- Categoria: Osservatorio Tex
- Scritto da Lorenzo Barruscotto
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RECENSIONE TEX INEDITO NUMERO 693: "IL RITORNO DI PROTEUS"
“Ehi, Pards, possiamo dire di averne viste di tutti i colori!”
Questa è una delle frasi che potete cogliere ascoltando la bellissima canzone “Four brave riders” (Quattro valorosi cavalieri) realizzata da Graziano Romani nel suo CD di qualche tempo fa, creato appositamente per Tex. Non è una traduzione letterale ma dopo un elenco di nemici, eventi a cui hanno assistito e personaggi storici o di fantasia incontrati è ciò che la voce, non narrante ma “cantante” in questo caso, vuole dire.
Ed in effetti anche in occasione della storia che narra il ritorno sulla scena di un “grande” cattivo ne vedremo delle belle. Non vi anticipo niente quando affermo che il pendaglio da forca di cui sto parlando è Proteus, il pericolosissimo bandito trasformista che più volte si è scontrato con i Nostri dando loro anche parecchio filo da torcere, per quanto alla fine si sia sempre rotto le corna.
Al secolo Perry Drayton, lo abbiamo incontrato per la primissima volta molti, ma molti, anni fa, sull'albo “Rio Verde”, nell'avventura ideata da Gian Luigi Bonelli dal titolo “Il misterioso Mister P”. Fin da subito non ci voleva molto a capire che si trattasse di un vero tizzone d'inferno in grado di mettere in difficoltà perfino un terzetto di volpi come Tex, Carson e Kit Willer. E' proprio Piccolo Falco a spiegare il significato del nome d'arte che si è dato l'allora ancora sconosciuto farabutto. Proteus era, cito testualmente il figlio di Tex dalla tavola: “l'antico dio marino che pasceva il gregge di Nettuno, dava responsi e poteva apparire in forma di animale, albero e così via…” e ciò concorda anche col fatto che si firmi con la lettera Pi dell'alfabeto greco, per rimandare direttamente alla divinità facente parte del folto gruppo di coloro che avevano libero accesso al Monte Olimpo, "quando la Terra era ancora giovane e gli dei erano crudeli e meschini", considerando gli umani un semplice passatempo.
Basterebbe questa spiegazione per noi rudi uomini del West ma, ormai lo sapete, io sono un dannato ficcanaso e per giunta da ragazzino ero appassionato di mitologia quindi, senza esagerare troppo, mi permetto di aggiungere qualche informazione in più rispetto alle concise parole di Kit.
Figlio di Oceano e Teti, secondo Omero aveva come sede l'isola di Faro, vicino all'Egitto, e sempre secondo lo scrittore dell'Odissea, sembra che Proteo fosse una sorta di pastore, per le foche di Nettuno. Non essendo dotato di forza o bellezza come gli altri dei, sfruttava però la sua capacità di prendere le sembianze di qualunque cosa e soprattutto di chiunque a suo vantaggio, ma quello che non poteva mutare era il suo riflesso, il quale dunque serviva per poterlo individuare e riconoscere.
Non a caso Proteo ai giorni nostri è anche il nome di uno dei satelliti del pianeta Nettuno.
Non c'entra nulla con miti e leggende né con il West, ma per completezza vi annoio fino in fondo. Il Pi greco è una costante matematica, scelta perché lettera iniziale della parola “circonferenza” in greco antico. Viene anche conosciuta come costante di Archimede, il cui valore è l'universalmente noto: 3,14.
Volendo fare proprio il secchione, per una volta ascolto anche il mio spirito di (spero non ancora del tutto mancato) segaossa. Pochi sanno che Proteus è il nome di un genere di batterio, a quanto pare non troppo facile da debellare. Ed a rifletterci bene, anche questo aspetto può associarsi al balordo che dà il nome all'albo, dal momento che rispunta sempre fuori come una moneta falsa nonostante fossimo convinti di essercelo tolto dai piedi una volta per tutte.
In ambito fumettistico esiste un altro personaggio dallo stesso nome anche se “il nostro Proteus” cronologicamente compare prima: si tratta di un nemico degli X-Men, vale a dire i super-eroi mutanti dalle vistose tute e dalle capacità più disparate targati Marvel, ma i poteri di questo “essere” vanno oltre quelli di semplice trasformista e non mi addentro nell'argomento anche perché, dopo aver fatto una breve ricerca, ho trovato solamente “roba da alieni” e quello che mi è rimasto in testa è la sensazione che ormai “sembra che non sappiano più cosa inventarsi”.
