore e l'amicizia.
Vedremo come l'ex sceriffo Mallory prenderà alloggio nell'albergo di Belzebù ma a dirla tutta si tratta di un personaggio talmente infimo che non merita neanche di essere al centro della vicenda. Infatti l'averlo liquidato costituisce per noi uno dei tasselli del quadro generale, uno di quelli che ancora ci mancava, e credetemi, le emozioni non mancheranno prima di poter dare a quella carogna la spinta finale e farlo volare nel calderone di messer Satanasso, ma ancora una volta i guai dei “nostri giorni”, del “nostro presente” incalzano: c'è un amico che chiede aiuto, un'intera tribù da salvare, altri balordi da rimettere al proprio posto.
Però, fortunatamente, adesso non bisogna fare tutto da soli, adesso c'è un “poker d'assi” che per farabutti e mascalzoni risulta peggio dei cavalieri dell'apocalisse.
Cazzotti, sparatorie, altri cazzotti ed una parolina "appena sussurrata" da “madama dinamite” saranno il tranquillo sottofondo della parte conclusiva di questo volume.
Che soddisfazione vedere le facce dei vermi, anche se in fondo piuttosto fessacchiotti, che facevano i bulletti contro povera gente costretta suo malgrado ad abbassare la testa o tenuta buona con la violenza, dopo che sbattono il grugno contro la dura realtà, costituita dalle nocche del destro del Ranger ma anche da un certo sorriso tipico del gatto che si è appena pappato un grosso topo: stupefatti, confusi, basiti non ci metteranno molto a capire che l'aria è cambiata e dopo aver ovviamente provato a protestare, perdendo una magnifica occasione per tacere, insieme ad un altro paio di denti, si sbalordiranno del tutto venendo a sapere i nomi degli amici di coloro contro i quali si erano messi.
Spiacente, amigos: la pacchia è finita. Parola mia ma soprattutto “parola di Tex Willer”.
Muy bien, direi che senza avervi fatto capire “come, quando, chi e perché” (il dove lo sappiamo tutti: Riserva Navajo, almeno come punto di partenza…) siamo arrivati alla fine della storia.
Ehi, ehi, che modi sono questi. Dove correte. Rimettere la sedia sotto i vostri didietro.
Ho detto “alla fine della storia”. Ma ci sono ancora alcune cosette da dire e di cui discutere.
Tanto ve lo avevo promesso in precedenza: oggi si beve gratis in onore di Tex, perciò riempite i boccali fino all'orlo e lubrificatevi la gola a volontà mentre io continuo a dare aria ai denti.
Disegno realizzato da Lorenzo Barruscotto.
Tex Willer, ispirato al celeberrimo attore Giuliano Gemma che ha impersonato il Ranger
in un film intitolato "Tex e il signore degli abissi", del 1985, il quale purtroppo non ebbe molta fortuna,
sebbene in alcune parti si avvicinasse allo spirito delle storie a fumetti.
Vediamo di fare alcune considerazioni sui Pima, poiché si tratta proprio di questa nazione del Popolo Rosso che Tex ed i Pards si trovano a spalleggiare, così come è un ragazzino Pima quello salvato da morte certa da parte di Piccolo Falco all'inizio dell'albo.
Il nome “autoctono” dei Pima è impronunciabile per noi (Akimel O'odham) e significa “popolo del fiume”. Si tratta di parenti neanche troppo alla lontana dei Papago (il cui nome sempre con la parte O'odham a mo' di cognome significa “popolo del deserto”).
Secondo le fonti che ho consultato la parola “pima” sembra una sorta di termine in “slang” per dire “non so, non ho capito”, pronunciata dalle popolazioni che erano venute in contatto con i conquistatori europei, al tempo delle prime esplorazioni. In effetti una situazione simile viene riproposta dalla Storia in merito alla parola Cangaroo, cioè canguro, che sembra provenire dalla frase “non ti capisco, non so cosa stai dicendo” ripetuta, senza che naturalmente potessero intendersi, dai nativi australiani nei confronti delle domande che gli inglesi rivolgevano loro in merito a cosa diavolo fossero quei saltellanti animali.
"O'odham" è una rivisitazione di un termine ancora più antico che, tanto per ribadire il concetto, pare si possa tradurre con “coloro che sono venuti prima”, quindi gli antichi, per l'appunto.
Il fiume dei Pima è il Gila River (non a caso l'ufficio della Riserva viene anche indicato nell'albo con il nome di Gila River Pima Indian Agency) nonostante il territorio includesse in seguito il Salt River, in Arizona, per sconfinare in Messico, sul tragitto del Rio Yaqui.
Altra annotazione che testimonia a favore di una grande e minuziosa ricerca "dietro le quinte" degli albi di Tex sta nel fatto che l'economia di questa tribù era realmente prevalentemente basata sull'agricoltura. Alla base della loro cultura c'era la famiglia. Infatti talvolta i nuclei abitativi che componevano un villaggio, specialmente se poco esteso, comprendevano parenti o comunque membri di famiglie allargate. Quindi molte coltivazioni e poche battute di caccia nella Riserva Pima, che viene chiamata in causa anche nell'ultimo ColorTex: in quel caso l'agente indiano è, anzi era, un truffatore matricolato nonché un assassino ed un emerito mucchio di sterco, per colpa del quale i Nostri si erano già occupati di soccorrere i loro “vicini di casa”, perfino prevedendo di condividere le scorte alimentari per l'inverno, in caso di necessità.
