- Categoria: Osservatorio Tex
- Scritto da Lorenzo Barruscotto
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TEX 686 “LA CITTA' NASCOSTA”
Di Lorenzo Barruscotto
Dopo tante occasioni eccezionali, dopo i tuffi nel passato che ci hanno riportato alla giovinezza di Tex e dopo le avventure a colori dello Speciale, era da un po' che il nostro spirito texiano invocava una storia dal sapore classico, quasi nostalgico, dove fossero presenti tutti e quattro i pards.
Beh, eccola qui.
Non vi dico nulla di nuovo in effetti, dal momento che già nel trailer di seconda copertina presente sull'inedito del mese scorso, veniva preannunciata l'entrata in scena del quartetto al completo.
Possiamo riassumere il nocciolo della questione con poche parole che delineano un evento che si ripete quasi ciclicamente: Kit si trova nei pasticci.
In un certo senso siamo perfino abituati ad associare l'immagine di Piccolo Falco alla parola guai, e purtroppo per un motivo o per l'altro, è lecito affermare che il più giovane dei quattro assi non sia particolarmente baciato dalla fortuna.
Lo stesso Tex non può fare a meno di notare come in ambito amoroso, ad esempio, il figlio non abbia affatto fortuna “con le sue innamorate”, per citare proprio le parole del Ranger.
Noi sappiamo anche che l'indole tutt'altro che remissiva e pacata di Kit può essere una sorta di carta moschicida per i problemi ma come direbbe Carson riferendosi al figlioccio, “buon sangue non mente, quello scavezzacollo è tale e quale al padre alla sua età”.
Ed il taciturno Tiger confermerebbe con un suo conclusivo “Ugh!”.
Intendiamoci, il figlio di Tex non è un novellino, tutt'altro. E' maledettamente in gamba e conosce più trucchi di quanti potremmo impararne tutti noi messi assieme.
Talvolta può eccedere in avventatezza ma dalla sua ha il fatto che è un virtuoso del “clarinetto” ed anche a mani nude non va tanto per il sottile quando c'è da lisciare il pelo a qualche testa dura.
Incarna le abilità apprese dai Navajos con gli insegnamenti imparati da Tex e Tiger Jack in tenera età e le esperienze accumulate durante tutte le avventure vissute al fianco dei suoi tre compagni.
Una scuola di vita che lo ha reso un uomo fatto di ferro, onesto, corretto e dannatamente velenoso per tutti i fuorilegge che infestano il West, ha acquisito una notevole sicurezza in sé stesso, nelle sue capacità e nelle sue idee, per le quali si batte quando sa essere giuste, questo però senza mai perdere per strada la sua innata simpatica ironia, il rispetto verso i più deboli e quello spirito proprio di chi è bene in grado di distinguere a seconda delle circostanze quando serve usare il cervello, quando si può sorridere o quando è necessario mostrare i denti.
Stavolta all'origine delle tegole che piovono sul cranio di Kit potremmo affermare che c'è un ritardo, una coincidenza che lo porta a seguire in solitaria una pista molto pericolosa, la quale diventa una vera e propria trappola.
L'inizio di questa nuova avventura non ci lascia neanche il tempo di sederci in poltrona poiché appena aperta la prima pagina, comincia a volare piombo rovente, senza contare che i testi di Faraci vi causeranno quasi subito un divertito sorriso, quando leggerete le battute di Tiger Jack e Carson durante ed alla fine della furibonda sparatoria che rappresenta l'incipit della storia.
Si tratta solo di una decina di pagine ma per tutti i diavoli, se siete come me, tornerete indietro a rileggerle perché quella scena ha qualcosa di spettacolare. I disegni di Venturi sono perfetti per l'occasione: da dietro ogni angolo sembrerà saltar fuori un nemico con la Colt in pugno ben deciso a scavarvi la fossa. Occhio quindi a dove mettete i piedi, amigos, ma non state a preoccuparvi troppo: i Nostri sono ben appostati.
La storia narrata in quest'albo offre in diverse occasioni un completo cambio di scena, da un monastero diroccato, ad una polverosa pista sul ciglio di un burrone, da uno sperduto covo di una banda di tagliagole ad una misteriosa città senza nome.
Che Kit quindi sia disperso lo sappiamo già, ma non sia mai che io vi sveli il modo in cui i suoi compagni ne perdono le tracce.