Tornando a Frontiere di carta più nostrane, parlando di un fuorilegge capace di prendere l'aspetto di chicchessia ed eseguire colpi quasi impossibili, è molto difficile non fare un altro tipo di accostamento. Quanti di voi non hanno mai neanche per una volta associato Proteus a Diabolik, l'inafferrabile criminale che è in grado di mutare il proprio aspetto grazie alle sue speciali maschere realizzate in gioventù proprio da lui stesso e di cui custodisce gelosamente il segreto, uccidendo soprattutto con i suoi infallibili e silenziosissimi pugnali tutti coloro che commettono l'errore di ricattarlo per scoprirne le caratteristiche, oltre a chi gli attraversa la strada o chi gli serve morto per i propri scopi? La differenza tra i due è che “la pantera nera”, così viene anche chiamato il “re del terrore” di Clerville, città immaginaria in cui risiede abitualmente con la sua compagna Eva Kant e dove è perennemente inseguito dall'integerrimo ispettore Ginko, ha comunque un suo codice di condotta, non va a rapinare il poveraccio con pochi soldi in banca e per quanto spietato non rinnega mai un certo senso dell'onore. Ovviamente a modo suo.
Invece Proteus è un individuo della peggior specie, spregevole e senza il benchè minimo scrupolo, furbo (vogliamo dire diaboliKamente furbo tanto per dare un'ultima strizzatina d'occhio al mito del Fumetto creato dalle sorelle Giussani?) e molto astuto ma veramente abbietto. Non solo si macchia di crimini talmente gravi da far pensare anche a noi che per una volta si potrebbe evitare tutta la trafila ed appenderlo all'albero più vicino, ma il suo comportamento esecrabile e borioso lo rende tremendamente antipatico, dimostrandosi del tutto privo di sentimenti o rispetto nei confronti dalla vita umana, glaciale e sadicamente crudele perfino verso i membri della sua stessa famiglia.
Diabolik, in un disegno di Lorenzo Barruscotto,
tributo al grande disegnatore del "Re del terrore" ZANIBONI,
che per Tex ha realizzato il texone "Piombo rovente"
In ogni caso la prima volta se l'era cavata senza danni fisici, venendo sorpreso praticamente a casa sua, dopo che Tex e Carson avevano scoperto l'identità di facciata che utilizzava. In quella vecchia avventura avevamo conosciuto un galantuomo che poi si scopre essere lo zio di Proteus: il giudice Lindon. Seppur conoscendo la natura diciamo “ribelle” del nipote, si era visto crollare il mondo addosso dopo aver venendo a sapere che razza di serpente fosse diventato il sangue del suo sangue, non ponendo alcun ostacolo al suo arresto da parte dei Rangers (“Yuma”).
Devono passare un centinaio di numeri prima che “L'uomo dai cento volti” faccia la sua ricomparsa, e stavolta superando ogni limite, cioè prendendo addirittura il posto di Aquila della Notte in persona, facendogli piombare addosso una montagna di guai e di accuse, dalla rapina alle razzie di bestiame. E' infatti “Arrestare Tex Willer” il titolo dell'avventura che inizia sull'albo nel quale il Ranger mette fine alle malefatte de “Il giudice Maddox” (titolo del volume Tex gigante in cui finisce la storia precedente disegnata da Fusco ed inizia quella su Proteus) dal momento che tutti i testimoni non hanno dubbi sul responsabile delle azioni inaspettatamente ignominiose a cui hanno assistito o di cui sono stati vittime. Inoltre Proteus, ben prima che venga svelato “l'equivoco” riesce ad alleggerire Tex di ben 80000 dollari dal fondo della Riserva, quindi la faccenda ormai si sposta su un piano del tutto personale. Dopo un buon numero di sparatorie, inseguimenti ed agguati conditi da astute mosse e contromosse da parte del nemico e dei Pards, la resa dei conti avviene sul tetto di un treno in corsa. Una pallottola ben piazzata della Colt di Tex ed il bandito sparito nelle tumultuose acque di un fiume ci avevano dato l'illusione che fosse davvero la fine.
Niente da fare. Dopo quasi una ventina d'anni, saltiamo al 1987, incappiamo in una storia che già dal titolo ha dello sconvolgente: “Il delitto di Kit Carson”. Ok, bravi, lo avete già capito. Stavolta quella canaglia, che evidentemente ha sette vite come i gatti, prende il posto del Vecchio Cammello, riuscendo a farlo finire dietro le sbarre addirittura accusato di omicidio!