I metodi di coltivazione dei Pima comprendevano estesi e per certi versi moderni canali di irrigazione, i cui segreti potremmo quasi dire venivano tramandati di generazione in generazione.
Le donne erano note per la loro bravura nel tessere lana e fibre vegetali ed anche per creare ceste e manufatti utili per la spartana vita quotidiana di allora. A quanto pare prima che gli uomini bianchi ficcassero il naso negli affari dei pellerossa, i Pima non andavano d'accordo con gli Apaches, colpevoli di razziare i raccolti quando nei loro territori la stagione di caccia non era stata particolarmente proficua. Sostanzialmente però non hanno una grande tradizione guerriera e vengono riconosciuti come popolo pacifico.
Vennero in contatto con gli esploratori europei per la prima volta nel 1539, nelle figure di alcuni missionari spagnoli e proprio a causa degli spagnoli i Pima furono confinati in un abbozzo di “Riserva” lungo il territorio del Fiume Gila già nei primi decenni del 1700, per fare spazio ai coloni. Tale dislocazione causò non solo qualche rivolta (fate un po' voi, ma secondo me avevano anche ragione ad arrabbiarsi) ed alcuni moti migratori verso la regione del Salt River, semplicemente con lo scopo di sopravvivere e trovare qualche altra zona utile da lavorare e mutare in terre fertili.
Ancora oggi il fiume viene considerato sacro dai membri più tradizionalisti della tribù.
Eppure perfino in questo caso abbiamo voluto dire la nostra, facendo la voce grossa, da bianchi, perché attualmente il Gila River è in secca per buona parte dell'anno a causa di non so bene quali problemi causati alle falde acquifere sotterranee. Questo lento diminuire del centro del loro mondo con l'andare degli anni ha causato, è facile capire, vere e proprie carestie o abbandoni dei territori dei loro avi (oltre al danno anche la beffa visto che si chiamano “quelli che c'erano prima”).
Recentemente anche gli indiani hanno capito l'importanza (lo dico con sarcasmo, intendiamoci) della burocrazia e sembra ci siano anche battaglie legali per riavere un po' di quello che era già loro… A parte l'avergli prosciugato le sorgenti d'acqua, prima di arrivare a questo risultato, ai tempi del West ed in quelli successivi, il corso del fiume subì vari cambiamenti: tra insediamenti “civilizzati” e “progresso”, le zone della Riserva hanno anche conosciuto i due estremi, vale a dire alluvioni e siccità riflettendosi sulla salute di un intero popolo. Intendo proprio salute clinica dal momento che per via di certe mancanze alimentari pare che i Pima siano maggiormente esposti ad alcune malattie metaboliche come il diabete. Subentrano oltretutto fattori genetici sviluppatisi nei secoli ma non andiamo troppo nello specifico: in ogni caso se nessuno gli avesse scavato la fossa sotto i piedi, oggi i Pima americani non avrebbero una così alta incidenza di glicemie fuori scala. Altro parallelismo che mi viene da fare con le popolazioni indigene australiane che pare non abbiano la possibilità di smaltire "facilmente" una sbornia per via di una carenza enzimatica. Ma non è questo il punto.
Ai giorni nostri esiste la “Gila River Indian Community” che coopera con la “Salt River Community”.
Quella del Gila viene regolamentata da un Governatore eletto, affiancato da un certo numero di rappresentanti della tribù. Rimane la tradizione contadina, investita in situazioni tendenzialmente indipendenti ed autogestite.
Disegno di Lorenzo Barruscotto, tributo a VILLA.
Il Ranger: un'istantanea direttamente dal West!
Come tutti avete potuto vedere (ed i più collezionisti tra i collezionisti hanno fatto il bis o il tris per avere un bottino ancora più prezioso) insieme al “giornalino” questa volta era allegato un album di figurine su “Tex e gli eroi Bonelli”.
Ne sono state dette parecchie riguardo l'iniziativa della Casa Editrice di far uscire questo regalo per il compleanno del Ranger. A partire dal fatto che non si tratta di un “vero” regalo o per lo meno sembra che non tutti abbiano gradito, per svariati motivi.
E' stata etichettata come mera iniziativa commerciale, come inutile spreco, come una sorta di calderone in cui si butta dentro un po' tutto perché si sono messe insieme anche le altre testate bonelliane ancora in attività.
Per come la vedo io, questo genere di critiche non sono completamente dalla parte della ragione visto che, e se ve lo dico potete tranquillamente darmi retta perchè quando vado in giro sto sempre attento a guardarmi intorno ed a scrutare chi mi si avvicina, nessuno ci punta una 45 alla tempia obbligandoci a comprare tutte le figurine. So bene che quello che ho appena esternato è una vera eresia per ogni collezionista duro e puro ma vi ricordo che non state parlando con un pellegrino che non sa chi diavolo sia Tex. Mi considero anch'io un accanito lettore, un Texiano e posso vantarmi di possedere alcuni “pezzi” piuttosto difficili da reperire. Non che sia roba da interessare Diabolik, a meno che il re del terrore non sia in segreto anch'egli un lettore di Tex, ma nel mio piccolo, ne vado fiero e ne sono soddisfatto. Di sicuro ci vuole, in questi frangenti così come sempre e comunque, una certa dose di buon senso.