E' quasi superfluo anche sottolineare come a tutti i texiani quest'albo provochi un certo numero di deja vu già a partire dalla splendida copertina ad opera di Villa: quell'elmo da antico conquistador a ben pochi lettori non fa riaffiorare ricordi di avventure lontane, perse nei meandri della memoria.
Certamente anche molti di voi hanno pensato, come me, alla “Città d'oro” tenuta sotto il giogo del malvagio principe nero quando, ormai decine e decine di anni or sono, Tex e Tiger Jack si sono ritrovati in un luogo fuori dal tempo, come se i racconti di cappa e spada che tanto appassionavano il mitico G.L. Bonelli si fossero fusi con il West.
Ad onor del vero questo volume, seppur godibile e ben disegnato, non raggiunge le vette di stile e fantasia del lavoro della coppia Galep - Bonelli talmente abili da far sembrare anche del tutto normale inciampare perfino in un veggente alla Nostradamus.
Forse un certo grado di mancanza di originalità nel soggetto di questa vicenda costituisce per assurdo sia il punto debole che il punto di forza della sceneggiatura.
Non fate quella faccia: non è certo la prima volta che Kit scompare, viene rapito o dato per morto e proseguendo nella lettura, se non ci avevate già pensato, di sicuro vi verranno in mente almeno tre o quattro avventure della Storia recente di Tex in cui accade all'incirca la stessa cosa, per quanto in quelle famose tre o quattro volte la situazione fosse molto più drammatica di come si dipana nel volume di cui parliamo oggi.
(Se proprio siete dei San Tommaso, che mi dite di “L'uomo senza passato”, “Un ranger per nemico”, “Il diavolo della Sierra”, il texone “I predatori del deserto” per fare alcuni esempi ben noti, oppure se volete, andiamo indietro nel tempo all'epoca di un certo Barbanera tanto per fare un nome su tutti…)
Perché allo stesso tempo anche punto di forza?
Perchè questo mini colpo di scena che non riesce a preoccuparci sulla sorte di Piccolo Falco, serve solamente da pretesto per sviluppare una vicenda apparentemente senza troppe sorprese, con una trama per certi versi lineare e rassicurante.
Non ci sono indagini particolarmente complicate, non ci sono traditori da scoprire, non ci sono assassini da smascherare.
Sappiamo chi sono i cattivi e si tratta solo di tempo prima che ricevano la giusta punizione.
La vicenda inizia proprio “in medias res” potremmo dire per usare dei paroloni, cioè già nel pieno dell'azione ed in poche tavole veniamo a sapere come stanno le cose, “cose” che saranno confermate da più di un dialogo esplicativo a beneficio dei vari protagonisti della storia e di lettori eventualmente distratti.
Voglio invece soffermarmi su un dettaglio che non ha alcun peso sullo svolgimento della storia ma che tanto dettaglio non è.
In uno scontro a fuoco, uno degli aggressori di turno, quello che sopravvive, beh quello che sopravvive per un po', sembra venire ferito alla spalla sinistra.
Avete presente: tipica linea che indica la traiettoria della pallottola accompagnata dall'altrettanto classico “zip”.
Il fatto è che dalla vignetta successiva il balordo inizia a perdere sangue e premere, per arrestare in qualche modo l'emorragia, il braccio opposto, il destro.
Errore di percorso che può capitare anche ai migliori, sicuramente perdonabile all'autore di un gioiello come il texone "I pionieri", ed in ogni caso, vista la fine a cui va incontro il tizio, non fa molta differenza quale sia “l'ala bucata”. Soprattutto per lui…
Una fine che si è andato a cercare, anche se da parte sua risulta completamente inaspettata, la stessa che meritano i vigliacchi spioni.
D'altro canto con un capo banda del calibro di Brad Stroke, questo è il nome del serpente più velenoso a cui i Nostri devono schiacciare la testa, non si può pretendere di ricevere una consolatoria pacca sulla spalla quando si fallisce o peggio ancora si diventa un peso od un ostacolo.
Un ulteriore cambio di scenario ci offre la possibilità di assistere in prima fila ad un'altra furibonda e ben strutturata sparatoria e ci permette di scoprire quale immensa carogna sia il capoccia di quel branco di pendagli da forca a cui i pards stanno dando la caccia.
Una banda dannatamente numerosa, tra l'altro, a cui non è stato sufficiente dare un paio di sfoltite: per evitare che le tranquille cittadine del Texas meridionale vengano insanguinate dalla violenza di rapine e razzie, sarà necessario fare una pulizia completa.