Per quanto ci appaia comunque un po' ottuso di natura, non si può biasimare del tutto lo sceriffo di Gallup, città dove avviene la rapina con l'uccisione del banchiere, quando non crede ad una sola parola del racconto di Tex sulle “imprese di Mister P”, una volta venuto a galla il suo coinvolgimento nella faccenda. Sì, perché “L'inafferrabile Proteus”, questo è il titolo dell'albo successivo, stavolta ideato da Nizzi nonchè ultimo con al centro il bandito prima di quello di cui parliamo oggi, è anche maledettamente presuntuoso e sicuro di sé. Infatti in ogni avventura è talmente sfrontato da far recapitare ai Nostri un biglietto scritto di suo pugno (a volte rappresentato realmente con lettere in corsivo mentre altre volte in stampatello come si usava ai tempi per favorirne la lettura) che ne preannunciava le maligne intenzioni. Ovviamente tutti erano firmati con la classica Pi greca.
Mossa non proprio intelligente, voi direte, dal momento che tali missive costituiscono un atto di auto-accusa e che quindi scagionano prima Tex e poi Carson per certi versi, ma a parte il fatto che l'esistenza di “un simile demonio”, per mutuare nuovamente le parole di Piccolo Falco, non possa venire comprovata da un semplice foglietto, non bisogna sottovalutare la vanità del fuorilegge il quale vuole che sia riconosciuto il suo “genio” e quindi pretende che la paternità dei colpi venga attribuita alla persona giusta, beandosi di aver creato scompiglio e messo in seri guai i suoi nemici giurati, i quali sanno che è il colpevole ma devono sudare sette camicie per provarlo.
Il delinquente non perderà tale abitudine, infatti anche nella storia del suo “ritorno in grande stile” non riuscirà a resistere alla tentazione di farlo sapere ai Nostri, sempre tramite un simpatico bigliettino di sfida pieno di parole cariche di odio misto alla usuale baldanza.
Perfino Tex, nel tentativo di sorprenderlo, nella terza avventura di questo lungo confronto, prova a cambiare il suo aspetto facendosi passare per messicano ma il suo travestimento non va oltre un paio di baffetti posticci ed un poncho i quali non lo nascondono agli occhi dell'avversario, o nostri, e che in ogni caso il Ranger abbandona in fretta per affrontare a viso aperto la minaccia rappresentata da Drayton. Lo spettacolare duello finale tra i due si svolge in un circo, luogo come vedremo non privo di significato. Dopo aver rischiato di fungere da spuntino a qualche belva feroce ed essersela cavata per il rotto della cuffia (neanche ai leoni e alle tigri fa piacere ricevere del piombo caldo nella pancia al posto di una bistecca) Tex riesce a ribaltare la situazione e nella gabbia ci cade proprio Proteus, finendo dilaniato dai felini superstiti resi furiosi dalle ferite. L'animo nobile dell'eroe dalla camicia gialla lo spinge a salvare il malconcio nemico da una fine orribile. Ancora vivo anche se malconcio, per l'esimio Mister P c'è un solo destino: il carcere a vita nel penitenziario di Yuma.
Una curiosità: nell'edizione originale, il titolo che come di consueto viene riproposto in terza pagina appare al contrario, “Proteus, l'inafferrabile”. Sergio Bonelli nel numero successivo si era scusato con stile e simpatia per l'incongruenza del frontespizio tirando in ballo proprio l'ingannevole criminale il quale doveva aver giocato un brutto scherzo alla Redazione affermando che nelle ristampe tale “errore” sarebbe stato corretto e che il titolo da tenere per buono era quello della copertina, quindi “L'inafferrabile Proteus”.
L'avventura che avrebbe dovuto far calare il sipario definitivamente sul trasformista si conclude con una previsione di Tex (a questo punto da segnare sul calendario essendo una delle pochissime che si rivelano sbagliate), vale a dire che non ne avremmo più sentito parlare perchè “il portone del carcere di Yuma è come una pietra tombale, una volta chiuso è chiuso per sempre” e con un Carson non proprio convinto che si chiede se non sarebbe stato meglio lasciare Proteus ancora cinque minuti a “giocare” con quei gattoni… Col senno di poi Capelli d'Argento forse non aveva proprio tutti i torti.