In ogni caso, sulle prime ero rimasto anch'io leggermente perplesso dal fatto che alcune figurine dovessero essere reperite su volumi che non hanno nulla a che fare con Tex, ma quando ho aperto l'album mi sono subito ricreduto perché sono presenti le immagini, sebbene sbiadite, un po' diafane, riprodotte negli stalli previsti per le figurine stesse. Per cui se anche non si trova o non si vuole spendere qualche frusciante bigliettone per altri albi, a mio modesto parere, va già bene così. E' stata un'idea probabilmente pensata proprio al fine di evitare o arginare la valanga che ha travolto ugualmente l'iniziativa. Si è perfino discusso sulla grandezza dell'album che non ha le dimensioni di altri, più grandi, pubblicati in passato. Personalmente io la trovo una cosa positiva, e preferisco qualcosa di maggiormente maneggevole da poter portare in giro (ed in altre stanze della casa - che c'è, non sarò mica il solo a farlo…) piuttosto che un mezzo tendone da circo.
Tra l'altro almeno per ora non c'è stata alcuna maggiorazione di prezzo, quindi si potrebbe sostenere che “a caval donato...”.
Sul fatto che sia un'operazione commerciale, come altre anche recenti, beh, direi che è abbastanza palese ma che non c'è nulla di male, d'altra parte non stiamo parlando di un'organizzazione umanitaria ma di una Casa Editrice che quindi è in pratica un'azienda, una "Fabbrica di sogni" ma tolta la poesia sempre fabbrica rimane, per cui non vedo su cos'altro si possa disquisire in tal senso.
E non capisco perché si sia levato un così accanito coro di “no”.
Sinceramente non mi disturba affatto l'esistenza o meno di un nuovo album di figurine. Personalmente non ne sentivo il bisogno ma è una decisione in cui non scorgo alcun motivo di discussione, e sta poi ai gusti del singolo decidere se completarlo.
Anzi, comprendo, o credo di comprendere, il "movente" per il quale sono stati associati anche gli altri “eroi Bonelli”. Senza nulla togliere ad altre testate, è innegabile e palese per tutti che Tex sia l'ammiraglia e che quindi il risultato raggiunto dal Ranger è il risultato non solo di un personaggio ma di tutta la Bonelli. Inoltre spargendo le suddette figurine in volumi di varie uscite, presumo che si sia pensato di invogliare la lettura di altri personaggi non ancora “esplorati” da parte dei Texiani o magari favorire la diffusione fumettistica in famiglia, con chi legge cose da uomini, quali Tex, e chi legge avventure magari dal tocco maggiormente femminile (Julia per fare un esempio su tutti) o anche per chi è appassionato di fantasy, tramite Dragonero, che ha un target sia adulto ma anche più adolescenziale con le versioni chiamiamole “kids”.
Bisogna d'altra parte ammettere che in questo periodo c'è e soprattutto ci sarà una grande concentrazione di albi di Tex e coloro i quali hanno avanzato l'ipotesi che potrebbe verificarsi una sorta di inflazione nei confronti del Nostro per la sua massiccia presenza nelle edicole, a mio modesto modo di vedere, non hanno proprio espresso qualcosa che non sta né in cielo né in terra, anche se il mio stesso spirito texiano sta urlando di dolore mentre scrivo queste righe e molti di voi sosterranno che ho appena detto una bestialità. Però spassionatamente, tralasciando il ColorTex dell'appuntamento estivo, il rapido susseguirsi di speciali quali il cartonato, il Magazine, il Maxi nonchè la preannunciata anche se tuttora misteriosa miniserie sulla quale forse ne sapremo di più ad Ottobre se non direttamente a Lucca Comics a Novembre, la quale vede protagonista Tex di certo ancora uno “sbarbatello scavezzacollo” e nuovamente ricercato ma forse non più un giustiziere solitario (su dove si inserirà nella linea temporale di Tex ci sono delle incertezze poiché si deduce con ragionevole certezza che faranno la propria comparsa Mefisto con la sua perfida sorella e Cochise mentre sugli altri personaggi c'è ancora qualche dubbio, da Montales a Carson oppure ad altri Rangers come lo stesso Callahan...) diciamo che mette un po' il fiatone.
Avremo da leggere per parecchio tempo. E, non fraintendetemi, ne sono ben lieto, per quanto appaia tutto concentrato nell'arco di relativamente poche settimane, rischiando di sembrare ammucchiato invece di fornire un più ampio respiro diluendolo maggiormente nei mesi che verranno.
Ne approfitto, detto tra noi per quel che riguarda il piccolo mondo delle recensioni, per informarvi che ci saranno quindi tempi dilazionati in modo da non stufare e banalmente per poter ideare gli articoli. Perciò tra i mesi di ottobre, novembre e dicembre non ci sarà modo di annoiarci qui al Trading Post.
