Fumetto d'Autore ISSN: 2037-6650
Dal 2008 il Magazine della Nona Arte e dintorni - Vers. 3.0 - Direttore: Alessandro Bottero
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DAIAPOLON: piccola storia di un grande robot rivoluzionario

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di Tiziano Caliendo.

Esistono opere che entrano di prepotenza nel palinsesto immaginario della cultura pop, ottenendo un successo fulmineo e dirompente. Alcune di esse perché ricoprono un indiscutibile ruolo pionieristico in un determinato mercato, come il caso di UFO Robot Grendizer in Italia, altre perché è destino che la riforma e il mutamento che portano in sé debbano sfondare dei muri e spianare nuove strade ad un’intera generazione di autori, come insegnano Mazinger Z e Kidō Senshi Gundam.
D’altro canto, sull’altra sponda del fiume, esistono opere considerate “minori” che in realtà sono innovative a 360 gradi e, come un virus, si immettono gradualmente nella mente e nei cuori dei fruitori, diventando nel corso delle decadi addirittura celebri. E’ questa la circostanza di UFO Senshi Daiapolon (1976), alias UFO Robot Diapolon. Nonostante il discreto successo di audience in Giappone e l’ottima vendita dei giocattoli connessi, nei postumi della sua release la serie si è rivelata una clamorosa “unsung heroine”, snobbata sia dalla critica che dagli storici. Con il trascorrere degli anni, però, UFO Senshi Daiapolon è riuscita a trasformarsi in un cult inarrestabile tanto in madrepatria quanto all’estero; merito non soltanto dei concept fantascientifici proposti, ma anche del bellissimo, accattivante ed iconico robot, che rappresenta uno dei punti più alti del mecha design dal 1972 ai giorni nostri.
L’autore della storia e del personaggio è Tetsu Kariya, che non fece altro che riarrangiare in chiave super-robotica il soggetto di un suo manga antecedente, Ginga Senshi Apolon. La compagnia di produzione è la famosa e storica Eiken, responsabile della primissima trasposizione anime dedicata a Tetsujin 28-go, quella targata 1963.
Il titolo dell’opera è chiaramente ispirato al principale mezzo di locomozione dei protagonisti; la squadra di salvatori dell’umanità, infatti, si muove a bordo di navicelle U.F.O. dal taglio classico, distillato ideale del fortunato immaginario di UFO Robot Grendizer. Del resto, il Daiapolon è l’esempio di tecnologia robotica extraterrestre immediatamente successivo al Grendizer/Goldrake, per tacer di Astroganger/Astroganga (1972), il capostipite indiscusso, automa senziente plasmato da un metallo spaziale.
Il Daiapolon/Diapolon consiste nella risultante antropomorfa dell’innesto di tre robots individuali: l’agile e potente Apolon Header; il tozzo e massiccio Apolon Trangur ed il longilineo e veloce Apolon Legger. Accodandosi all’intuizione originale del maestro Go Nagai di tre macchine aeree che si combinano assieme, “sfociando” dunque nel Getter Robot/Space Robot (1974), lo staff della Eiken ha modo di ripensare e riconcepire tale artificio per renderlo ancora più appetibile. Non più tre moduli ma tre robots, anticipando gli schemi di agganciamento di God Sigma, Gordian e Albegas/Arbegas.
Mentre Takeshi, a bordo della navicella Space Clear, può essere inglobato all’interno dell’Header per poterlo guidare, gli altri due robots sono invece “automi” in grado di agire indipendentemente, almeno entro un certo limite. Occasionalmente, Goro e Miki assumono il loro comando nello stesso modo con cui Takeshi pilota l’Header: Goro verrà assorbito dal sistema del corpulento Trangur; Miki da quello del filiforme Legger.
Insieme, le tre unità formano appunto il Daiapolon, il cui design globale ricalca le sembianze di un giocatore di football americano. Una scelta estetica senza alcun dubbio coraggiosa nel Giappone del 1976, dove il football era tutt’al più considerato un esilarante balocco statunitense o, nella migliore delle ipotesi, uno sport amatoriale per pochi eletti. Perfino le armi del colosso mutuano dal tema di questa disciplina granitica, specialmente la più celebre: una palla ovale attraversata da una lancia e guarnita con enormi e letali lame semi-concentriche. Analogia intrigante è quella esibita da un discendente, Gordian (1979), il cui robot primario Protesser è un nitido richiamo allo stesso sport. 