Infatti, come certo saprete dalle varie anticipazioni che si sono susseguite da quando era stata annunciata la storia, Drayton da Yuma riesce ad evadere. Non vi dirò certo come, ma probabilmente in questi anni (ne è passata di acqua sotto i ponti dal numero 317 ad oggi) quel criminale ha avuto tutto il tempo di mettere in atto il suo piano nei dettagli.
Qualche naso fino potrebbe essere andato a rispolverare la fuga dal carcere di Edmond Dantes, il conte di Montecristo, vedendone una citazione od un parallelismo ma personalmente a me era venuto in mente il molto più recente stratagemma che un attempato Anthony Hopkins nei panni di Diego De la Vega utilizza per riacquistare la libertà nel film "La maschera di Zorro", con un Antonio Banderas, alias Alejandro Murrieta, davvero all'altezza della situazione e credibile nei panni del giustiziere mascherato (quando, era il 1998, ancora non parlava con le galline…) anche se ad onor del vero “l'ex Hannibal Lecter” non si camuffa.
Perry Drayton, vero nome di Proteus, in un disegno di Lorenzo Barruscotto,
tributo a LETTERI
Non ritorna solo il farabutto del nome altisonante, ma ritorna anche l'alquanto prolifico Pasquale Ruju ai testi, il che, ormai non serve più neanche dirlo, è una garanzia di qualità. I disegni invece sono stati affidati ad un esordiente nel mondo di Tex, Bruno Ramella. Il talentuoso artista ligure, è conosciuto da tutti i lettori bonelliani per essere stato, “ingaggiato” da Claudio Nizzi (nome che è un mito per tutti i texiani vecchio stile), una colonna dello staff di Nick Raider, il poliziotto di origine italiana della squadra omicidi di New York, per il quale ha anche svolto il compito di copertinista fino al numero 100, prima che gli subentrasse Corrado Mastantuono. Non è però un novellino né tanto meno “uno di città trapiantato nella frontiera” dal momento che, era il 1996, diviene il realizzatore grafico di Magico Vento, o se preferite Ned Ellis, lo sciamano bianco adottato dai Sioux spesso vittima di fosche visioni per via di una scheggia di metallo conficcata nel suo cranio, con un passato da giacca blu. Il West, anche se quello dalle atmosfere più crepuscolari, cupe ed intrise di magia e spiritualità con un tocco di mistero e horror è un mondo che il disegnatore ben conosce. E lo dimostra il suo tratto sicuro e coinvolgente, deciso ma “impolverato” quanto basta per farci sentire davvero a casa, nella “nostra” Arizona che si tratti di una strada di Sanford o di Flagstaff oppure di un'assolata pista nel deserto dove il sole martella la zucca come farebbe un fabbro arrabbiato su un'incudine.
L'abilità da navigato sceneggiatore di Ruju gli consente di aprire una parentesi dentro l'altra prima di far scoppiare in faccia ai Rangers la bomba, dal momento che se noi sappiamo che Proteus sta per ricominciare con i suoi intrighi, Tex e Carson ne sono completamente all'oscuro.
Dopo il prologo legato all'evasione da Yuma, la storia “ricomincia” grazie ad uno stacco che non ha nulla da invidiare ad un film western classico. E proprio ciò che segue potrebbe costituire una gran bella scena d'azione alla John Wayne. Non è un caso se cito il Duca in questo frangente poiché uno dei banditi occasionali che si rompono i denti contro due ossi troppo duri per delle mezze cartucce, nullità come tagliaborse ma che servirà da connessione proprio per iniziare l'indagine principale, ha un nome che subito fa illuminare ogni appassionato del genere, nonostante non ci sia alcun richiamo al film e tale nome non c'entri nulla con la narrazione. Ve lo dico di che pellicola si tratta? Ma sì, ve lo dico, dovreste essere meglio di un computer perché questo possa venire considerato anche di striscio uno spoiler: “I quattro figli di Katie Elder”, del 1965.
Cosa volere di più: rapinatori, scambi di opinioni a base di pallottole ed in mezzo non uno ma ben due colpi di scena.
Per il primo si deve fare molta attenzione ai disegni in modo da, come dire, centrare un tizio che sembra sonnecchiare su una sedia mentre invece l'apparenza inganna e per il secondo, beh, bisogna avere una memoria da elefante per coglierlo al primo colpo. Infatti da un po' di tempo non vengono più aggiunti in calce alle vignette o alle tavole eventuali asterischi con i rimandi ad albi passati quando in un dialogo si accenna a precedenti avventure che possono interessare l'indagine in corso, perciò il nostro cervello deve fare uno sforzo ulteriore. E' anche per questo motivo che ho iniziato la nostra chiacchierata con la carrellata degli albi in cui i Pards si sono scontrati con Perry Drayton, in modo da favorire la venuta a galla dei vostri ricordi, qualora ce ne fosse bisogno.