Senza contare l'attesissima lunga avventura nei volumi inediti realizzata graficamente da Dotti che vedrà tornare alla ribalta un nemico pericoloso ed infido: il famigerato Maestro.
Disegno di Lorenzo Barruscotto, tributo ai "Bonelli Kids".
Lo "Zagorino" dei Kids qui rappresentato ben comunica la reazione del Texiano all'uscita di un nuovo albo.
Tornando al discorso principale e non andando troppo avanti nel futuro, uno dei rimproveri più ricorrenti è stato rivolto proprio all'album, “colpevole” di essere stato creato in fretta, senza troppe rifiniture.
Come ormai ben sapete io sono un “San Tommaso” di natura e mi sono messo ad analizzarlo nei dettagli, senza farmi influenzare da eventuali pregressi commenti negativi. Mi duole affermare che qualche imprecisione effettivamente c'è. E con imprecisione ho usato un termine attenuato.
Diciamo che l'errore più eclatante è talmente grosso da suscitare il sospetto di essere stato creato apposta, in modo da far parlare di sé: quando si volta una delle prime pagine e ci compare la scheda tecnica, potremmo chiamarla così, su Piccolo Falco, campeggia a caratteri ben visibili il suo nome, Kit Killer.
Mmm, o come si usava nei fumetti che leggevo da ragazzino pre-Tex, “mumble mumble”...
Ora, tutti noi sappiamo che in origine il personaggio di Tex avrebbe dovuto proprio avere quel cognome, Killer, ma che poi è stato “addolcito” in Willer grazie anche ad un illuminato intervento della signora Tea Bonelli, madre di Sergio ed editrice nonché iniziale scopritrice di Galep, suonando troppo duro e rischiando di conferire un'impronta negativa al protagonista, per non considerare il rischio di imbattersi nella censura di quegli anni. Non è il caso di ripetere tutta la solfa.
Quindi o chi ha scritto gli articoletti nell'albo non ne sa niente, o davvero si è confuso oppure la lettera sbagliata è stata messa lì ad arte sullo stile “purchè se ne parli”, anche se io propendo per la seconda ipotesi.
Altri esempi di imprecisioni (e continuo ad utilizzare questo vocabolo in modo da edulcorare il concetto) sparse qua e là nel volumetto ce ne sono ma ad essere onesti non fanno comunque venire la pelle di cappone come invece accadeva per alcuni articoli che “arricchivano” albi di cui abbiamo conversato in tempi passati più o meno recenti, però causano ugualmente lo spuntare sulla nostra zucca di un punto interrogativo perché in effetti qualcosa non quadra. Mi permetto di sottoporne alla vostra attenzione qualcuno.
A dirvela tutta non so se si tratti di un errore vero e proprio ma viene affermato che per la copertina del numero 100 a fare da modello fu lo stesso Galep. Io la sapevo diversa, come ho anche sostenuto nella recensione del SuperTex di cui mi permetto di aggiungere qui sotto il link delle quattro chiacchiere che abbiamo fatto riguardo a "Forte Apache", nel caso voleste dare un'occhiata (http://www.fumettodautore.com/index.php/magazine/osservatorio-tex/5510-recensione-tex-100-forte-apache): vale a dire che la copertina vede Tex riproporre la posa di Humphrey Bogart in una delle locandine del film "The enforcer" ("La città è salva" nella trafuzione italiana) del 1951. Omaggio ben noto a tutti i Texiani non proprio di primo pelo.
E tra l'altro questa non è l'unica volta in cui compare un simile tributo e non sarà l'ultima. Oltretutto lo stesso volto di Tex quando ancora non era la Leggenda che è ora ma veniva disegnato nottetempo da un Aurelio Galleppini agli inizi, aveva goduto dell'ispirazione da parte dell'autore per il volto di Gary Cooper, anche se poi le chine dell'artista, il quale allora era un maestro in divenire, hanno acquisito sempre maggiore autonomia stilistica. Somiglianza fisica mantenuta fino a circa la metà degli anno 50, ma che poi viene tralasciata parallelamente con la maturazione del tratto di Galep e la crescita del successo del personaggio. Tutto ciò vi garantisco che non me lo sono sognato.
Forse per la mancanza di spazio si cade su una buccia di banana quando si sostiene che l'incontro da Tex e Tiger Jack accade nell'episodio "La banda dei Dalton", incluso nel volume gigante "Due contro cento", il numero 8 della serie. A dire il vero non è così. Se mai quello è il primo incontro tra Tiger e noi lettori, poichè sarà Aquila della Notte a raccontare al figlio ed a Carson come e quando si sono conosciuti lui ed il suo fratello di sangue, all'epoca della disperata caccia da parte di Tiger ai rapitori della sua amata Taniah, nella grandiosa e struggente storia disegnata da Ticci su sceneggiatura di Nizzi, la quale inizia nell'albo "Percorso infernale" con l'introduzione "Orgoglio Navajo" e si conclude in "Tempo di uccidere", dove il viscido don Liborio Torres va incontro alla sua meritata fine per aver causato la morte della ragazza, che sceglie di togliersi la vita pur di sfuggire al disonore.