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Omaggio di Massimiliano Gissi a Daiapolon, appositamente realizzato per questo articolo

Ad intrecciarsi alla falsariga del rugby, si pone la nozione del sole quale fonte di vitalità per il guerriero di metallo. Il suggestivo logo sul petto è inequivocabile, il nome è un chiaro riferimento al Dio Apollo/Apόllōn, mentre persino i colori rievocano le fasi stellari: blu, giallo e rosso. E’ questo un altro suo primato nella storia dell’anime, visto che il Daitarn 3, nutrito anch’esso dal medesimo astro, giungerà solo due anni dopo.
Le innovazioni tuttavia non finiscono qui. Epigono supremo di Astroganger e Jeeg, il Daiapolon istituisce un esemplare superlativo di impersonificazione del pilota con il proprio super robot, senza sacrificare necessariamente l’umanità del primo. Virtualmente parlando, esso è una sorta di “supereroe americano” travestito da mecha nipponico; in senso letterale, Takeshi si tramuta in una creatura enorme e, simultaneamente, si fonde con il robot in una gestalt invincibile.
La Fusione del Corpo, traduzione libera del neologismo Gasshin (Gattai, combinazione + Henshin, trasformazione), è la lunga e articolata sequenza che conduce alla composizione di una singola entità: il Daiapolon nella sua modalità definitiva. L’atto in cui i tre robots si combinano è lo stadio uno, il gradino iniziale. Come secondo step, Takeshi lascia interagire il potere del dispositivo di Energia Chiave contenuto nel suo petto con il sistema del Daiapolon, innescando un drammatico processo di “ingigantimento”: il giovane viene attraversato da capillari scariche elettromagnetiche, e la massa e le proporzioni del suo organismo crescono esponenzialmente. In concomitanza, il casco e la tuta da rugby che costituiscono la sua divisa di soldato, una variazione dello stilema super sentai, si adattano alla sua persona e subiscono la medesima espansione molecolare. Tracciando un ipotetico parallelo con il personaggio di Giant-Man (l’identità alternativa di Ant-Man/Henry “Hank” Pym) possiamo presupporre che la massa addizionale necessaria ad ingigantire Takeshi e compattare la sua struttura cellulare - upgradandola al fine di sorreggere la sua nuova condizione biologica - provenga da un qualche tipo di piano interdimensionale/extradimensionale e sia reclamata attraverso il particolare campo energetico generato all’interno del Daiapolon.
A tutti gli effetti, il protagonista diventa un titano iperdenso, capace di “vestire” il Daiapolon come fosse un’armatura simbiotica reminiscente dell’Iron Man di Marveliana memoria; il robot pertanto si converte in una corazza, un carapace cyborg che lo avviluppa e risponde ai suoi stimoli neurali e fisici. La logica ci suggerisce altresì che il Daiapolon sia interamente composto di circuiti integrati/IC di fattura aliena, che durante il Gasshin vengono miniaturizzati da forze contrarie a quelle che investono e impregnano Takeshi. I meccanismi si riducono e si riconfigurano al momento opportuno per “accomodare” il corpo ciclopico del ragazzo: in sostanza, l’interno del robot si compatta in uno strato mesodermico cibernetico. Il concetto di miniaturizzazione istantanea spiegherebbe anche l’innesto della triade originale - Header, Trangur e Legger - con arti che si volatilizzano e incastri impossibili dal punto di vista ingegneristico.
Dettaglio iconico della sequenza è proprio il suo rituale terminale, ovverosia quando il principe dello spazio solleva il “paradenti” del volto del Daiapolon con un sonoro grugnito; il componente facciale in questione ha una funzionalità ben precisa, è un indicatore della riserva di potenza solare.
In forma “sovrumana”, Takeshi è alto quasi 120 metri, mentre il peso complessivo del Daiapolon nella configurazione ultima è 100 tonnellate. Poiché il robot non è altro che una “patina” avveniristica che riveste il corpo umanoide dell’eroe e perciò non può rischiare di subire perforazioni o amputazioni di arti, possiamo ipotizzare che sia costituito da qualche lega metallica aliena, al pari del Gren, materiale della Stella Fleed con cui il Grendizer/Goldrake è stato forgiato. Dopotutto, il genere mecha è costellato di materiali favolosi come la superlega Z (derivante dal japanium), il zormanium ed il mutronium, esattamente come l’universo Marvel vanta i benefici dell’adamantio (gli artigli e lo scheletro di Wolverine) e del vibranio (lo scudo di Capitan America).