Come ho avuto modo di appurare, purtroppo dopo aver completato il mio lavoro di verifica (dico “purtroppo” perché avrei potuto lasciare il lavoro sporco ad altri per una volta, ma quanto meno mi è servita come prova del nove), non sono certo stato il solo ad essersi assunto un compito del genere, sotto forma di breve compendio o proprio di mero elenco delle copertine degli albi inerenti Proteus, e questo dimostra come, per fortuna, là fuori ce ne siano parecchi di texiani duri e puri che condividono una vera e profonda passione per il nostro ex magnifico fuorilegge.
Alcuni dettagli rispuntano subito alla mente mentre altri hanno bisogno di una spolverata più energica ma in ogni caso per lo meno per me, quando serve, non è troppo difficile identificare la maggior parte degli albi e delle avventure contenute in esse, senza dubbio se si tratta di vicende famose e rappresentative come quelle inerenti personaggi ben noti. Vorrei che gli ingranaggi della mia testa funzionassero allo stesso modo per un dannato paio di esami universitari…
Comunque sia i riferimenti che l'instancabile Ruju ha sparso nell'albo spaziano nell'ambito della storia dello scontro tra Mister P ed il Ranger anche se inciampiamo in ben tre personaggi specifici che avevano fatto la loro comparsa nell'avventura d'esordio di quel “balordo amante delle parrucche”. Andiamo, non fate così, sapete che non posso e non voglio spifferarvi di chi si tratta.
E va bene, solo perché siete voi ve ne dico uno, specialmente poichè sono certo che i più attenti ne avranno già indovinato l'identità dopo aver letto gli annunci sull'uscita della storia, quindi direi che me lo posso permettere anche se non vi dirò nulla più del nome: rinnoviamo la conoscenza del giudice Lindon, lo zio di Proteus. Dal momento che viene narrata una buona fetta del passato di "Perry", compresi i suoi trascorsi circensi (per questo qualche capoverso più in su ho scritto che il circo aveva un significato particolare per quel tagliagole) non poteva mancare colui che lo aveva visto crescere e far morire di crepacuore la madre, cosa di cui noi siamo già a conoscenza proprio in seguito al colloquio tra i Nostri e l'onesto dispensatore di sentenze avvenuta in “Rio Verde”.
Sugli altri due non intendo sbottonarmi, e vi svelo solo che sono due furfanti, all'incirca sullo stesso livello, due scampa-forche fatti e finiti ma anche pesci piccoli che avevano entrambi già visto da vicino il vero volto del crudele fenomeno da baraccone responsabile di tutti i guai elencati finora.
Uno dei due era stato perfino dato per morto proprio dallo stesso Proteus che gli aveva sparato in circostanze “di forza maggiore” come direbbe lo stesso bandito. Se siete lettori di primo pelo non state a preoccuparvi, non serve conoscere tutti i retroscena per comprendere ed apprezzare la vicenda moderna, mentre se siete dei veterani, è sempre sul Tex gigante “Rio Verde” (e poi sulla conclusione della storia in “Yuma, il numero successivo) che troverete conferma alle mie parole.
Se vi capita di passare per Flagstaff e di fare un salto al “Silver Horn” per sciacquarvi la gola, ho idea che qualche attempato avventore del saloon si ricordi di una certa discussione tra un tizio dai pugni più duri del ferro ed il… No, basta, ho già detto troppo.
Diciamo però che nessuno dei due deve essere stato fornito dal Padreterno di una grossa scorta di sale in zucca e che lo dimostrano ampiamente con il loro comportamento. Non serve poi piagnucolare sostenendo di “non aver avuto altra scelta” o cercare di fare i volponi nel vano tentativo di aggirare la legge immaginando così di averla sfangata. Un confetto di piombo in corpo ed una manica di legnate sono la conseguenza della loro “furbizia” e di certo nessuna delle due cose si può “aggirare”.
A volte viene proprio da rivolgerci direttamente a tizi del genere, come se potessero sentirci, e chiedere loro se hanno idea di che pasta sia fatta quella coppia di “sbirri” con cui vanno a cercare grane illudendosi tra l'altro di poter avere la meglio: "Ehi, hombres, non avete a che fare con un paio di chierichetti. Quelli sono i più letali e duri raddrizzatorti del West! Che diavolo, ma davvero credete che sia così facile prenderli per i fondelli?"