Sostenere inoltre che nel volume “Il figlio di Tex”, Kit sia già adulto è un po' un azzardo, dal momento che qualcuno ritiene che non sia adulto neanche adesso, a mio avviso non avendo ragione neanche con questa interpretazione.
Proseguendo, nella storia “Ritorno a Culver City” (realizzato dalla coppia Civitelli-Nizzi) non è Piccolo Falco a rischiare il collo in seguito ad una falsa accusa di omicidio, come invece si desume dalle poche parole nella didascalia corrispondente.
Uno splendido disegno di Villa che raffigura Tex con in mano una fascia appartenuta a Lilyth, il cui soave volto appare sullo sfondo, non credo sia un inedito dal momento che in molti, incluso me, lo hanno già visto da diverso tempo, oserei dire anni, e se non ricordo male si riferisce all'episodio in cui la moglie del Ranger era stata rapita da un traditore Navajo (vi ricordate il suo nome? Io sì, ma voglio solleticare le vostre meningi...), ai tempi in cui il fedele cane Satan costituiva il secondo compagno di avventure a quattro zampe insieme a Dinamite.
Nell'undicesimo Texone, “L'ultima frontiera” (disegni di Goran Parlov, testi di Nizzi) non è il trio composto da Tex, Carson e Jim Brandon ad inseguire l'assassino Jesus Zane ma ai due Pards si unisce Gros-Jean perché il colonnello Brandon è stato gravemente ferito.
Sul fatto che le giacche blu rifilino a Tex “concreti sganassoni” mi permetto di dissentire dal momento che sarebbe difficile per chiunque riuscire a picchiare un uomo del calibro di Aquila della Notte. Presumo che il riferimento sia ai tradimenti di alcuni ufficiali e che la copertina dello speciale in questione sia riferita ad una riedizione di una vicenda come quella che vede Tex e Tiger affiancati dal coraggioso scout Laredo combattere contro i ribelli “Mescaleros” (con i compadres Boselli-Ortiz in azione).
Ultima ma non per importanza, non ci facciamo mancare una svista anche su El Muerto, il quale non “salva” Tiger da un pestaggio ma intima ai suoi scagnozzi di non finirlo poiché l'indiano dovrà recapitare ad Aquila della Notte un messaggio: un confronto tra le loro Colt presso il cimitero di Pueblo Feliz, ormai divenuta epica. Beh, per quasi tutti, quantomeno.
Non proseguo oltre in questo breve elenco e certamente non vado a intrufolarmi nell'area non inerente Tex, ma credo di aver dato l'idea di cosa volevo far capire: si tratta di pochi errorini ma diciamo che la somma inizia a diventare consistente. Può darsi che ora io offra il fianco ad altre critiche perché “sono tutti bravi a puntare il dito” ma io non sto accusando nessuno di nulla: probabilmente l'autore dei testi dell'album non è un piantagrane ficcanaso come il sottoscritto o semplicemente non un accanito lettore di Tex come tutti noi e per mancanza di spazio, oltre ai soliti stretti tempi di produzione dettati da esigenze editoriali specialmente in questo periodo frenetico, si sono creati equivoci o lapsus, facile preda della nostra vista a raggi X quando si tratta del Ranger.
E' anche plausibile e legittimo chiamare nuovamente in causa la mole di materiale che ci viene proposta in questi due mesi perciò con così tanta carne al fuoco è umano che possano evidenziarsi alcune leggere mancanze, il che però va inevitabilmente a discapito della qualità in certi particolari, per via della quantità, come è stato affermato ultimamente.
Però non mettiamola giù così tragica: all'interno dell'allegato si possono trovare anche molte news sfiziose sia per chi già ne era a conoscenza sia soprattutto per chi non le conosceva: date, curiosità, riferimenti storici, intesi come riferimenti alla storia della Casa Editrice ed a chi l'ha resa grande, memorie, splendidi disegni di numerosi artisti che hanno lavorato per i Nostri, sia in bianco e nero che a colori. Tranquilli, non farò un elenco anche di queste notizie, non fate svolgere a me tutto il lavoro. Se siete curiosi, basta sfogliare le pagine per venire catapultati nel mondo polveroso ed assolato del West, sulla pista della giustizia. E sbirciare affacciandovi alle finestre di altri “pianeti di carta”, alcuni appartenenti a veterani di casa Bonelli altri a facce meno conosciute, che magari si riveleranno accattivanti.
Dal mio punto di vista in definitiva questo album, o albetto come preferite chiamarlo, costituisce “un di più” che può apparire superfluo ma che comunque va a far parte del bottino di ogni Texiano, e che da qualunque prospettiva uno osservi la faccenda, in positivo o in negativo, con pregi e difetti, non tocca minimamente il livello artistico che raggiunge a pieno diritto, e direi che ciò è e deve essere universalmente riconosciuto, il volume vero a proprio.