Suscita sempre quasi pena vedere come gli sgherri di qualunque gruppo di banditi si sentano molto ottimisti quando devono affrontare Tex ed i suoi amici: non si può contare solo sulla superiorità numerica sperando di avere ragione di quel genere di avversari, soprattutto se questi hanno dalla loro l'effetto sorpresa, sono piazzati in punti strategici da dove possono rovesciare un inferno di proiettili sui nemici, per altro completamente digiuni di un minimo di disciplina necessaria per affrontare una situazione di fuoco incrociato, dal momento che si gettano in tutte le direzioni come formiche impazzite cercando di darsela a gambe pensando solo alla propria pelle, e specialmente se si spara peggio di un coscritto ubriaco.
Bisogna essere anche precisi, non solamente veloci nel premere il grilletto: con Tex Willer non si scherza ed in quel genere di “gara” chi arriva secondo ha poi tutta l'eternità per recriminare, mentre spala carbone in un posto buio e caldo...
Ed infatti non c'è confronto tra le Colt dei Rangers e quelle impugnate dai banditi che imparano sulla propria pelle quanto possano essere scomode le conseguenze di certi errori di valutazione, scomode proprio come una cassa di pino.
Fate attenzione ad identificare l'esatto punto in cui inizia un certo flashback poiché, come dire, non è segnalato in maniera così netta e ad una prima lettura potrebbe sfuggire.
La parentesi serve però a comprendere il motivo per il quale colui che guida quel folto gruppo di fuorilegge ce l'abbia tanto con i quattro pards. Con la tipica superbia di chi crede di saperla più lunga di tutti, mescolata ad una ottenebrante dose di odio, Stroke spera di chiudere un vecchio conto con Tex, gettandosi insieme ai suoi uomini sulle tracce dei Nostri, come una muta di lupi affamati.
Intanto seguiamo con un ben dosato alternarsi di scene in parallelo, ciò che capita a Kit, il quale riavutosi senza troppi sforzi ed apparentemente senza neanche mezzo bernoccolo dalla recente brutta esperienza, esperienza che invece avrebbe lasciato a pezzi, quasi letteralmente, un uomo senza la tua tempra ed il suo fisico d'acciaio, si ritrova in un ambiente in cui il tempo sembra essersi fermato.
Il giovane Willer si comporta subito come ci aspettiamo, da testa calda quale è, e ci verrebbe quasi istintivo avvisare quegli uomini che gli si parano davanti dichiarandosi una sorta di strani tutori dell'ordine del luogo in cui siamo capitati, se non fosse per il loro orribile modo di fare e per l'arroganza che deriva dal fatto di poter esercitare la propria prepotenza consapevoli di restare impuniti.
Si, un paio di calci sui denti è proprio la cura che ci vuole per gente del genere.
Senza contare che si tratta di veri imbecilli, tanto bravi a fare la voce grossa quanto inesperti a combattere, del tutto spaesati quando incontrano qualcuno che sa difendersi.
Diciamo che siamo incappati in un altro tipo di quei famosi ottimisti di cui parlavo prima.
Solo che questi sono dei veri giuggioloni e devono mettersi in non meno di una decina per ridurre l'avversario in condizioni di non nuocere.
Cercate di non ridere quando vedrete il tipo di arma che questi pellegrini hanno alla cintura, una sorta di manganello che ricorda quello dei poliziotti moderni, ma che quelle caricature di guardie credono di saper maneggiare con la stessa maestria con la quale Zagor impugna la sua scure…
Vediamo poi spuntare in mano ad alcuni di loro delle spade propriamente dette, ma d'altra parte anche se fossero tutti armati con Excalibur, la famosa lama di Re Artù, riuscirebbero a sopraffare un avversario esperto solamente attaccando in branco come delle iene.
Mentre Tex, Carson e Tiger sulle tracce di Kit affrontano una pista non proprio facile, il giovane inizia a farsi un'idea della cosiddetta “Città”, beh a modo suo, dal momento che, lo conoscete anche voi, è molto difficile tenerlo a freno e men che meno convincerlo a cambiare idea.
Facciamo la conoscenza forse del solo personaggio ammantato da un certo velo di mistero, una sorta di pacifista che però ha tutta l'aria di sapere il fatto suo, che cerca di spiegare a Kit come vanno le cose in quel posto fuori dal mondo.