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Omaggio di Massimiliano Gissi a Daiapolon, appositamente realizzato per questo articolo

Il culmine della Fusione del Corpo non è comunque l’unica manifestazione del potere di Takeshi. Sempre in linea con il concept, il Daiapolon ha la meglio sui suoi nemici modificando (ulteriormente) la propria massa in senso inverso, riuscendo ad ammantarsi di fuoco e rimpiccolirsi, penetrare nel corpo dell’avversario ed accrescersi dentro di esso, lacerandolo e riducendolo a pezzi attraverso una sorta di “implosione”. Il nome del micidiale coup de grâce è Apolon Destroy, e il campione lavorerà a lungo per poterlo padroneggiare con efficacia. Assolutamente emblematica a riguardo è la battaglia finale dell’episodio 26, rimasta impressa nella mente di molti spettatori per la sua epicità.
L’idea del supereroe con l’abilità di manipolare la propria statura e, soprattutto, aumentarla a dismisura è un canovaccio presente nell’universo fumettistico fin dagli anni sessanta. E’ doveroso citare: Colossal Boy (1960), membro storico della futuristica Legion of Super-Heroes; il famoso Giant-Man (1963), affiliato di spicco degli Avengers, che saltuariamente adotterà il nome da battaglia ed il costume di Goliath (1966); Titan (1977), membro della Guardia Imperiale dell’Impero Shi’Ar nella saga degli X-Men. Naturalmente, è impossibile non menzionare Ultraman (1966), re della vasta e disfunzionale famiglia dei Tokusatsu. Non è certo un caso che l’autore di Daiapolon, Kariya, sia divenuto in seguito responsabile della creazione di un personaggio che susciterà molto clamore nella cultura pop italiana - anch’esso beneficiato da una stazza abnorme e una sfacciata guisa da supereroe - vale a dire Megaloman (1979). Non è poi blasfemo concepire che il Daiapolon abbia anticipato il percorso artistico di Hideaki Anno nell’elaborazione delle Unità Evangelions dell’opera cardinale Neon Genesis Evangelion (1995). Una similitudine remota ma tangibile, se pensiamo che fondamentalmente ogni Eva non è altro che un organismo umanoide inserito in un esoscheletro costrittivo, armato per la guerra contro gli Angeli.
La storia di UFO Senshi Daiapolon pesca a piene mani dai manga degli anni sessanta, riproducendone gli elementi più disparati. L’idea dell’orfanotrofio La Casa del Cielo Blu, per esempio, è fortemente riconducibile a Tiger Mask. Takeshi è un individuo semplice, nobile di spirito, senza grilli per la testa, amante dello sport e decisamente “terrestre” nell’anima; qualche volta è preda di presunzione o superficialità, ma è pur sempre un ragazzo. Il team di comprimari è cucinato con i soliti stereotipi, peraltro sempre buoni, benché Miki finisca per incarnare un esempio raro ed efficace di eroina volitiva ed emancipata. Lei è, inoltre, uno degli inconsueti casi di ragazza con i capelli corti nel genere mecha; l’altro più eclatante è Mai, l’Uomo Magnete Minus del Ga-Keen/Gackeen, giunta sugli schermi successivamente.
La serie strizza sempre l’occhio ad una specie di velato esoterismo mistico che va a mescolarsi alla chiara matrice fantascientifica di base, angolo che vede il suo sviluppo parossistico nel Dio Apolon, il misterioso spirito del padre di Takeshi. Un essere ectoplasmico che galoppa su un cavallo alato e che, in almeno tre istanze della storia, giunge in supporto del giovane e attiva i suoi poteri, o gli fornisce un surrogato di Energia Chiave. Un’ipotesi plausibile è che tale spettro sia profondamente collegato al Cuore D’Energia/Energy Heart, il McGuffin dell’intera vicenda.
Il mentore degli eroi è Labi, un ibrido tra Mago Merlino e Leonardo da Vinci, precursore e prototipo assoluto di Godo Hakase/Dottor Godo (Ginguiser) e Aaru Hakase/Dottor Earl (Daltanious). Labi è dotato di numerosi poteri psichici e precognitivi, e la sua padronanza della tecnologia Apolon gli permette un controllo immenso sulla controffensiva da attuare contro i perfidi conquistatori. E’ lui ad aver stabilito le Tre Condizioni del Corpo, cioè dei precetti “psicologici” a cui il pilota deve aderire per poter innescare correttamente il procedimento del Gasshin (vedi episodio 6). In onestà, è mia personale teoria che Labi stesse manipolando a distanza il Daiapolon al fine di impartire a Takeshi una lezione di etica, dato che il valoroso combattente era scivolato in una fase adolescenziale di deleteria superbia e necessitava quindi di essere ridimensionato (perdonate il gioco di parole).