Le chine di Ticci ci ammaliano con la loro fluidità e con l'immediatezza delle immagini, trasformandosi in flash che vanno a scuotere i nostri ricordi, che fanno rivivere memorie sopite e che attirano il nostro “fanciullino texiano”, tanto per fare una semi-citazione colta, meglio di quanto farebbe un furgoncino dei gelati in mezzo al Sahara. Ci parrà di udire il ruggito della folla quando un cowboy sarà scaraventato a terra da un mustang sbuffante e non del tutto propenso a farsi domare o quando rischierà la ghirba dopo essere stato disarcionato da un toro infuriato. Come una barca in un mare agitato verremo sballottati dalle varie ondate di sentimenti e condivideremo insieme al protagonista le sue coinvolgenti esperienze nelle quali la “mostruosa” capacità di Ticci riuscirà senza fatica ad immergerci.
E poi, semplicemente, i disegni del maestro Ticci sono sempre maledettamente belli. Questa è una realtà oggettiva.
Così come allo stesso modo è altrettanto oggettivo che la perizia ai colori di Oscar Celestini, come posso metterla, perfeziona la perfezione. Albe che arrossano il cielo facendolo diventare di fuoco, notti senza luna più cupe del manto di un lupo, ombre che scivolano nel buio complottando ma che vengono scacciate dalle fiammate degli spari, la fioca luce di un bivacco che non potremo fare a meno di fissare con sguardo a volte malinconico, i vestiti indiani e gli sfondi che completano il tutto: insomma figurine o non figurine, questo volume di Tex è una vera opera d'arte.
Disegno di Lorenzo Barruscotto, tributo a TICCI.
Sembra quasi di sentire Capelli d'Argento boffonchiare scherzosamente:
"Per la barba di Matusalemme,
se Tex ha compiuto 70 anni ed è una vita che mi sento dare del 'vecchio cammello',
ora cosa diavolo mi devo aspettare!
Bah, spero che almeno per i festeggiamenti ci saranno un po' di ballerine a sgambettare sui tavoli,
così vi faccio vedere io chi è il vecchietto!"
Ciò che ho avuto modo di notare e che invece non incontra assolutamente non solo i miei gusti ma proprio il mio personale modo di essere, è il fatto che sembra che tutti in questo periodo siano diventati espertissimi lettori di Tex. Non che lo siano divenuti in seguito ad una "conversione" ma che si atteggino a qualificati e ferrati specialisti e “fans” da sempre.
C'è chi ne ha parlato una volta ogni tanto, però anche tra coloro i quali se ne occupano spesso bisogna vedere come se ne parla. Intendiamoci, non mi sto atteggiando a superiore o a chissà chi, ormai sapete che non è il mio stile, ma concedetemi almeno di condividere con voi una sardonica risata interiore poiché ciò che sta accadendo mi sembra proprio il voler saltare a tutti i costi sul carro del vincitore, anche se lo si conosce a malapena di sfuggita. Se questo, come ho detto, vale per chi si interessa del West di rado, invece da parte di chi è o vorrebbe essere un assiduo frequentatore delle praterie si rischia, e lo dico a ragion veduta dopo aver per caso letto un articolo in merito, di cadere in una serie di banalità che farebbero impallidire il più pallido dei fantasmi.
Mi riferisco a quella sorta di “auguri di compleanno” che potrebbero adattarsi non solo ad altre testate, bonelliane o meno, ma anche alla festa a sorpresa di un vecchio zio.
Non sto dicendo che ciò che ad ogni occasione viene rispolverato, vale a dire la faccenda che prima vennero le strisce, poi le raccolte delle strisce e solo in seguito i volumi “giganti”, successione temporale che anch'io ritengo doverosa da spiegare anche se nel giro di poche righe (ok, vi lascio un attimo per asciugarvi il sudore dovuto allo scampato pericolo di una lunga digressione) così come accade per il fatto che i quattro Pards vengono accostati ai Moschettieri di Dumas, sia qualcosa da non fare. Anzi, tutto il contrario: queste sono piccole chicche che solo chi è già vecchiotto oppure un profondo appassionato conosce e comunque non stancano – quasi – mai. (Il "quasi" è autoironico per evitare che mi tiriate qualche bicchiere sulla zucca per farmi capire che non me la devo montare. Mai successo e mai succederà, perciò state buoni e non rompetemi lo specchio qui dietro il bancone, che di guai ne ho già parecchi senza tirare in ballo la superstizione.)
Senza contare che alcuni cimentatisi nel cantare “tanti auguri”, forse abbagliati dal turbinio di eccitamenti che la lettura di questo volume ha loro provocato, e se così fosse non farei fatica a comprenderlo, hanno perfino fatto confusione considerandolo uno speciale invece che un albo incluso nella serie regolare.
Hombres, questo fumetto non è “uno” speciale, ma è speciale e basta!
70 anni non sono pochi e si devono celebrare!
E dire che all'inizio non erano in molti a scommettere su Tex: i suoi creatori, il mitico Gian Luigi Bonelli e l'ideatore grafico Galep, agli inizi lo consideravano un lavoro di secondo piano, concentrando le loro aspettativa e la maggior parte dei loro sforzi su "Occhio Cupo", una storia di cappa e spada ambientata nei territori del Canada durante le guerre anglo-francesi del Diciottesimo secolo, il quale però non ebbe vita lunga.
