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Satira: la strana blasfemia esiste soltanto se colpisce l'Islam

di Giuseppe Pollicelli*

Il settimanale satirico francese «Charlie Hebdo» si appresta a pubblicare, sulla copertina del suo prossimo numero, una vignetta in cui le persone della Trinità cristiana, Padre, Figlio e Spirito Santo (rappresentato come un triangolo luminoso), appaiono impegnate in un reciproco rapporto sodomitico. Il tutto sotto il titolo «Monsignor Vingt-Trois ha tre padri». La libertà d’espressione è un valore intoccabile ma non c’è dubbio che la vignetta sia, per usare un eufemismo, fortina, e che il ricorrere per l’ennesima volta a una situazione di carattere sessuale - in questo caso per attaccare l’arcivescovo di Parigi André Vingt-Trois, il quale ha criticato il progetto di legge del governo transalpino sui matrimoni gay - sia un espediente banale e gratuito.

Vi sono state reazioni alla scelta di «Charlie Hebdo» di dare alle stampe - collocandola addirittura in prima pagina - un’immagine che è obiettivamente un trionfo della blasfemia? Ce ne sono state, certo. Si tratta, almeno per il momento, di isolate e laconiche repliche come quella dell’abate Grosjean, secondo il quale «questa è una vignetta immonda». Tutto qua. Quanto alle gerarchie vaticane, per adesso nessun commento. Una leggerissima differenza rispetto a ciò che è accaduto quando venne diffuso il trailer di quel bizzarro film amatoriale su Maometto o quando lo stesso «Charlie Hebdo» (che se non altro non può essere accusato di incoerenza) ospitò - era lo scorso settembre - una serie di disegni in cui si vedeva un Maometto seminudo intento in blande pratiche erotiche (poca roba, in fondo, rispetto alla vignetta sulla Trinità). Allora successe il finimondo: proteste violentissime in svariati Paesi musulmani, con la consueta scia di morti e feriti, e l’inaudito episodio dell’assalto al consolato americano in Libia, in cui furono trucidati l’ambasciatore Chris Stevens e altri tre funzionari statunitensi.

Fa ovviamente piacere, e siamo i primi a rallegrarcene, che il mondo cristiano manifesti un elevato livello di civiltà, ma non vorremmo che questo apprezzabile atteggiamento di tolleranza induca qualcuno ad applicare oltre il dovuto il pessimo criterio dei due pesi e delle due misure. Per esempio quegli esponenti dell’intellettualità progressista che a più riprese, con ragionamenti sofisticati e sottili distinguo, hanno mosso rilievi alla satira sull’islam: da Dacia Maraini («La difesa della libertà è una bella cosa, ma la libertà propria va sempre messa in rapporto alla libertà altrui. Una libertà “contro”, si trasforma facilmente in guerra») a Stefano Bartezzaghi («Castigat ridendo mores, era l’insegna della satira. Ora che in una nuova e incresciosa crociata viene impiegata per castigare, ridendo, i Mori, forse dovremmo rivedere le nostre vecchie opinioni sul potere liberatorio, dissacratorio, critico e ironico della risata»). Senza dimenticare Vauro, campione della satira di sinistra che, pur  ironizzando di continuo sul cattolicesimo, nel 2006 si scoprì censore a proposito delle caricature di Maometto del quotidiano danese «Jyllands-Posten»: «Ogni giorno che passa penso che quelle vignette siano una tragica rappresentazione del cattivo gusto: quel Maometto brutto, barbuto, con la satira non c’entra niente. La satira è gioco, allegria. Ma bisogna saperla fare. Quelle vignette non le avrei pubblicate».

Per scettici come Vauro, Maraini e Bartezzaghi tutte le divinità - essendo creazioni dell’uomo - hanno il medesimo valore. Curioso che proprio loro vogliano dimostrare che ce n’è una più uguale delle altre.

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*Articolo pubblicato originariamente su “Libero” del 9 novembre 2012. Per gentile concessione dell'autore.

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