Il nostro fiuto da stella di latta ci suggerisce che forse in quel tizio c'è più di quanto non appaia ad una prima occhiata. Speriamo che non si riveli un avvoltoio travestito da colomba.
Una menzione speciale la merita il gran lavoro di lettering di Renata Tuis che riesce a rendere i dialoghi parte integrante delle tavole: noterete i particolari della punta di uno Stetson o la tesa del cappello che si sovrappongono al baloon con le parole.
Un vero tocco di classe, secondo chi vi scrive.
Purtroppo ho trovato un altro errore stavolta imputabile probabilmente all'impaginazione: forse sono stato sfortunato nell'andare a prendere la sola copia che presenta questo difetto, ma in una pagina una vignetta è attraversata in diagonale da una riga che non è opera del disegnatore, né costituisce una delle linee che a volte vengono create per rappresentare il movimento.
E' proprio una rigaccia trasversale sull'intero disegno.
Se si ripropone in tutti gli albi è facile pensare ai soliti stretti tempi di pubblicazione.
Non è un gran danno, ma viene notata, anche ad uno sguardo neanche troppo “clinico”.
Ormai la città segreta non è più tanto segreta: sia Tex ed i suoi due amici che la banda di Stroke per diverse vie seguendo le tracce, i primi di Kit e di chi lo ha raccolto, mentre i secondi proprio dei Rangers, ne hanno scoperto l'ubicazione e si sono imbattuti in ostacoli di vario genere, alcuni creati dall'uomo altri forniti dalla natura.
Per difendere il segreto del loro “paradiso terrestre” gli abitanti o meglio i capoccioni che li governano hanno escogitato assurde regole di permanenza e sparso insidie lungo le piste che conducono alle porte della loro cittadella.
Volevate un altro esempio di quanto siano inesperti quei piccioni travestiti da soldati di un'altra epoca? Beh, basta osservare le cosiddette trappole.
Perfino un credulone come me le avrebbe identificate e non sarebbe cascato soprattutto in una, assolutamente elementare. Troppo elementare perché possa costituire un problema per l'occhio attento di Aquila della Notte, abituato a ben altro.
Bisogna dare atto agli spagnoli, ai “cittadini”, che probabilmente non sono state escogitate per uccidere ma per interdire, forse allo scopo di catturare eventuali curiosi giunti troppo vicini, ma in ogni caso non costituiscono un caloroso benvenuto né riescono a dissuadere con efficacia qualcuno motivato a raggiungere la Città.
Non appare chiaro se tutto ciò sia voluto dallo sceneggiatore per far apparire davvero gli abitanti degli sprovveduti, incapaci di reggere il confronto con la violenza del West o se anni e anni di vita insieme ai Navajos abbiano allenato le capacità di osservazione di noi lettori, facendoci portavoce della famosa massima “occhi aperti e dito sul grilletto”.
Quindi la situazione è questa: Kit all'interno della città che sta cercando di fare del suo meglio tenendo tutti i sensi all'erta, per uscire, Tex, Carson e Tiger Jack giunti in vista delle mura grazie ad un altro vecchio trucco semplice da attuare quanto imbarazzante per chi ne è vittima, ma ormai abbiamo capito che degli antichi conquistadores è rimasta solamente l'altezzosità in quei beccamorti vestiti a festa e, in un altro punto non lontano, la marmaglia di Stroke, in cerca di facili bottini ben decisa a seminare morte e distruzione dopo aver compreso quanto labili siano le difese del posto.
Non serve un genio per capire che la resa dei conti sarà spietata e che il campo di battaglia sarà proprio quella città che tanto strenuamente ha protetto la propria esistenza cercando di rimanere avvolta dall'ombra, regolata da principi che se in senso assoluto potevano apparire validi, in pratica si sono rivelati del tutto inefficaci, oltre che sbagliati, spacciando pura e semplice paura come un valore morale, sostituendo libertà con oppressione e controllo, soffocando la dignità fino a farla divenire rassegnazione.
Controllate le armi e prendete tutte le munizioni che avete.
Non si potrà sbagliare mira, non si potrà sprecare piombo: siamo in un territorio ostile, con una muta di cagnacci che farà di tutto per saltarci alla gola travolgendo chiunque trovi sul proprio cammino.
Ormai lo sapete, non siamo solo noi, qui, “Gli Stranieri”.