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Omaggio di Massimiliano Gissi a Daiapolon, appositamente realizzato per questo articolo

Gli ultimi episodi sono ricchi di intrighi, suspense ed introspezione filosofica. L’impero Dazaan acquista una straordinaria dignità ed un’inedita profondità che a tanti villains, in quel tempo, non veniva appieno concessa. Per certi versi, l’ultima parte della serie precorre le sfaccettate e prosperose narrative di Chōdenji Mashīn Voltes 5/Vultus 5 e Uchū Senshi Baldios. La sovrana di Apolon e il nostro quarterback blindato preferito sono pronti a sacrificarsi per salvare l’impero Dazaan e donare giustizia ed equilibrio alla galassia, così come i cattivi sono pronti ad espiare i propri peccati finanche a costo di autoimmolarsi. Il finale, caratterizzato da un twist inaspettato e una svolta catartica nel conflitto, è permeato da venature che potrebbero essere definite “bibliche” per la solenne tragicità e viene ulteriormente valorizzato dall’atmosfera quasi pittorica del pianeta Daazan.
Ed ora, non possiamo esentarci dal trattare quello che è uno dei più grandi misteri del genere robotico: chi ha concepito il Daiapolon in termini di mecha design? Il nominativo accreditato dalla casa di produzione è “Kunio Takahashi”. Ma possibile mai che questo artista, peraltro così innovativo, abbia realizzato una sola creatura per poi finire inghiottito dalle ombre? Suona più come uno pseudonimo dietro cui si cela un’illustre eminenza. Secondo il disegnatore di mecha Massimiliano Gissi, le fattezze del Daiapolon sembrano direzionare verso Kunio Okawara, in quanto era davvero l’unico a potersi destreggiare con un disegno o una concezione così complicata per i canoni dell’epoca. Okawara è il disegnatore meccanico di Ginguiser e Daitarn 3, così come del Gundam e degli Zaku...
L’animazione dell’opera si contraddistingue per un tratto spartano ed essenziale, eppure abbondantemente espressivo, lontano anni luce dall’avvilente piattezza e dall’innegabile sciattezza di alcuni titoli odierni che propinano, ad occhi oramai assuefatti alla mediocrità, un character design sterile e privo di particolareggiamento. Anche se l’animazione è ridotta all’osso, UFO Senshi Daiapolon riesce a trasmettere emozione e azione attraverso il suo tratto grafico gustoso e vibrante, sempre in stato di fluidità. Gli scenari - specialmente nei combattimenti - sono intinti di colori autunnali e crepuscolari (varie tonalità di rosso, rosa, viola e arancio) che rafforzano l’alone di mistero che aleggia sul super robot e sulla sua peculiare natura.
Gli scontri del Daiapolon non raggiungono i livelli di Great Mazinger, Kotetsu Jeeg o Mirai Robot Daltanias, né conservano la carica iconoclasta e surreale di Muteki Kojin Daitarn 3, ma certamente eguagliano gli standard qualitativi migliori e si presentano sempre coinvolgenti, dinamici e immaginifici, quasi una versione fascinosamente redux delle opere sopraddette. Nonostante la sinteticità delle battaglie, il lavoro va però giudicato nel suo insieme, perché è un ampio spettro di gamme che si innestano tra loro con innegabile armonia.