Alcune caratteristiche dell'abbigliamento del Tex Willer dei primi tempi subivano l'influenza di quel fumetto in costume, dagli stivali flosci, diversi da quelli classici western, alla camicia a frange.
La prima strisce di Tex, "Il totem misterioso" comparve nelle edicole, come già accennato, il 30 settembre 1948.
Era qualcosa di molto diverso da quello che conosciamo oggi: si trattava di un piccolo formato, fatto proprio "a striscia", in bianco e nero di dimensioni ridotte (17 x 8 centimetri) composto solamente da 32 paginette, se vogliamo essere pignoli 36 includendo anche le copertine iniziale e finale, le quali però non erano di materiale diverso dalle tavole interne, nato così anche per essere tascabile ed agevolmente utilizzato o nascosto dai lettori.
In seguito la serie a striscia venne ripresentata subendo ripetute variazioni di aspetto costituite da svariate ristampe, raccolte e "raccoltine" delle avventure già pubblicate: queste prevedevano l'unione di un numero variabile di tavole con nuove cover create appositamente da Galep. E infatti è a partire dalla metà degli anni 50 che comparvero i primi tentativi di cambio di formato, dal '52 inizia la prima ristampa in parallelo alle strisce: stavolta i volumi misurano circa 17 x 24 centimetri, una dimensione diversa dal solito, creata con copertine nuove ed inedite sempre realizzate da Galep. E' quello che viene chiamato "collezione degli Albi d'oro", comprendenti sempre 32 pagine ma ogni pagina era creta "montando" tre strisce. Vi ricorda niente? Esatto, bravi, stava prendendo vita (e forma) il modello bonelliano che darà il passo a praticamente quasi tutte le testate fumettistiche italiane. Dopo il susseguirsi di diverse riedizioni delle prima storie, quindi incluso un primo tentativo di ristampa in formato "classico" che comprende all'epoca solamente 29 numeri (siamo tra il 1954 ed il 1957) e che è destinata a diventare la collana più rara da trovare, si giunge all'albo che vediamo nelle edicole e nelle librerie ancora oggi, quello cosiddetto "gigante" che allora annoverava la raccolta di tre strisce, una sull'altra e racchiuse sempre da un'inedita copertina ad opera dell'instancabile Galep. All'epoca si trattava di una ulteriore ristampa delle strisce, un nuovo ricominciare da capo, dall'albo "La mano rossa" che dal 1958 ha segnato una nuova vita per Tex, e che alla fine della produzione delle strisce ha continuato a muoversi con le proprie gambe, sostituendo ogni altro giornalino "del Tex".
Una enorme mole di lavoro per il mitico Galep che seppur con qualche aiuto nella realizzazione delle tavole in alcune storie, ne firmerà parecchie e resterà il copertinista ufficiale fino al numero 400, quando con un malinconico saluto da parte del suo Ranger, si congeda dai lettori, passando il testimone a Villa. Ma Galep è stato molto di più di tutto questo, Galep ha messo nero su bianco la leggenda, ha creato il "nostro mondo" ed è l'indiscusso capostipite di una vera sfilza di maestri essendo ancora oggi egli stesso un insegnante, un esempio, un modello, per chiunque si cimenti con la matita in mano.
Pensate che i primi numeri della "Collana del Tex" erano venduti a 15 lire l'uno. Le diverse serie che caratterizzano le uscite a striscia acquistarono successivamente denominazioni accattivanti al fine di riconoscere le diverse "annate", come Kansas, Gila, Oklahoma, Pecos, Smeraldo, Drago nero (esatto come Ian Aranill dell'omonimo fumetto), Cobra e tante altre. Il formato a striscia fu poi abbandonato definitivamente ed il volume gigante, chiamato ora "bonelliano", dagli anni 60 (precisamente dal 1958 ma anche dopo la conclusione delle ultime ristampe) sarà quello utilizzato definitivamente ed è quello delle storie inedite, tutt'ora in vigore.
Una curiosità per chi di voi è un lettore veterano che possiede l'intera collezione ma anche per chi è magari un novellino che si avvicina al West per la prima volta: le storie originarie di questo incredibile viaggio vedono il ripetersi del numero 32 con cadenza regolare, intervallato da mini-titoli (le cosiddette "testatine") che costituiscono gli originali titoli delle varie strisce che settimanalmente uscivano quando la grande avventura era agli albori.
Tex ha anche superato notevoli difficoltà come ad esempio il controllo della censura che per quanto non divenne mai regolamentata da una vera e propria legge, era il 1951, costrinse molti editori ad un sistema di controllo che garantisse la moralità dei prodotti, sia nei testi che in certe immagini. Esistono infatti versioni degli stessi albi sostanzialmente sovrapponibili, che differiscono solamente per dettagli e che testimoniano quindi il periodo storico in cui sono stati pubblicati.
Disegno di Lorenzo Barruscotto, tributo a GALEP.
Tex e Tesah, in una delle primissime avventure del fuorilegge solitario,
non ancora divenuto uomo di legge nè Aquila della Notte.
Come dicevo, noi Texiani veri sappiamo che non ci sono solamente cattivi sbatacchiati con pugni “più pesanti del calcio di un mulo” o sparatorie che vi fanno fischiare le orecchie anche se siete comodamente seduti in poltrona a leggere.