Effettivamente nessuno dei complici reclutati da Proteus ha mai brillato per ingegno anzi, si sono sempre dimostrati poco più che bulletti con la pistola convinti di essere degli assi nel maneggiare la Colt. All'inferno forse si sono resi conto della loro madornale cantonata.
Disegno di Lorenzo Barruscotto, tributo a Letteri
Se ormai sappiamo bene di cosa sia capace lo sceneggiatore e di come riesca sempre a stupirci e rapirci con le idee che tira fuori ogni volta da sotto il cappello, coadiuvato dal puntuale lavoro di lettering della sempre brava Renata Tuis, capace di farci partecipare e non solamente assistere ai vari discorsi, restiamo piacevolmente colpiti dall'ottima prova di Ramella. Avere a che fare con Tex deve sempre suscitare una certa trepidazione anche per un artista esperto ed alcune situazioni, per quanto rare e comprensibili, in albi passati hanno evidenziato proprio tale carico emozionale. Al contrario il disegnatore dimostra la calma e la lucidità del cecchino, regalandoci un gioiello di carta e polvere da sparo senza sbavature, fornendo l'ennesima conferma delle sue indubbie doti. Inoltre bisogna dire che non è stato certo facile il compito assegnatogli. Tutte le passate storie che coinvolgevano Proteus annoveravano alle chine un artista immenso quale era Guglielmo Letteri, conosciuto ed amato dai lettori di Tex che ne hanno sempre apprezzato il personale ma intensissimo stile in molte avventure per molti anni. Quindi ricevere questo testimone da un quintale e riuscire a realizzare un albo con tali livelli di cura del dettaglio e dinamicità nello sviluppo delle sequenze non è assolutamente un risultato da poco.
Nulla viene lasciato al caso, nelle scene d'azione tutto è coordinato come se si trattasse di una pellicola realizzata da un regista ferrato sull'argomento vecchio West ma il colpo decisivo Ramella lo assesta con le espressioni dei vari personaggi, in primis quelle dei protagonisti, i quali sono “davvero” Tex e Carson, intendo dire che sapremmo riconoscerli anche se non portassero i loro soliti vestiti. Il risoluto volto di Aquila della Notte e l'altrettanto rude ma al contempo simpatico pizzetto di Carson sono caratterizzati splendidamente, secondo chi vi parla. Sono i Rangers, sono i “nostri” Rangers, degli inossidabili esperti uomini di legge che è bene non far arrabbiare ma che risultano anche dotati di mente acuta e occhio svelto.
Ed ecco dove volevo andare a parare: gli occhi. Non si tratta “solamente” di riuscire a far trasparire sentimenti e sensazioni differenti ma la mano dell'artista riesce anche a farci capire con certezza se e quando Proteus ha preso il posto di qualcuno il più delle volte soltanto quando viene lasciato senza testimoni e pensa tra sé alle prossime mosse, riacquistando il proprio sguardo demoniaco, quello di un uomo completamente votato al male. Non potremo fare a meno di sospettare di chiunque si trovi a parlare con Tex e Carson, che sia un giudice, uno sceriffo, un barista o un tizio qualunque che sembra solo uno dei tanti ubriachi attaccati alla bottiglia.
Tutti potrebbero essere colui che stiamo cercando, così come invece potrebbero essere davvero chi dicono di essere e chi noi crediamo che siano. Istintivamente aguzzeremo la vista per cercare qualunque minuzia che possa rivelarci la fondatezza dei nostri sospetti, in un clima di tensione che inevitabilmente non farà che crescere. Anche perché nell'eventualità che scoprissimo di aver avuto ragione a pensare male, non è affatto detto che, qualora quel tale personaggio ricompaia in scena, sia sempre “lui” oppure il vero se stesso. Insomma, basta una ruga, un sopracciglio leggermente più sollevato per lasciare intendere molte cose e questi particolari possono essere messi nero su bianco unicamente da un disegnatore maledettamente in gamba.
Sentiremo sulla pelle il fumo che aleggia in un affollato locale di una cittadina dell'Arizona mentre ci prendiamo una pausa dando fondo ad un boccale e percepiremo l'umidità che impregna i muri di una scomoda segreta, il vento sulla faccia ci rinfrescherà un po' dalla calura dopo che lanceremo il cavallo al galoppo sulla pista ed il sudore scenderà lungo la nostra fronte quando, Colt in pugno, anche noi saremo presenti, silenziosi e guardinghi, all'inseguimento di un fuggitivo che potrebbe aspettarci dietro un angolo per ricamarci la pancia con una pallottola.