Non guasta nemmeno che, di tanto in tanto, faccia capolino la kryptonite del nostro paladino, vale a dire l’assenza o il calo di energia solare; un anatema che instilla in alcuni scontri sane dosi di thrilling e senso del pericolo, e che rende le puntate sul tavolo da gioco pericolosamente alte. Interessante ricordare un’istanza in cui le facoltà di Takeshi vengono debilitate da un’eclissi, sottolineando un sottocutaneo collegamento meteoropatico tra l’Energia Chiave ed il corpo celeste (episodio 21).
Non c’è molto da dire sull’edizione italiana del 1981, curata in maniera raffazzonata ed approssimativa; rimane nondimeno indelebile la memoria della voce di Tony Fusaro, cronista di catch, il primo ad aver sdoganato lo sport nello Stivale assieme a Dan Peterson. La sigla è una delle vette assolute della musica televisiva, un mix tra disco music melanconica e new wave atmosferica, ed è stata firmata da Franca Evangelisti e Franco Micalizzi. L’una sensibile e colta paroliera di Renato Zero e l’altro prolifico compositore di colonne sonore per innumerevoli film. La realizzazione musicale dell’incisione è invece appannaggio degli stupefacenti Superobots di Douglas Meakin e Aldo Tamborrelli.
Al momento, UFO Senshi Daiapolon è in piena fase di ennesima riscoperta e ulteriore consacrazione sia in Giappone che nel mondo. A cominciare dal nuovo modello della ditta Evolution Toy rivelato l’ottobre scorso che, sebbene non sia stato accolto da un plebiscito universale, ha incontrato l’attesa dei collezionisti. L’action figure verrà commercializzata nel luglio del 2017 e comprenderà una pletora di accessori e modelli più piccoli e complementari (tra cui le navicelle U.F.O. dei personaggi). Parallelamente, la Art Storm ha prodotto una spettacolare versione EX Gokin del super robot, puntando su una leggera rivisitazione delle linee che lo rende ancora più minaccioso e imperioso.
La Eiken ha infine unito le proprie risorse con la Nippon Animation e la Wako Production per il progetto (remake?) intitolato Miracle Robot Force, accorpando il Daiapolon al Bosspulder/Tempesta Spaziale (Astrorobot Contatto Y), il Mechander Robot ed il Grand Fighter (Ginguiser). La notizia più eclatante e importante è la pubblicazione di quattro box sets di blu-ray che conterranno i 26 episodi originali trasferiti in HD, restaurati e rimasterizzati, così come i 21 episodi “rimaneggiati” (con scene aggiuntive) che il canale televisivo TBS mandò in onda a pochi mesi dalla prima trasmissione, e che all’estero furono in seguito lanciati come UFO Robot Daiapolon II.
Il principe di Apolon è ancora lì fuori, tutt’uno con il suo super robot, sente la forza scorrere nel suo corpo gargantuesco, dispiega i pugni e si prepara al placcaggio migliore nella storia della galassia. Il suo stadio è l’intero pianeta Terra e nessuno può fermarlo. Il Daiapolon segnerà sempre “TOUCHDOWN” nel cuore di tutti gli appassionati di anime e mecha, ora e per sempre.
Game over.

 

Tiziano Caliendo: Classe 1977. Scrittore di fantascienza, blogger cinematografico, musicista e addetto ai lavori/manager nel campo musicale, impegnato nella fase di pre-produzione di un ciclo di novelle imperniate su un super-robot di sua invenzione: Quantaldian.

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 Omaggio di Massimiliano Gissi a Daiapolon, appositamente realizzato per questo articolo

 

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