Quello che ha permesso a Tex di diventare una leggenda ma anche di rimanere tale è la passione, degli addetti ai lavori e di innumerevoli lettori, noi compresi, sono le emozioni che vengono suscitate nel nostro animo ancora oggi dopo 70 anni di torti raddrizzati e di mascelle scardinate.
E passione, come riporta il dizionario della lingua italiana DISC sta a significare “interesse profondo per qualcosa, predilezione, attitudine, sentimento di forte emozione - ecco dove volevo arrivare - che domina o influenza il carattere, trasporto, impeto” emotivo, perciò, e perché no anche affettivo.
Questo sta alla base dell'essere Texiani, questo è ciò che ci rende fratelli all'ombra del Mito, questo è ciò che tutti noi proviamo quando ci dirigiamo verso la più vicina edicola o andiamo a rispolverare la nostra collezione, grande o piccola che sia, completa o da terminare, quasi con lo stesso spirito di Paperone nei confronti della sua famosa moneta Numero uno.
Non sempre compresi dagli altri, spesso consapevoli di ciò ma incuranti perché noi, fatemelo ripetere, siamo Texiani e siamo appassionati di West. Noi, che lo leggiamo o che lo leggevamo anche quando “non era più di moda” o “era destinato a non durare”, all'epoca in cui spuntavano pseudo-intelletualoidi che snobbavano le più classiche tradizioni del Fumetto.
Spiacente, amigos, ma adesso non basta un poncho alla “Per un pugno di dollari” per mimetizzarvi e peggio ancora per spacciarvi come intenditori. Siete i benvenuti, come chiunque altro, ma sarebbe più onesto riconoscere che Tex è arrivato a questo traguardo proprio perché è sempre stato conforme a se stesso, perché specialmente di questi tempi i buoni devono vincere e devono poter vincere anche per ispirare, chissà, a farci diventare persone migliori.
Perchè Tex è Tex.
Già, non si tratta “solo di un giornalino”: nelle pagine di Tex troverete valori profondi tra cui abnegazione, senso della giustizia, sacrificio, onore, lealtà, amicizia, coraggio, odio verso il razzismo ed il pregiudizio, rispetto per le diversità ed insofferenza nei confronti di qualunque tipo di prevaricazione, sopruso o prepotenza.
La violenza non diventa mai un fine ma solamente il mezzo per opporsi ad una violenza ancora più brutale, all'ignobile ed insensata crudeltà verso coloro che non possono difendersi da soli.
Precorrendo di molti i tempi infatti, per il nostro ex giustiziere solitario, che intreccia la propria vita con una donna di origini pellerossa che continua ancora oggi ad amare intensamente senza mai poterla dimenticare, mantenendo nel suo cuore il commovente ma leggiadro ricordo della "sua sposa troppo presto perduta", la quale gli ha dato un figlio, Kit, gli indiani non sono sempre "i cattivi". I pregiudizi razziali non trovano posto nell'animo di Aquila della Notte, anzi fanno saltare la dentiera a chiunque li esterni, se finisce nelle grinfie del Ranger.
Il genere umano, per chi fa la cosa giusta sempre e comunque, si divide unicamente in galantuomini e furfanti.
Disegno di Lorenzo Barruscotto, tributo a GALEP.
ADESSO LO POSSIAMO DIRE: TANTI AUGURI, TEX WILLER!
Finchè ci sarà qualcuno che vuole prevaricare imponendo la legge del più forte, finchè ci sarà chi invoca aiuto, Tex accorrerà alla chiamata, incurante del pericolo. Finchè avremo bisogno di un eroe, capace di provare e farci provare profonde ed umanissime emozioni, Tex esisterà. Ed i Texiani insieme a lui.
Se siete uomini retti, ma forse dovrei limitarmi a dire se siete uomini, non avete nulla da temere ma se camminate sulla strada al di fuori della legge, allora non ci sarà buco della terra o dell'inferno abbastanza profondo dove potrete andare a nascondervi, non troverete mai un cavallo abbastanza veloce da portarvi al sicuro, non potrete mai in nessun modo scappare sufficientemente lontano o sperare che le vostre malefatte possano venire dimenticate: per i Rangers nessun crimine cade mai in prescrizione.
Al tempo in cui la vita di un uomo dipendeva dalla sua rapidità nell'estrarre una pistola e la ragione stava dalla parte di chi aveva la mira più precisa, la verità, la giustizia come la differenza tra vivere o morire erano affidate solamente all'inflessibile, autoritaria e definitiva voce del giudice Colt.
Siete pronti a continuare la cavalcata a fianco di Tex e dei Pards e ad imboccare l'ardua pista di chi rischia la vita per gli altri, di chi lotta per la propria gente, per senso del dovere e per un ideale, rappresentato da quella splendente patacca appuntata sulla camicia?
Allora vamos, hermanos: tutti in sella!
Soggetto e sceneggiatura: Mauro Boselli
Disegni: Giovanni Ticci
Copertina: Claudio Villa
Colori: Oscar Celestini
Lettering: Monica Husler
114 pagine