Voi giustamente obbietterete: “Beh, ultimamente si suda anche solo respirando”. E' vero, compadres, ma credetemi, in questo caso si tratterà di grosse e gelide gocce di sudore dal momento che la minaccia è mortale e potrebbe nascondersi dietro il volto di ogni singola persona che ci passa accanto, così come potrebbe anche arrivarci alle spalle rischiando di sorprenderci, troppo concentrati come siamo nel fare attenzione a cercare il classico ago nel pagliaio. Un ago maledettamente appuntito ed intriso di veleno che però riesce a trasformarsi in stelo di paglia a suo piacimento, accidenti a lui.
Un aspetto che per noi in quanto lettori non ha molta importanza ma che mi è passato per la mente anche dopo aver pensato a Diabolik è il fatto che “nella realtà” della vicenda, ciò che cambia nel travestimento del cattivo non è solamente l'aspetto esteriore ma anche la voce. Proteus deve essere in grado di imitare in tutto e per tutto coloro ai quali si sostituisce, il che come se non bastasse depone a favore del suo indubbio talento nello scomparire in caso di necessità, evitando di lasciare tracce, sia optando per l'eliminazione di eventuali testimoni anche se si tratta di suoi ex complici, ve l'ho detto che non conosce la lealtà, o proprio cancellando le impronte di zoccoli del suo cavallo, che una volta, in un'avventura precedente, fa addirittura avanzare su una serie di coperte al fine di rendere inesistenti i segni del suo passaggio. Un talento sprecato perché dedicato ad una vita di crimini e nefandezze.
La sorpresa di Tex, dopo aver letto uno dei biglietti firmati da Proteus,
in un disegno di Lorenzo Barruscotto, tributo a LETTERI
Direi che qualche parola sul carcere di Yuma è d'obbligo. Ora non è più una prigione attiva ma è diventata un museo, lo “Yuma Territorial Prison Museum and Historic Park”. I primi sette detenuti, dovevano essere proprio dei bastardi senz'anima per venire scelti come apripista, misero piede nella Prigione nel luglio del 1876. E pensate un po', vennero rinchiusi nelle celle che loro stessi avevano costruito. Prima che venisse mandata in pensione questa “famosa gattabuia” ha ospitato più di 3000 “inmates” come si dice in inglese, cioè prigionieri per farla breve, comprese una trentina di donne (chissà che fiorellini), durante i suoi 33 anni di funzionamento.
Era ed è ancora situata, per lo meno le sue rovine, non lontano dal Colorado River, tre miglia ad ovest della confluenza del Colorado con il Gila River, nel territorio dell'Arizona. Quella location era stata già scelta, con esiti sfortunati, per missioni da religiosi che finirono con il venire uccisi dagli indiani in secoli precedenti alla conquista dell'Ovest americano.
Nel 1850 nell'area abitata di Yuma City, fu impiantato un avamposto militare stabile, che venne poi utile nel cercare di contribuire a mantenere un certo grado di ordine durante il boom del 1858, in seguito allo scoppio della cosiddetta febbre dell'oro. Quando la prigione venne chiusa nel 1909 anche per via del sovraffollamento non più sostenibile da una struttura del genere buona parte dei detenuti vennero trasferiti in un'altra sede, sempre in Arizona, in un posticino che su due piedi suona accogliente, Florence, ma che proprio simpatico non doveva essere. Perchè dico che suona accogliente? Perchè Florence è il nome inglese con cui viene chiamata Firenze ma dubito che gli inquilini lo considerassero un tranquillo posto di villeggiatura.
Non furono pochi i tentativi di evasione ed anche di ribellione da parte degli “ospiti” di Yuma ma le mitragliatrici Gatling sulle mura rappresentavano un argomento piuttosto convincente.
L'ormai disabitata prigione venne in seguito smantellata ed i materiali riutilizzati anche per edificare nuove case dopo alcune alluvioni e le celle rimaste divennero un rifugio per gli sfortunati colpiti dalla Grande depressione degli anni 30. Per chi è più curioso o pignolo di altri vi fornisco anche l'indirizzo, crepi l'avarizia: 220 Prison Hill Road, Yuma, Arizona, 85364. Il numero di telefono dovrete cercarvelo da soli.
Ci sono molte cittadine chiamate Yuma, una in Arizona, che è quella che ci interessa, una seconda abbastanza nota in Colorado ma anche altre in Kansas e Kentucky. Le due Yuma di Arizona e Colorado danno il nome alle rispettive contee, e la “nostra” Yuma è anche il capoluogo della propria area, situata nel sud dell'Arizona. Si trova ai margini del deserto di Sonora, ma visto che a quanto pare non avevano chiamato “Yuma” ancora troppi luoghi, esiste inoltre un deserto di Yuma, in pratica una sezione di quello della Sonora, il quale si estende con le sue dune sabbiose tra il confine degli Stati Uniti e quello messicano nord occidentale.
Forse non serve ma è impossibile non citare in ambito cinematograico, il celeberrimo “Quel treno per Yuma” con Glenn Ford (in inglese “3:10 to Yuma” per indicare l'ora di partenza del treno), un film del 1957 a cui ha fatto seguito nel 2007 un gran bel remake omonimo interpretato da Russel Crowe e Christian Bale.
Un commento a sé lo merita la copertina ad opera del mostro sacro Claudio Villa, che ci catapulta in un lampo nel vortice dei ricordi anche quasi più del titolo stesso del volume.
E mai come questa volta la cover ci parla poiché per un breve attimo tutti noi ci troveremo faccia a faccia, quella vera, del nemico, illudendoci per un fugace momento di avere in mano tutte le carte per chiudere la partita. Ma lo stesso Tex direbbe che “un serpente non è mai disarmato” ed un imprevisto, un grosso imprevisto, un grande e grosso imprevisto (ci siamo capiti, credo) permetterà a quel viscido verme di sfuggire alla caccia. Sempre a Villa va il merito di farci esclamare “che mi venga un colpo” facendoci produrre l'ormai solito mezzo litro di acquolina in bocca quando ammiriamo il consueto trailer in seconda copertina. Già il clamoroso “Kit contro Kit” basterebbe a farci desiderare di possedere una macchina del tempo ed andare ad Agosto per vedere come prosegue la storia, grazie per altro alla sottile complicità di Ramella che in una vignetta verso la fine di quest'albo lascia già intuire per una frazione di secondo ciò che il titolo del successivo fa diventare, se non palese, alquanto probabile.
Una rarità, che vi esterno adesso per via del fatto che la hanno già manifestata praticamente tutti, è che la cover del mese prossimo, è una delle pochissime senza Tex presente. Il “primo attore” della testata non viene raffigurato anche in altre straordinarie occasioni. Me ne sovvengono un paio. Una copertina di molto tempo fa, “Assedio al posto numero 6” (di Gian Luigi Bonelli e Galep) dove compare un indiano che impenna il cavallo con il disegno di un forte in lontananza e quella più recente del bellissimo “Una trappola per Carson” (sontuosa storia firmata da Nizzi ed interamente disegnata da Villa), nella quale il ranger dai capelli bianchi si trova incatenato alla mercè di Mefisto più inquietante che mai.
Una città del West, in un disegno di Lorenzo Barruscotto, tributo a VILLA
Per dovere di cronaca devo segnalare che nel volume da me comprato un paio di pagine appaiono leggermente più sbiadite del normale ma questo può essere imputabile alla mia abilità dell'andare a prendere nel mucchio degli albi in edicola, proprio quello contenente il seppur minimo difetto di impaginazione.
Bueno, anche per oggi è tempo di salutarci.
Bisogna farlo sempre, nella vita reale ed a maggior ragione nel West, perciò non sarebbe neanche il caso di dirlo ma tenete gli occhi bene aperti ed i sensi all'erta, hermanos: di sicuro le sei-colpi avranno ancora modo di dire la loro ma dovremo essere maledettamente sicuri su chi puntare la canna della sputafuoco. E per questo avremo bisogno di tutto il nostro sangue freddo.
Le pistole ci saranno inevitabilmente necessarie contro Proteus ed i suoi accoliti, ma dovremo fare soprattutto affidamento sull'arma più pericolosa in dotazione ad ogni uomo: la materia grigia.
Se vi sembra di sentirvi osservati, guardatevi le spalle, se qualcuno o qualcosa non vi convince non sottovalutate mai una percezione né ignorate la voce del vostro istinto.
Come dice quel vecchio adagio: se hai un dubbio, non ci sono dubbi.
E spesso quel dubbio può fare la differenza tra il becchino e vedere sorgere una nuova alba.
Soggetto e sceneggiatura: Pasquale Ruju
Disegni: Bruno Ramella
Copertina: Claudio Villa
Lettering: Renata Tuis
114 pagine